Civiltà
Il ministro contro le piazze: nessun compromesso. Repressione in arrivo?
Riportiamo dal Corriere della Sera le parole del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese dopo le manifestazioni di sabato.
«Guardiamo con attenzione alle manifestazioni dei no-vax, che ricordo non erano autorizzate».
Alle migliaia che hanno contestato il vaccino genetico e l’instaurarsi di un’autocrazia biopolitica, il ministro di Potenza (come Figliuolo e Speranza) ha risposto con argomenti saldi, inediti, profondi:
«Nessuna dittatura sanitaria – vaccinarsi è fondamentale per superare questa pandemia: tutti i provvedimenti del Governo sono stati presi per tutelare la salute pubblica, e perché la vera libertà è poter andare dove si vuole senza danneggiare gli altri»
«Nessuna dittatura sanitaria – vaccinarsi è fondamentale per superare questa pandemia: tutti i provvedimenti del Governo sono stati presi per tutelare la salute pubblica, e perché la vera libertà è poter andare dove si vuole senza danneggiare gli altri».
Vorremmo usare la metafora dell’oste che dice che il vino è buono, ma l’osteria probabilmente è fallita causa lockdown e l’oste, se non si è impiccato tra i debiti e la disperazione, era nella piazza «non autorizzata» a contestare il governo. Che è quello che poi dovrebbe autorizzare la manifestazione, ma nonostante la Costituzione e tante belle palle democratiche propalata per decenni, una manifestazione massiva contro il Palazzo non sappiamo se la voglia proprio autorizzare, visto che c’è la scusa buona per togliere questa opzione…
Riguardo al fatto che una parte consistente della popolazione si senta come gli ebrei italiani durante le leggi razziali – dove veniva loro impedito di insegnare, di andare a scuola, di entrare nei negozi, di partecipare alla vita pubblica – la Lamorgese dice che «sono stati utilizzati simboli ormai passati che non hanno nulla a che vedere con i provvedimenti del governo, adottati solo per la tutela della salute, penso alla stella di David».
«Le modalità sono da condannare. Più andiamo avanti con le vaccinazioni, più potremo tornare ad una vita normale. Chi ritiene di non vaccinarsi fa un danno alla comunità»
Anche qui, come non rimanere persuasi dalle argomentazioni lucide e appassionate del ministro? Milioni di persone percepiscono che nella loro vita è entrato qualcosa di tremendo, lei risponde dicendo «non è così». E siamo a posto.
Insiste: «Le modalità sono da condannare».
Che dire, sono esattamente le parole, pacate e misurate, con cui intavolare una discussione con un no-vax, che improvvisamente ritroviamo non solo due volte più inferocito, ma mille volte moltiplicato.
La situazione è «attenzionata in tutta Italia con le forze di polizia»
Il ministro aggiunge che la situazione è «attenzionata in tutta Italia con le forze di polizia», scrive l’edizione del Corriere di Bergamo, una delle città dove – dice il giornale – «Saranno tutti denunciati e multati i partecipanti alla marcia contro green pass e vaccino di sabato pomeriggio in centro». Saranno raggiunti «tutti coloro che la Digos riuscirà a identificare. In questura ci stanno lavorando con alcune convocazioni già notificate ai diretti interessati».
Non solo Bergamo: «pioggia di denunce», scrive il Corriere del Veneto, anche a Padova, «Verona, Vicenza, Bassano, Treviso e Venezia (…) Le questure di tutti i capoluoghi stanno lavorando per cercare di identificare i partecipanti. Il rischio concreto è che nei prossimi giorni saranno decine le segnalazioni e le persone denunciate».
A Livorno si conosce già pure il numero degli identificati dalla Digos: ben 30 persone, riferisce Il Tirreno.
«Le questure di tutti i capoluoghi stanno lavorando per cercare di identificare i partecipanti. Il rischio concreto è che nei prossimi giorni saranno decine le segnalazioni e le persone denunciate» scrive il Corriere del Veneto
E ancora: «Green Pass: denunciati organizzatori protesta a Piacenza» scrive l’ANSA.
Denunzie e sanzioni anche a Pescara, Genova, Firenze.
(C’è da chiedersi: con che strumenti stanno portando avanti queste identificazioni? Con l’uso di algoritmi di face recognition come ClearviewAI, assai controversi negli USA? Oppure sono programmini cinesi, tipo quelli che usano per il controllo delle metropoli e la repressione degli uiguri in Xinjiang? Queste tecnologie sono legali in Italia? Sono rispettose della privacy?)
E ancora, dice il ministro:
«Le modalità sono da condannare. Più andiamo avanti con le vaccinazioni, più potremo tornare ad una vita normale. Chi ritiene di non vaccinarsi fa un danno alla comunità».
Spero lo abbiate capito tutti: nessuna delle due parti, né la piazza e né, per una volta, lo Stato vuole arrivare al compromesso
Contro ogni logica, contro ogni sospetto che oramai si annida anche in ampie fasce della popolazione generale (i cosiddetti «boh-vax»): ma se non dà immunità e posso contagiare comunque, cosa mi vaccino a fare?
Mica è un problema solo della Lamorgese: pure Draghi e Biden hanno proferito nei giorni scorsi la stessa equazione non-vaccinato-uguale-morte. In USA perfino il Washington Post ha detto che l’amato presidente senile aveva propalato una fake news.
Spero lo abbiate capito tutti: nessuna delle due parti, né la piazza e né il Palazzo, vuole arrivare al compromesso. Strano ma vero: lo Stato italiano, quello che paga milioni di euro i terroristi islamici per una ragazza rapita, qui non fa nemmeno mezzo passo avanti. Anzi.
Allo Stato, che trattava con la mafia e con le Brigate Rosse, non interessa alcun incontro con le istanze di chi rifiuta l’imperio pandemico
Allo Stato, che trattava con la mafia e con le Brigate Rosse, non interessa alcun incontro con le istanze di chi rifiuta l’imperio pandemico.
Se vi chiedete come mai, provate a pensarci: sia Cosa Nostra che le BR avevano interfacce con spezzoni dello Stato profondo, e dove non giungevano con i contatti nostrani potevano quelli di Washington e Mosca, e quindi logge, consorterie epartiti italici collegati.
Mafia e terrorismo rosso (e nero, etc.) sono ramificazioni dello Stato stesso, che ha consentito loro, enigmaticamente ma neanche tanto, di prosperare.
Nelle piazze che abbiamo visto sabato scorso del compromesso non c’è nemmeno l’ombra. Perché, quando si parla della sovranità biologica, il compromesso non esiste: o sei padrone delle tue cellule, o sei schiavo di un sistema alieno che le vuole possedere
Picciotti e brigatisti, inoltre, il compromesso, il do ut des con Roma, lo hanno sempre avuto in mente, lo hanno sempre cercato, talvolta pure ottenuto (qualcuno può ricordare anche eventi recenti particolarmente sospetti)
Nelle piazze che abbiamo visto sabato scorso del compromesso non c’è nemmeno l’ombra. Perché, quando si parla della sovranità biologica, il compromesso non esiste: o sei padrone delle tue cellule, o sei schiavo di un sistema alieno che le vuole possedere.
Nessuno, dico, nessuno di coloro che erano in piazza la pensa altrimenti: quella massa fatta di comuni cittadini di ogni censo ed estrazione sociale e culturale (c’era di tutto: l’attivista, la vecchietta, il tatuato, il cattolico, la famigliola, il fighetto, la tizia coi rasta, il destroide, l’infermiera, l’insegnante, il medico, l’industriale) sa che non c’è una strada di ritorno una volta che si perde questa verginità biologica e politica. Il corpo, se si accetta il siero, non può de-vaccinarsi. Così come la libertà, una volta presa dal potere, quando mai nella storia è stata restituita così, senza sforzo e senza battaglia?
No, nessuna sfumatura è possibile.
Il segmento di popolazione dei dissidenti può e deve essere sacrificato. Per questo viene continuamente offeso, censurato, devastato nel portafogli e nel diritto
La potentina degli Interni forse lo ha capito – o forse no, ma qualcuno più potente di lei lo ha già deciso per tutti: il segmento di popolazione dei dissidenti può e deve essere sacrificato. Per questo viene continuamente offeso, censurato, devastato nel portafogli e nel diritto.
Al potere costituito non interessa più il loro voto (davvero: in Italia, quale partito vuole prendere queste preferenze?), né il loro consenso, né il loro lavoro, né il loro danaro, perché il flusso di ricavo alla fin fine è più sicura con la massa bovina che si vaccina, guarda la TV e sui social non condivide «pericolosi» articoli di giornale che contraddicono la verità ufficiale.
Quindi, da questa spaccatura, da questa guerra biologica dichiarataci dal nuovo potere (che si trascina una fetta enorme di popolazione, sempre più aizzata a immaginare pogrom contro la minoranza untrice), cosa potrà nascere?
Non chiediamolo alla Lamorgese, abbiamo capito che argomentare non è il suo forte.
Da questa spaccatura, da questa guerra biologica dichiarataci dal nuovo potere (che si trascina una fetta enorme di popolazione, sempre più aizzata a immaginare pogrom contro la minoranza untrice), cosa potrà nascere?
Magari, oltre all’immigrazione degli africani dal canale di Sicilia, rivelerà un talento per la repressione. Le occasioni mica mancheranno: la stagione della protesta contro lo Stato biosecuritario è appena iniziata.
Diceva un collega della Lamorgese nel film Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto: «la repressione è il nostro vaccino. Repressione è civiltà».
Ecco, noi la pensiamo diversamente: la Civiltà la preserveremo solo rifiutando il vaccino e la repressione, e il combinato disposto di entrambi con cui oggi ci vogliono trafiggere.
Roberto Dal Bosco
Civiltà
Professore universitario mette in guardia dall’«imperialismo cristiano europeo» nello spazio
La preside di scienze sociali della Wesleyan University Mary-Jane Rubenstein, una «filosofa della scienza e della religione» (che è anche affiliata al programma di studi femministi, di genere e sessualità della scuola), afferma di aver notato come «molti dei fattori che hanno guidato l’imperialismo cristiano europeo» siano stati utilizzati in «forme ad alta velocità e alta tecnologia».
La Rubenstein si chiede se «pratiche coloniali» come «lo sfruttamento delle risorse ambientali e la distruzione dei paesaggi», il tutto «in nome di ideali quali il destino, la civiltà e la salvezza dell’umanità», faranno parte dell’espansione dell’uomo nello spazio.
Lo sfruttamento degli altri corpi celesti, quantomeno nel nostro sistema solare, è stata considerata in quanto vi è una ragionevole certezza che su altri pianeti vicini non vi sia la vita, nemmeno a livello microbico. Quindi, che importanza ha se aiutiamo a salvare la Terra sfruttando Marte, Mercurio, la fascia degli asteroidi, per minerali e altre risorse?
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Rubenstein nota che il presidente della Mars Society Robert Zubrin ha sostenuto esattamente questo. In un editoriale del 2020, Zubrin ha attaccato un «manifesto» da un gruppo NASA DEI (diversità, equità e inclusione) che aveva sostenuto «dobbiamo lavorare attivamente per impedire l’estrazione capitalista su altri mondi».
Ciò «dimostra brillantemente come le ideologie responsabili della distruzione dell’istruzione universitaria in discipline umanistiche possano essere messe al lavoro per abortire anche l’esplorazione spaziale», ha scritto lo Zubrin.
Lo Zubrin ha osservato che poiché il gruppo DEI non ha alcun senso su base scientifica, deve ricorrere a «una combinazione di antico misticismo panteistico e pensiero socialista postmoderno» – come affermare che anche se non ci sono prove nemmeno dell’esistenza di microbi su pianeti come Marte, «danneggiarli sarebbe immorale quanto qualsiasi cosa sia stata fatta ai nativi americani o agli africani».
Tuttavia la Rubenstein afferma che varie credenze indigene «sono in netto contrasto con l’insistenza di molti nel settore sul fatto che lo spazio sia vuoto e inanimato».
Tra questi vi sono un gruppo di nativi australiani che affermano che i loro antenati «guidano la vita umana dalla loro casa nella galassia» (e che i satelliti artificiali sono un pericolo per questa «relazione»), gli Inuit che sostengono che i loro antenati vivono in realtà su “corpi celesti” e i Navajo che considerano sacra la luna terrestre.
«Gli appassionati laici dello spazio non hanno bisogno di accettare che lo spazio sia popolato, animato o sacro per trattarlo con la cura e il rispetto che le comunità indigene richiedono all’industria», afferma la Rubenstein.
In effetti, in una recensione del libro di Rubenstein Astrotopia: The Dangerous Religion of the Corporate Space Race, la testata progressista Vox ha osservato che «in effetti, alcuni credono che questi corpi celesti dovrebbero avere diritti fondamentali propri».
Quindi, l’ordine degli accademici è che gli esseri umani dessero priorità alle credenze dei nativi nell’esplorazione dello spazio rispetto a quelle dei cristiani europei?
Dovremmo rinunciare all’estrazione di minerali preziosi da asteroidi, comete e pianeti vicini, perché hanno tutti una sorta di Carta dei diritti «mistica panteistica»?
I limiti posti ai programmi di esplorazione spaziale sono da sempre legati a movimenti antiumanisti che odiano la civiltà – in una parola alla Cultura della Morte.
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Lo stesso Zubrin, ex dipendente NASA frustrato dalla mancanza di un programma per la conquista di Marte e il suo terraforming, ne ha scritto in libri fondamentali come Merchants of Dispair (2013), dove spiega come la pseudoscienza e l’ambientalismo siano di fatto culti antiumani.
Lo Zubrin era animatore della Mars Society, un’associazione dedicata alla promozione dell’espansione su Marte, quando nei primi anni Duemila si presentò ad una serata del gruppo uno sconosciuto, che alla fine lasciò in donazione un assegno con una cifra inusitata per la Society, ben 5.000 dollari: si trattava di Elon Musk.
Il quale, marzianista convinto al punto da realizzare razzi che dice ci porteranno sul pianeta rosso tra quattro anni, è anche uno dei più accesi nemici del politicamente corretto, della cultura woke e soprattutto dell’antinatalismo, oltre che una persona che attivamente, negli anni – lo testimonia la sua costante attenzione per la storia della Roma antica – ha dimostrato di aver compreso il valore, e la fragilità, della civiltà umana.
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Civiltà
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Civiltà
Tecnologia e scomparsa della specie umana: Agamben su progresso e distruzione
Renovatio 21 pubblica questo scritto di Giorgio Agamben apparso sul sito dell’editore Quodlibet su gentile concessione dell’autore.
Quali che siano le ragioni profonde del tramonto dell’Occidente, di cui stiamo vivendo la crisi in ogni senso decisiva, è possibile compendiarne l’esito estremo in quello che, riprendendo un’icastica immagine di Ivan Illich, potremmo chiamare il «teorema della lumaca».
«Se la lumaca», recita il teorema, «dopo aver aggiunto al suo guscio un certo numero di spire, invece di arrestarsi, ne continuasse la crescita, una sola spira ulteriore aumenterebbe di 16 volte il peso della sua casa e la lumaca ne rimarrebbe inesorabilmente schiacciata».
È quanto sta avvenendo nella specie che un tempo si definiva homo sapiens per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico e, in generale, l’ipertrofia dei dispositivi giuridici, scientifici e industriali che caratterizzano la società umana.
Questi sono stati da sempre indispensabili alla vita di quello speciale mammifero che è l’uomo, la cui nascita prematura implica un prolungamento della condizione infantile, in cui il piccolo non è in grado di provvedere alla sua sopravvivenza. Ma, come spesso avviene, proprio in ciò che ne assicura la salvezza si nasconde un pericolo mortale.
Gli scienziati che, come il geniale anatomista olandese Lodewjik Bolk, hanno riflettuto sulla singolare condizione della specie umana, ne hanno tratto, infatti, delle conseguenze a dir poco pessimistiche sul futuro della civiltà. Nel corso del tempo lo sviluppo crescente delle tecnologie e delle strutture sociali produce una vera e propria inibizione della vitalità, che prelude a una possibile scomparsa della specie.
L’accesso allo stadio adulto viene infatti sempre più differito, la crescita dell’organismo sempre più rallentata, la durata della vita – e quindi la vecchiaia – prolungata.
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«Il progresso di questa inibizione del processo vitale», scrive Bolk, «non può superare un certo limite senza che la vitalità, senza che la forza di resistenza alle influenze nefaste dell’esterno, in breve, senza che l’esistenza dell’uomo non ne sia compromessa. Più l’umanità avanza sul cammino dell’umanizzazione, più essa s’avvicina a quel punto fatale in cui progresso significherà distruzione. E non è certo nella natura dell’uomo arrestarsi di fronte a ciò».
È questa situazione estrema che noi stiamo oggi vivendo. La moltiplicazione senza limiti dei dispositivi tecnologici, l’assoggettamento crescente a vincoli e autorizzazioni legali di ogni genere e specie e la sudditanza integrale rispetto alle leggi del mercato rendono gli individui sempre più dipendenti da fattori che sfuggono integralmente al loro controllo.
Gunther Anders ha definito la nuova relazione che la modernità ha prodotto fra l’uomo e i suoi strumenti con l’espressione: «dislivello prometeico» e ha parlato di una «vergogna» di fronte all’umiliante superiorità delle cose prodotte dalla tecnologia, di cui non possiamo più in alcun modo ritenerci padroni. È possibile che oggi questo dislivello abbia raggiunto il punto di tensione massima e l’uomo sia diventato del tutto incapace di assumere il governo della sfera dei prodotti da lui creati.
All’inibizione della vitalità descritta da Bolk si aggiunge l’abdicazione a quella stessa intelligenza che poteva in qualche modo frenarne le conseguenze negative.
L’abbandono di quell’ultimo nesso con la natura, che la tradizione filosofica chiamava lumen naturae, produce una stupidità artificiale che rende l’ipertrofia tecnologica ancora più incontrollabile.
Che cosa avverrà della lumaca schiacciata dal suo stesso guscio? Come riuscirà a sopravvivere alle macerie della sua casa? Sono queste le domande che non dobbiamo cessare di porci.
Giorgio Agamben
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