Storia
Trump, castigo e catastrofe

È arrivato il giorno, ma finché non lo vedremo, sarà difficile crederci.
Donald Trump torna alla Casa Bianca – cioè sul tetto del mondo. Non abbiamo dubbi a pensare che questo sia un evento epocale, e sia davvero più importante stavolta che non otto anni fa. Allora, «loro» non avevano capito del tutto, pensavano che lo avrebbero potuto addomesticare, comprare, o anche distruggere. Ci hanno provato. Hanno fallito.
Questo giorno arriva dopo tempi di follia assoluta, con intrattenimenti che, davvero, nemmeno nelle pellicole di Hollywood (che, nemica di The Donald, nel frattempo abbrucia).
Abbiamo visto attentati e droni misteriosi, al punto che ci siamo chiesti su Renovatio 21 se davvero non impediranno l’incoronazione con qualcosa di tremendo, un disastro che traumatizzerà l’America, e il mondo, più dell’11 settembre e il COVID – il metodo per dominare la nostra psiche, abbiamo capito, è quello, ferirci, spaventarci per comandarci.
La questione è che la catastrofe rischia di produrla Trump – cioè, è programmato che la scateni, contro il sistema che ha cercato di rovinarlo ed ucciderlo, che ha distrutto la classe media (non solo in America), fatto assassinare centinaia di migliaia di ragazzi ucraini e russi in una guerra senza sento, reso l’intero Occidente oggetto di un’invasione che ha reso invivibili le nostre città e il nostro futuro.
È l’idea, che abbiamo discusso su Renovatio 21, della «liberazione del Kraken»: l’espressione ancora nel 2020 per indicare che Trump sarebbe tornato, e avrebbe avuto giustizia dei torni subiti. E noi con lui.
Per celebrare questo pensiero, Renovatio 21 ha prodotto una maglia. Forse l’avete già vista sfogliando il sito. È in cotone organico, con serigrafia (cioè, non stampa digitale, ma artigianale) fatta in Italia. Per celebrare il momento, e ricordarselo per sempre, non crediamo vi sia acquisto migliore. Ne sono rimasti pochi pezzi: abbassiamo il prezzo a 35€ spedizione inclusa.
La catastrofe che ci si aspetta Donald Kraken opererà sul Deep State e i suoi servi – ovunque, anche in Italia – sarà lo spettacolo che abbiamo atteso da una vita: lo spettacolo del castigo. L’idea stessa, divenuta persino impensabile nel nostro mondo «democratico» (cioè, sottomesso alla plutocrazia degli oligarchi e alle ideologie tossiche inflitteci) e post-cristiano, che sia possibile ottenere giustizia, e vedere i cattivi, per quanto potenti, per quanto occulti, finalmente puniti.
Questo è ciò che ci attendiamo da quando Trump metterà la mano sulla Bibbia in poi: castigo e catastrofe.
Potrebbe essere la cosa più incredibile che abbiamo mai visto. Potrebbe cambiare la nostra percezione dello Stato, della storia, della realtà.
Potrebbe essere la più grande di iniezione di speranza per il futuro dei nostri figli, che forse non sono condannati a vivere in un pianeta di ingiustizia, aberrazione, orrore e schiavitù.
Perché ciò accada bisogna che si liberi il mostro. Liberate il Donald Kraken.
Roberto Dal Bosco
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Storia
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Storia
Politica e storia in una domenica di fioritura del ciliegio in Giappone

Domenica scorsa marzo a Kanazawa, i giardini Kenrokuen offrivano la vista degli ultimi fiori di pruno e dei primi fiori di ciliegio contemporaneamente, per la gioia dei molti visitatori giapponesi e stranieri.
L’atmosfera, piacevolissima nonostante il tempo uggioso, veniva però guastata da un grosso ingorgo nell’incrocio antistante la stazione, snodo nevralgico della piccola città del Giappone occidentale.
Lo stesso autista del bus su cui viaggiavo sembrava stupito, dalla radio di bordo echeggiavano le voci dei suoi colleghi che cercavano informazioni su quanto stesse accadendo.
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Nemmeno una rapida ricerca su internet forniva informazioni riguardo alla situazione, per cui, assieme agli altri viaggiatori, sono sceso dal bus di fronte al mercato di Omicho per raggiungere la stazione a piedi.

Giardini Kenrokuen, Kanazawa. Foto dell’autore
Il notevole schieramento di polizia e il frastuono di altoparlanti distanti mi ha subito chiarito la situazione: uyoku.
Questo è il nome (右翼、letteralmente «ala destra») con cui si definiscono i gruppi dell’estrema destra extraparlamentare giapponese, fautori di un nazionalismo filo-imperiale e ferocemente anticomunista.
Queste formazioni fanno ormai quasi parte del folklore locale giapponese: i loro furgoni neri o bianchi, su cui in genere è issata la bandiera imperiale, appaiono in genere in giro per le città in occasione delle festività nazionali. Dai loro assordanti altoparlanti escono perlopiù canti del periodo tra le due guerre (immaginate Faccetta nera in versione nipponica) e arringhe nazionaliste non troppo fluenti.
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Il giapponese medio li ignora a causa dell’aura di violenza che li circonda, alcuni dei gruppi sono notoriamente legati alla yakuza, ma la loro effettiva pericolosità è insignificante.
Una manifestazione che arriva a paralizzare un centro urbano é tutt’altro che comune, quindi mi sono chiesto quale fosse stata la causa scatenante e ho fatto una piccola ricerca sulle notizie locali: a mettersi in rotta di collisione con gli uyoku sono stati gli zainichi kankokujin (coreani residenti in Giappone dal periodo dell’annessione nipponica della penisola coreana), forse il principale problema irrisolto della società giapponese.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale circa dei circa due milioni di coreani che si trovavano sul territorio giapponese (immigrati volontariamente o deportati come forza lavoro, a seconda dei casi e delle opinioni) non tutti rientrarono in Corea: circa 600.000 rimasero nell’arcipelago. La guerra di Corea e la conseguente divisione del Paese ha fatto sì che coloro rimasti in Giappone si trovassero in una sorta di limbo burocratico: privi di cittadinanza giapponese e senza un paese in cui ritornare.
Ci sono state indubbiamente discriminazioni nei confronti dei Coreani residenti in Giappone (i linciaggi di massa in occasione del grande terremoto del Kanto nel 1923 sono forse la pagina più nera di questa vicenda) ma molti di loro sono riusciti a integrarsi pur mantenendo la propria identità – un esempio su tutti: il visionario miliardario Masayoshi Son.
Non si può negare come la presenza coreana sia significativa anche nel crimine organizzato giapponese e nelle aree grigie che vi gravitano attorno, su tutte l’industria del Pachinko, incrocio tra flipper e slot-machine che riempi le sale giochi nipponiche.
Le associazioni di zainichi kankokujin hanno fatto molto perché le discriminazioni cessassero, ma alcune di esse, manovrate politicamente da ambo le Coree, scelgono un atteggiamento apertamente antagonistico e a volte provocatorio nei confronti della nazione in cui vivono.
E arriviamo al caso di Kanazawa: l’unione dei Coreani residenti in Giappone (在日本大韓民国民団 , Mindan) ha deciso di installare nella città una lapide in memoria di Yun Bong Gil, un attivista coreano che nel 1932 a Shanghai uccise due ufficiali dell’esercito giapponese in un attentato esplosivo. Dopo l’arresto venne traslato in Giappone e fucilato a Kanazawa.
朝鮮人テロリスト尹奉吉の記念館設立に反対する市民達。
しばき隊は闘争を避け逃走。pic.twitter.com/OnzNfaqEi5
— 『しばき隊研究家』岡田晴道 (@okada122400) March 31, 2025
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Dopo l’annuncio del progetto da parte del Mindan, lo scorso 4 marzo un cinquantenne affiliato ad un’organizzazione uyoku ha schiantato la sua auto contro la sede dell’associazione coreana, senza che ci siano state vittime.
Da allora si susseguono le proteste, ed è facile immaginare che proseguiranno ancora a lungo.
Spiace che strumentalizzazioni politiche di questo tipo avvengano proprio in un momento storico in cui sembrerebbe che la pacificazione tra giapponesi e coreani del Sud stia avvenendo spontaneamente, dal basso. I turisti coreani sono infatti i più numerosi anche nel bel mezzo dell’attuale affluenza record di viaggiatori da tutto il mondo, mentre la popolarità di musica, cibo e serie televisive coreane in Giappone è ai massimi di sempre.
Auspicabilmente il buon senso popolare l’avrà vinta su chi semina discordia per i propri fini.
Taro Negishi
Corrispondete di Renovatio 21 dal Giappone
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