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Sconvolgenti rivelazioni su Facebook

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La scorsa settimana il quotidiano economica americano Wall Street Journal ha pubblicato un’indagine bomba su i difetti della piattaforma Facebook e sulla loro gestione da parte del colosso di Menlo Park.

 

L’inchiesta è divisa in in quattro parti. Si basa in gran parte su documenti interni ottenuti dai giornalisti.

 

In sintesi, scrive la testata di Wall Street, «Facebook Inc. sa, nei minimi dettagli, che le sue piattaforme sono piene di difetti che causano danni, spesso in modi che solo l’azienda comprende appieno. Questa è la conclusione centrale (…), basata su una revisione dei documenti interni di Facebook, inclusi rapporti di ricerca, discussioni online dei dipendenti e bozze di presentazioni per il senior management.»

 

Come scrive il New York Times, le rivelazioni paiono suggerire che l’azienda spesso minimizza ciò che sa su questi problemi. Secondo il WSJ, almeno alcuni dei documenti sono stati consegnati alla SEC (l’organo di controllo della borsa USA) e al Congresso da un informatore.

Riassumendo, l’inchiesta del giornale avrebbe scoperto che:

 

 

1) Facebook esenta gli utenti di alto profilo da alcune regole

In pratica, un lasciapassare per i VIP, che godono di una libertà di parola maggiore di quella assegnata dalla piattaforma ai comuni mortali.

 

Il sistema, chiamato «XCheck» , consente ad almeno 5,8 milioni di utenti VIP di evitare il normale processo di applicazione di Facebook. La società ha dichiarato al suo consiglio di sorveglianza che il sistema è stato utilizzato in «un piccolo numero di decisioni».

 

Grazie a XCheck, un famoso calciatore (attivo anche in Italia) aveva potuto pubblicare le immagini di una donna nuda (cosa già di per sé proibita) pure senza l’assenso dell’interessata.

 

Secondo il WSJ, tra questi VIP sulla piattforma «molti abusano del privilegio, pubblicando materiale che include molestie e incitamento alla violenza che in genere porterebbero a sanzioni»

 

Tutto questo contraddice le parole di Mark Zuckerberg quando afferma che Facebook consente ai suoi utenti di parlare su un piano di parità con le élite della politica, della cultura e del giornalismo e che i suoi standard si applicano a tutti.

 

 

2) Una ricerca su Instagram mostra i rischi per la salute mentale degli adolescenti

La piattaforma Instagram, che è di proprietà di Facebook, studia da tre anni il suo effetto sui giovani utenti.

 

«Noi peggioriamo i problemi di immagine corporea per una ragazza adolescente su tre»

«Noi peggioriamo i problemi di immagine corporea per una ragazza adolescente su tre», si legge in una diapositiva in una presentazione interna , secondoil WSJ.

 
Il 13% delle ragazze adolescenti nel Regno Unito che stavano considerando il suicidio ha incubato i propri pensieri su Instagram.
 

I senatori Richard Blumenthal e Marsha Blackburn hanno detto che avrebbero avviato un’inchiesta sulla ricerca

 

In un’audizione al Congresso,  Zuckerberg aveva invece dichiarato che «La ricerca che abbiamo visto è che l’utilizzo di app social per connettersi con altre persone può avere benefici positivi per la salute mentale».

 

 

3) Facebook sa che il suo algoritmo premia l’indignazione

Nel 2018, la società ha apportato modifiche al suo algoritmo che avrebbe incoraggiato le interazioni tra famiglie e amici.

 

Tuttavia, una ricerca interna ha scoperto che editori e partiti politici hanno risposto creando contenuti che hanno prodotto molte discussioni, spesso perché sensazionali e divisivi.

 

Secondo il WSJ, i ricercatori di Facebook «hanno concluso che la pesante riconsiderazione del materiale ricondiviso da parte del nuovo algoritmo nel suo feed di notizie ha reso le voci arrabbiate più forti»

 

«Disinformazione, tossicità e contenuti violenti sono eccessivamente prevalenti tra le ricondivisioni», hanno scritto i ricercatori in una nota interna .

 

 

4) Facebook è stato lento nell’impedire ai cartelli della droga e ai trafficanti di esseri umani di utilizzare la sua piattaforma

I documenti interni esaminati dal WSJ hanno rivelato che i dipendenti di Facebook hanno segnalato l’uso criminale della piattaforma in alcuni Paesi, ma hanno ricevuto una risposta debole dalla società.

 

Secondo il quotidiano, «n cartello della droga messicano stava usando Facebook per reclutare, addestrare e pagare sicari… l’azienda non ha impedito al cartello di pubblicare su Facebook o Instagram».

 

Come riassume il sito The Campaign, «una ricerca interna su Facebook ha dimostrato che la tratta di esseri umani, la schiavitù sessuale, l’incitamento alla violenza, la vendita di organi e altre attività sono condotte apertamente su Facebook. Brian Boland, un ex vicepresidente di Facebook, ha dichiarato: “Raramente c’è uno sforzo significativo e concertato per investire nel sistemare quelle aree”».

 

Come abbiamo riportato, pagina di Renovatio 21 e account admin sono stati cancellati da Facebook lo scorso 9 settembre.

 

Facebook ha cancellato la pagina di Renovatio 21 e l’account collegato

 

 

Immagine di Antohony Quintano via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

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Intelligence

Il capo dello spionaggio ucraino: Telegram è una «minaccia alla sicurezza nazionale»

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Telegram rappresenta una minaccia reale per la sicurezza nazionale dell’Ucraina, ha affermato il capo della Direzione principale dell’Intelligence militare di quel Paese, Kyrylo Budanov. Il funzionario ha riconosciuto che la piattaforma di messaggistica istantanea criptata è diventata la principale fonte di informazioni nel Paese, «superando ogni altra cosa».

 

In un’intervista con la stazione radio Charter di sabato, il Budanov ha detto che non sostiene la «semplice chiusura» dell’app di messaggistica. Secondo il capo dell’Intelligence, sebbene sia piuttosto difficile da attuare, un divieto del genere è comunque fattibile.

 

«Chiedo che tutti i canali Telegram» siano obbligati a stabilire una presenza fisica in Ucraina, ha dichiarato Budanov. «Se volete, per così dire, diffondere qualche notizia, vi preghiamo di registrarvi, in modo che tutti capiscano che questo canale è registrato da Ivanov Ivan Ivanovich, un cittadino russo, residente a Mosca», ha spiegato il funzionario ucraino.

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Sosteneva che in questo modo gli amministratori dei canali Telegram si sarebbero assunti la responsabilità dei contenuti pubblicati.

 

Secondo Budanov, alcuni canali pubblicano «materiali non propriamente stampabili», e non solo in relazione all’attuale conflitto militare con la Russia.

 

L’alto funzionario dello spionaggio militare ucraino aveva fatto osservazioni simili a fine marzo, notando allo stesso tempo che Telegram è uno strumento utile per i servizi segreti ucraini per diffondere le loro narrazioni nei territori controllati dalla Russia.

 

Più o meno nello stesso periodo, un gruppo di legislatori ucraini ha proposto un disegno di legge per «regolamentare» Telegram, che i ncludeva, tra le altre cose, un requisito per tutte le app di messaggistica che operano in Ucraina di istituire una sede legale nel Paese, a meno che non abbiano sede nell’UE, e di rivelare la loro struttura proprietaria e i finanziamenti al governo.

 

Come riportato da Renovatio 21, anche il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina Oleksyj Danilov aveva dichiarato che Telegram è un servizio «pericoloso».

 

Telegram non è estraneo ai problemi legali, con le autorità di numerosi Paesi, tra cui la Russia, che hanno contestato le sue politiche. È stato bandito in diverse giurisdizioni per il suo rifiuto di collaborare con i governi locali.

 

Come riportato da Renovatio 21, nei mesi della pandemia la Germania ha apertamente valutato la possibilità di chiudere Telegram, unico social che – di origine russa con server negli Emirati – pareva non censurare le opinioni degli utenti come invece facevano tutte le altre piattaforme.

 

Telegram cinque mesi fa è stato sospeso in Spagna. L’app è stata vietata in Somalia assieme a TikTok per «terrorismo».

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Immagine di Yuri Samoilov via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0; immagine modificata

 

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Internet

Indagini su Meta/Facebook: ha tratto profitto dalle vendite di droghe «illecite»?

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Lo scorso marzo un’indagine di pubblici ministeri federali americani ha iniziato ad esaminare se Meta, ex Facebook, abbia tratto profitto dalla vendita di annunci per farmaci regolamentati e dai servizi di telemedicina impropri reclamizzati.   Come riporta il Wall Street Journal, l’anno scorso i procuratori statunitensi in Virginia hanno citato in giudizio Meta nell’ambito dell’indagine sulla responsabilità dell’azienda tecnologica per quanto riguarda le farmacie online non regolamentate e gestite illegalmente che pubblicizzano i loro servizi sulle sue piattaforme.   Le citazioni in giudizio della giuria penale, mai rese note prima e la cui esistenza è stata trapelata al WSJ da fonti interne anonime, richiedevano documenti relativi a «contenuti illeciti sulla droga sulle piattaforme Meta e/o alla vendita illecita di droga tramite la stessa».

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Con l’ascesa dei servizi di telemedicina nell’era del COVID, c’è stata una serie di aziende del settore che hanno pubblicizzato online di poter ottenere prescrizioni per sostanze catalogate come Adderall (un medicinale per il deficit di attenzione dei bambini, usato però anche da studenti, atleti e adulti in cerca di migliori performance) e oppioidi, cioè i farmaci alla base della grande strage per overdose che ha ucciso in questi anni centinaia di migliaia di cittadini americani.   «Più di recente, Meta e i suoi concorrenti hanno anche pubblicato annunci per professionisti virtuali che promettono ai potenziali clienti l’accesso a farmaci per la perdita di peso non regolamentati, poiché la domanda per i popolari Ozempic e Wegovy supera l’offerta» riporta Futurism.   Poiché queste aziende hanno pagato per utilizzare i mercati pubblicitari su Facebook e Instagram, come apparentemente sostiene la logica alla base dell’indagine, Meta potrebbe essere ritenuta responsabile delle attività di queste aziende.   Fonti interne al giornale neoeboraceno hanno aggiunto che anche la Food and Drug Administration stava collaborando alle indagini, sebbene sia l’ufficio, che i procuratori della Virginia, abbiano rifiutato di rilasciare dichiarazioni ufficiali in merito quando contattati dal WSJ.   Anche Meta sembra essere molto riservata riguardo all’inchiesta e Futurism ha contattato l’azienda per cercare di ottenere una conferma ufficiale o una smentita a riguardo.   «La vendita di droghe illecite è contraria alle nostre politiche e lavoriamo per trovare e rimuovere questo contenuto dai nostri servizi», ha dichiarato un portavoce di Meta al WSJ. «Meta collabora in modo proattivo con le autorità di polizia per aiutare a combattere la vendita e la distribuzione di droghe illecite».   Sebbene nessuno dei due principali soggetti dell’inchiesta abbia rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito, il direttore esecutivo dell’Alliance to Counter Crime Online – un’organizzazione che ha condotto le proprie indagini sull’uso delle piattaforme Meta per scopi illeciti – ha confermato al giornale di aver ricevuto delle citazioni in giudizio sulla questione.   Poiché negli ultimi anni sono aumentate le preoccupazioni circa i promotori di pillole via telemedicina, Meta ha adottato misure pubbliche e private per contrastare la proliferazione di questo tipo di pubblicità sui suoi social.   La società che fa capo a Zuckenberg ha infatti stretto una partnership con LegitScript, un’azienda che monitora i commercianti di prodotti medici online e rilascia certificazioni e valutazioni sulle farmacie online che sono in regola.   Il giorno prima che l’articolo del WSJ uscisse, il presidente degli affari globali di Meta, Nick Clegg, ha twittato che l’azienda sta collaborando con il Dipartimento di Stato, le Nazioni Unite e Snapchat anche per una nuova campagna antidroga.   «L’epidemia di oppioidi è un importante problema di salute pubblica che richiede l’intervento di tutte le componenti della società statunitense», ha twittato Clegg su X.   «Meta tende a regolamentare i suoi servizi pubblicitari solo dopo essere stata in flagranza» conclude Futurism.   Come riportato da Renovatio 21, i social sono lambiti da attività potenzialmente criminali: c’è il caso delle caramelle alla cannabis reclamizzate sulle piattaforme, ma anche cose ben peggiori. Un ex capo dell’Intelligence statunitense aveva avvertito che Facebook sta consentendo ai cartelli di pubblicizzare i propri servizi di contrabbando di immigrati clandestini oltre confine.

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Qualche anno fa, è emerso un rapporto collega le piattaforme di social media – la più importante delle quali è Facebook – al reclutamento online nei casi di traffico sessuale attivo.   I dati sono stati rivelati nel «Federal Human Trafficking Report» («rapporto federale sulla tratta di esseri umani») del 2020 redatto dall’Istituto sulla tratta di esseri umani.   Sempre secondo il WSJ, in un articolo di pochi anni fa, «Facebook INC. sa, nei minimi dettagli, che le sue piattaforme sono piene di difetti che causano danni, spesso in modi che solo l’azienda comprende appieno. Questa è la conclusione centrale (…), basata su una revisione dei documenti interni di Facebook, inclusi rapporti di ricerca, discussioni online dei dipendenti e bozze di presentazioni per il senior management» e le rivelazioni paiono suggerire che l’azienda spesso minimizza ciò che sa su questi problemi.   Riassumendo, l’inchiesta del WSJ, avrebbe scoperto che:   1) Facebook esenta gli utenti di alto profilo da alcune regole. 2) Una ricerca su Instagram mostra i rischi per la salute mentale degli adolescenti. 3) Facebook sa che il suo algoritmo premia l’indignazione. 4) Facebook è stato lento nell’impedire ai cartelli della droga e ai trafficanti di esseri umani di utilizzare la sua piattaforma.   Al contrario possiamo vedere la solerzia con cui il noto social usa la sua mannaja censoria per quanto riguarda tematiche «disallineate al pensiero unico dominante»: censura di dibattiti scientifici, contenuti che non erano allineati con la narrativa COVID, censurata la processione della Via Crucis perché secondo gli algoritmi vi erano «immagini di nudo».   E, con ben sa il lettore, Facebook ha anche censurato il nostro sito.  

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Immagine di Tony Webster via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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«Telegram non è un paradiso anarchico»: Durov parla per la prima volta dopo l’arresto in Francia

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Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, ha affermato che le autorità francesi hanno utilizzato argomenti «sorprendenti» quando lo hanno arrestato all’aeroporto di Parigi il mese scorso.

 

L’imprenditore russo-francese è stato arrestato dopo l’atterraggio all’aeroporto di Parigi-Le Bourget il 24 agosto e rilasciato su cauzione diversi giorni dopo. È stato accusato di 12 capi d’imputazione, tra cui complicità nella distribuzione di materiale pedopornografico, spaccio di droga e riciclaggio di denaro. Le accuse derivano dall’accusa che le regole di moderazione permissive di Telegram consentano l’uso diffuso della piattaforma da parte dei criminali.

 

Ieri sera Durov ha rilasciato una lunga dichiarazione su Telegram, sostenendo che la posizione dell’accusa era «sorprendente per diverse ragioni».


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«Se un Paese non è soddisfatto di un servizio Internet, la prassi consolidata è quella di avviare un’azione legale contro il servizio stesso», ha scritto Durov. «Utilizzare leggi dell’era pre-smartphone per accusare un CEO di crimini commessi da terze parti sulla piattaforma che gestisce è un approccio fuorviante».

 

«Costruire la tecnologia è già abbastanza difficile così com’è. Nessun innovatore costruirà mai nuovi strumenti se sa di poter essere ritenuto personalmente responsabile per un potenziale abuso di quegli strumenti».

 

Secondo l’imprenditore, la polizia gli ha detto che potrebbe essere «personalmente responsabile dell’uso illegale di Telegram da parte di altre persone, perché le autorità francesi non hanno ricevuto risposte da Telegram».

 

Durov ha respinto l’affermazione secondo cui la sua azienda era difficile da raggiungere, sottolineando che Telegram ha un rappresentante ufficiale nell’UE che risponde alle richieste. «Il suo indirizzo e-mail è stato reso pubblico a chiunque nell’UE abbia cercato su Google “Indirizzo Telegram UE per le forze dell’ordine», ha scritto.

 

«Le autorità francesi avevano numerosi modi per contattarmi per chiedere assistenza», ha continuato, aggiungendo che era «un ospite frequente» del consolato francese a Dubai. Durov è nato in Russia ma vive a Dubai dalla fine degli anni 2010. È anche cittadino degli Emirati Arabi Uniti e della nazione caraibica di St. Kitts e Nevis, nonché, dal 2021, della Repubblica Francese.

 

Durov ha quindi rilanciato affermando di aver collaborato in passato con le forze dell’ordine francesi. «Quando gli è stato chiesto, li ho aiutati personalmente a stabilire una hotline con Telegram per affrontare la minaccia del terrorismo in Francia», scrive il giovane amministratore delegato di Telegram.

 

Come riportato da Renovatio 21, parrebbe proprio questa collaborazione, che si dice sia scattata nel 2017 per combattere il jihadismo di ISIS e simili (che di fatto è assai popolare presso i giovani delle banlieue), ad aver avviato non solo la procedura di naturalizzazione del Durov (secondo un meccanismo che premia gli individui considerati eminenti) ma perfino un invito da parte di Macron a spostare il quartier generale di Telegram a Parigi.

 

Nel suo messaggio, Durov ha difeso Telegram dopo essere stato accusato dalle autorità francesi di aver consentito la diffusione di contenuti illegali, affermando che è sbagliato descrivere il suo messenger criptato come una piattaforma in cui i criminali agiscono impunemente.

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Durov ha riconosciuto che Telegram, che attualmente ha più di 950 milioni di utenti attivi al mese, ha sperimentato «dolori di crescita» che hanno reso più facile per i criminali abusare della piattaforma. Ha promesso di «migliorare significativamente» la gestione dei contenuti.

 

«Stabilire il giusto equilibrio tra privacy e sicurezza non è facile. Bisogna conciliare le leggi sulla privacy con i requisiti delle forze dell’ordine e le leggi locali con le leggi dell’UE», ha continuato Durov, sottolineando che la sua azienda è stata aperta al dialogo e «impegnata a collaborare con gli enti regolatori per trovare il giusto equilibrio».

 

Il miliardario della tecnologia ha aggiunto che Telegram sarebbe «pronto a lasciare mercati che non sono compatibili con i nostri principi», citando disaccordi avuti con le autorità di regolamentazione in Russia e Iran. Telegram è stato bandito in Russia dal 2018 al 2020 e continua a essere bloccato in Iran.

 

«Siamo spinti dall’intenzione di portare il bene e difendere i diritti fondamentali delle persone, in particolare nei luoghi in cui questi diritti vengono violati», ha scritto Durov.

 

«Tutto ciò non significa che Telegram sia perfetto. Anche il fatto che le autorità possano essere confuse su dove inviare le richieste è qualcosa che dovremmo migliorare. Ma le affermazioni di alcuni media secondo cui Telegram è una specie di paradiso anarchico sono assolutamente false».

 

Rispondendo alle accuse di pratiche di moderazione lassiste, Durov ha affermato che Telegram rimuove «milioni di post e canali dannosi ogni giorno» e pubblica «rapporti quotidiani sulla trasparenza» sulle azioni intraprese contro la diffusione di contenuti illegali, tra cui abusi sui minori e terrorismo.

 

«Spero che gli eventi di agosto portino a rendere Telegram – e l’industria dei social network nel suo complesso – più sicura e più forte» conclude Durov. «Grazie ancora per il vostro amore e i vostri meme».

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Immagine di TechCrunch via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic; immagine modificata

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