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Papa Bergoglio contro la «frociaggine». Ci crediamo subito

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Lo scoop lo aveva fatto Dagospia. Oggi lo ha rivendicato diverse volte, e fa pure bene.

 

«Parecchi vescovi italiani riferiscono, basiti, che questa settimana, intervenendo all’assemblea generale della CEI, Papa Francesco ha ribadito pubblicamente, ma a porte chiuse, la sua nota contrarietà ad ammettere al sacerdozio candidati con tendenze omosessuali» scriveva domenica il sito di Roberto D’Agostino.

 

«Sua Santità ha detto, papale papale, che “nella Chiesa c’è troppa aria di frociaggine” e quindi i vescovi devono sempre letteralmente, “mettere fuori dai seminari tutte le checche, anche quelle solo semi orientate”. Testuale».

 

Ora, tutti i giornali nazionali (con un caso, denunziato bonariamente da Dago, di copia-incolla conclamato) e internazionali riportano la notizia bomba.

 

Ma come? Scusate, non è il papa del magistero aereo del «chi sono io per giudicare?»

 

Non era quello che era finito nel 2013 sulla copertina della rivista gay The Advocate come eterosessuale dell’anno?

 

Non è il papa che apre in continuazione ai trans, invitandone una camionata (letteralmente) a pranzo con lui?

 

Chiaro, è una notizia. Il papa si sposta a destra. Il papa torna a fare il papa. Francesco contro l’Opus Gay. Come no.

 

Una notizia incredibile, per tutti. Anche per noi. Ma proprio nel senso etimologico del termine, cioè non credibile.

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Sarebbe bello, innanzitutto, capire come le auguste labbra del pontefice abbiano pronunziato questa parola vagamente desueta: «frociaggine». Un lemma che viene da regioni della lingua italiana che non immaginiamo subito accessibili a Bergoglio (mentre ricordiamo le capacità glottologiche del polacco che attingeva dal vernacolo capitolino «aoh, semo romani»). Il termine, con le c e le g dolci, non è adattissimo agli ispanofoni, specie se di mezzo ci sta pure una doppia e pure una consonante per loro aspirata: che abbia detto «froziahine», o «frochagine», o «frochajine»…?

 

Non è nemmeno irrilevante saperlo. Perché ci siamo fatti una qualche idea di cosa stia accadendo.

 

Dagospia è un sito unico nel suo genere. Il suo fondatore Roberto D’Agostino racconta che agli inizi degli anni Duemila, alle varie feste romane, sentiva venir rivelate con naturalezza dai convitati storie pazzesche – scoop assoluti, buttati lì in tranquillità. Dice che si guardava intorno e non capiva perché i giornalisti presenti, che avevano sentito la notizia con lui, non corressero in rapidità in redazione per battere l’articolo.

 

Così, prese a farlo lui: e così, quello che non si può dire nelle agenzie stampa o sulle testate giornalistiche, cominciò a comparire, senza citare con chiarezza la fonte, su questo sito, sempre dietro una vaga ma invincibile maschera di gossip.

 

Facile capire cosa poi sarebbe successo: i giornalisti stessi, se hanno una notizia da dare ma per qualche ragione non si sentivano di farlo, possono trasmetterla a Dagospia, che, una volta pubblicata, la rende riferibile. Il giornalista può usare come fonte Dagospia, di cui egli stesso è, in realtà la fonte, a copertura, magari, delle fonti veri.

 

È una filiera geniale, infallibile. È anche un modo con cui si possono lanciare operazioni di spin. Ovvero, se volessi fare opera di riposizionamento di un personaggio o di un’istituzione, inizierei facendo filtrare così alcune «rivelazioni».

 

Abbiamo visto che, dopo la Fiducia Supplicans – il documento che apre le porte delle chiese all’omotransessualismo – la chiesa ha incontrato qualche problema (compreso un fulmine), e perfino dei veri e propri «pronunciamenti» da parte di tanto clero, in ispecie in Africa, il continente periferico che tanto dovrebbe stare a cuore al papa dei poveri, ma talmente dei poveri da aver preso l’anello piscatorio con l’inedito nome del Santo poverello di Assisi.

 

Ora, il cardinale Fernandez – anche lui uso alle malaparole, di recente – sta mandando avanti, come annunciato, tutta una serie di iniziative che avrebbero come obiettivo la critica alla teoria del gender.

 

Non solo: nell’intervista a 60 minutes Bergoglio, data ad aprile, Bergoglio ha ribadito il suo no alle donne-sacerdote e alle diaconesse, deludendo il pubblico delle TV dirette dall’establishment americano. (Certo, dopo aver detto che i vescovi conservatori sono «suicidi»)

 

Insomma, Bergoglio si sta riposizionando? Si sta «rifacendo una verginità» sulla questione LGBT?

 

Può essere, tuttavia la manovra, davvero, non è credibile. Perché sappiamo che la questione della «frociaggine» non è superficiale, nel papato del Bergoglio – e forse nemmeno nel suo conclave. La questione è, di fatto, strutturale al papato neocattolico e ai personaggi di cui Bergoglio si è servito.

 

Al contempo, mai sarà credibile qualcuno che oggi lamenta la quantità di omosessuali nei seminari: perché sappiamo che, anche qui, la faccenda è strutturale, con persone che dicono che vari seminari ammettono solo le persone con l’orientamento, e che ovunque, dopo il Concilio, se cominciassero a respingere i gay i seminari dovrebbero chiudere e basta.

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Andiamo con ordine.

 

Non possiamo credere a Bergoglio se ci rammentiamo che la frase «chi sono io per giudicare un gay» non riguardava gli omosessuali in generali, ma uno in particolare, di cui gli aveva chiesto conto, tornando a Roma in aereo dal Brasile, la giornalista Ilze Scamparini.

 

Torniamo con la mente a quel fatale 2013: il papato dell’argentino si aprì proprio con uno scandalo a carattere omosessuale. L’ineffabile vaticanista Sandro Magister scrisse un articolo di inchiesta che finì per dare il titolo alla copertina de L’Espresso: «Il prelato della Lobby gay». Svolgimento: storie degli scandali di un monsignore vicino a Bergoglio durante la sua carriera diplomatica, ad esempio quando era alla nunziatura apostolica in Uruguay.

 

Si trattava di monsignor Battista Ricca, che, scandalo a parte, aveva una funzione che non poteva essere molto distante dal pontefice: era direttore della Domus Sanctae Marthae, cioè Santa Marta, il luogo eletto come dimora del papa al posto degli appartamenti papali.

 

Non solo: nonostante le accuse, e l’attenzione portata sul caso dall’eco immane che ebbe quel «chi sono io per giudicare» (finito perfino nei film di supereroi della Marvel), monsignor Ricca poco dopo fu nominato nuovo prelato dello IOR, la mitica banca vaticana al centro di trame oscure come delle fantasie di certi giornalisti che, un tempo, potevano credere ai complotti e pure cercare di spiegarli.

 

Tuttavia il Ricca non è il caso più significativo. Molto più indicativo, a nostro pare, è il caso del cardinale Teodoro McCarrick. Di fatto plenipotenziario della chiesa in USA, le attività del porporato – che secondo i resoconti dei giornali comportavano peccati al di là dell’omosessualità – sono venute alla luce solo dopo inchieste finite su grandi quotidiani come il New York Times, che hanno dato voce alle vittime.

 

Sulla vicenda McCarrick ovviamente la voce da sentire è quella di monsignor Viganò, che, da nunzio apostolico a Washington aveva potuto comprendere la gravità della questione, di cui riferì al papa.

 

Riportiamo le parole dell’articolo che nel 2018 scrisse il vaticanista Aldo Maria Valli.

 

«L’anno è il 2013, il mese giugno. A Roma c’è una riunione dei nunzi di tutto il mondo e anche Viganò è presente. Emozionato per la prospettiva del primo incontro con il nuovo pontefice, l’arcivescovo si reca a Casa Santa Marta, la residenza scelta da Bergoglio al posto del palazzo apostolico, e chi trova lì? Un cardinale McCarrick sorridente e sereno, che indossa la veste filettata e saluta Viganò facendogli sapere in tono baldanzoso: “Il Papa mi ha ricevuto ieri, domani vado in Cina!”».

 

Tenete a mente la Cina, perché sotto tornerà almeno un paio di volte.

 

Valli riporta la testimonianza di mons. Viganò: «Allora nulla sapevo della sua lunga amicizia con il Card. Bergoglio e della parte di rilievo che aveva giocato per la sua recente elezione, come lo stesso McCarrick avrebbe successivamente rivelato in una conferenza alla Villanova University ed in un’intervista al Catholic National Reporter, né avevo mai pensato al fatto che aveva partecipato agli incontri preliminari del recente conclave, e al ruolo che aveva potuto avere come elettore in quello del 2005. Non colsi perciò immediatamente il significato del messaggio criptato che McCarrick mi aveva comunicato, ma che mi sarebbe diventato evidente nei giorni immediatamente successivi».

 

La storia prosegue con un secondo incontro, ancora più inquietante del primo.

 

«È il 23 giugno 2013, domenica. Il papa riceve Viganò prima dell’Angelus. Fa alcune affermazioni che all’arcivescovo suonano quanto meno sibilline, poi, di punto in bianco, gli chiede: “Il card. McCarrick com’è?”. Al che il nunzio risponde: “Santo Padre, non so se lei conosce il card. McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i Vescovi c’è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti e papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi ad una vita di preghiera e di penitenza”».

 

«Reazione del papa? Nessuna. Anzi, Bergoglio cambia subito argomento. Ma allora, si chiede uno sconcertato Viganò, perché mi ha fatto la domanda?
Il nunzio lo capisce una volta tornato a Washington. Lì apprende che tra il papa e McCarrick c’è uno stretto legame. La domanda posta da Bergoglio al nunzio era dunque una trappola. Sta di fatto che, secondo il racconto di monsignor Viganò, almeno dal 23 giugno 2013 papa Francesco è a conoscenza del caso McCarrick».

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McCarrick, che dalla capitale americana tesseva ogni connessione possibile con la politica, con il potere e perfino con lo sport, fu, ricordiamolo, sberrettato: e che un cardinale perdesse il titolo non capitava da un secolo. Era successo a mons. Louis Billot, unico del XX secolo a rinunciare alla dignità cardinalizia su forte pressione di Pio XI, che non amava la sua contiguità con l’Action Française, il movimento tradizionalista di Charles Maurras condannato dalla Santa Sede nel 1926. Qui siamo davvero da tutt’altra parte.

 

Un’investigazione di un sacerdote riportata dal giornale americano National Catholic Register parla della creazione da parte di McCarrick di una «”pipeline” omosessuale che incanalava i candidati latinoamericani vulnerabili in alcuni seminari statunitensi dove venivano sfruttati sessualmente, e successivamente ordinati come preti attivamente omosessuali in alcune diocesi americane». In pratica, da Paesi come Messico, Porto Rico, Costa Rica, Colombia, il sistema istituito dal cardinale avrebbe preso i candidati scartati per la loro omosessualità per inserirli nei seminari americani.

 

Altro che «troppa frociaggine». Lo vedete da voi: si parla di pipeline, di «tubatura». La questione omosessuale è per la chiesa strutturale, anzi, infrastrutturale. Ed è guidata da uomini vicinissimi al papa.

 

Poco sorprendentemente, la scorsa estate è stato giudicato «inadatto» ad affrontare un processo nei tribunali americani per gli abusi di cui è accusato.

 

Nel frattempo, tuttavia, vale la pena di ricordare quella che potrebbe essere una delle ramificazione più massive della questione McCarrick: il cardinale, che si beava davanti a Viganò della missione cinese impartitagli dal papa gesuita, ha agito come vero e proprio messo papale per l’attivazione delle relazioni con Pechino, processo che avrebbe portato al disastro dell’accordo sino-vaticano, un disastro che gronda ogni giorno delle lacrime e del sangue dei martiri della chiesa sotterranea, con desaparecidos e chiese distrutte – cioè la vera chiesa – cattolica.

 

Non è secondaria, a questo punto, la voce secondo cui monsignor McCarrick, quando era in Cina, dormisse in un seminario della chiesa patriottica cinese, cioè la copia di cartone del cattolicesimo imbastita dal governo del Dragone… i risultati abbiamo visto quali sono stati. Bergoglio si bea dei rapporti «molto rispettosi» col governo ultratotalitario (che ha ucciso, con gli aborti forzati, forse centinaia di milioni di bambini) e il portale mediatico della Santa Sede, in un comunicato in inglese dell’anno passato, si lascia scappare che le persecuzioni dei cristiani in Cina sarebbero «presunte». E ancora: vogliamo credere al controverso miliardario cinese Guo Wengui, ora rifugiato negli USA, che sostiene che il Vaticano sarebbe corrotto con «1,6 miliardi di dollari l’anno per fermare le critiche alla politica religiosa di Pechino»?

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Un altro personaggio interessante attorno a Bergoglio: lo conoscete padre James Martin? Ne abbiamo parlato: è gesuita, e si può ritenere il prete cattolico più filo-LGBT d’America (quindi, del mondo) quello promosso un’immagine tratta da una serie di opere blasfeme e omoerotiche che mostrano Gesù Cristo come omosessuale, esaltato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e descritto vedere Dio come maschio come «dannoso». Tutto ciò, invece che cagionargli una sanzione da parte della gerarchia, lo ha fatto promuovere: è Bergoglio stesso che lo porta in palmo di mano, spendendosi in pubblici elogi per il più noto sacerdote filo-LGBT del mondo.

 

Lo scorso novembre Bergoglio aveva dapprima concesso un’udienza privata al Martin, per poi elogiarlo pubblicamente durante l’assemblea plenaria del Dicastero per le comunicazioni vaticane. Il gesuita filo-omofilo era stato quindi alle masse di ragazzi, tra musica techno sparata da sacerdoti DJ e pissidi Ikeadurante la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona.

 

Con la pubblicazione della Fiducia Supplicans, padre Martin non ha perso tempo: pochi giorni dopo aveva già impartito la sua prima «benedizione» di una coppia omosessuale a Nuova York dopo la pubblicazione del nuovo documento vaticano.

 

Nel 2022, il Martin aveva dichiarato in pratica che la dottrina del catechismo sull’omosessualità uccide, in quanto porterebbe taluni alla morte per suicidio. Il papa in risposta gli scrisse una lettera: «vi incoraggio a continuare a lavorare sulla cultura dell’incontro, che accorcia le distanze e ci arricchisce delle nostre differenze, come ha fatto Gesù, che si è fatto vicino a tutti».

 

Non che si tratti solo di personaggi che paiono essere dirette emanazioni del potere papale. Prendete la storia del mese scorso di suor Jeannune Gramick, una religiosa pro-LGBT: Bergoglio le ha detto che i transessuali «devono essere integrati nella società». L’ambasciata americana presso la Santa Sede deve aver capito l’antifona: ecco che ogni anno, nel mese di giugno – cioè i 30 e passa giorni di celebrazione dell’orgoglio gaio – viene issata fuori dalle finestre diplomatiche la bandiera arcobalenata, l’anno scorso pure in versione trans (sapete, con il trangolino rosa, blu, bianco, etc…)

 

Nel mucchio arcobaleno, mettiamoci pure i danari vaticani elargiti al film biografico su Elton John. E, soprattutto, non lasciamoci fuori Grindr.

 

Da Grindr, ripete da tempo Renovatio 21, potrebbe dipendere la strana mansuetudine con cui Roma tratta Pechino, in ispecie quando quest’ultima vìola spaventosamente gli accordi sino-vaticani, con il Partito Comunista Cinese che nomina i vescovi che vuole e li insedia dove meglio ritiene.

 

Grindr è la app di incontri – da cui discende Tinder e ogni altro epigono – dedicata ai soli gay. Si dice siano presenti vari consacrati (notoriamente, la quantità di omosessuali in Curia è secondo alcune analisi piuttosto alta), per un periodo finì nelle mani dei cinesi, che acquistarono la società.

 

Della pericolosità della situazione si rese subito conto l’amministrazione Trump, la quale chiese alla Cina di farla tornare in mano americana, perché i servizi USA paventavano che le informazioni contenute in quella app (tra cui alcune davvero delicate, ) mettessero a rischio la sicurezza nazionale: quante persone, nell’esercito e nella pubblica amministrazione, nel governo e nelle grandi aziende, potevano essere ricattate?

 

Cosa piuttosto incredibile, la Cina acconsentì, e l’applicazione dei festini omosessuali tornò di proprietà americana. È lecito pensare che qualche copia dei file i cinesi li abbiano tenuti. E quindi, che ci sia verso pezzi grossi della Curia da parte del Partito Comunista Cinese anche un possibile ricatto basato sui dati dell’app di Sodoma?

 

Questa storia della critica alla «frociaggine», capite, per noi è sempre più difficile da credere al di fuori della disperata, goffa trovata pubblicitaria.

 

Perché viviamo in un’epoca dove – è capitato in Emilia un paio di anni fa – un prete che annuncia di voler lasciare la tonaca deve specificare di essere eterosessuale. Proprio così: evidentemente bisogna pensare che la norma, nella chiesa attuale, sia l’omosessualità.

 

E quindi, i discorsi sui seminari pieni di «checche»… quanto sono credibili in una chiesa dove l’omosessualità è dilagata perfino – come dimostrano tutti questi casi – a livello della struttura, dell’infrastruttura stessa dell’istituzione?

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Credere ora al papa argentino e alla sua avversione per i preti omosessuali significa, per tutti coloro che hanno un po’ seguito la materia, cancellare dalla mente tutte quelle voci, che abbiamo visto godere pure di qualche testimonianza in alto nella gerarchia, su un ruolo della famosa «lobby gay» in Vaticano per l’elezione al Soglio di Bergoglio.

 

Ci rendiamo conto che è quello che, orwellianamente, si aspettano: con la mente satura e spaventata, intossicata dalle spike riformattabile a piacere, dobbiamo ora metterci in testa la storia del Bergoglio contrario ai gay e alla loro presenza nella neochiesa cattolica.

 

Purtroppo per lui, dobbiamo dire che non ci rammentiamo solo di McCarrick, ma anche di del presbitero cileno Karadima, del prete ciellino don Inzoli, della Casita de Dios. Di più: ci torna alla mente, di colpo, la celebrazione che papa Francesco fece di Don Milani, proprio nel momento in cui la sua figura era improvvisamente tacciata, sui giornali nazionali, di qualcosa di tremendo.

 

Qui però si va da altre parti. E per quelle cose non c’è nemmeno una parola bonaria e vagamente vezzeggiativa come «frociaggine». Da quelle parti c’è altro: c’è l’indicibile.

 

E l’indicibile, accusano in tanti, nella chiesa infiltrata da Satana e sempre di casa.

 

Roberto Dal Bosco

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Gruppo transessualista esorta in incontro privato Bergoglio all’approvazione dei «cambi di sesso»

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Bergoglio ha incontrato privatamente un gruppo di «cattolici transgender, intersessuali e alleati» (sic) lo scorso sabato, in un evento organizzato dal gruppo dissidente LGBT New Ways Ministry, la cui censura ufficiale da parte del Vaticano rimane in vigore, nonostante Francesco abbia ripetutamente espresso sostegno all’organizzazione. Lo riporta LifeSite.   In un comunicato stampa diffuso a tarda notte di sabato (ora locale), il New Ways Ministry (NWM) ha annunciato di aver sponsorizzato un gruppo per incontrare Francesco in Vaticano oggi, in un colloquio durato quasi 90 minuti.   Gli attivisti hanno «esortato» Francesco «ad andare oltre l’approccio negativo della Chiesa nei confronti delle persone con diversità di genere e a incoraggiare i leader della Chiesa ad ascoltare più attentamente la vita e la fede delle persone LGBTQ+».

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Secondo l’agenzia Reuters, il cui corrispondente in Vaticano – scrive LSN – ha stretti legami con NWM, Bergoglio ha dovuto affrontare «richieste di annullare il divieto della Chiesa cattolica sulle cure di affermazione di genere per le persone transgender», in particolare richieste di annullare il divieto della Chiesa di interventi chirurgici di «cambio di sesso».   Tra il gruppo di 11 persone, cinque hanno condiviso i loro racconti personali con Francis – secondo NWM – tra cui: Nicole Santamaria, una «donna intersessuale»; Michael Sennett , un «uomo transgender» coinvolto nel ministero della chiesa «da molti anni”»; il diacono Raymond e Laurie Dever, genitori di una ragazza «transgender» che ha tentato il suicidio dopo la «transizione»; la dottoressa Cynthia Herrick è una dottoressa che esegue interventi di cambio di sesso.   NWM si descrive come «un’organizzazione cattolica che educa e sostiene l’equità, l’inclusione e la giustizia per le persone LGBTQ+, preparando i leader a costruire ponti di dialogo all’interno della Chiesa e della società civile».   Una precedente descrizione del 2021 era che NWM «educa e sostiene la giustizia e l’uguaglianza per i cattolici lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer (LGBTQ) e la riconciliazione all’interno della chiesa più ampia e delle comunità civili».   Il direttore esecutivo della NWM, Francis DeBernardo, ha affermato in merito all’incontro: «ci auguriamo che l’esempio di Papa Francesco nell’ascoltare le persone LGBTQ+ possa ispirare altri leader cattolici a fare lo stesso».   «Per sua stessa ammissione», ha continuato l’attivista, «la gerarchia cattolica ha emesso pronunciamenti su genere e sessualità senza prima consultare le persone più direttamente collegate a questi argomenti. Papa Francesco sta mostrando alla chiesa un nuovo modo di sviluppare il suo insegnamento».   L’incontro, sebbene sponsorizzato da NWM, è stato organizzato da suor Jeannine Gramick, la suora dissidente pro-LGBT, insieme a Robert Nugent, co-fondatore di NWM.   Come riportato da Renovatio 21, suor Gramick aveva ricevuto di recente una lettera di incoraggiamento di Bergoglio dove era scritto della necessità di integrare i transessuali nella società.   Suor Gramick, scrive LifeSite, «ha una lunga storia di dissenso dall’insegnamento cattolico sull’omosessualità e l’aborto ed è stato ufficialmente censurata da papa Giovanni Paolo II e dal cardinale Joseph Ratzinger nel 1999 ma ha ignorato l’ordine». Recentemente la suora «ha sostenuto che la Chiesa dovrebbe aiutare ad affermare gli individui che si identificano come transgender nella le loro identità sbagliate, suggerendo che Dio “intende” che tali persone abbraccino le loro tendenze disordinate e si presentino falsamente come il sesso opposto», secondo il sito prolife canadese.

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Nel 1999 il Prefetto della Congregazione della Fede cardinale Joseph Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI e predecessore del Bergoglio, firmava la notifica sul caso di suor Gramick e di padre Nugent.   «La diffusione di errori ed ambiguità non è coerente con un atteggiamento cristiano di vero rispetto e compassione: le persone che stanno combattendo con l’omosessualità hanno, non meno di altre, il diritto di ricevere l’autentico insegnamento della Chiesa da coloro che li seguono pastoralmente», scriveva il documento co-firmato dall’allore Segretario della CDF Tarcisio Bertone.   «Le ambiguità e gli errori della posizione di padre Nugent e di suor Gramick hanno causato confusione fra i Cattolici ed hanno danneggiato la comunità della Chiesa. Per questi motivi a Suor Jeannine Gramick, SSND, ed a Padre Robert Nugent, SDS, è permanentemente vietata ogni attività pastorale in favore delle persone omosessuali ed essi non sono eleggibili, per un periodo indeterminato, ad alcun ufficio nei loro rispettivi Istituti religiosi».   I tempi, sotto il gesuita argentino, sembrano decisamente cambiati.   Parlando dopo l’incontro, Gramick ha elogiato Francis per la sua volontà di «ascoltare le esperienze delle persone intersessuali e transgender», affermando che «è solo ascoltando le storie di queste persone, così come delle persone che si prendono cura di loro e di loro, che la Chiesa sarà in grado di ascoltare pienamente la voce dello Spirito Santo che chiama la comunità cattolica a rompere con vecchi insegnamenti e pratiche mal informati».   Secondo quanto riportato da LifeSite, l’incontro era stato richiesto da Gramick dopo la pubblicazione primaverile di Dignitas Infinita, il documento vaticano che condannava con cautela la teoria di genere e i «cambi di sesso», pur tacendo sul male dell’attività omosessuale.   ll’epoca, suor Gramick aveva criticato il documento per il suo approccio alle questioni transgender. Scrisse lamentandosi a Francis, che rispose dicendo che «le persone transgender devono essere accettate e integrate nella società».   Bergoglio ha detto alla Gramick che il passaggio in Dignitas Infinita «non si riferisce alle persone transgender, ma all’ideologia di genere, che annulla le differenze. Le persone transgender devono essere accettate e integrate nella società».

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Secondo NWM, Francesco ha «accettato con entusiasmo» la proposta successiva di Gramick per l’incontro tenutosi oggi in Vaticano «per ascoltare direttamente i cattolici transgender e intersessuali e coloro che li sostengono». L’incontro «significa che la Chiesa sta avanzando, che la Chiesa sta entrando nell’era moderna», ha affermato in seguito.   Sennett, una donna biologica che ora vive come un uomo, ha detto all’agenzia Reuters che «volevo davvero condividere con Papa Francesco la gioia che provo nell’essere una persona cattolica transgender». Secondo Reuters, Sennett ha anche parlato a Francesco della «gioia che provo con la terapia ormonale sostitutiva e degli interventi chirurgici a cui mi sono sottoposta che mi fanno sentire a mio agio nel mio corpo».   Henrick, il medico che esegue gli interventi di cambio di sesso, ha descritto il Bergoglio come «molto ricettivo». «Ha ascoltato con molta empatia. Ha anche condiviso che vuole sempre concentrarsi sulla persona, sul benessere della persona».   Come sa il lettore di Renovatio 21, non si tratta della prima mossa che il papato dell’argentino fa in direzione del transessualismo. Gli episodi di favore nei confronti del transgenderismo si sono ripetuti nell’arco di diversi anni, con tanto ufficialità della Santa Sede e della sua macchina pubblicistica.   Solo due settimane fa Francesco ha incontrato quattro uomini che si presentano come «donne» che avevano partecipato alla conferenza LGBT del gesuita filo-omotransessualista padre James Martin.   Come riportato da Renovatio 21, nel novembre 2023, Francesco ha accolto il gruppo e il loro parroco a un pranzo per i poveri organizzato dal Vaticano e si è «seduto di fronte a un’ex prostituta transgender». L’evento fu ripreso dalla grande agenzia stampa mondiale Associated Press, che aveva seguito il gruppo transessuale sin da quando erano saliti in pullman.   A novembre 2023 il papa aveva approvato il testo del cardinale Victor Manuel Fernandez che consente ai transessuali di fare da padrini alle funzioni religiose. Tale idea era stata respinta nel 2015 all’interno dello stesso papato di Bergoglio.

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Gli incontri con transessuali di Bergoglio, che ha visto un gruppetto anche a giugno, sono risalenti. E ancora: a fine gennaio 2015, un «uomo transgender» – nato in Ispagna come donna – dichiarò di aver avuto un’udienza privata con il papa, dove, secondo alcuni articoli di giornale, Bergoglio avrebbe «abbracciato» il 48enne transessuale. A Napoli, sempre nel 2015, il romano pontefice, fu riportato dai media globali mangiò con «carcerati gay e transessuali».   In contrasto con l’implicita affermazione di Francesco sullo stile di vita delle persone confuse sul genere, l’insegnamento cattolico sulle questioni sessuali e di genere rimane immutabile. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che «spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale. La differenza e la complementarità fisiche, morali e spirituali sono orientate ai beni del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare». (CCC 2333)   Allo stesso modo, il documento Persona Humana della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1975 scrive che «non può, dunque, esserci vera promozione della dignità dell’uomo se non nel rispetto dell’ordine essenziale della sua natura».   Il disegno è stato ben delineato dal commento sulla vicenda da parte di monsignor Carlo Maria Viganò: «lo scopo di Bergoglio è normalizzare sodomia e perversione e distruggere il Sacerdozio».

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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic  
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Gender

La Corte di Giustizia UE crea un precedente sull’identità di genere

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La Corte di Giustizia Europea (CGUE) ha stabilito che lo stato membro dell’Unione europea, la Romania, deve accettare la nuova identità di genere di una donna che ha fatto la «transizione» e ora si considera un uomo. Lo riporta il sito European Conservative.

 

La sentenza avrà conseguenze di vasta portata, poiché i governi conservatori dell’UE che rifiutano la nozione di identità di genere non avranno altra scelta che aderire all’ideologia LGBT.

 

Secondo la sentenza pubblicata venerdì 4 ottobre, il rifiuto delle autorità rumene di riconoscere l’identità di genere di un «uomo transgender» britannico-rumeno (vale a dire una donna che si identifica come un uomo) ha violato i diritti umani e contravvenuto al diritto europeo.

 

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I critici della sentenza sostengono che essa inciderà ulteriormente sulla sovranità degli Stati, aprendo la strada alla subordinazione delle competenze dei parlamenti nazionali alle norme e alle regole di Bruxelles.

 

Il caso ruota attorno a un cittadino rumeno, un insegnante di biologia di 32 anni che si è trasferito nel Regno Unito nel 2008, ha acquisito la cittadinanza britannica e ha mantenuto la nazionalità rumena. La persona ha iniziato la «transizione» nel 2016, ha cambiato nome e titolo («pronomi») da femminile a maschile nel 2017 ottenendo il riconoscimento legale dell’identità di genere maschile nel 2020, quando Londra faceva ancora parte dell’UE.

 

Un anno dopo, il transessuale alle autorità rumene di registrare ufficialmente i cambiamenti e di rilasciare un nuovo certificato di nascita che includesse la modifica del nome, del sesso e del numero di identificazione personale.

 

Le autorità rumene hanno respinto tali richieste e hanno invitato il transessuale a rivolgersi al tribunale. Successivamente, il tribunale rumeno ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea se il suo rifiuto di riconoscere il cambiamento di identità di genere fosse conforme al diritto dell’UE.

 

La Corte Europea ha stabilito che è contrario al diritto dell’UE che uno Stato membro rifiuti di riconoscere un’identità acquisita legalmente in un altro Stato membro. La Corte ha sottolineato che il rifiuto della Romania di riconoscere l’identità di genere di questa persona ha ostacolato l’esercizio del diritto alla libera circolazione e residenza all’interno dell’UE. L’inazione della Romania crea anche difficoltà al trans nel fornire l’identificazione nella vita quotidiana, ha stabilito la Corte.

 

L’organizzazione rumena per i diritti LGBT ACCEPT ha affermato che la sentenza stabilisce un precedente per le persone transgender. Dovrebbe impedire una situazione in cui i documenti nazionali di riconoscimento del genere non siano riconosciuti altrove nell’UE, danneggiando la capacità delle persone che si identificano come transgender di viaggiare liberamente, risiedere, lavorare, studiare o votare in tutto il blocco, hanno affermato.

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La decisione potrebbe di fatto innescare una nuova tornata di battaglie legali, poiché la sentenza indebolisce di fatto le leggi nei paesi conservatori dell’UE che non consentono alle persone di cambiare legalmente il loro genere.

 

Come segno dell’insinuarsi dell’ideologia di genere nelle istituzioni dell’UE, la sentenza della Corte di giustizia europea si riferisce sistematicamente al transessuale come a un «uomo», utilizzando il pronome «lui»,

 

La Romania non consente il matrimonio tra persone dello stesso sesso e le unioni civili per le coppie dello stesso sesso. Una sentenza dell’anno scorso della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), una corte non UE con sede a Strasburgo, ha avuto un tono simile in relazione alla Romania, affermando che il Paese sta violando i diritti delle coppie dello stesso sesso rifiutando di riconoscere legalmente le loro unioni.

 

La CEDU ha recentemente rimproverato la Polonia per le stesse ragioni.

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Immagine di Cédric Puisney via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Sinodo LGBT: cardinali partecipano all’evento del gesuita James Martin per l’espressione dell’«amore» omosessuale

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Un certo numero di cardinali e altri membri del Sinodo sulla sinodalità hanno partecipato oggi a un evento pro-LGBT ospitato dal gesuita padre James Martin, e dal suo gruppo Outreach a Roma, durante il quale un uomo «sposato» con un altro uomo ha chiesto che «l’amore venga espresso». Lo riporta LifeSite.   «Imparate a conoscere le persone vere dietro la “maschera” che stanno cercando di vivere una vita cattolica», ha detto Christoper Vella, guida il gruppo cattolico LGBT Drachma con sede a Malta parlando nella sala della Curia Generalizia dei Gesuiti a Roma, in un evento tenutosi a margine del Sinodo sulla sinodalità. «Lasciamo che l’amore venga espresso»   Il Vella vivrebbe come «cattolico bisessuale sposato con un altro uomo», scrive LifeSite.   Organizzato dal gruppo pro-LGBT di Martin Outreach e dalla rivista dei gesuiti statunitensi America Magazine, l’evento ha visto cardinali e altri membri del sinodo riunirsi per ascoltare la testimonianza dei «cattolici LGBTQ». È iniziato con un benvenuto da parte del gesuita Antoine Kerhuel, che è il segretario della Compagnia di Gesù.

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L’evento, a cui hanno partecipato numerose persone «sposate» con persone dello stesso sesso, si chiamava “Qual è l’esperienza dei cattolici LGBTQ?”   Il cardinale gesuita Stephen Chow, membro del sinodo e vescovo di Hong Kong, ha guidato una preghiera durante l’evento, mentre Julia Oseka, il secondo membro più giovane del sinodo, ha guidato la preghiera di chiusura.   «Gesù nostro Signore, insegnaci a camminare insieme con rispetto e gratitudine. Non diamo per scontato questo privilegio di ascoltare, imparare e camminare insieme come compagni sinodali», ha pregato il porporato filopechinese.   «Oh, Spirito Santo, inviaci la tua luce guida di verità, affinché la nostra ignoranza e i nostri pregiudizi possano dissolversi attraverso questo incontro sinodale e un nuovo mattino segnato dal rispetto reciproco e dalla comprensione empatica possa prendere forma nella nostra chiesa per le nostre sorelle e fratelli LGBTQ+, così come per noi stessi e la nostra chiesa nel suo insieme».   Come riportato da Renovatio 21, il Chow in passato, a differenza del predecessore vescovo di Hong Kong cardinale Joseph Zen, aveva sostenuto il documento di benedizione delle coppie omosessuate Fiducia Supplicans.   Insieme a Martin e Vella nel panel c’era Juan Carlos Cruz, membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori. Il precedenza il Cruz aveva descritto la sua conversazione privata con Bergoglio in un’intervista alla CNN: «Sai Juan Carlos, questo non importa. Dio ti ha fatto così. Dio ti ama così. Il Papa ti ama così, e dovresti amare te stesso e non preoccuparti di ciò che dice la gente».   In pratica, per l’argentino «Dio ti ha creato gay».   Diventa sempre più chiaro che l’omosessualizzazione aperta delle strutture cattoliche è guidata dai gesuiti americani, che si raccolgono dietro ad America Magazine, che pubblica un articolo sull’evento vaticano ma dietro un paywall: i notiziari internet del nuovo cattolicesimo, un po’ come l’ingresso a certe chiese, è solo a pagamento.   I gesuiti statunitensi hanno fatto breccia nel profondo della curia romana, arrivando senza problemi a mostrarsi con il loro collega gesuita Bergoglio, propalando l’omotransessualismo dall’alto del Sacro Palazzo, nonostante i falsi scandali sulla frociaggine.

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Renovatio 21 ipotizza che lo stesso gruppo di potere sia dietro alla persecuzione di monsignor Viganò, colpevole – prima che di ciò che lo si è accusato per il bizzarro e repentino processo di scomunica – di aver di fatto colpito al cuore la filiera catto-omosessuale denunciando le malefatte del cardinale McCarrick, poi «sberrettato» dal Bergoglio.   Secondo alcune ricostruzioni il McCarrick, oltre che essere il cardinale più influente degli USA, avrebbe gestito un sistema – una vera e propria filiera – di aspiranti sacerdoti che in altri tempi sarebbero stati scartati dai seminari. Un’investigazione di un sacerdote riportata anni fa dal giornale americano National Catholic Register parla della creazione da parte di McCarrick di una «”pipeline” omosessuale che incanalava i candidati latinoamericani vulnerabili in alcuni seminari statunitensi dove venivano sfruttati sessualmente, e successivamente ordinati come preti attivamente omosessuali in alcune diocesi americane». In pratica, da Paesi come Messico, Porto Rico, Costa Rica, Colombia, il sistema istituito dal cardinale avrebbe preso i candidati scartati per la loro omosessualità per inserirli nei seminari americani.   Ricordiamo che un procedimento contro il McCarrick da parte della Giustizia USA in Wisconsin è stato fermato dichiarandolo incapace di sostenere il processo per «demenza».   Come riportato da Renovatio 21, il McCarrick è tra i costruttori dell’accordo sino-vaticano, cosa di cui si vantò personalmente con l’ex nunzio apostolico in USA Viganò, racconta quest’ultimo. Secondo quanto emerso, il cardinale americano dormiva nel seminario della Chiesa Patriottica, la copia della chiesa cattolica controllata dal Partito Comunista Cinese.   L’accordo sino-vaticano ha portato a cattolici desaparecidos, delazioni sono incoraggiate e pagate apertamentelavaggio del cervello che investe quantità di sacerdoti, suore perseguitate, demolizioni di chiese ed istituti religiosi, mentre il Vaticano invita due vescovi patriottici al Sinodo, e Pechino, come ringraziamento, «ordina» nuovi vescovi senza l’approvazione di Roma – mentre i veri sacerdoti vengono torturati dal governo del Dragone.   Bisogna ricordare che il controverso miliardario cinese Guo Wengui, ora rifugiato negli USA, sostiene che il Vaticano sarebbe corrotto con «1,6 miliardi di dollari l’anno per fermare le critiche alla politica religiosa di Pechino».   Il risultato dei gesuiti e della catto-omosessualizzazione, quindi, potrebbe non essere solo il segno di decadenza e corruzione di Roma e delle sue parrocchie, ma allo tsunami di persecuzione che ora si sta abbattendo, nel silenzio della gerarchia complice, sui veri cattolici in Cina.   L’omosessualizzazione della chiesa ha portato a ondate di sangue di martiri in Cina? Qualcuno è disposto a sostenere questo pensiero?  

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