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Oligarcato e potere spaziale. Perché Mattarella ha attaccato Elon Musk?

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Il presidente Mattarella ha spiazzato chi credeva che nel suo penultimo discorso dell’anno volesse dire la sua sulla posizione politica italiana, che ribolle pazzamente dalla bocciatura del MES. La mancata ratifica del fondo salva-Stati, cioè salva-banche, potrebbe costituire un punto di catastrofe per la storia dell’eurofilismo italiana, nella quale il partito da cui proviene il presidente, così come praticamente tutto l’apparato dello Stato (lo Stato-partito), è per qualche ragione immerso.

 

E invece il presidente l’ha lanciata altissima, nell’iperuranio della storia della civiltà, parlando di «una rivoluzione enormemente più profonda, più veloce e globale di quella industriale» di due secoli fa, e denunciando la minaccia di un «contropotere» si espande nel pianeta mettendo a rischio la nostra libertà.

 

Messa così, parrebbe musica per le orecchie dei complottisti. No? Il presidente che parla di deriva tecnologica dell’umanità e di libertà negate come può non piacerci? Certo, bisogna dimenticare un paio di cose, come il fatto che si tratta del presidente degli anni dell’Italia in lockdown – cioè quando la vostra libertà è stata negata con mezzi biotecnologici (tamponi, green-pass).

 

Ma ascoltiamo il presidente: «il modello culturale dell’Occidente è sotto sfida» dice Mattarella, che, porta improvvisamente l’attenzione su Intelligenza artificiale e le multinazionali dei social network: «bisogna evitare che pochi gruppi possano condizionare la democrazia».

 

Parole durissime, che tuttavia non avevamo sentito quando nel maggio 2022 Mark Zuckerberg calò in Italia venendo ricevuto a Palazzo Chigi dal premier Mario Draghi (che era presente all’ultimo discorso di Mattarella) e dal ministro della Transizione Digitale Vittorio Colao.

 

Tuttavia qui l’obbiettivo non era Zuckerberg, con la sua piattaforma che cancella chissà quanti italiani e la loro libera espressioni teoricamente prevista dalla Costituzione. Nel suo discorso, secondo l’ANSA, il presidente avrebbe lanciato l’allarme «su quello che viene chiamato “il modello Musk”».

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Elon però mai è citato nello speech presidenziale, ma i tratti che descrivono tale modello non possono ricondurre che all’imprenditore sudafricano naturalizzato americano.

 

Mattarella parla di un potente «modello di condizionamento», di proporzioni gigantesche che impediscono la regolamentazione: pare, pensiamo noi, quasi delineare la questione di un monopolio, come quello dei Rockefeller, divenuti così potenti, a cavallo tra Ottocento e Novecento, da potersi fagocitare l’intera economia degli USA, che si salvarono grazie alla creazione di leggi antitrust.

 

Leggi di questo tipo sono state invocate di recente contro Facebook, contro Amazon (la principale carica dell’antitrust americana, la presidenza della Federal Trade Commission è finita alla giovane giurista Lina Khan autrice di tesi articolate sul monopolio Jeff Bezos), tuttavia mai avevamo sentito questi rilievi nei confronti di Musk.

 

Anzi, ricordiamo come Elon abbia ribadito, nella sua già leggendaria comparsata all’evento del New York Times in cui ha mandato a farsi fottere la Disney e gli altri investitori che stanno boicottando Twitter, che le sue aziende operano praticamente senza brevetti: non cercano di squalificare la concorrenza in nessun modo, ci sono altre aziende che fanno satelliti, auto elettriche, social media – tuttavia nessuna ha implementato un’execution come quella delle imprese di Musk, ha rivendicato lui stesso.

 

Dalle parole del presidente, invece, potrebbe trasparire la visione di un Musk monopolista, di un Musk «oligarca» – un’immagine diametralmente opposta da quella che invece ha costruito specie in questi anni, in cui tra streaming delle sue partite a Diablo, meme ripostati e incontri con i ragazzotti della rete (più che con giornalisti e habitués di Davos), Elon ha creato un’immagine antitetica rispetto a quella classica del satrapo ultracapitalista, genericamente incapace di comunicare (o disinteressato) e racchiuso in un involucro opaco.

 

La parola «oligarca» ad un certo punto arriva, letterale: «oligarchi di diversa estrazione si sfidano nell’esplorazione sottomarina, in nuove missioni spaziali, nella messa a punto di costosissimi sistemi satellitari (con implicazioni militari) e nel controllo di piattaforme di comunicazione social, agendo, sempre più spesso, come veri e propri contropoteri» dice Mattarella.

 

Qui vi è il riferimento più preciso che mai a Musk: i «costosissimi sistemi satellitari con implicazioni militari» sono quelli di Starlink, che Musk si è messo da solo in orbita grazie alla tecnologia dei razzi riutilizzabili con cui ha sfidato, e vinto, l’intera storia dell’ingegneria astronautica.

 

E il riferimento bellico è certo allo scandalo di qualche mese fa, montato sui giornali americani e tracimato nel resto dei Paesi NATO, per il quale Musk si sarebbe permesso di «spegnere» i collegamenti satellitari che aveva regalato agli ucraini quando aveva capito che stavano pianificando, basandosi sulle connessioni spaziali, un attacco in grande stile alla Crimea, un evento che, nel suo pensiero, avrebbe potuto scatenare la Terza Guerra Mondiale e di conseguenza un «civisational risk», un «rischio per la civiltà», concetto sul quale torna in continuazione, sia che si parla di guerra atomica che di AI o perfino di «woke mind virus» e della cultura dell’establishment globalista come «death cult» – il suo modo, immaginiamo, di definire la Cultura della Morte.

 

Ebbene, questo potere dal cielo che Elon Musk detiene fa decisamente impressione – e lo abbiamo detto, al punto che Renovatio 21 si è spinta a chiedersi se non sia lui l’anticristo di cui parlano le Scritture: perché, ricordarselo sempre, l’anticristo piacerà a tantissima gente. Con i suoi satelliti, Musk si è inserito nel gioco geopolitico totale come attore di rilievo. George Soros, è stato detto, è l’unica persona al mondo con una sua politica estera. Elon Musk è l’unica persona al mondo con una sua geopolitica spaziale, cioè una geopolitica planetaria ed esoplanetaria – e i mezzi materiali per attuarla.

 

Non sappiamo leggere del tutto il riferimento così preciso del presidente: voleva manifestare scorno per il mancato supporto satellitare all’attacco alla Crimea? Oppure è qualcosa di diverso? È bizzarro: sta davvero attaccando l’uomo che fornisce i lanciatori per mettere in orbita la gran parte del programma spaziale europeo? Senza SpaceX, esattamente cosa farebbe l’ESA nei prossimi anni? Si tratta di un rilievo di questo tipo? Dobbiamo pensare ad un risentimento delle istituzioni continentali verso l’uomo che ha aperto lo spazio come esse – che rappresentano mezzo miliardo di cittadini della parte più avanzata (in teoria) del pianeta – non sono riuscite a fare?

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A chi ha scritto il discorso presidenziale, il complottista non dilettante può ricordare, en passant, anche altro: il potere di Musk non deriva dal nulla.

 

Ci sono stati, pubblicamente, i miliardi statali che Obama diede a Tesla (un investimento pubblico che poi, a differenza del caso degli Agnelli, tornarono indietro). C’è questo viaggio che Musk ha fatto in Russia nei primi anni Duemila, quando prese i soldi per la vendita di PayPal, in cerca di tecnologia spaziale sovietica: con lui, si dice, c’era anche una figura dell’apparato americano.

 

C’è il fatto che SpaceX, un appaltatore tenuto in piedi dalle commesse dello Stato americano (che senza i lanci a basso costo muskiani non potrebbe operare ora e tantomeno pensare di partecipare alla nuova corsa allo spazio), ha dietro anche Peter Thiel, già socio di Musk, geniale miliardario rabdomante i cui rapporti con i servizi americani sono sempre chiacchierati, e meno noti sono tuttavia i suoi interessi per i satelliti.

 

Mattarella prosegue nel discorso ammonendo che questi nuovi personaggi – cioè, Elon – avrebbero «la presunzione di divenire loro i protagonisti che dettano le regole, anziché essere destinatari di regolamentazione».

 

È buffo, perché, come abbiamo tante volte registrato su questo sito, Musk è capofila mondiale di chi chiede proprio regolamentazioni per l’Intelligenza Artificiale, creando startup (OpenAi fu fondata da lui come ente no-profit; ora ci sta riprovando con l’AI di Twitter chiamata Grok) partecipando a grandi meeting pubblico-privati (come quello recente a Londra con Sunak, dove era presente pure la Meloni) e soprattutto firmando in testa a centinaia di altri esperti per la moratoria sull’AI.

 

La stessa moratoria che fu snobbata e attaccata da Bill Gates, un vero oligarca monopolista (secondo la vecchia Unione Europea, che lo multò salatamente) che però non sembra aver mai suscitato gli strali presidenziali, nonostante la sua opera consistente di intromissione nelle nostre vite via vaccini e regolamentazioni sanitarie che è in grado di infliggere al mondo grazie al suo dominio sull’OMS, di cui è primo finanziatore. Alle iniziative vaccinali dell’oligarca miliardario Gates, anzi, lo Stato italiano promette, come nel caso del governo Conte bis, 287,5 milioni di euro.

 

Chi ha seguito minimamente le recenti uscite di Musk – nel senso, oltre a quella di Atreju – lo ha sentito varie volte ribadire che di fatto egli non è contro le regolamentazioni, anzi: si trova in disaccordo con esse «once in a blue moon», una volta ogni morti di papa, disse in un’intervista a Tucker Carlson, quando spiegò che facendo missili e automobili le regolamentazioni che le sue aziende debbono rispettare sono milioni, al punto che solo le carte riempiono intere stanze.

 

Il concetto è stato ribadito chiaramente anche durante l’incontro del New York Times, quando ha spiegato la difficoltà di seguire tutto senza mai piegare veramente il sistema – già, perché non sappiamo quanti lobbysti abbia Musk, né quante leggi a suo favore siano state effettivamente fatte. Lo stesso non possiamo dire, in USA e in Italia, per tante aziende notissime, i cui megadirettori magari sono incontrati cerimonialmente dai vertici del nostro Stato.

 

Mattarella però non ha finito, e scende in trincea contro il pericolo totalitario del XXI secolo: «Immaginiamo solo per un momento, applicando lo scenario descritto nel libro 1984, cosa avrebbe potuto significare una distorsione nell’uso di queste tecnologie al servizio di una dittatura del Novecento. Sono in gioco i presupposti della sovranità dei cittadini». Ecco, dal complottismo, il presidente passa al sovranismo. Sergio è ora one of the boys, e stiamo per regalargli un abbonamento gratuito a Renovatio 21.

 

La realtà è che queste parole, che fanno pensare alle polemiche su Twitter, sono arrivate nello stesso momento in cui l’Unione Europea, risaputo covo di hater del Twitter muskiano sin da subito, ha avviato una «procedura formale di infrazione» contro X, che potrebbe portare persino alla sua chiusura in territorio UE. L’accusa è quella di non riuscire a contrastare i contenuti illeciti e la disinformazione, di mancanza di trasparenza sulla pubblicità e di pratiche di progettazione «ingannevoli». Bruxelles ha quindi materialmente promesso di chiuderla definitivamente se la piattaforma non vieterà immediatamente i media alternativi.

 

«Le prove che abbiamo attualmente sono sufficienti per aprire formalmente un procedimento contro X», ha detto in una nota Margrethe Vestager, vicepresidente esecutivo che supervisiona la politica digitale. «La Commissione indagherà attentamente sulla conformità di X con il [Digital Services Act] DSA, per garantire che i cittadini europei siano tutelati online».

 

Nel frattempo, Thierry Breton, il Commissario Europeo responsabile dell’applicazione della legge, ha scritto in un post su Twitter che «Oggi apriamo una procedura formale di infrazione contro X».

 

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Si tratta, dice il Commissario Europeo alla concorrenza, risposta a una «sospetta violazione degli obblighi, contrasto i contenuti illegali e la disinformazione; sospetta violazione degli obblighi di trasparenza».

 

In pratica, stanno dando seguito al bavaglio universale promesso con il DSA: le voci dissonanti, come quella del sito che state leggendo, potranno essere annientate, nel tentativo di far tornare la popolazione a «informarsi» solo sui giornaloni mendaci pagati da Stati e interessi oligarchici.

 

Inizieranno con Twitter, e la cosa, nel momento in cui in America, pure a livello istituzionale, si discute di pedofili che scorrazzano liberi sulle piattaforme di Zuckerberg, farebbe anche ridere, se non fosse impudicizia che diviene orrore puro.

 

Ma che importa? Il presidente degli italiani lockdownati mette l’elmetto: «contrastare quello che può insidiare le nostre libertà è l’impegno prioritario che si pone davanti a noi». Il capo dello Stato contro gli oligarchi: ci avevate mai pensato?

 

A dire il vero, riguardo ad oligarchi monopolisti, non esattamente amanti della libertà e dell’umanità in generale, ci sovviene un’altra memoria con al centro il presidente.

 

Nel 2016, la riunione plenaria della Commissione Trilaterale si fece a Roma, nientemeno che al Palazzo del Quirinale. Il presidente della Repubblica Mattarella accolse i membri dell’esclusivo club di potenti e magnati con un intervento in cui non mancò di citare elogiativamente il vero fondatore del gruppo: David Rockefeller.

 

«Sono davvero lieto di ricevere al Palazzo del Quirinale i partecipanti alla riunione Plenaria della Commissione Trilaterale» disse la Prima carica dello Stato italiano. «Quando, oltre quaranta anni fa, David Rockfeller ebbe l’intuizione di dar vita alla Commissione, si mosse nell’intento di capitalizzare le risorse e le energie degli ambienti imprenditoriali, culturali e sociali in America, Europa e Giappone, per superare le rigidità che sovente accompagnano le relazioni ufficiali tra Governi, così da fornire interpretazioni non formali ma originali di fenomeni complessi e dalle ampie ramificazioni».

 

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I Rockefeller sapete chi sono: la famiglia di oligarchi par excellence, contro cui, come dicevamo sopra, gli USA di inizio Novecento crearono con successo le leggi antitrust: perché, si diceva, si sarebbero espansi sino a divorare persino le botteghe di alimentari in strada.

 

Quello dei Rockefeller è il casato che si trasmette geneticamente, da più di cinque generazioni, l’impellente necessità di ridurre la popolazione terrestre, e ora pure l’imperativo dell’accettazione del vaccino: del loro impatto sul mondo – dalla medicina al costume all’industria alimentare – abbiamo scritto tanto, e il loro uomo di fiducia, Henry Kissinger, è morto qualche giorno fa, riportandoci alla mente il documento NSSM-200, con il quale l’uomo dei Rockefeller impiantato nel cuore dello Stato americano programmava la depopolazione del pianeta come priorità occulta della politica estera americana.

 

La Trilaterale, che Mattarella onorò 8 anni fa a casa Sua (cioè la casa usurpata dai Savoia ai papi – il Quirinale), si dice sia stato un ulteriore parto dei Rockefeller per piazzarvi un altro dei loro intelligentoni fatti infiltrare nello Stato profondo: Zbig Brzezinski. L’uomo che odiava la Russia più di ogni altra cosa (forse era una questione personale: la sua aristocratica famiglia polacca regnava sul voivodato di Ternopoli, ma sarebbe stata scacciata dai sovietici) viene ricordato come la mente dietro all’Operazione Ciclone, ossia il sostegno agli islamisti (allora mujaheddin) contro l’invasione russa dell’Afghanistan. Il risultato, il lettore lo sa, è stato Al Qaeda.

 

Tuttavia il genio strategico di Brzezinski andava ben al di là delle contingenze geopolitiche. Letti oggi, i suoi libri dei primi anni Settanta come Between Two Ages: America’s Role in the Technetronic Era («Tra due ere: il ruolo dell’America nell’era tecnotronica») lasciano a bocca aperta: parla della morte delle Nazioni da indurre programmaticamente con il consumismo, parla di istruzione telematizzata (anni prima di Zoom), di geoingegneria (sì), di sistemi di narcotizzazione delle masse come il tittytainment (cioè, letteralmente, l’intrattenimento a base di tette, politica evidente sulle TV quanto sui rotocalchi o su Instagram).

 

Brzezinski non aveva un vero interesse per il suprematismo americano: la sua idea è, più che altro, quella dell’inevitabile governo tecnocratico mondiale. Il che lo rende perfetto per l’oligarcato dei Rockefeller, che ora continua nell’oligarcato dei Gates e degli altri padroni del vapore che stanno infliggendo il biototalitarismo elettronico del XXI secolo, di cui abbiamo avuto un assaggio materiale con il COVID.

 

Ma non dobbiamo farla tanto complicata: magari non si tratta di politica spaziale, magari è una questione di politica più spicciola – che l’uomo più ricco del mondo scenda in Italia per partecipare ad un evento di partito non si era mai visto, e il PD schiuma di rabbia: eccoti l’onorevole gay Zan che si scaglia contro Musk e la Meloni adducendo che il bambino ha portato sul palco è fatto con la surrogata – cosa falsa, è figlio naturale della cantante Grimes, forse pure l’unico, da quando morì il primogenito per SIDS (che Elon si stia svegliando anche su quello?), a non essere fatto con la provetta. Lo ammettiamo, il fatto che l’unico bambino avuto naturalmente sia quello che si porti dovunque (a quanto pare, lontano dalla madre) è anche un po’ inquietante: ma non sono queste sottigliezze che stanno lanciando i piddini con le loro fake news, magari ripetute proprio su Twitter.

 

Si tratta quindi solo di uno schizzetto di politica interna, che per dare una stoccata al partito di governo (che, con Ignazio La Russa, aveva appena colpito il presidente riguardo al premierato) utilizzando fantascienza apocalittico-oligarchica?

 

In realtà, non lo sappiamo. Registriamo come tutta la questione intorno al discorso appaia superficiale, contraddittoria, a suo modo bizzarra.

 

Ma forse siamo gli unici a notarlo. Del resto, lo sapete, la maggior parte delle volte non stanno parlando a voi.

 

Roberto Dal Bosco

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Oligarcato

Melinda lascia bruscamente la Fondazione Gates

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Melinda Gates ha rivelato che si dimetterà dalla carica di co-presidente della Bill & Melinda Gates Foundation.   «Dopo un’attenta riflessione e riflessione, ho deciso di dimettermi dal mio ruolo di copresidente della Fondazione Bill & Melinda Gates, Il mio ultimo giorno di lavoro alla fondazione sarà il 7 giugno» ha scritto la miliardaria su Twitter.   Secondo quanto detto, la donna avrebbe intenzione di concentrarsi sui propri sforzi filantropici, sostenuti da una dote di 12,5 miliardi di dollari.   «Non è una decisione che prendo con leggerezza. Sono immensamente orgogliosa della fondazione che Bill e io abbiamo costruito insieme e del lavoro straordinario che sta facendo per affrontare le ineguaglianze in tutto il mondo» scrive un documento firmato dalla Melinda. «Ci tengo profondamente al tema della fondazione, ai nostri partner in tutto il mondo, e a tutti coloro che sono toccati dal suo lavoro».    

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«Faccio questo passo con piena confidenza che la fondazione è in grande forma, con un CEO estremamente capace, Mark Suzman, il Team di Leadership Esecutiva, e un board di affiliati esperto sistemati per assicurare che tutto l’importante lavoro continuo. È tempo per me di andare avanti nel prossimo capitolo della mia filantropia» dichiara l’ex moglie dell’oligarca dei computer, primo finanziatore privato della sanità globale.   Non poteva mancare la nota parafemminista: «questo è un momento critico per le donne e le ragazze in USA e in tutto il mondo, e coloro che lottano per proteggere ed avanzare l’uguaglianza necessitano urgentemente di sostegno».   «Sotto i termini del mio accordo con Bill, lasciando la fondazione, avrò altri 12,5 miliardi di dollari da impegnare nel mio lavoro per conto delle donne e delle famiglie».   Quando parla di donne e famiglie, la Gates parla di aborto e contraccezione da diffondere in tutta la Terra, argomento di cui ha parlato apertis verbis per anni e per il quale ha operato pubblicamente, per esempio donando tre anni fa 2,1 miliardi alla multinazionale dell’aborto Planned Parenthood.   Come riportato da Renovatio 21, nel febbraio 2022 era emerso che Melinda Gates non avrebbe donato più la maggior parte della sua ricchezza a Bill & Melinda Gates Foundation, apportando una modifica alla lettera di Giving Pledge alla fine del 2021 in seguito al suo divorzio dal co-fondatore di Microsoft Bill Gates, tuttavia all’epoca non ha specificato che sarebbe andata alla Gates Foundation. Il Giving Pledge è una campagna per incoraggiare le persone estremamente facoltose a contribuire con la maggior parte della loro ricchezza a cause filantropiche. A gennaio 2021, l’impegno ha 231 firmatari da 28 Paesi, tra cui David Rockefeller, George Lucas, Ted TurnerMark ZuckerbergPaul SingerRichard BransonElon Musk.   La dotazione della Fondazione Gates supera i 50 miliardi di dollari. A luglio, Bill e Melinda hanno dichiarato che avrebbero impegnato altri 15 miliardi di dollari per la dotazione della Fondazione, che come noto è coinvolta sia scientificamente (con i fondi alla ricerca) che economicamente (perché investitrice di Big Pharma) che mediaticamente (con i programmi finanziati ai giornali di tutto il mondo per centinaia di milioni) politicamente (con le donazioni a enti transnazionali come l’OMS, e la creazione di altri enti come GAVI e CEPI) nel programma sanitario e vaccinale globale.   Come riportato da Renovatio 21, Melinda Gates, sedicente cattolica, ha per anni perorato e finanziato la causa dell’aborto – chiamato con l’eufemismo orwelliano «Controllo delle nascite» – specie nel Terzo Mondo. Nelle sue conferenze, Melinda parlava della necessità globale della contraccezione. Esiste ancora un TED piuttosto esplicito.  

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Il tema della riduzione della popolazione umana fu quindi mixato dalla Gates con quello della catastrofe pandemica: «le prime stime suggeriscono anche che la pandemia causerà 49 milioni di donne in più senza contraccettivi, portando a 15 milioni di gravidanze non pianificate» aveva detto in una intervista concessa a La Stampa e ad altri due giornali internazionali.   Se i Gates sino a qualche lustro fa non parlavano d’altro che di riduzione della popolazione – magari a cene organizzate con i Rockefeller e i Soros, come ricordato da Renovatio 21 – risulta difficile credere che la vecchia idea non sia in qualche modo implicata nella loro nuova crociate miliardaria per la vaccinazione universale.   Durante la quarantena mondiale Melinda aveva preso parte ad incontri internazionali con i leader dei Paesi europei, poi sfociati nel mastodontico finanziamento pubblico pluriennale (287,5 milioni di euro) anche da parte del governo italiano – il Conte bis – al GAVI, l’alleanza per i vaccini creata dai Gates.   Il divorzio tra Bill e Melinda, è stato ipotizzato, potrebbe essere stato provocato anche dal non ancora chiaro rapporto tra Bill e il pedofilo sedicente finanziere (ma quasi sicuramente asset di qualche servizio segreto) Jeffrey Epstein. Come visto in una recente intervista TV, nominare Epstein è qualcosa che imbarazza ancora molto il Bill.   È finito sui giornali che l’Epstein presentò a al Gates una giovane giocatrice di Bridge russa, ma i contorni della storia sono oscuri, lasciando gli osservatori a fare solo ipotesi: si trattava di un tentativo di ricatto, secondo il classico schema dell’enigmatico finanziere pedofilo?   Secondo quanto riportato dal quotidiano norvegese DN Masinet, Epstein avrebbe partecipato a un incontro del 2013 con Bill Gates e potrebbe essere stato determinante per stabilire connessioni tra Gates e un think tank coinvolto nella produzione di vaccini. L’articolo di DN afferma che la Bill & Melinda Gates Foundation ha risposto alle domande affermando che «la Fondazione non ha mai avuto rapporti finanziari con Epstein».   La bizzarra amicizia emersa grazie ad un exposé del New York Times e riemersa con il divorzio dei Gates porta a speculazioni sulla sua natura e i suoi contenuti: Renovatio 21 si è chiesta se, più che le donne, ad unire i due non fosse la prospettiva dell’eugenetica.   L’argomento dell’eugenetica era discusso apertamente da Bill e la moglie Melinda dentro e fuori della loro Fondazione; era il tema preferito prima di quello delle Pandemie e dei vaccini, che del controllo della popolazione è diretta conseguenza.

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Immagine di DFID – UK Department for International Development via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic      
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Controllo delle nascite

Oligarcato e Necrocultura: il capo di BlackRock elogia la depopolazione e la sostituzione degli umani con le macchine

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Sorprendenti ammissioni del CEO di BlackRock Larry Fink durante un evento del World Economic Forum organizzato la scorsa settimana in Arabia Saudita.

 

L’incontro speciale del WEF – chiamato s Special Meeting on Global Collaboration, Growth and Energy for Development – comprendeva 50 sessioni attorno a tre temi principali: crescita inclusiva; collaborazione globale; ed energia per lo sviluppo. «Nel corso di due giorni, 1.000 leader globali ed esperti provenienti da governi, imprese e società civile si sono riuniti per discutere su come affrontare le più grandi questioni che affliggono il mondo» scrive il sito del gruppo estremista di Klaus Schwab.

 

Fink, alto papavero dell’oligarcato mondiale, è un habitué di Davos, dove negli anni si è fatto notare per considerazioni notevoli come l’accelerazione dell’abolizione del contante favorita dalla guerra in Ucraina.

 

Il presidente di BlackRock – fondo di investimenti che ha asset in gestione per 10 trilioni di dollari, secondo alcuni al centro della crisi energetica globale – ha parlato in una sessione chiamata «Investing in a Global Fracture» («Investire in un contesto di frattura globale») trattando di stimoli fiscali e dell’innovazione per creare un «ciclo di investimento molto ampio».

 

Il sito del WEF, tuttavia, non riporta come il Fink sia finito a parlare, in termini che sembrano elogiativi, della contrazione della popolazione in rapporto all’ascesa dei robot, un fenomeno da lui associato ad una futura fase di benefizio economico.

 

«Posso sostenere l’idea dei Paesi con la popolazione in contrazione» attacca il Fink, per poi cercare di inquadrare meglio la questione per partire con il suo pensiero all’apparenza controintuitivo.

 

«È qualcosa di cui non si è ma parlato, sapete, siamo abituati a pensare che una popolazione in contrazione è la causa di una crescita negativa, ma nelle mie conversazioni con i leader… questi grandi Paesi sviluppati che hanno leggi xenofobiche per l’immigrazione che non permettono a nessuno di entrare con popolazioni che si restringono… questi Paesi sviluppano rapidamente la robotica e la tecnologia dell’Intelligenza Artificiale».

 

«Se la promessa di tutto questo – e non sto dicendo che succederà – trasforma la produttività, cosa che la maggior parte di noi pensa farà, saremo in grado di elevare lo standard di vita dei Paesi e degli individui, anche con popolazioni in contrazione».

 

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«Il paradigma della crescita negativa della popolazione sta per cambiare» afferma il Fink. «E i problemi sociali che si avranno sostituendo gli umani con le macchine sarà molto più facile in quei Paesi che hanno la popolazione in declino».

 

L’uomo a capo del più grande ammasso di finanza della storia vi sta dicendo che accetterete la Cultura della Morte: perché siete senza bambini e sempre più dipendenti dai robot.

 

I paperoni ve lo dicono in faccia: si perderà ogni tabù rispetto alla Necrocultura, l’infertilità sarà considerata un fattore di benessere sociale.

 

Siamo davanti alla prospettiva, davvero, all’incubo totalitario della sterilità (e, per corollario, dell’omosessualità) come obbligo inflitto alla società dallo Stato, come nel romanzo di Anthony Burgess Il seme inquieto (1962). Il cambio di paradigma è annunciato: nulliparo e robotico è bello, è giusto, è obbligatorio.

 

Se pensavate che il green pass fosse l’attacco finale alla vostra sovranità biologica (e famigliare, spirituale) vi sbagliavate di grosso.

 

La Necrocultura è oramai slatentizzata, pure nelle parole dei suoi corifei miliardari.

 

Preparatevi a difendere la vostra prole, a proteggere la vostra stessa capacità di generare la vita umana. Perché, giocoforza, contro di esse vi scateneranno lo Stato moderno e – non è più un film di fantascienza – orde di robot a quattro zampe, a due zampe, a quattro eliche che vi toglieranno il lavoro, vi sorveglieranno, vi daranno la caccia, vi staneranno, vi uccideranno.

 

Preparatevi, contro la Necrocultura degli oligarchi e le sue macchine, a difendere l’umanità – a cominciare dalla vostra.

 

Roberto Dal Bosco

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Oligarcato

Soros finanzia le proteste universitarie filopalestinesi in America

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Diversi gruppi studenteschi che hanno organizzato accampamenti di protesta nelle principali università statunitensi hanno ricevuto denaro dall’attivista miliardario George Soros, ha riferito venerdì il New York Post.   Le proteste iniziate all’inizio di questo mese alla Columbia University di New York City si sono poi diffuse in 40 università e college negli Stati Uniti e in Canada, tra cui Harvard, Yale e UC Berkeley. La protesta in Colombia è stata organizzata da Students for Justice in Palestine (SJP), Jewish Voice for Peace (JVP) e Within Our Lifetime.   Tutti e tre hanno ricevuto finanziamenti dalla Open Society Foundations di Soros attraverso una rete di organizzazioni no-profit, ha affermato il giornale neoeboraceno, citando la propria ricerca. Altri importanti donatori ai gruppi studenteschi furono identificati come il Rockefeller Brothers Fund e l’ex banchiere di Wall Street Felice Gelman.

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L’organo di informazione ha anche nominato tre «membri» della Campagna statunitense per i diritti dei palestinesi (USCPR), finanziata da Soros, che hanno pagato diverse migliaia di dollari per organizzare campagne nel campus. Due di loro sono ex stagisti per i democratici del Congresso.   Gli attivisti hanno chiesto che le università americane, che hanno enormi fondi impegnati in borsa, «disinvestano» da aziende come Amazon, Google e Microsoft, nonché Lockheed Martin, che hanno contratti con il governo israeliano. Vogliono anche che il governo degli Stati Uniti smetta di fornire risorse a Israele, citando il suo «genocidio» dei palestinesi a Gaza.   Il leader del gruppo filo-israeliano Anti-Defamation League, Jonathan Greenblatt, ha attribuito le proteste ai «delegati nei campus» dell’Iran in un’intervista con MSNBC questa settimana.   Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che «folle antisemite hanno preso il controllo delle principali università» negli Stati Uniti e chiedono «l’annientamento di Israele», paragonando i manifestanti ai nazisti tedeschi negli anni Trenta e ha detto che le loro azioni dovevano essere «condannate e condannate inequivocabilmente».   I rapporti tra Soros e Netanyahu sono tesi da decenni.   Come riportato da Renovatio 21, molti segni facevano proprio pensare che l’anno scorso, durante le proteste massive contro le riforme giudiziarie del governo Netanyahu, in Israele fosse in corso una «rivoluzione colorata» del tipo utilizzato dagli americani (con l’aiuto, in genere persistente, di George Soros e delle sue fondazioni «filantropiche») i per i tentativi di regime change in Paesi di tutto il mondo a cavallo tra gli anni Novanta e i 2000.   A quel tempo, il figlio di Netanyahu, Yair, ha affermato che il Dipartimento di Stato americano era «dietro le proteste in Israele, con l’obiettivo di rovesciare Netanyahu, apparentemente per concludere un accordo con gli iraniani».   Come noto, il ragazzo qualche anno fa pubblicò un meme, incredibilmente definito come «antisemita» pure dalla stampa italiana, che ritraeva George Soros come puparo del mondo.  

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Lo scontro nelle università americana sulla questione palestinese ha provocato sconquassi inaspettati, come nel caso del rettore di Harvard, la donna di colore Claudine Gay, costretta alle dimissioni dopo essere stata accusata di non aver contenuto l’odio anti-israeliano nel campus.   La Gay, che ha rappresentato il più breve rettorato nella storia del prestigioso ateneo americano (si era insediata nel luglio precedente) era stata trascinata in polemiche accesissime con scavo ossessivo sul suo operato, fino a trovare segni di plagio in alcuni suoi lavori.   Le proteste anti-Israele nei campus USA sembrano una continuazione della campagna BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni), una campagna globale avviata nel 2005 da 171 ONG palestinesi, che coinvolse moltissime facoltà, professori e studenti, al punto che nel 2014 il ministro delle finanze israeliano Yair Lapid disse che i boicottaggi stavano portando Israele nella situazione internazionale del Sudafrica prima della fine dell’apartheid.   38 stati hanno approvato progetti di legge e ordini esecutivi volti a scoraggiare il boicottaggio di Israele. Separatamente, il Congresso degli Stati Uniti ha preso in considerazione una legislazione anti-boicottaggio in reazione al movimento BDS.

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Immagine di Can Pac Swire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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