Sorveglianza
Il patriarca Cirillo e la Chiesa Ortodossa Russa contro i sistemi di identificazione biometrica

La Chiesa Ortodossa Russa «difende il diritto fondamentale incondizionato dei cittadini di rifiutare l’identificazione biometrica». Lo afferma lo stesso Cirillo I, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie.
In una lettera al Presidente della Duma di Stato russa in merito ad un documento sui dati personali biometrici adottato a ottobre, il Patriarca della Chiesa Ortodossa Russa Kirill osserva che mentre gli sviluppi tecnologici sono ben accetti, «la Chiesa ha sempre invitato le persone a ricordare i rischi che inevitabilmente essi comportano», riferisce il sito patriarchia.ru.
Come osserva il Patriarca, il Consiglio episcopale russo aveva adottato un documento sui dati personali già nel febbraio 2013, rilevando già che «i problemi associati all’identificazione elettronica, alla contabilità e al trattamento dei dati personali continuano ad accumularsi e si complicano».
La Chiesa aveva lanciato l’allarme anche nell’agosto 2020, durante la pandemia di COVID che aveva visto «l’ampia raccolta di dati personali, comprese informazioni sulla salute, nonché il trattamento di questi dati».
Allo stesso tempo, scrive il Patriarca di tutte le Russie, le organizzazioni commerciali raccolgono dati biometrici praticamente senza controllo da anni e quindi «la stessa necessità di una regolamentazione statale di quest’area sembra giustificata».
«La Chiesa è solidale con quegli esperti che affermano che qualsiasi database di archiviazione di informazioni personali, comprese quelle biometriche, non può essere completamente protetto dalle fughe di dati», continua il primate russo. «I rischi di fughe di dati biometrici non sono completamente comprese a causa della novità della tecnologia».
Pertanto, «la Chiesa difende il diritto fondamentale incondizionato dei cittadini di rifiutare l’identificazione biometrica con garanzie assolute di non discriminazione nel caso di tale scelta».
In conclusione, il Patriarca chiede al presidente della Duma di considerare gli emendamenti al disegno di legge proposto dalla Chiesa ortodossa russa.
Sulla pagina del sito Orthochristian.com, che riprende la notizia, una utente dal nome europeo scrive: «se solo altri leader ecclesiastici in tutto il mondo seguissero l’esempio del patriarca Kirill. Dovremmo resistere a tutti i tentativi di rinchiudere e disumanizzare le persone».
Come dargli torto? Sante parole.
Come riportato da Renovatio 21, programmi di ID digitale sono in attuazione in tutto il mondo, dal Canada all’Ucraina, dalla Francia allo Sri Lanka.
Due mesi fa è emerso come Bill Gates abbia donato 200 milioni di dollari per la creazione di un sistema globale di identificazione digitale.
Sistemi di identificazione biometrica, come il riconoscimento facciale per visione artificiale, sono implementati dalla Cina – che è l’avanguardia del biototalitarismo elettronico – ma sempre più anche da Paesi di altre parti del mondo, come la Spagna (dove è in uso ufficiale presso la polizia) e l’Argentina, dove bambini «sospettati di essere criminali» sono monitorati in tempo reale grazie ai programmi di riconoscimento facciale.
È stato riportato l’uso del riconoscimento facciale da parte di Israele per il controllo dei palestinesi.
Le grandi piattaforme Big Tech hanno per anni lavorato sul riconoscimento facciale, anche degli utenti – magari anche di voi. Il Texas a inizio anno ha denunziato Facebook per centinaia di miliardi di dollari per presunte violazioni nei confronti dei cittadini texani.
In Corea si stava studiando un sistema di face recognition che potesse indicare la positività al COVID. Gli Emirati Arabi hanno montato sistemi onnipervasivi di telecamere con riconoscimento facciale proprio con il fine di «rilevare il COVID-19». La Gran Bretagna hanno proposto questa tecnologia in alternativa al green pass per permettere ai cittadini di accedere al pub.
C’è da notare che i nuovi software sono effettivi al 95% anche nel caso la persona indossi una mascherina.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, che ha il triste primato di Nazione più afflitta dalla sorveglianza face recognition – con la quale implementa parte della repressione contro la popolazione uigura – ha introdotto algoritmi in grado di determinare dalla faccia addirittura la «fedeltà al Partito Comunista Cinese».
La Cina sta attivamente vendendo le sue tecnologie di sorveglianza anche all’estero: l’Uganda, ad esempio, ha acquistato tecnologia di riconoscimento facciale da Huawei per reprimere il dissenso dopo le proteste antigovernativa di due anni fa.
In Italia il Garante della Privacy lo scorso marzo avrebbe bloccato ClearviewAI, società che vede un software quasi infallibile di face recognition.
Si è appreso negli ultimi mesi che la tecnologia è stata offerta gratuitamente all’Ucraina.
Si tratta di una scelta molto controversa, teoricamente utilizzata per riconoscere i soldati russi morti, ma che potrebbe essere impiegata per usi problematici, immorali, orrorifici.
Una catastrofica fuga di dati biometrici, come quella descritta dal Patriarca Cirillo I, è avvenuta l’anno scorso in Afghanistan, quando i talebani si impadronirono del sistema d’identificazione biometrica statunitense HIIDE (Handheld Interagency Identity Detection Equipment), una schedatura biometrica di quasi tutta la popolazione afghana tramite scannerizzazione dell’iride e delle impronte digitali complete operata dalle forze americane con device portatili su tutto il territorio afghano.
Immagine di duma.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Scuola
Del bruco e della farfalla. La scuola verso algoritmi mostruosi

Mentre i membri dell’equipaggio cercano di distrarre il pubblico con proclami ad effetto – tipo il gran ritorno del latino alle medie, delle poesie a memoria, dell’epica classica – l’astronave scuola viaggia a velocità supersonica verso il compimento della missione spaziale 4 del PNRR: «garantire un’istruzione sempre più adeguata alle necessità della società contemporanea» nelle forme e nei modi – si intende – stabiliti dal pilota automatico (al quale del latino, delle poesie e dell’epica importa il giusto).
I passeggeri, abituati ai voli acrobatici, stanno seduti buoni al loro posto a eseguire le consegne. Non guardano fuori dal finestrino.
Siccome però a bordo di quel missile impazzito ci sono anche i nostri figli, forse vale la pena di capire quale sia la rotta segnata. Vedremo come sia il caso di suonare l’allarme e di darsi da fare per salvare il salvabile.
Non torneremo qui a illustrare il lussureggiante corredo di trovate tossiche di varia natura – ma teleologicamente convergenti – che, diluite nel tempo, sono state rilasciate nel circuito scolastico, fino a diventarne componente essenziale, invadente e cancerosa. Sono oggetti ormai familiari, quasi suppellettili domestiche a cui abbiamo assuefatto la vista e tutti gli altri sensi: le prove INVALSI; l’orientamento, in entrata, in uscita e in tutte le salse; la didattica personalizzata e l’armamentario di certificazioni annesse (BES, DSA, ADHD, e PEI e PDP eccetera eccetera); il registro elettronico; il PCTO (ex alternanza scuola-lavoro); il CLIL (Content and Language Integrated Learning); e si potrebbe continuare a lungo a elencare pezzi di paccottiglia assortita.
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Di essi abbiamo detto abbastanza. Ma è necessario ribadire un dato di fatto che a quanto pare sfugge a troppi addetti ai lavori che guardano il dito anziché la luna: ovvero come tutti questi corpi estranei – a parte la loro intrinseca scemenza, a parte la comune funzione a catturare un’infinità di tempo e di risorse per sottrarli alla scuola vera, e stravolgerne il senso – concorrano a formare una capillare rete di sensori già stesa, e già perfettamente integrata nel sistema, sulla quale far aderire a ventosa l’ombrello informatico, oggi straordinariamente potenziato dalla valanga di denaro (del contribuente) gabellato come elargizione del PNRR.
Dunque, attraverso l’infrastruttura allestita in decenni di riforme, tutte le informazioni – di vita, di morte e di miracoli – relative a ciascuno studente, dall’asilo in poi, vengono carpite, risucchiate e immortalate nel buco nero delle banche dati, che ne fanno – soprattutto, ne faranno – uso libero e discrezionale, siano i rispettivi titolari volenti o nolenti. Quelli ai quali è stata fatta una testa così sulla tutela della privacy.
È in atto una mastodontica operazione di spionaggio e di condizionamento a cui nessuno deve sfuggire. E a cui quasi nessuno, incredibilmente, pare obiettare.
Segnala il sempre attento professor Marco Cosentino, dalla sua vedetta universitaria, l’enfasi che ultimamente giornaletti e giornaloni pongono sulla presunta piaga sociale del cosiddetto «abbandono scolastico» e sulle soluzioni escogitate dal manovratore – quello che crea il problema e allo stesso tempo, graziosamente, fornisce il rimedio che gli conviene. L’agitazione intorno al tema è tale da far sorgere il legittimo sospetto che si tratti di un ulteriore tormentone strumentale a portare acqua al solito mulino della sorveglianza e del credito sociale studentesco. E infatti.
Per la causa si scomoda nientemeno che Ferruccio de Bortoli, il quale sul Corriere incensa il Politecnico di Milano per il successo conseguito nel contenere l’abbandono (detto anche drop out in italiano letterario) «utilizzando modelli statistici e algoritmi di machine learning» volti a «capire in profondità le ragioni delle difficoltà, anche psicologiche, degli studenti, facendo in modo di poterli seguire ed eventualmente assisterli meglio» così da salvare «tante carriere professionali».
Il decantato programma di «learning analytics» sperimentato nell’ateneo milanese viene compiutamente descritto in una tesi di dottorato pubblicata per l’occasione nel medesimo ateneo, nelle cui conclusioni – lo riporta sempre il prof. Cosentino – si può leggere:
«In senso più ampio, il futuro ha il potenziale per accedere a dati che abbracciano l’intera vita di uno studente, dalla nascita al momento presente, in tempo reale. Ciò implicherebbe l’integrazione non solo delle prestazioni tradizionali e delle informazioni raccolte da tutte le istituzioni educative e gli ambienti precedenti con cui ogni studente si è impegnato, ma anche di informazioni sfaccettate relative alle circostanze personali di ogni studente, che comprendono aspetti quali quelli medici, familiari, economici, religiosi, sessuali, relazionali, emotivi, psicologici e altro ancora. Queste diverse fonti di dati potrebbero essere raccolte e sintetizzate per migliorare e adattare il processo di apprendimento a ogni singolo studente in vari momenti della sua vita con un livello di precisione senza precedenti».
Come sempre, il veleno viene (grossolanamente) camuffato da medicina. E infatti de Bortoli chiude il suo pezzo apologetico così: «Prevedere precocemente il rischio di lasciare l’università consente di avviare interventi mirati. C’è un salvagente in più. E non è poco».
No, non è affatto poco, siamo d’accordo con lui. È letteralmente mostruoso.
La tesi di dottorato da cui è tratto lo stralcio qui sopra ha il merito di rendere esplicito il disegno che, comunque, era perfettamente intelligibile a un osservatore non del tutto accecato dall’euforia tecnologica.
L’E-Portfolio, per esempio, una delle conquiste della scuola 4.0, non è altro che una scatola nera che ogni studente si trova compilata d’ufficio e d’ufficio appiccicata addosso, e che contiene le specifiche di tutta la sua carriera, scolastica e non.
Lì dentro finiscono voti, giudizi, esiti di prove a crocette e altre prestazioni estemporanee; finiscono «capolavori» stancamente assemblati perché un genio ha deciso che sennò non puoi fare l’esame; finiscono sentenze di orientamento pronunciate da uno che passa di là e che, siccome ha vinto alla lotteria il patentino di orientatore, ha il potere di decidere della vita altrui umiliando chi quella vita la vive (vogliamo parlare di quanti disastri fa l’orientamento? Di quanto disorienta? Di quante esistenze rovina? Forse bisognerebbe fare un bilancio interrogando l’«utenza» che lo ha subìto).
Ogni fase dell’esistenza viene scansionata e ogni file allegato al curricolo alimenta un avatar insindacabile e inemendabile che segue l’alunno come un’ombra incombente. Altro che salvagente.
Ora, a parte che è lampante la carica discriminatoria di queste calamite di dati che influenzeranno piccole e grandi scelte di vita sottraendole al motore umano dell’intuito e della spontaneità, e che verranno rimpinzate di tacche luccicanti da chi abbia i mezzi per collezionarle – a prescindere peraltro dal loro effettivo valore: viaggi, corsi, vacanze-studio, certificazioni linguistiche, esperienze globish. I figli di papà avranno portafogli gonfi e portfoli stellari. E quelli che studiano, leggono libri, giocano a pallone nella squadra di quartiere, aiutano il fratellino a fare i compiti, faranno punteggio? Sono forse, le loro, attività meno formative?
Ma questo, della sperequazione classista, è solo uno dei frutti avariati della malapianta, e nemmeno il più grave.
Ci si chiede come sia possibile non vedere il mostro che stiamo nutrendo con tanto zelo per consentirgli di mangiarci meglio, e di espropriare meglio la nostra libertà naturale e la sovranità intoccabile che appartiene a ogni essere umano e alla sua famiglia. Come può passare sotto silenzio un condizionamento così penetrante e una sorveglianza così totale, diacronica e ubiquitaria, sull’individuo e su tutto quello che fa durante il lungo, articolato, tortuoso, ma soprattutto imprevedibile processo di crescita? Perché (quasi) nessuno si indigna?
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Non c’è chi non sappia, per esperienza diretta o indiretta, quanto sia frequente che un somaro si riscatti, che un fannullone si trasfiguri, che un presunto incapace sbocci e fiorisca. Chiunque abbia avuto a che fare con un soggetto in crescita sa bene come cambi taglia d’improvviso, come basti un niente per accendere una scintilla, suscitare una passione e provocare una svolta. Come ogni caduta sia una medaglia al valore e possa aprire la strada a conquiste preziose. Come il tempo lungo della maturazione non sia mai lineare, mai prevedibile né replicabile, e in questo risieda la sua infinita ricchezza.
Sa bene che uno che da piccolo vuole fare il cow boy si ritrova pompiere e chi sogna di fare il pompiere diventa medico, elettricista, ingegnere. Le vocazioni si disvelano a contatto con gli imprevisti della vita, intercettando eventi incrociatori che nessun orientatore per caso può immaginare e nessun algoritmo potrà mai calcolare.
Ed è folle chi pretenda di interferire con questo flusso meraviglioso, di prevedere algoritmicamente e manipolare programmaticamente la sorte delle persone. È folle chi lo consente.
Ognuno ha diritto di fallire una stupida batteria di test INVALSI, ha diritto di essere bocciato, di scivolare e di rimettersi in piedi. Ha il diritto all’oblio dei propri errori di gioventù, perché sono proprio quegli errori che servono a svegliarlo e a farlo diventare grande. Ha diritto che il mondo non scruti nelle pieghe del suo passato che è rodaggio alla vita, perché il mestiere del giovane è proprio quello di imparare.
Ognuno ha diritto a essere bruco prima di diventare farfalla.
Qualcuno, invece, ha l’interesse a coltivare bruchi per sempre, nel suo bravo allevamento di bruchi, e a sistemarli in fila per due nella società huxleyana gerarchicamente ordinata in cui è lui l’unico ente accentratore abilitato a scrutare, programmare, decidere arbitrariamente cosa premiare e come premiarlo, cosa punire e come punirlo. E dice ai bruchi che tutto questo è per il loro bene. E la più parte dei bruchi ci crede, e consegna felice le chiavi della propria casa, della propria vita e del proprio cuore.
Che il padreterno ci dia la capacità di insegnare ai nostri figli il valore della libertà. A loro, dia la forza di non fare della comodità la propria stella polare e, a costo di dover pagare un prezzo per le proprie idee e per i propri sogni, dia la volontà tetragona di diventare farfalle, perché è questo l’unico modo per onorare la vita, l’unico per poter volare sopra i reticolati e vedere dall’alto che sono fatti di nulla.
Elisabetta Frezza
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Arte
Partito l’ingresso ai concerti con identificazione facciale

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Droni
Iniziato in India il Kumbh Mela, il più grande raduno umano del pianeta. Con droni, riconoscimento facciale e AI a sorvegliare

Il festival Maha Kumbh Mela, della durata di 45 giorni, è iniziato in India lunedì con un tuffo rituale compiuto da decine di migliaia di indù che cercano di purificarsi dai propri peccati. Si prevede che l’evento attirerà 400 milioni di devoti quest’anno.
Il festival Maha (o «grande») Kumbh continuerà fino al 26 febbraio a Prayagraj, una città alla confluenza di tre fiumi, il Gange, lo Yamuna e il Saraswati, nello stato settentrionale dell’Uttar Pradesh. Le masse induiste hanno eseguito le loro abluzioni alle 3:20 del mattino, ora locale, sulla riva del Triveni Sangam, un punto di convergenza per i tre fiumi considerati sacri dagli indù.
Nell’induismo, il termine «Kumbh» si riferisce a un vaso di nettare, mentre “Mela” significa fiera o raduno. Si ritiene che durante una battaglia cosmica tra gli dei (Deva) e i demoni (Asura) per il nettare dell’immortalità (Amrita), gocce di questo nettare caddero in quattro luoghi in tutta l’India: Haridwar, Prayagraj, Nashik e Ujjain. Questi siti divennero sacri e il Kumbh Mela è una celebrazione di questo evento.
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महाकुम्भ 2025 का भव्य शुभारंभ! आप भी पधारिये प्रयागराज, इस अविस्मरणीय आयोजन के साक्षी बनिये।#MahaKumbh2025 #MahaKumbhMela2025 #KumbhMela #KumbhMela2025 #kumbh2025 #kumbh pic.twitter.com/mPrAWPWfWA
— MahaKumbh 2025 (@KumbhMela2025) January 13, 2025
🚨 More than 1 crore (10 million) people visited on day 1 of Maha Kumbh Mela 2025. pic.twitter.com/JdPpDBT1D5
— Indian Tech & Infra (@IndianTechGuide) January 13, 2025
There’s no Brahmin, Rajput, Jat, Gujjar, Ahir, Khatri, Dalit, Saini, Baniya etc There’s only Sanatani. This is #MahaKumbh for u. This is festival of Sanatan Dharma where all are equal before Mahadev. That’s why #MahaKumbhMela2025 is special. #KumbhMela2025… pic.twitter.com/dX1n5npfHB
— Ganesh (@me_ganesh14) January 13, 2025
I devoti credono che fare il bagno nei fiumi sacri durante il Kumbh Mela purifichi l’anima, rimuova i peccati e conceda la salvezza spirituale. Mentre il Kumbh Mela viene celebrato ogni anno, il Maha Kumbh è considerato il più propizio, poiché si verifica una volta ogni 12 anni a Prayagraj.
Precedentemente nota con il nome molto musulmano di Allahabad, Prayagraj è stata rinominata Prayagraj nel 2018 dal Primo Ministro dell’Uttar Pradesh, Yogi Adityanath, con l’obiettivo di riconoscere l’identità della città come meta spirituale per i pellegrini indù.
नागा सन्यासियों का हुज़ूम। जिधऱ से गुजरता है रास्ता अपने आप बन जाता है। #KumbhMela2025 pic.twitter.com/VUtnvP81Fm
— Rajesh Sahu (@askrajeshsahu) January 14, 2025
The biggest Sangam of Sanatanis #KumbhMela2025 pic.twitter.com/h9Ep0oZ0dc
— Singh Varun (@singhvarun) January 13, 2025
Il primo ministro indiano Narendra Modi aveva esteso un invito a persone provenienti da tutto il mondo per partecipare al festival, riconosciuto dall’UNESCO nel 2017 come «patrimonio culturale immateriale dell’umanità».
Il governo dell’Uttar Pradesh ha installato 150.000 tende per ospitare i pellegrini, insieme a servizi igienici. Il sito del festival ha 450.000 nuovi allacciamenti elettrici, poiché si prevede che il consumo di energia durante l’evento di 45 giorni sarà equivalente a quello di 100.000 appartamenti urbani in un mese.
Le ferrovie indiane hanno anche introdotto 98 treni speciali, che completeranno oltre 3.000 viaggi durante il festival. Le misure sono state messe in atto per prevenire incidenti come quello del 2013, quando una calca uccise 36 persone.
Con circa 400 milioni di persone attese all’evento, la sicurezza è stata migliorata con l’uso di droni e telecamere abilitate all’Intelligenza Artificiale, secondo quanto riportato dai media locali. La polizia e le agenzie di sicurezza hanno schierato droni vincolati e droni sottomarini per la sorveglianza.
I droni vincolati, che possono volare fino a 120 metri sopra il suolo, monitoreranno la folla dall’alto e aiuteranno a individuare le aree che richiedono sicurezza o cure mediche. Nel frattempo, i droni sottomarini possono immergersi fino a 100 metri nell’area in cui si incontrano i tre fiumi.
Oltre 2.500 telecamere basate sull’intelligenza artificiale con tecnologia di riconoscimento facciale saranno posizionate strategicamente in tutta Prayagraj, in particolare nei punti di ingresso chiave. Queste forniranno un monitoraggio in tempo reale, assicurando risposte rapide a qualsiasi incidente e migliorando la gestione complessiva della folla, hanno affermato i funzionari.
Non tutti esprimono gioia per il Kumbh Mela, pronunziato da molti italofoni come «Kumba Mela».
Utenti in rete hanno approfittato per condividere video non verificati che accusano alcuni induisti di pratiche «sataniche».
Devil Worship #KumbhMela2025 pic.twitter.com/8EnEyWrVGE
— Crime Reports India (@AsianDigest) January 7, 2025
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