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Eutanasia

«Best Interests»: per Alfie funerali privati e nessuna autopsia

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Le ultime settimane di vita di Alfie Evans sono diventate un fatto internazionale.

 

Mentre i suoi genitori combattevano contro un ospedale pediatrico e contro un sistema giudiziario pronto a togliere i supporti vitali e porre fine alla sua vita, la loro lotta per salvare Alfie è diventata di portata sovranazionale.

Come i genitori di Alfie hanno annunciato qualche giorno fa, il funerale di Alfie si terrà domani e sarà privato.

Ma, sorprendentemente (o forse nemmeno troppo), nonostante tutto il trambusto mediatico, nonostante l’attenzione e le polemiche che circondano la sua morte, sembra che non sia stata fatta un’autopsia. Anche se i sostenitori di Alfie Evans e della sua famiglia si aspettavano un’autopsia e un’indagine subito dopo la sua morte, sembra invece che tutto sia stato silenziato.

 

E, stranamente, sulla possibilità di un’autopsia o di un’indagine dopo la morte di Alfie, non ci sono state nemmeno notizie di cronaca da parte dei mass media. I media britannici – che hanno ampiamente coperto il caso – non hanno riportato nulla nemmeno sulla notizia del funerale imminente.

E non ci sarà alcuna autopsia nonostante ad Alfie siano stati negati cibo e acqua per oltre 24 ore. Non ci sarà alcuna autopsia nonostante ad Alfie sia stato negato l’ossigeno durante le prime ore successive alla rimozione dei supporti vitali senza il consenso dei genitori. Non ci sarà alcuna autopsia nonostante Alfie, nei suoi ultimi giorni di esistenza terrena, non abbia ricevuto cure e trattamenti adeguati e non abbia avuto la possibilità di sottoporsi a trattamenti sperimentali per migliorare la sua condizione neurodegenerativa. Non ci sarà alcuna autopsia nonostante i medici non siano ancora sicuri di cosa abbia causato la patologia di Alfie.

 

E non ci saranno autopsie nonostante sul web girino voci riguardanti gli ultimi istanti di vita di Alfie e sul fatto che lo staff dell’Alder Hey Children’s Hospital abbia o meno posto fine alla sua vita dopo una settimana in cui è riuscito a respirare da solo.

La mancanza di qualsiasi autopsia o indagine è piuttosto strana

La mancanza di qualsiasi autopsia o indagine è piuttosto strana e porterà senza dubbio ad ulteriori polemiche da parte dei sostenitori di Alfie e della sua famiglia riguardo al fatto che entrambi, sia il governo britannico che il sistema giudiziario così come il sistema medico britannico, o volevano che Alfie morisse o volevano coprire tutto ciò che lo ha portato a morire.

La mancanza di qualsiasi desiderio pubblico da parte dei genitori di Alfie di insistere per un’autopsia o per un’indagine è ugualmente interessante: alcuni sostenitori di Alfie e della sua famiglia hanno ipotizzato che il governo britannico ed il nostro sistema medico li abbiano costretti ad arrendersi mollando la loro battaglia legale e quella per trasferirlo altrove.

 

La dichiarazione che Thomas ha dato ai media dicendo che avrebbero lavorato per trovare un punto di incontro con i responsabili dell’Alder Hey, continua a confondere coloro che sono interessati alla questione perché è stato davvero un brusco cambio di marcia, da un atteggiamento determinato e irremovibile che aveva mostrato, con un’instancabile volontà di combattere in nome di Alfie.

 

Qualcuno ha fatto notare che Alfie è morto poco dopo che i suoi genitori avevano abbandonato la loro battaglia legale e sembravano cedere ai voleri del governo e del sistema sanitario britannico.

Sebbene ci siano prove e motivazioni sufficienti per un’autopsia o un’indagine, sembra invece che non ce ne saranno e gli spettatori di tutto il mondo continueranno a chiedersi se Alfie è morto per abbandono di cure, o se la sua morte sia stata accelerata dalla somministrazione di qualche farmaco.

Sebbene ci siano prove e motivazioni sufficienti per un’autopsia o un’indagine, sembra invece che non ce ne saranno e gli spettatori di tutto il mondo continueranno a chiedersi se Alfie è morto per abbandono di cure, o se la sua morte sia stata accelerata dalla somministrazione di qualche farmaco.

Ironia della sorte, l’unica indagine potrebbe essere proprio verso i sostenitori di Alfie. Il governo britannico infatti sembra stia indagando sull’organizzazione cristiana e sull’avvocato che ha appoggiato la famiglia.

Il giudice Hayden ha più volte offeso e denigrato, durante le udienze, i legali dell’associazione cristiana vicino alla famiglia, definendo uno di essi come «illuso e fanatico».

Il gruppo ha rimandato al mittente “i commenti pregiudizievoli e provocatori del giudice Hayden”.
Nel frattempo, come noto, il primo ministro britannico Theresa May ha difeso l’ospedale. Ha affermato che gli esperti di medicina dovrebbero essere gli unici a prendere decisioni in questi casi e non i genitori o la famiglia.

Carol Tobias, presidente del National Right to Life Committee, ha dichiarato a LifeNews che le persone devono essere molto chiare su quello che è successo con Alfie. Ha affermato che «è stato condannato a morte» da tribunali e medici:

«Che sia chiaro: Alfie Evans è stato condannato a morte dal Sistema sanitario nazionale britannico e dall’Alta corte. Il loro intransigente attaccamento verso il difettoso sistema sanitario “single-payer” del paese li ha portati alla conclusione che per Alfie era meglio morire piuttosto che lasciare il paese e ricevere un trattamento potenzialmente salvavita altrove», sostiene Tobias.

Dopo aver rimosso il suo supporto vitale senza permesso, i responsabili dell’Alder Hey Hospital hanno aspettato 28 ore prima di nutrire il bambino, che stava continuando a combattere. Tom criticò aspramente il personale dell’ospedale per aver aspettato così tanto tempo prima di portargli il nutrimento di cui aveva bisogno:

«Hanno iniziato a dargli da mangiare solo dopo molte ore. È disgustoso il modo in cui viene trattato (…) Neanche un animale verrebbe trattato in questo modo. Alfie sta dimostrando che si sbagliavano. È ora di dargli un po’ di dignità e lasciarlo andare a casa o in Italia».

Poi, d’un tratto, l’inspiegabile cambio di passo.
Forse i genitori di Alfie speravano di portare il bambino casa, per liberarsi dall’ospedale di Liverpool.

Un gruppo di medici britannici, The Medical Ethics Alliance, ha espresso il proprio ribrezzo per il trattamento riservato ad Alfie Evans che ha definito una vera «tirannia medica».

Secondo qualche indiscrezione, poi, la Diocesi di Livepool avrebbe inizialmente negato ai sacerdoti incardinati lì di recarsi a casa degli Evans.

Secondo qualche indiscrezione, poi, la Diocesi di Livepool avrebbe inizialmente negato ai sacerdoti incardinati lì di recarsi a casa degli Evans.

Tuttavia qualche prete refrattario ha avuto il coraggio di opporsi all’editto portando in questi giorni di dolore l’appoggio morale e spirituale alla famiglia.

I funerali che avranno luogo domani, come detto, saranno in forma privata, «secondo i desideri della famiglia», dicono.

E certo, come no: deve essere stato proprio un desiderio della famiglia quello dei funerali in forma privata, stillando una lista degli invitati come si fa per un gran gala.

Deve essere stato un loro desiderio anche quello di avere dei premurosi poliziotti che vigilano sul funerale stesso, o ancora quello di allontanare dalla zona del funerale chi non è invitato. Come ovviamente era proprio un loro desiderio quello di non fare più statement, o interviste, o anche quello di voler costruire un ponte con l’ospedale che voleva uccidere Alfie.
Tutti “desideri” della famiglia.
E i poliziotti inglesi, che ci tengono a precisare che i desideri della famiglia sono così importanti tanto da voler garantire il loro supporto di vigilanza?
Tutto, sempre, in nome del «best interest».

È questo il futuro che vogliamo?

 

Alfie Evans non è stato il primo bambino ad essere tenuto in ostaggio dal sistema giudiziario e dal sistema sanitario. Ci sono stati molti altri casi in cui le corti e i medici hanno preso decisioni di vita o di morte per un paziente contrariamente alla custodia della vita (prima di tutto), e alle obiezioni della loro famiglia. Tante ancora ve ne saranno se non ci opporremo con forza.

È questo il futuro che vogliamo?

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Eutanasia

Quasi la metà dei canadesi malati non terminali che scelgono l’eutanasia affermano di sentirsi soli

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I dati ufficiali del governo mostrano che circa la metà dei canadesi che non sono malati terminali ma che desideravano porre fine alla propria vita tramite il suicidio assistito autorizzato dallo Stato lo hanno fatto l’anno scorso perché affermavano di sentirsi soli.

 

Secondo i dati pubblicati da Health Canada l’11 dicembre nel suo quinto rapporto annuale sull’assistenza medica alla morte (MAiD), nel 2023 sono state approvate e sono morte per eutanasia 15.342 persone.

 

Un totale di 14.721 di questi decessi si sono verificati in casi in cui la malattia o la disabilità erano probabili in futuro o considerate «ragionevolmente prevedibili». Questi sono chiamati decessi Track 1 MAiD.

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Tuttavia, 662 decessi riguardavano persone che non stavano morendo. Di questi decessi di Track 2, il 47,1% ha citato come ragioni per voler morire «isolamento o solitudine». In confronto, circa il 21,1% dei decessi di Track 1 ha riportato gli stessi sentimenti per voler morire tramite suicidio guidato dal medico.

 

Il rapporto afferma che «l’isolamento sociale e la solitudine hanno dimostrato di avere un impatto serio sulla salute fisica e mentale, sulla qualità della vita e sulla longevità».

 

Dei decessi di Track 2, il 35,7% viveva da solo, rispetto al 30,2% dei decessi di Track 1. Dei decessi di Track 1, l’età media era di 77,7 anni. L’età media dei decessi di Track 2 era di 75 anni.

 

Da notare che il rapporto di quest’anno di Health Canada su MAiD è il primo a includere le cosiddette richieste «verbali» da parte di individui come ufficiali. In precedenza, coloro che volevano morire tramite suicidio assistito dovevano inviare un modulo a Health Canada per essere registrati ufficialmente come una richiesta di morte per suicidio.

 

Sotto il primo ministro Giustino Trudeau, il cui governo liberale ha legalizzato il MAiD nel 2016, il mortale programma ha continuato ad allentare le sue regole su chi ha diritto alla pena di morte.

 

Nel 2023 in Canada 1 decesso su 20 è avvenuto a seguito di suicidio assistito, e sono diventati all’ordine del giorno i casi in cui alle persone viene offerto il MAiD come soluzione ai loro problemi di salute.

 

In effetti, la maggior parte dei canadesi teme che il regime nazionale di eutanasia colpisca ingiustamente coloro che sono vulnerabili dal punto di vista finanziario e sociale, pur continuando a sostenere questa pratica immorale in generale.

 

Nel 2021, il programma si è esteso dall’uccisione dei soli pazienti terminali al consentire ai malati cronici di qualificarsi. Da allora, il governo ha cercato di includere coloro che soffrono esclusivamente di malattie mentali.

 

Il numero di canadesi uccisi tramite iniezione letale nell’ambito del programma MAiD nazionale dal 2016 si aggira intorno ai 65.000, con una stima di 16.000 decessi solo nel 2023. Molti temono che, poiché le statistiche ufficiali sono manipolate, il numero possa essere ancora più alto.

 

Nel 2023 in Canada si sono verificati circa 15.280 decessi per eutanasia.

 

Come riportato da Renovatio 21, qualche mese fa un’altra veterana dell’esercito, divenuta disabile, ha riportato che alcuni funzionari statali avevano risposto alla sua richiesta di avere in casa una rampa per la sedie a rotelle offrendole invece la possibilità di accedere al MAiD – cioè di ucciderla.

 

Ma non è il caso più folle del degrado assassino raggiunto dallo Stato canadese: ecco l’ecologista che chiede di essere ucciso per la sua ansia cronica riguardo al Cambiamento Climatico, ecco i pazienti che chiedono di essere terminati perché stanchi di lockdown, ecco le proposte di uccisione dei malati di mente consenzienti, e magari pure dei neonati. Il tutto, ovviamente, con il corollario industriale, della predazione degli organi, di cui il Paese ora detiene il record mondiale.

 

Il Canada del governo Trudeau – dove il World Economic Forum regna, come rivendicato boriosamente da Klaus Schwab – è il Paese dell’avanguardia della Necrocultura. Se lo Stato può ucciderti, ferirti, degradarti, lo fa subito, e legalmente. Magari pure con spot mistico propalato da grandi società private in linea con il dettato di morte. L’anno scorso in Canada un decesso ogni 25 era dovuto all’eutanasia, che viene servita anche alle pompe funebri.

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A febbraio l’eutanasia è stata offerta anche ad una signora riconosciuta come danneggiata da vaccino COVID.

 

Secondo alcuni, l’eutanasia in Canada – che si muove verso i bambini – sta divenendo come una sorta di principio «sacro» dello Stato moderno.

 

Come abbiamo ripetuto tante volte: lo Stato moderno è fondato sulla Cultura della Morte. La Necrocultura è, incontrovertibilmente, il suo unico sistema operativo. Aborto ed eutanasia (e fecondazione in vitro, e vaccinazioni, anche e soprattutto geniche) sono quindi sue primarie linee di comando.

 

Il Canada, che è all’avanguardia anche grazie alla potente penetrazione nel suo gabinetto pure rivendicata dal World Economic Forum, è quindi un vero esempio dello Stato basato sempre più sull’eugenetica – cioè sul dominio totale sull’essere umano e l’annientamento della sua dignità di creatura figlia di Dio.

 

Di fatto, un canadese ogni 25 viene oggi ucciso dall’eutanasia. L’aumento negli ultimi anni è stato semplicemente vertiginoso. E la classe medica, oramai totalmente traditrice di Ippocrate e venduta all’utilitarismo più sadico e tetro, insiste che va tutto bene.

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Eutanasia

Un canadese ogni venti sceglia la morte eutanatica di Stato

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Secondo gli ultimi dati governativi, l’eutanasia continua a rappresentare una quota crescente del tasso di mortalità in Canada: lo scorso anno ha causato circa un decesso su 20 nel Paese.   Secondo il rapporto annuale di Health Canada sull’assistenza medica al morire (MAiD), pubblicato mercoledì, nel 2023 sono state sottoposte a eutanasia nel Paese 15.343 persone, un record storico. Sebbene il numero rappresenti un aumento del 15,8% rispetto al 2022, registra un calo rispetto a un tasso di crescita annuale medio di circa il 31%, ha osservato il rapporto.   Sebbene il tasso di crescita sia diminuito, rivela comunque un altro aumento a due cifre dei cittadini canadesi che scelgono di porre fine alla propria vita ai sensi della legge nazionale sul suicidio del Paese. «Non è ancora possibile trarre conclusioni affidabili sul fatto che questi risultati rappresentino o meno una stabilizzazione dei tassi di crescita nel lungo termine», ha aggiunto il rapporto MAID.

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Le statistiche federali mostrano un aumento dei casi di suicidio assistito, che rappresenteranno il 4,7% dei decessi nel 2023, rispetto al 4,1% dell’anno precedente.   Oltre il 95% dei casi di eutanasia ha coinvolto persone malate terminali, con il cancro citato come motivo più comune per la richiesta. L’età media di una persona che chiede la morte assistita è di oltre 77 anni.   «Una maggiore consapevolezza del MAiD all’interno del continuum assistenziale, l’invecchiamento della popolazione e i modelli associati di malattia o patologia, le convinzioni personali e l’accettazione sociale, nonché la disponibilità di professionisti che forniscono MAiD, possono influenzare il tasso di fornitura», ha osservato il rapporto.   In Canada, la morte assistita è legale solo per le persone con una condizione di salute fisica. Tuttavia, il governo starebbe valutando di consentire alle persone con Alzheimer e demenza di richiedere la propria morte prima che si manifestino gli effetti peggiori di tali malattie.   A febbraio, il governo ha rinviato un controverso piano per consentire la morte assistita per i malati mentali almeno fino al 2027, per consentire ai servizi sanitari del paese di prepararsi adeguatamente. I professionisti medici hanno espresso preoccupazioni sul fatto di non essere ancora adeguatamente formati per determinare se una persona con una malattia mentale possa beneficiare dell’eutanasia.   Il ministro della Salute canadese Mark Holland ha affermato all’epoca che il governo accetta l’equivalenza della sofferenza mentale e fisica, ma che si tratta di una «questione di preparazione».   Come riportato da Renovatio 21, già la scorsa estate erano stati registrati aumenti inquietanti nei dati eutanatici della provincia canadese della Columbia Britannica nel 2023, con 2.767 decessi assistiti, cioè il 10% in più rispetto ai 2.515 del 2022.   Di fatto, se si parlava di un canadese ogni 25 che viene ucciso dall’eutanasia, ora siamo arrivato a uno su 20. L’aumento negli ultimi anni è stato semplicemente vertiginoso. E la classe medica, oramai totalmente traditrice di Ippocrate e venduta all’utilitarismo più sadico e tetro, insiste che va tutto bene.   Come riportato da Renovatio 21, qualche mese fa un’altra veterana dell’esercito, divenuta disabile, ha riportato che alcuni funzionari statali avevano risposto alla sua richiesta di avere in casa una rampa per la sedie a rotelle offrendole invece la possibilità di accedere al MAiD – cioè di ucciderla.   Ma non è il caso più folle del degrado assassino raggiunto dallo Stato canadese: ecco l’ecologista che chiede di essere ucciso per la sua ansia cronica riguardo al Cambiamento Climatico, ecco i pazienti che chiedono di essere terminati perché stanchi di lockdown, ecco le proposte di uccisione dei malati di mente consenzienti, e magari pure dei neonati. Il tutto, ovviamente, con il corollario industriale, della predazione degli organi, di cui il Paese ora detiene il record mondiale.   Il Canada del governo Trudeau – dove il World Economic Forum regna, come rivendicato boriosamente da Klaus Schwab – è il Paese dell’avanguardia della Necrocultura. Se lo Stato può ucciderti, ferirti, degradarti, lo fa subito, e legalmente. Magari pure con spot mistico propalato da grandi società private in linea con il dettato di morte. L’anno scorso in Canada un decesso ogni 25 era dovuto all’eutanasia, che viene servita anche alle pompe funebri.

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A febbraio l’eutanasia è stata offerta anche ad una signora riconosciuta come danneggiata da vaccino COVID.   Secondo alcuni, l’eutanasia in Canada – che si muove verso i bambini – sta divenendo come una sorta di principio «sacro» dello Stato moderno.   Come abbiamo ripetuto tante volte: lo Stato moderno è fondato sulla Cultura della Morte. La Necrocultura è, incontrovertibilmente, il suo unico sistema operativo. Aborto ed eutanasia (e fecondazione in vitro, e vaccinazioni, anche e soprattutto geniche) sono quindi sue primarie linee di comando.   Il Canada, che è all’avanguardia anche grazie alla potente penetrazione nel suo gabinetto pure rivendicata dal World Economic Forum, è quindi un vero esempio dello Stato basato sempre più sull’eugenetica – cioè sul dominio totale sull’essere umano e l’annientamento della sua dignità di creatura figlia di Dio.

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Bioetica

La morte cerebrale è vera morte?

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La morte viene identificata come la cessazione di tutte le funzioni vitali di un organismo, che sono essenzialmente riconducibili a tre: sistema nervoso, respiratorio e cardiocircolatorio, ossia la cosiddetta tripode vitale. 

 

Tuttavia, la morte non è un evento che può essere osservato nel momento in cui si verifica ma solamente a posteriori, ossia dopo che essa è già avvenuta. Infatti, per avere la certezza dell’avvenuto decesso di un essere vivente è necessario che vengano riscontrati sul cadavere i segni inequivocabili della morte, ossia l’inizio del processo di decomposizione dell’organismo: l’algor mortis, il raffreddamento del corpo, il rigor mortis, la rigidità cadaverica, il livor mortis, il ristagno e la coagulazione del sangue. 

 

La morte è un evento complesso perché l’uomo, in virtù dell’unione sostanziale con un’anima spirituale, non è un semplice agglomerato di organi, tessuti e funzioni né il suo principio vitale può essere ridotto alla funzionalità dei suoi organi.

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Esiste unanime consenso nel ritenere certamente viva una persona cosciente e certamente morto un corpo putrefatto o allo stato iniziale della putrefazione. La morte, intesa come il distacco dell’anima dal corpo, è collocabile nello spazio temporale compreso tra questi due stati. Un terzo stato dell’essere tra la vita e la morte non esiste.

 

Secondo il regolamento di polizia mortuaria nessuna persona morta può essere chiusa dentro una bara o sottoposta ad autopsia prima che siano trascorse 24 ore dal momento del decesso, salvo i casi di decapitazione o maciullamento. Inoltre, durante il periodo di osservazione il corpo deve essere posto in condizioni tali che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita.

 

È possibile dunque affermare che l’unico parametro che consente di ritenere certo l’avvenuto decesso di un individuo è l’inizio del processo di decomposizione del corpo, il cui riscontro oggettivo costituisce il vero punto di non ritorno alla vita.

 

Proprio allo scopo di consentire il trapianto degli organi vitali, che ricordiamo può avvenire solamente se gli organi stessi non hanno subito danni irreversibili causati dalla necrosi dei tessuti (il cuore e il fegato subiscono danni in meno di 5 minuti), era necessario modificare i criteri stessi di definizione della morte.

 

L’escamotage trovato dalla comunità scientifica internazionale non fu quello di soppiantare il criterio tradizionale della cessazione di tutte le funzioni dell’organismo (che sarebbe stato impossibile anche solo ipotizzare), ma di affiancare ad esso un nuovo criterio di accertamento della morte basato sulla presunta cessazione irreversibile della funzionalità di un singolo organo: il cervello. 

 

Nel 1968 venne istituita una commissione ad hoc, un comitato di «esperti» della harvard Medical School, che definì e sottoscrisse quei criteri neurologici di morte che vennero poi ufficialmente riconosciuti come nuova definizione di morte, malgrado diversi filosofi, medici e giuristi espressero al riguardo tutte le loro riserve.

 

In base a tale documento, un soggetto in coma irreversibile, o presunto tale, deve essere considerato a tutti gli effetti deceduto. Nonostante la commissione di Harvard affermasse il contrario è ovvio come la nuova definizione di morte e la pratica dei trapianti di organi vitali fossero strettamente collegate, dal momento che è proprio la morte a consentire il prelievo degli organi.

 

D’altra parte fu la stessa commissione che ammise lo stretto legame ideologico tra il nuovo criterio e la suddetta pratica: «l’uso di criteri obsoleti per la definizione di morte cerebrale può ingenerare controversie nel reperimento degli organi per i trapianti».

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C’è da osservare che la commissione non produsse alcun dato scientifico certo e oggettivo a supporto della nuova definizione di morte (del resto, come avrebbe potuto?) e i criteri di Harvard vennero pubblicati senza nessun dato statistico-clinico relativo ai pazienti. 

 

Malgrado ciò, a partire dal 5 agosto del 1968 una persona può essere dichiarata cadavere, quindi privata delle cure o addirittura trattata come mero contenitore di organi espiantabili, nel momento in cui la funzionalità del suo cervello viene ritenuta irrimediabilmente compromessa, secondo parametri studiati a tavolino, dunque artificiosi. 

 

La morte, da evento naturale, oggettivo e osservabile, viene di fatto ridotta ad evento artificiale, non oggettivo né tantomeno osservabile, ma riscontrabile unicamente attraverso la tecnica.

 

In altre parole, la morte viene tolta allo sguardo dell’uomo e confinata nell’ambito prettamente medico.

 

È facilmente intuibile la portata rivoluzionaria della nuova definizione di morte che costituisce la base ideologica con la quale sono stati legittimati tutti gli attacchi alla vita innocente ed indifesa, dall’aborto all’eutanasia, passando per la fecondazione in vitro e, ovviamente, l’espianto degli organi vitali. 

 

Alfredo De Matteo

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Immagine di Ericneuro via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine modificata 

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