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Bergoglio e l’«Opus Gay»

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Ad un convegno tradizionalista di una diecina di anni fa incontrai un anziano, coriaceo studioso straniero di cose cattoliche – una persona speciale, un amico. Si occupava di cose di Chiesa da molto prima che nascessi, e aveva ovviamente ancora qualche entratura dentro le strutture del Sacro Palazzo.

 

Eravamo a pochi mesi dal bizzarro conclave che elesse Bergoglio, e si discuteva cosa stesse succedendo in Vaticano. Mi sparò, con stupendo accento oltremontano, una battuta poco politicamente corretta, che disse di aver sentito da un amico che lavorava oltretevere: «a Rhoma ora ci sono tre opuss: opuss dèi, opus ghei, opuss ebrheih».

 

Riguardo alla precisione di questa battuta – da cui prendo ovviamente le distanze – gli anni successivi mi avrebbero dato qualche dimostrazione.

 

L’Opus Dei, pare che contrariamente a quanto previsto scherzosamente abbia invece perso potere, anche se di sforzi per restare a galla deve averne fatti: un po’ il destino di CL, che prese botte dal pontefice per un primo periodo, poi fece un po’ di «aperture» (lato sensu, stricto sensu) per tornare nelle grazie della centrale, e adesso non sappiamo bene che fine abbia fatto.

 

Riguardo agli ebrei, l’immagine che torna è quella di Netanyahu che guida Bergoglio alla tomba di Theodor Herzl, il fondatore del sionismo, che fu ricevuto da papa San Pio X ricevendo secchiate di acqua (santa) fredda riguardo un appoggio cattolico al ritorno degli ebrei in Palestina. Stiamo vedendo, ora, le ramificazioni dell’azione di Herzl, e con le chiese e le suore bombardate a Gaza ci si chiede davvero il significato storico e metastorico della peregrinatio papale alla lapide dell’archetipo sionista.

 

Per quanto concerne l’«Opus gay», davanti ai nostri occhi abbiamo da qualche ora l’ultimo sviluppo. Le agenzie di tutto il mondo hanno battuto la notizia, compreso il portale Vatican News, che ha usato le stesse parole di chiunque altro. Si tratta di una «dichiarazione dottrinale apre alle benedizioni per coppie “irregolari”». C’è quel verbo che torna sempre, «aprire». La Santa Sede «apre».

 

«Con Fiducia supplicans del Dicastero per la Dottrina della Fede, approvata dal Papa, sarà possibile benedire coppie formate da persone dello stesso sesso ma al di fuori di qualsiasi ritualizzazione e imitazione delle nozze» scrive il sito vaticano.

 

«Di fronte alla richiesta di due persone di essere benedette, anche se la loro condizione di coppia è “irregolare”, sarà possibile per il ministro ordinato acconsentire» è scritto. Nella neolingua catto-orwelliana, «irregolare» significa LGBT, o, per usare una parola biblica, sodomita, et similia. Fiducia supplicans riguarda «la possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso» il «Dicastero ha preso in considerazione diverse domande, sia formali che informali, circa la possibilità di benedire coppie dello stesso sesso e circa la possibilità di offrire nuovi chiarimenti, alla luce dell’atteggiamento paterno e pastorale di Papa Francesco».

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Bisogna rendersi conto che erano 23 anni (dalla Dominus Jesus, anno 2000) che il Dicastero della Dottrina della Fede non pubblicava una dichiarazione. Appena arrivato, il cardinale Victor Manuel Fernández, già noto per i sui libri monografici sul bacio, ha pensato bene che era il caso di uscire subito per benedire le coppie omosessuali: si tratta il «significato pastorale delle benedizioni», permettendo «di ampliarne e arricchirne la comprensione classica» attraverso una riflessione teologica «basata sulla visione pastorale di Papa Francesco».

 

Non è chiaro se il cardinale argentino esperto di kissing, sappia di cosa stia parlando. Cioè se ha presente cosa sono le «coppie dello stesso sesso»: abbiamo idea che, nella finzione dell’accrocchio LGBT, non si tratti di bisessuali o transessuali (per loro c’è già un’altra pista di decollo preparata) e anche delle lesbiche, un tempo note per la loro «monogamia» fondamentalista. Parliamo, ovviamente, del gruppo dominante, quello degli omosessuali maschi.

 

E come sia struttura una coppia di omosessuali, oggi, non sappiamo nemmeno se si possa dire. Tempo fa abbiamo cercato informazioni sulla promiscuità omosessuale, rilevando che per Wikipedia non vi sarebbe alcuna differenza con gli eterosessuali, che avrebbero in media lo stesso numero di partner. Noi ricordavamo un’aneddotica diversa: maschi che hanno decine, centinaia di partner nell’arco di poco tempo.

 

L’esempio che sale alla mente è il paziente zero dell’AIDS, allora malattia sconosciuta (la chiamavano GRID, Gay Related Immunodeficiency, ovvero «Immunodeficienza dei gay»), lo steward canadese Gaëtan Dugas, il quale ammise di avere centinaia di partner sessuali all’anno per un computo che superava, nel solo Nordamerica, i 2500 dal 1972. Si dice che grazie alla lista dei suoi amanti occasionali (avevo lo scrupolo di annotare i nomi, cosa non semplice in certi ambienti, come i cessi pubblici, i cespugli, le dark room) si riuscì a costruire una genealogia dell’epidemia di AIDS.

 

La promiscuità dei gay oggi è negata dalle fonti, con studi alla mano: e ai tempi di Tinder potrebbe pure essere vero che gli eterosessuali fanno più o meno così anche loro, del resto Tinder deriva da Grindr, l’app per incontri gay dove si dice tanti sacerdoti siano impigliati e che, idea che porta avanti Renovatio 21, potrebbe essere alla base dell’accordo sino-vaticano (il software, che potrebbe sputtanare chissà quanta gerarchia cattolica, è passato per le mani di una società cinese…).

 

È un fatto: l’eterosessualità, per via culturale (film, serie, articoli di giornale: è la cosiddetta hookup culture, quella del sesso immediato con chi si conosce), modistica (i metrosexual) e perfino informatica, è stata colonizzata dalla sensibilità gay, e lo stesso dicasi per certo mondo lesbico, che pare oggi essersi allontanato dal monogamismo ossessivo di una volta (forse uno dei motivi per i quali la società dei «bigotti» tendeva nei loro confronti ad essere più tollerante). Anche qui: serie TV, film, produzione culturale sulla lesbica promiscua, che fino a poco fa poteva sembrare una contradictio in adiecto.

 

E le «coppie gay»? L’idea che gli omosessuali maschi avessero relazioni stabili monogamiche arrivò al grande pubblico con il film di Tom Hanks Philadelphia (1997). Chi scrive ha notato come con gli anni Duemila hanno cominciato a rendersi visibili all’aperto; non perché si tenessero per mano, ma perché, in alcuni casi, ci si trovava davanti a due persone grottescamente simili: stessa capigliatura, stessa barba, stesso maglione, stessi vestiti, tipo dei gemelli omozigoti, specchiati. Un fenomeno che non ho mai capito fino in fondo, anche se immagino che l’esorcismo del tradimento possa avere un ruolo.

 

(Una sera a Firenze, una coppia di questo tipo si avventò contro una tavolata di amici con cui stavo passando un dopo-conferenza a Firenze: erano stati in silenzio con espressione greve in un tavolino in fondo per tutta la serata, probabilmente, in mancanza dell’umore e di argomenti con cui chiacchierare assieme ad uno che è vestito e pettinato come una tua copia speculare, origliarono molto i nostri gioviali discorsi, e andando via vennero da noi per urlare alla nostra allegra combriccola che Gesù cristo si sarebbe vergognato di noi – già l’uso del tempo passato già diceva molto, ma ricordo ancora come alcuni commensali, cattolici del semplice vecchio tipo, non capirono cosa stesse accadendo)

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Appena ventenne, chi scrive fu portato dalla sua ragazza e da una sua amica – una di quelle attorniata da gay, dette nel loro gergo interno fag-hug – in un bed and breakfast sulle colline sopra Nizza. A gestirlo c’era una «coppia» di personaggi provenienti da varie parti d’Europa: un trentenne, un ragazzo la cui bellezza saltava all’occhio, e un signore, una vita in giro per i mari del mondo, molto più anziano.

 

Avevo maturato l’impressione che il bel ragazzo, sicuro di sé, si facesse un po’ gli affari suoi, andava in una spiaggia determinata, etc. A bordo piscina sotto il sole della prima estate, il fidanzato della nostra amica mi spiegò, con strana naturalezza, come funzionano le cose in certe «coppie»: esiste, raccontava, una regola di alcuni ménage gay per cui se vuoi «tradire» il compagno lo puoi fare a patto che poi porti l’amante occasionale a casa, di modo che lo possa in caso «conoscere» anche il «tradito».

 

Tale idea veniva accettata dal mio interlocutore – un marcantonio romano buono come il pane – con certa normalità, mentre io mi chiedevo se il senso di scandalo e ripulsa che provavo dentro di me fosse giustificato. Entrambe le nostre ragazze lavoravano nel giro della moda a Milano, e quindi l’antropologia omosessuale, per quanto allora ancora non totalmente disinibita, era un elemento inevitabile delle loro vite. È, con evidenza, solo un aneddoto personale: magari mi sono imbattuto in una coppia gay perversa, così come quelle degli etero scambisti, certo. Non credo che troverò studi e statistiche a riguardo su Wikipedia.

 

Tuttavia, quando il cardinale Tucho Fernandez e il papa Bergoglio vogliono che si benedicano le «coppie gay», prima ancora che alla contraddizione ideologica riguardo alla benedizione di qualcosa che la Scrittura giudica «male», io penso a cosa vi sia nelle «coppie» che si presenteranno.

 

Non bisogna farsi illusioni, fa parte solamente di un processo di trasformazione sociale deciso dai signori del mondo e quindi ora propalato, come tutti gli altri – dal vaccino, all’immigrato, all’eco-fascismo alla produzione degli umani in provetta in giù – dal papato del Nuovo Ordine Mondiale.

 

Perché la «coppia gay» è un’operazione politica. Possiamo rileggere dei passaggi del libro Il movimento gay in Italia (1999), quando si parlava delle «unioni civili», poi divenute realtà con Renzi e la Cirinnà: «Le unioni civili sono un obiettivo simbolico formidabile. Rappresentano infatti la legittimazione dell’identità gay e lesbica attraverso una battaglia di libertà come quelle sul divorzio o sull’aborto, che dispone di argomenti semplici e convincenti: primo fra tutti la proclamazione di un modello normativo di omosessualità risolto e rassicurante. Con la torta nel forno e le tendine alle finestre, come l’ha definito una voce maligna».

 

La «torta nel forno e le tendine alle finestre»: definizione mirabile del lavoro percettivo che è stato fatto. Le coppie gay sono coppie – è gente per bene, gente che si vuole bene, sono di fatto famiglie come le altre, cucinano le stesse cose, arredano allo stesso modo.

 

«Il messaggio è più o meno il seguente: i gay non sono individui soli, meschini e nevrotici, ma persone splendide, affidabili ed equilibrate, tanto responsabili da desiderare di mettere su famiglia. Con questo look “affettivo” non esente da rischi di perbenismo si fa appello ai sentimenti più profondi della nazione e si vede a portata di mano il traguardo della normalità». Stiamo sempre prendendo dal movimento gay in Italia (1999), citato in un vecchio seminale articolo dello psicologo Roberto Marchesini apparso su Cristianità.

 

Il testo, scritto da un giornalista militante del movimento omosessuale oramai un quarto di secolo fa, andava avanti con profetico slancio: «A questa porta si bussa con discrezione, assicurando che non si vuole assolutamente il matrimonio omosessuale: questa prospettiva fa inorridire gli stessi gay. E nemmeno si rivendica la possibilità di adottare figli per le coppie omo, perché i tempi non sono maturi. Ci si accontenterebbe di regolare la questione dell’eredità, della pensione, dell’affitto, della reciproca assistenza fra i partner».

 

Sarebbe andata direttamente così: tutti a urlare che le unioni civili approvate non sono un matrimonio, anche se ne hanno tutto l’aspetto, con in più un diritto di cui gli sposati etero non dispongono: nelle unioni civili non vi è (guarda guarda) l’obbligo di fedeltà, cui invece è tenuto chi si sposa sia in chiesa che in comune. All’epoca vi fu il commento del politico omo-piddino, che parlò di retaggio medievale di cui un giorno si sarebbero liberati anche gli eterosessuati. Considerando come è andata con Tinder e la hookup culture, potrebbe avere decisamente ragione. La società intera viene gradualmente omosessualizzata.

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Il libro After the Ball (1989), una sorta di manifesto scritto da un neuropsichiatra e da un dirigente pubblicitario dove era enunciata l’intera strategia di normalizzazione degli omosessuali, riassumeva specificando che «noi non stiamo combattendo per sradicare la Famiglia: stiamo combattendo per il diritto a essere Famiglia (…) non è importante se i nostri messaggi sono bugie; non per noi, perché li stiamo usando per un effetto eticamente buono, per opporci a stereotipi negativi che sono sempre un pochino falsi, e molto di più malvagi; non per i bigotti, perché i messaggi avranno il loro effetto su di loro sia che ci credano sia che non ci credano».

 

Ecco, la nuova famiglia, o il surrogato invertito di essa ora è benedetto dal papa. Il percorso lo abbiamo visto da subito: il favore per l’«opus gay» era intuibile quando la giornalista brasiliana Ilse Scamparini, ancora nel 2013, gli chiese di ritorno dal suo primo viaggio apostolico riguardo al «prelato della lobby gay» (definizione da titolo della copertina de L’Espresso) che era suo ospite a Santa Marta, ottenendo come risposta il famigerato «chi sono io per giudicare?».

 

La faccenda continuò con il caso McCarrick, di cui ci diede testimonianza – pagando – monsignor Carlo Maria Viganò, che raccontò di come gli sembrò che, appena incontrato, il papa gli chiese del cardinale americano, quasi che fosse una trappola, un modo per vedere come reagiva. McCarrick sarebbe stato sberrettato solo in seguito, quando le accuse (oscene davvero: parliamo di ragazzini) rimbalzarono sul New York Times divenendo non più spazzabili sotto il tappeto. McCarrick, ricordiamo, è considerato importante per la stesura dell’accordo sino-vaticano (con l’ondata di martiri conseguente), e si dice che dormisse nel seminario della Chiesa Patriottica cinese, ossia la versione della Chiesa Cattolica secondo il Partito Comunista Cinese.

 

Altri segni li abbiamo visti nel tempo. Esalta a più riprese il gesuita pro-LGBT James Martin. Riceve transessuali in udienza privata, poi permette loro di fare da padrini ai battesimi. Condanna le leggi anti-sodomia dei Paesi africani. Pranza con un pullman di travestiti di Ostia. L’opera omotransessualista ha tanti capitoli, impossibile ricordarseli tutti.

 

Il disegno ad alcuni sembrerà completo, tuttavia non è così.

 

Anni fa scrivemmo del caso di Don Milani: incredibilmente, mentre sui giornali nazionali infuriava la polemica su un romanziere che nel suo ultimo libro sembrava suggerire che il sacerdote fosse pedofilo (idea che, secondo alcuni, potrebbe emergere anche da alcune sue lettere) la sua figura veniva celebrata in pompa magna dal ministero dell’Istruzione della Repubblica Italiana e dal papa stesso, che compose messaggi esaltando il Milano e visitando personalmente la tomba del Milani a Barbiana (era lo stesso anno in cui aveva reso omaggio a Herzl con a fianco Netanyahu, il 2017).

 

La schizofrenia diveniva ogni giorno più evidente, la dissonanza cognitiva era tanta: la grande stampa si accapigliava su una presunta pedofilia del Milani; il papato, di contro, non fuggiva, anzi, si produceva in manifestazioni di affetto assoluto per la figura del «maestro». C’era da rimanerci basiti. C’era da cominciare a farsi qualche domanda abissale.

 

Ecco, non siamo sicuri che l’omosessualità sarà l’ultimo fenomeno sdoganato e benedetto dal papato del Male.

 

Come ripetono i Vangeli: Qui habet aures audiendi, audiat.

 

Roberto Dal Bosco

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Giocatrice di rugby gravemente ferita da un avversario transgender

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Una giocatrice di rugby femminile neerlandese è rimasta ferita durante uno scontro con un avversario transgender. Lo riporta il giornale britannico Daily Mail.   La giovane atleta è stata vista rimasta a urlare di dolore dopo che un rivale transgender le ha rotto i legamenti del ginocchio. Ora deve affrontare «un dolore che dura tutta la vita e sei mesi di fisioterapia solo per tornare a correre», riporta il quotidiano di Albione. La giocatrice, la ventenne Elena King, ha la rottura del legamento crociato anteriore e del legamento collaterale mediale e «ha accusato i dirigenti sportivi di averla delusa».   King ha dichiarato al Times che gli infortuni subiti durante la Premier League olandese a gennaio non erano dovuti semplicemente all’aggressività dello sport, ma al fatto che stava gareggiando contro un uomo, sebbene, pur protestando per il trattamento ricevuto, King abbia comunque obbedientemente utilizzato il linguaggio dell’ideologia di genere.

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«Ho sentito la forza usata contro di me: non è niente che io possa spiegare perché io stessa non ho quella forza», ha detto. «Una donna cis [cioè «cisgender», termine del gergo trans che indica una persona che si identifica naturalmente con il proprio sesso biologico, ndr] non avrebbe potuto slogarmi la gamba… Ho sentito un botto fortissimo. È stato allora che ho iniziato a urlare. La mia gamba era in fiamme. Non voglio che accada mai più a nessuno perché non voglio che accada a me. Si sarebbe potuto evitare».   In un post sul blog intitolato «Infortuni e conseguenze», pubblicato il 2 maggio, la King racconta di essere stata nervosa prima della partita.   «La mattina del 26/01/2025 ero sul pullman del rugby, diretta a una partita in trasferta», ha scritto la ragazza. «Ero emozionata di giocare, dato che non giocavo da un po’. Devo anche dire che ero un po’ nervosa all’idea di giocare contro un uomo biologico. Ero nervosa perché avevo già visto questa giocatrice in campo, quando non giocavo. È stata una partita dura, in cui la giocatrice transgender si è procurata un occhio nero, una lesione alle costole e alla spina dorsale, e una delle mie adorabili compagne di squadra è uscita dal campo piangendo perché era stata placcata così duramente».   Ma quando la King si è rivolta ai superiori, le sue preoccupazioni sono state respinte. «Dopo la partita precedente, avevo parlato con alcune persone di alto livello nel mio club, chiedendo come fosse possibile una cosa del genere. La risposta che ho ricevuto è stata: «Sì, la lega dice che va bene». Non vedevo alcun motivo per cui non dovessi fidarmi della Nederlandse Rugby Bond, perché, si sa, la federazione è lì per proteggere la sicurezza dei suoi giocatori».  
  «E così, sono stato messa in campo come mediano di mischia all’inizio del secondo tempo. Ho giocato solo 5 minuti. C’era una penalità che ho subito cercando spazio. Sono corsa nella linea avversaria e sono stato bloccato in posizione verticale da due donne. Si stava formando una maul e la giocatrice transgender è arrivata bassa dal lato sinistro. La donna transgender mi ha afferrato la parte inferiore della gamba sinistra – per chi non sa tutto di rugby, si suppone che si debbano placcare due gambe, e certamente non quando si sta formando una maul – e poiché ero tenuto in posizione verticale da altre due donne, non sono riuscito a liberarmi dalla presa molto forte della transgender. Ero bloccato. Ho abbassato lo sguardo e ho visto la transgender tirarmi la gamba».   «La sua spalla era appena sotto la rotula e le sue braccia erano avvolte intorno alla mia caviglia, non potevo muovermi. Tenete presente che la giocatrice transgender è arrivata dal lato sinistro e il mio ginocchio non si piega in quel modo. Quindi la giocatrice transgender ha spinto la sua spalla contro il mio ginocchio e con immensa forza ha tirato le braccia più vicino a sé. Poi ho sentito un enorme schiocco. Ho urlato a squarciagola. La giocatrice trans mi aveva strappato il bel ginocchio dalla sede e rotto il legamento collaterale mediale e il legamento crociato anteriore in un solo movimento».   «Più tardi ho sentito che i miei compagni di squadra in campo hanno dovuto andarsene tappandosi le orecchie perché le mie urla sembravano troppo dolorose».   La squadra di rugby avversaria non ha fornito una barella e King ha dovuto essere portata fuori dal campo dalle sue compagne di squadra. «Mentre ero seduta lì a bordo campo, il tempo si è fermato», ha scritto. «Sapevo che era una cosa seria, non sentivo alcun legame con il ginocchio, più tardi avrei scoperto che i miei nervi erano a terra perché i legamenti erano completamente strappati. Ho capito che ieri era troppo lontano e che domani non sarebbe stato lo stesso».

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«Continuavo a ripensare a quel momento in cui ho sentito la forza maschile di questa giocatrice transgender», ha continuato. «È qualcosa che mi frulla ancora per la testa. Era un tipo di forza che sentivo solo in parte quando giocavo con i ragazzi più grandi da giovane. Il tipo di forza che le donne non possono eguagliare. Le donne non possiedono quella forza. Non riesco a fare pace con qualcosa che ho sentito come un attacco al mio corpo. Non riesco a fare pace con la consapevolezza che se la Federazione Olandese di Rugby avesse protetto la mia sicurezza non permettendo alle persone transgender di partecipare alle competizioni femminili, non mi sarei ritrovata con il mio bel ginocchio strappato dalla sua sede».   A marzo, ha raccontato la sua storia alla Federazione Olandese di Rugby, che le ha semplicemente chiesto se si fosse sentita sotto pressione per giocare. «Sono uscita da quell’incontro incredibilmente delusa”, ha detto King. “Per me era chiaro che la Federazione Olandese di Rugby non voleva avere nulla a che fare con questa questione. Antepongono l’inclusione alla sicurezza nel nostro sport». La Federazione Olandese di Rugby non ha ancora una politica formale sui giocatori transgender e King sta attualmente cercando una consulenza legale.   Come riportato da Renovatio 21, traumi ad atlete causate da avversari transessuali si sono visti in vari sport, come la pallavolo, l’hockey, la BMXJu-jitsu, MMA.   Nel frattempo, i record di ogni possibile disciplina femminile vengono stracciati dai transessuali, ma forse ora si tratta di un dettaglio minore: ora a essere minacciati non sono i risultati sportivi, ma i copri stessi delle atlete.   Polemica e scandalo si sono avuti anche alle tremende Olimpiadi di Parigi, dove i due partecipanti sospettati di essere trans hanno vinto tranquillamente l’oro nella loro categoria di pugilato.     Nonostante negli USA l’amministrazione Trump abbia tentato di limitare la presenza maschile negli sport femminili, nelle scorse settimane una schermitrice è stata squalificata ed espulsa da un torneo di scherma degli USA dopo essersi inginocchiata per protestare contro un avversario transgender biologicamente maschio.

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L’amministrazione Trump taglia la ricerca sulla salute LGBT

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L’amministrazione Trump ha accantonato ricerche per un valore di oltre 800 milioni di dollari sulla salute delle persone LGBTQ, abbandonando studi su tumori e virus che tendono a colpire i membri delle minoranze sessuali e ostacolando gli sforzi per contrastare la recrudescenza delle infezioni sessualmente trasmissibili. Lo riporta il New York Times.

 

«In linea con la sua profonda opposizione sia ai programmi sulla diversità sia all’assistenza che afferma il genere per gli adolescenti, l’amministrazione ha lavorato intensamente per sradicare la ricerca che riguarda misure di equità e salute delle persone transgender» scrive il giornale neoeboraceno, che sostiene che gli omobitransessuali sarebbero quasi il 10% della popolazione totale americana.

 

Delle 669 sovvenzioni che i National Institutes of Health avevano annullato in tutto o in parte all’inizio di maggio, almeno 323 (quasi la metà) erano legate alla salute LGBTQ, secondo un’analisi di ogni sovvenzione annullata effettuata dal NYT. «I funzionari federali avevano stanziato 806 milioni di dollari per i progetti annullati, molti dei quali avrebbero dovuto ricevere maggiori finanziamenti negli anni a venire».

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Decine di istituti di ricerca hanno perso i finanziamenti, un elenco che include non solo obiettivi della Casa Bianca come la Johns Hopkins e la Columbia, ma anche università pubbliche del Sud e del Midwest, come la Ohio State University e la University of Alabama a Birmingham.

 

Alla Florida State University sono stati annullati 41 milioni di dollari di ricerche, tra cui un importante sforzo per prevenire l’HIV tra gli adolescenti e i giovani adulti, che ogni anno registrano un quinto delle nuove infezioni negli Stati Uniti.

 

Nelle lettere di licenziamento degli ultimi due mesi, l’NIH ha giustificato i tagli affermando che gli scienziati il ​​loro lavoro LGBTQ «non ha più alcun impatto sulle priorità dell’agenzia». In alcuni casi, l’agenzia ha affermato che la ricerca annullata era «basata sull’identità di genere», il che ha portato a risultati «non scientifici» che ignoravano le «realtà biologiche».

 

In altre lettere di licenziamento gli scienziati hanno detto che i loro studi erano errati perché «basati principalmente su categorie artificiali e non scientifiche, tra cui obiettivi di equità amorfi».

 

I tagli sono il risultato di un’impennata dei finanziamenti federali destinati alla ricerca LGBT avvenuta nell’ultimo decennio e dell’attivo incoraggiamento da parte dell’NIH a presentare proposte di sovvenzioni incentrate sui gruppi di minoranze sessuali e di genere, iniziato durante l’amministrazione Obama.

 

Gli alleati del presidente Trump hanno sostenuto che la ricerca è intrisa di pregiudizi ideologici.

 

Oltre a interrompere gli studi, i funzionari federali hanno rallentato il processo di erogazione delle sovvenzioni rallentando i pagamenti, ritardando le riunioni di revisione delle sovvenzioni e riducendo le nuove assegnazioni di sovvenzioni.

 

 

L’ente sanitario nazionale americano (National Institute of Health, o NIH) ha dichiarato in una nota: «l’NIH sta prendendo provvedimenti per interrompere i finanziamenti per la ricerca che non sono in linea con le priorità dell’NIH e dell’HHS. Continuiamo a impegnarci per riportare la nostra agenzia alla sua tradizione di sostenere una scienza basata sull’evidenza scientifica e basata sui migliori standard».

 

I tagli alla comunità LGBTQ hanno messo fine all’autismo non diagnosticato nelle minoranze sessuali e su alcuni tumori della gola e di altro tipo che colpiscono in modo sproporzionato gli omotransessuali, scrive il quotidiano neoeboraceno.

 

Apprendiamo quindi che era in progetto anche una pillola anticoncezionale e anti-AIDS al contempo: «i tagli al programma hanno messo a repentaglio la sperimentazione in corso di un prodotto che preverrebbe sia l’HIV sia la gravidanza, nonché una seconda sperimentazione che mira a combinare la consulenza sulla salute sessuale con la terapia comportamentale per ridurre la diffusione dell’HIV tra i giovani uomini appartenenti alle minoranze sessuali che fanno uso di stimolanti».

 

L’NIH ha interrotto anche i lavori sulle altre malattie sessualmente trasmissibili.

 

Anche la ricerca sulla transessualizzazione è stata fortemente colpita: «i funzionari federali hanno annullato diversi finanziamenti per esaminare i potenziali rischi della terapia ormonale di genere. I progetti hanno esaminato se la terapia ormonale potesse, ad esempio, aumentare il rischio di cancro al seno, malattie cardiovascolari, alterazioni dello sviluppo cerebrale o HIV».

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«Sono state annullate cinque sovvenzioni (…), tra cui una che esaminava i tassi notevolmente elevati di nati morti tra le donne LGBTQ».

 

La ricerca sanitaria americana, in pratica, è nel panico.

 

«Gli scienziati affermano che i ricercatori più giovani stanno già perdendo il lavoro nella ricerca sulle minoranze sessuali e di genere e stanno cancellando dalle loro biografie online ogni prova che attesti di aver lavorato in quel campo».

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Papa Leone XIV e la questione omotransessualista: in passato ha attaccato i media il gender nelle scuole

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La posizione di papa Leone XIV riguardo l’omosessualità è sembrata chiara nel 2012, quando attaccò la cultura popolare rea di promuovere uno «stile di vita omosessuale» e le famiglie omosessuali.   In un discorso ai vescovi tenuto quell’anno tuonò contro i media occidentali che fomentavano «simpatia per credenze e pratiche in contrasto con il Vangelo» mostrando «famiglie alternative composte da partner dello stesso sesso e dai loro figli adottivi».   Al tempo in cui era vescovo a Chiclayo, l’attuale papa aveva respinto un piano del governo peruviano per insegnare il genere nelle scuole: «la promozione dell’ideologia di genere è confusa, perché cerca di creare generi che non esistono», ha dichiarato a un quotidiano locale, secondo il New York Times.   Prevost non ha appoggiato, né pienamente rigettato come fecero invece tanti altri a partire dai vescovi africani, il documento sulle benedizioni omosessuali Fiducia Supplicans.   Tuttavia, il gesuita filo-LGBT James Martin, del gruppo dei gesuiti di Nuova York dietro la rivisa America,  ha lodato la sua elezione.  

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«Conosco Papa Leone XIV come un uomo gentile, aperto, umile, modesto, deciso, laborioso, schietto, affidabile e con i piedi per terra”, ha scritto Martin. “Una scelta brillante. Che Dio lo benedica» ha scritto su X il gesuita che  Bergoglio portava in un palmo di mano.   Il gesuita Martin dice di averlo conosciuto al suo tavolo dell’ultimo sinodo.   Il sito Infovaticana ha scritto che Prevost era il candidato di Martin.   Non è chiaro se le sue posizioni siano cambiate. Come su molti altri temi, non si sa davvero pochissimo del nuovo papa.   Va ricordato come Bergoglio avesse scaldato i cuori di conservatori, tradizionalisti ed oppositori generici del genderismo quando, all’elezione, fu ricordata la sua strenua opposizione, da arcivescovo di Buenos Aires, ai matrimoni omosessuali, accusandoli di «venire dal demonio». Poi da papa Bergoglio governò circondandosi di tanti omosessuali patenti e aprendo in maniera indiscriminata ai transessuali.  

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Immagine di Eja Encontro Juvenil Agostiniano Agostiniano via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported 
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