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Se il prete specifica di essere «eterosessuale»

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Su un giornale locale emiliano leggiamo la storia di un prete del luogo che intende prendersi «una pausa di riflessione» dal ministero sacerdotale.

 

Il sacerdote lavorava presso un liceo della provincia di Bologna come insegnante di religione e diceva messa nella zona.

 

«Arrivato a un certo punto, avevo chiesto di insegnare per avere più tempo per riflettere e cercare di ritrovare me stesso e di rivedere la mia storia personale». Il messaggio a Renovatio 21 sembra chiaro. Come si dice in quel famoso best seller, «chi ha orecchie per intendere…»

 

Ma bando agli scherzi, per il religioso ordinato 18 anni fa la faccenda è seria.

 

«Sono giunto fino a questa conclusione per rivedere le motivazioni delle scelte fatte finora. Per aprirmi a nuove esperienze e per l’esigenza di viverle, queste esperienze».

 

Tuttavia, alla domanda della giornalista, nega di lasciare il ministero «per amore».

 

«No, non c’è nessuno, almeno al momento con cui condividere una scelta di questo tipo» risponde. «Però non escludo che possa esserci, un domani. E la scelta può portare anche a quello (…) C’è, comunque, il desiderio da parte mia di aprirmi a nuovi incontri».

 

Proprio così, leggiamo sul giornale queste parole: «nuovi incontri».

 

Come dice quel famoso proverbio di quell’antica religione, le vie del Signore…

 

Poi arriva una puntualizzazione colma di significato:

 

«… Vivere liberamente quest’esperienza, nel caso arrivi la possibilità. Perché no? Io sono eterosessuale e se arriverà l’opportunità di condividere il percorso di vita con una donna…». Corsivo nostro.

 

Allora, diciamo che fino a qui il caso era di ordinaria amministrazione. Più o meno. Quanti sacerdoti abbiamo visto, in questi anni, rinunziare al ministero per «ritrovare se stessi» o per magari rapporti muliebri già consolidati. Nulla di che – certo, colpisce la franchezza con cui ne parlano, quasi che, più che il pudore, ad esaurirsi sia stato il concetto stesso di «scandalo», assai presente il quel famoso bestseller e di conseguenza in quella vecchia religione.

 

La novità qui è quella specifica improvvisa: «io sono eterosessuale».

 

Perché si debba sentire la necessità di dirlo, è una domanda su cui ci stiamo arrovellando.

 

È forse per la quantità di colleghi sacerdoti che invece lasciano la tonaca per inseguire «incontri» non esattamente «eterosessuali»?

 

Si tratta forse di un ultimo segno di osservanza nei confronti di Bergoglio, il quale quattro anni fa tuonò che «se c’è il dubbio di omosessualità, meglio non far entrare in seminario»? (Sì, Bergoglio: quello di McCarrick, Karadima, della Casita de Dios  e chissà chi altro)

 

È una segnalazione di altro tipo? Un messaggio che non possiamo comprendere?

 

Era per dire che, anche se vi fosse quell’altra «scelta» per quegli altri «incontri», cosa ci sarebbe mai di male?

 

Brancoliam nella tenebra. Non lo sappiamo.

 

Sappiamo però della quantità impressionante di omosessuali divenuti preti nella chiesa conciliare; talvolta, di preti divenuti omosessuali proprio una volta entrati nella chiesa conciliare.

 

Questo è un caso diverso. Tuttavia, non c’è molto da gioirne.

 

 

 

Immagine d’archivio

 

 

 

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Spirito

Papa Leone XIV istituisce un gruppo di studio sulla liturgia

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Il 26 e 27 giugno 2025 si è riunito il XVI Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo, alla presenza del Segretario Generale, il Cardinale Mario Grech. Papa Leone XIV era presente il 26 per discutere con i partecipanti diverse questioni relative al processo sinodale e rivolgere loro un discorso, come già riportato su questo sito web.

 

Nel corso di questo incontro, il papa ha approvato l’istituzione di due nuovi gruppi di studio, che fanno parte del processo sinodale.

 

Gruppi di studio

Il 17 febbraio 2024, papa Francesco ha firmato un chirografo che richiedeva l’istituzione di gruppi di studio presso i dicasteri della Curia Romana per avviare «con metodo sinodale l’approfondimento di alcuni temi emersi» durante la prima sessione del Sinodo sulla sinodalità. Il coordinamento sarebbe stato assicurato dalla Segreteria del Sinodo dei Vescovi.

 

Il 22 febbraio Francesco ha delineato dieci temi: 1) i rapporti con le Chiese orientali; 2) il grido dei poveri e degli emarginati; 3) la missione nell’era digitale; 4) i sacerdoti, la formazione e le relazioni; 5) i ministeri e il ruolo della donna; 6) la vita consacrata e i movimenti ecclesiali; 7) i vescovi: figure e funzioni; 8) il ruolo dei nunzi; 9) le questioni «controverse»; 10) il dialogo ecumenico.

 

Una prima panoramica del loro lavoro è stata fornita durante la seconda sessione del Sinodo nell’ottobre 2024. La presentazione del loro rapporto era prevista al più tardi entro la fine di giugno 2025. Tuttavia, il verbale della suddetta riunione ha rilevato il ritardo riscontrato da alcuni gruppi a causa degli attuali sviluppi nella Chiesa e ha richiesto ulteriore tempo.

 

Con il consenso del Santo Padre, «si è deciso di prorogare il termine per la presentazione delle relazioni finali al 31 dicembre 2025», si legge ancora nel verbale. Tuttavia, a breve verrà presentata una relazione intermedia, che sarà pubblicata sul sito web della Segreteria Generale non appena pervenuta.

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Due nuovi gruppi di studio

Nel documento intitolato «Tracce per la fase attuativa del Sinodo», pubblicato lunedì 7 luglio e destinato ad avviare una nuova fase sinodale, si afferma che papa Leone XIV ha istituito due nuovi gruppi di studio su «La liturgia in prospettiva sinodale» e su «Lo statuto delle Conferenze episcopali, delle Assemblee ecclesiali e dei Concili particolari».

 

La liturgia in prospettiva sinodale

Il n. 27 del Documento Finale prevede «l’istituzione di uno specifico Gruppo di Studio a cui affidare la riflessione su come rendere le celebrazioni liturgiche maggiormente espressione della sinodalità. Potrebbe anche considerare il tema della predicazione all’interno delle celebrazioni liturgiche, nonché lo sviluppo di risorse catechetiche sulla sinodalità in una prospettiva mistagogica». Mistagogia, termine usato dai Padri greci e adottato dagli studiosi moderni, si riferisce a una «spiegazione teologica e simbolica dei riti liturgici di iniziazione, in particolare quelli del battesimo e dell’Eucaristia».

 

Il pericolo insito in questo nuovo gruppo di studio è duplice. Sebbene il numero citato appaia innocuo, in realtà copre una discussione che è stata rimossa dalla sua formulazione, con grande rabbia dei progressisti, il che spiega perché abbia ricevuto il voto più basso. Dietro «l’espressione della sinodalità» si cela il desiderio di ridistribuire parzialmente il ministero e il ruolo del sacerdote ai laici.

 

Questa volontà, chiaramente espressa nell’Instrumentum laboris della seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità, non è più evidente, ma resta ben presente, in particolare nella parte del Documento finale dedicata al ruolo del clero.

 

Quanto al secondo pericolo, esso emerge implicitamente dietro la «predicazione nelle celebrazioni liturgiche». Si tratta della richiesta avanzata dai progressisti – ad esempio dal Cammino sinodale tedesco – di autorizzare laici, uomini e donne, a predicare l’omelia, una pratica riservata al clero a partire dal diaconato.

 

 

 

Lo status delle conferenze episcopali, delle assemblee ecclesiastiche e dei concili particolari

Anche qui, incombe un pericolo, poiché i progressisti vogliono vedere riconosciuti alle conferenze episcopali determinati poteri in ambito liturgico, ma anche dottrinale. Il dibattito è stato acceso durante il Sinodo, e il n. 125 del Documento finale, che non ha soddisfatto le fazioni più avanzate su questo punto, è stato anche uno dei più sfavorevoli.

 

È abbastanza ovvio che concedere tali poteri significherebbe la fine dell’unità della Chiesa, per non parlare del fatto che contraddirebbe direttamente la Costituzione Divina della Chiesa. Infatti, colui che, per diritto divino, ha potere in una diocesi è il vescovo. Una conferenza episcopale, che è solo un organismo ecclesiastico relativamente recente, non ha alcun potere di imporre una decisione ai suoi membri.

 

Il caso delle assemblee ecclesiali è ancora peggiore. Composte da clero e laici, non hanno alcun potere su questioni dottrinali o liturgiche. Quanto ai concili particolari, hanno questo potere, a condizione che le loro decisioni siano state ratificate dalla Curia Romana e dal Papa.

 

Questi nuovi gruppi non sono quindi, a priori, di buon auspicio. Ma dobbiamo attendere di ricevere il loro resoconto, e soprattutto di sapere cosa ne farà Papa Leone XIV, per giudicare con esattezza.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia

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Ambiente

Leone XIV avverte che «il mondo sta bruciando» a causa del «riscaldamento globale» alla prima messa per la «cura del creato»

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Leone XIV ha celebrato oggi la nuova «Messa per la cura del creato», che segna il primo utilizzo dei testi liturgici da lui approvati alcune settimane fa.   Ieri mattina, riunita nei giardini di Castel Gandolfo solo una piccola congregazione, Leone ha celebrato la Messa votiva «per la cura del creato» con un gruppo ristretto di prelati tra cui l’arcivescovo Vittorio Viola, segretario della Congregazione per il Culto Divino, l’ufficio vaticano principalmente responsabile dei testi della Messa. Era presente anche l’arcivescovo John Joseph Kennedy, responsabile della sezione disciplinare del Dicastero per la Dottrina della Fede.   Annunciato il 30 giugno, il testo della Messa è stato svelato in una conferenza stampa il 3 luglio. È stato aggiunto alle Messe «pro variis necessitatibus vel ad diversa», o Messe votive, del Messale Romano.   Approvato da Papa Leone l’8 giugno, si ritiene che il testo della Messa fosse in lavorazione da tempo sotto papa Francesco e che la sua promulgazione coincidesse con il decimo anniversario dell’enciclica di Francesco sui cambiamenti climatici, Laudato Si’.

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Citando l’enciclica, un decreto che promulgava i nuovi testi della Messa affermava che il Dicastero per il Culto Divino aveva «considerato opportuno» istituire il nuovo formulario della Messa poiché «in questo tempo appare evidente che l’opera della creazione è seriamente minacciata a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha affidato alla nostra cura (cfr. Laudato si’ n. 2)»   Presentando i testi la scorsa settimana, il cardinale gesuita Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che ha la supervisione sulle questioni climatiche, ha rivelato che il nuovo formulario è giunto «in risposta alle richieste suggerite dalla Laudato si’». Ha affermato che negli ultimi decenni, la Chiesa ha «continuamente affermato la “responsabilità reciproca tra gli esseri umani e la natura” (LS 67)», e ha chiesto che le nuove preghiere della Messa possano «aiutarci a imparare come prenderci cura del creato che è sempre presente nella liturgia cattolica».   I testi in sé sono meno incendiari di quanto ci si aspettasse, soprattutto se si considera il linguaggio spesso stridente e incentrato sul clima utilizzato sotto Francesco. Significativa anche la location della Messa odierna, che si è svolta nei giardini papali adibiti al centro «Borgo Laudato Si’» a Castel Gandolfo, nato dall’enciclica e con l’obiettivo di promuovere gli ideali del testo.   «Carissimi fratelli e sorelle, il Borgo Laudato si’, nel quale ci troviamo, vuole essere, per intuizione di papa Francesco, un “laboratorio” nel quale vivere quell’armonia con il creato che è per noi guarigione e riconciliazione, elaborando modalità nuove ed efficaci di custodire la natura a noi affidata» ha detto Leone. «A voi, che vi dedicate con impegno a realizzare questo progetto, assicuro perciò la mia preghiera e il mio incoraggiamento».   Pronunciando l’omelia, composta da un testo preparato e da commenti iniziali improvvisati, Leo ha affermato che gli scritti di Bergogliosono ancora attuali: «un mondo che brucia, sia per il surriscaldamento terrestre sia per i conflitti armati, che rendono tanto attuale il messaggio di Papa Francesco nelle sue Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti».   «Solo uno sguardo contemplativo può cambiare la nostra relazione con le cose create e farci uscire dalla crisi ecologica che ha come causa la rottura delle relazioni con Dio, con il prossimo e con la terra, a motivo del peccato». Il riferimento del papa è qui alla Laudato si’ al paragrafo 66.   Leo ha anche sottolineato la necessità di «conversione» per coloro che non danno ancora priorità «all’urgenza di prendersi cura della nostra casa comune».  
  «All’inizio della Messa abbiamo pregato per la conversione, la nostra conversione. Vorrei aggiungere che dobbiamo pregare per la conversione di tante persone, dentro e fuori della Chiesa, che ancora non riconoscono l’urgenza di curare la casa comune».   «Tanti disastri naturali che ancora vediamo nel mondo, quasi tutti i giorni in tanti luoghi, in tanti Paesi, sono in parte causati anche dagli eccessi dell’essere umano, col suo stile di vita. Perciò dobbiamo chiederci se noi stessi stiamo vivendo o no quella conversione: quanto ce n’è bisogno!»   I commenti del papa sono notevoli per due motivi, nota LifeSite: in primo luogo, perché ha deciso di fare un discorso improvvisato prima dell’omelia preparata, cosa che non ha ancora fatto, ma anche per la severità del linguaggio che ha utilizzato nel riferirsi alle questioni del cambiamento climatico, ovvero «un mondo che brucia … a causa del riscaldamento globale».   Nei precedenti messaggi sul clima, come quello per la prossima giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, Leone XIII ha adottato un tono diverso da quello del predecessore, esortando a uno stile cattolico di cura ordinata del creato e allontanandosi dalla fraseologia spesso iperbolica di Francesco in merito al presunto cambiamento climatico.

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Dopo molti anni di retorica allarmistica sul clima da parte del defunto pontefice, nel 2022 il Vaticano ha ufficialmente aderito alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e all’Accordo di Parigi sul clima. Francesco ha difeso la controversa decisione, affermando che «la sorella Madre Terra geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione».   Una promozione così degna di nota e continua dell’Accordo di Parigi, che è alla base della maggior parte dell’attuale agenda sui «cambiamenti climatici», è avvenuta nonostante i principi fondamentalmente pro-aborto dell’accordo siano collegati all’obiettivo dichiarato delle Nazioni Unite di creare un «diritto» universale all’aborto, in linea con l’Obiettivo n. 5.6 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’organizzazione.   Le prime incursioni di Leone XIII nel tema delle questioni climatiche in veste di Papa hanno finora lasciato intendere che adotterà un tono più delicato, sebbene la messa di «custodia del creato» rappresenti un punto di riferimento alternativo per il futuro.   Ad ogni modo, gli atti pubblici del nuovo pontefice non danno segni di disconoscimento riguardo l’impostura climatica, uno dei capisaldi, assieme alle migrazioni di massa, al sincretismo e alle aperture all’omotransessualismo, dell’opera distruttiva di papa Francesco.   Al contempo, notiamo come dopo la Messa in rito maya ora abbiamo anche una nuova messa eco-friendly: l’unica Messa che non pare consentita è la Messa di sempre, la Messa della tradizione, la Messa tridentina, detta impropriamente «Messa in latino», che per secoli ha retto la Civiltà Cristiana.   Non è che chi neghi la messa tradizionale stia cercando, esattamente, di distruggerla, la Civiltà Cristiana?  

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Spirito

Mons. Aguer, il mondo moderno e la crisi del senso della vita

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Renovatio 21 ripubblica questo testo di monsignor Hector Aguer, arcivescovo emerito di La Plata, argentina apparso su LifeSiteNews.

 

Qualche tempo fa ho pubblicato un articolo in cui esprimevo una preoccupazione sociale riflessa dai media.

 

Riguardo alla causa dei «ladri di bambini», ho scritto: «Non c’è famiglia, non c’è scuola, non c’è Chiesa». In altre parole, ciò che non proviene da una famiglia «normale» – in mancanza di un termine migliore – è un ragazzo disposto a rubare la proprietà altrui. L’esperienza mostra anche che generalmente mancano un’istruzione completa, una buona catechesi e la vicinanza di una comunità cristiana. Ciò che manca in questi casi è il senso della giustizia e il valore e la legittimità della proprietà privata.

 

Oggigiorno, lo stupore, l’indignazione e persino il dolore si esprimono attraverso i «media». Il giornale (che si legge anche su Internet), la televisione e i social media mostrano minorenni che uccidono e muoiono con un’innegabile spensieratezza, quasi con una sorta di ingenuità. Si tratta di ragazzi di appena 14 o 15 anni – motivo per cui alcuni propongono di abbassare l’età della responsabilità penale a 12 anni. Sarà necessario moltiplicare il numero di istituti di pena minorile?

 

Il senso della vita sta attraversando una crisi nel mondo odierno. Le guerre ci hanno sempre fatto percepire dolorosamente questo significato; le due grandi guerre del XX secolo hanno lasciato un’impronta profonda. Un bambino possiede il senso della vita senza bisogno di riflessione, come una sorta di istinto naturale. Più tardi, l’educazione illustra il valore della vita umana e il suo significato viene assunto come realtà sociale

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Alcune professioni lo esercitano come qualcosa di inevitabile, professandolo come qualcosa che le identifica – come nel caso di medici e poliziotti, ad esempio. È interessante notare che i minorenni assassini sono proprio quelli che si scagliano contro la polizia; dietro l’odio che porta al crimine c’è una sfiducia nella società e nel suo ruolo per la polizia.

 

La fede e la cultura cristiana presentano la vita umana come un dono di Dio Creatore, che ha creato l’uomo a Sua immagine. Nel caso dei minori che uccidono, la mancanza del senso della vita – la propria e quella altrui – mostra l’oscuramento della fede, anche se sono battezzati e hanno fatto la loro Prima (e unica?) Comunione.

 

La vita è una realtà molto ampia, che comprende anche il regno vegetale e quello animale, oltre ad essere fonte di bellezza. Possiamo quindi parlare del mistero della vita; solo le pietre sono senza vita. La grazia santificante, il dono dello Spirito Santo, che ha la sua origine in Cristo risorto, è partecipazione alla vita divina e pregustazione della vita eterna.

 

«Per me, la vita è Cristo», scrisse l’apostolo Paolo (Fil 1,21). La predicazione del Cristo risorto e l’esposizione del mistero della vita, sintetizzata nel segno della Croce, diminuiranno e quasi scompariranno nel deplorevole caso dei minori assassini.

 

Dirò in conclusione che c’è un problema politico: il senso della vita deve essere appreso in famiglia. Il governo deve favorire la famiglia, sia spiritualmente che materialmente; in Argentina si sta estinguendo a causa del drammatico crollo della natalità e delle leggi disastrose degli ultimi quattro decenni.

 

Secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, «la famiglia è il santuario della vita».

 

+ Héctor Aguer
Arcivescovo emerito di La Plata

 

Buenos Aires, lunedì 30 giugno 2025
Primi Martiri della Santa Romana Chiesa

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