Oligarcato
Melinda Gates non cederà più la maggior parte della sua ricchezza alla Fondazione Gates

Melinda French Gates non donerà più la maggior parte della sua ricchezza a Bill & Melinda Gates Foundation. Lo riporta la testata economica americana Wall Street Journal.
Melinda, che da divorziata riprenderà plausibilmente il cognome da nubile (French), ha apportato la modifica alla lettera di Giving Pledge alla fine del 2021 in seguito al suo divorzio dal co-fondatore di Microsoft Bill Gates, tuttavia all’epoca non ha specificato che sarebbe andata alla Gates Foundation.
Il Giving Pledge è una campagna per incoraggiare le persone estremamente facoltose a contribuire con la maggior parte della loro ricchezza a cause filantropiche. A gennaio 2021, l’impegno ha 231 firmatari da 28 Paesi, tra cui David Rockefeller, George Lucas, Ted Turner, Mark Zuckerberg, Paul Singer, Richard Branson, Elon Musk.
«Penso che la filantropia sia più efficace quando dà la priorità alla flessibilità rispetto all’ideologia, e perché nel mio lavoro alla fondazione e alla Pivotal Ventures continuerò a cercare nuovi partner, idee e prospettive», ha scritto l’ex moglie del magnate.
La French-Gates ha lanciato il fondo Pivotal Ventures nel 2015 per concentrarsi sulle questioni che riguardano le donne e le famiglie, comprese le politiche sui congedi retribuiti e uno sforzo per coinvolgere più donne nella tecnologia e nelle cariche pubbliche. Si è impegnata a donare 1 miliardo di dollari in 10 anni a Pivotal per promuovere l’uguaglianza di genere.
French Gates asserisce che ha ancora intenzione di dare via la maggior parte della sua fortuna, distribuendola tra varie attività filantropiche, dicono fonti informate al giornale americano.
«Riconosco l’assurdità di tanta ricchezza concentrata nelle mani di una sola persona, e credo che l’unica cosa responsabile da fare con una fortuna di queste dimensioni sia darla via, nel modo più ponderato e di impatto possibile», ha scritto nella sua nuova lettera Giving Pledge.
La Gates Foundation è una delle più grandi imprese filantropiche (per alcuni, «filantrocapitalistiche») al mondo.
La dotazione della Fondazione Gates supera i 50 miliardi di dollari. A luglio, Bill e Melinda hanno dichiarato che avrebbero impegnato altri 15 miliardi di dollari per la dotazione della Fondazione, che come noto è coinvolta sia scientificamente (con i fondi alla ricerca) che economicamente (perché investitrice di Big Pharma) che mediaticamente (con i programmi finanziati ai giornali di tutto il mondo per centinaia di milioni) politicamente (con le donazioni a enti transnazionali come l’OMS, e la creazione di altri enti come GAVI e CEPI) nel programma sanitario e vaccinale globale.
Di recente, era emerso che un altro mega-miliardario stretto amico dei Gates, Warren Buffett, si era ritirato dalla Fondazione, pur prevedendo, anche lui come il Bill, una nuova pandemia «peggiore del COVID».
La Gates Foundations ha recentemente aggiunto quattro membri al suo consiglio di amministrazione nel tentativo di rafforzare la governance dopo il divorzio dei suoi co-fondatori. Melinda e Bill sono i co-presidenti della fondazione, anche se ha accettato di dimettersi nel 2023 se uno dei due decidesse di non poter più lavorare insieme.
Bill Gates, nel frattempo, ha ribadito nella sua più recente lettera di Giving Pledge che la maggior parte della sua ricchezza andrà alla Fondazione Gates.
A luglio, secondo il New York Times, si era parlato della possibilità che Bill Gates avrebbe rilevato la quota di Melinda della fondazione che porta il loro nome. A dare la notizia era stato Mark Suzman, CEO della Gates Foundation (che è la più grande fondazione di beneficenza al mondo), rivelando che alla fondazione sono stati donati ulteriori 15 miliardi di dollari di asset da aggiungere ai 50 miliardi di dollari precedentemente accumulati nella sua dotazione oltre due decenni.
Suzman ha aggiunto che se la French decidesse di non poter continuare a lavorare con Gates dopo due anni, le sarebbe stato donato il proprio pool di capitale per avviare la propria fondazione. In altre parole, se i due decidono di non poter fare pacificamente i genitori della fondazione, Bill rileverà la quota della sua ex moglie.
Come riportato da Renovatio 21, Melinda Gates, sedicente cattolica, ha per anni perorato e finanziato la causa dell’aborto – chiamato con l’eufemismo orwelliano «Controllo delle nascite» – specie nel Terzo Mondo. Nelle sue conferenze, Melinda parlava della necessità globale della contraccezione. Esiste ancora un TED piuttosto esplicito.
In realtà, anche ora il tema è molto sentito, in combo con la catastrofe pandemica: «le prime stime suggeriscono anche che la pandemia causerà 49 milioni di donne in più senza contraccettivi, portando a 15 milioni di gravidanze non pianificate» aveva detto in una intervista concessa a La Stampa e ad altri due giornali internazionali.
Il tema della sovrappopolazione sta da decenni nel cuore a Bill e Melinda, e non per anni non parlavano d’altro. Poi sono arrivati i vaccini, e si sono concentrati su quelli, ma senza dimenticare di finanziare enti abortisti come Planned Parenthood, nel cui board serviva il padre di Bill Gates: alla «pianificazione famigliare» i Gates nel 2021 hanno donato la cifra di 2,1 miliardi di dollari.
Se i Gates sino a qualche lustro fa non parlavano d’altro che di riduzione della popolazione – magari a cene organizzate con i Rockefeller e i Soros, come ricordato da Renovatio 21 – risulta difficile credere che la vecchia idea non sia in qualche modo implicata nella loro nuova crociate miliardaria per la vaccinazione universale.
Il divorzio, è stato ipotizzato, potrebbe essere stato provocato anche dal non ancora chiaro rapporto tra Bill e il pedofilo sedicente finanziere (ma quasi sicuramente asset di qualche servizio segreto) Jeffrey Epstein.
Come visto in una recente intervista TV, nominare Epstein è qualcosa che imbarazza ancora molto il Bill.
Due anni fa, ad inizio pandemia, in molte trasmissioni televisive Melinda appariva collegata da casa, ma senza far sentire allo spettatore che la magione dei Gates è valutata 140 milioni di dollari. In TV Melinda aveva dichiarato che avevano fatto scorte di cibo in previsione della pandemia.
Il peso della ex signora Gates non è, al pari di quello del marito, piccolo: ha accesso diretto ai potenti di tutto il mondo, anche perché forse non sono più potenti di lei.
Durante la quarantena mondiale Melinda aveva preso parte ad incontri internazionali con i leader dei Paesi europei, poi sfociati nel mastodontico finanziamento pubblico pluriennale (287,5 milioni di euro) anche da parte del governo italiano al GAVI, l’alleanza per i vaccini creata dai Gates.
Le centinaia di milioni di euro del contribuente furono promessi dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
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Biden ha insabbiato un rapporto sullo scandalo di corruzione in Ucraina della sua famiglia

Joe Biden, mentre era vicepresidente degli Stati Uniti nel 2015, avrebbe chiesto alla CIA di occultare un rapporto sulle presunte attività commerciali corrotte della sua famiglia in Ucraina. Lo rivelano documenti desecretati.
Martedì, il direttore della CIA John Ratcliffe ha reso pubblici i documenti, in gran parte censurati. Uno dei documenti, un’e-mail governativa datata 10 febbraio 2016 e inviata all’agenzia, recitava: «Buongiorno, ho appena parlato con il Vicepresidente/Consigliere per la Sicurezza Nazionale e lui preferirebbe fortemente che il rapporto non venisse diffuso. Grazie per la comprensione».
Il nome del mittente è stato oscurato, indicando solo il titolo «PDB Briefer». Il Presidential Daily Brief è un documento top secret destinato alla distribuzione giornaliera al presidente degli Stati Uniti e a un ristretto gruppo di alti funzionari autorizzati.
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Il rapporto in questione riferiva che i funzionari ucraini dell’amministrazione dell’allora presidente Petro Poroshenko «hanno espresso sconcerto e delusione» durante la visita di Biden nel dicembre 2015.
«Questi funzionari hanno ritenuto che i presunti legami della famiglia del vicepresidente degli Stati Uniti con la corruzione in Ucraina fossero la prova di un doppio standard all’interno del governo degli Stati Uniti in materia di corruzione e potere politico».
Hunter Biden, figlio di Joe Biden e condannato per reati gravi, occupava una posizione ben remunerata nel consiglio di amministrazione di Burisma Holdings, un conglomerato energetico ucraino, durante il mandato da vicepresidente del padre.
Joe Biden ha ammesso pubblicamente di aver esercitato pressioni su Kiev per licenziare un procuratore generale che indagava su Burisma nel 2016. Tuttavia, ha negato di aver mai accettato tangenti o di essere stato a conoscenza degli affari esteri del figlio.
Nel dicembre dello scorso anno, Biden ha firmato un ampio atto di grazia per suo figlio, contraddicendo le precedenti promesse di non farlo. L’atto di grazia protegge Hunter da procedimenti penali per crimini commessi tra il 2014 e il 2024.
La diffusa corruzione in Ucraina ha sollevato preoccupazioni tra i funzionari statunitensi riguardo al possibile uso improprio degli aiuti. Recenti sondaggi indicano che la maggior parte degli ucraini ritiene che il problema stia peggiorando.
Come riportato da Renovatio 21, la famiglia Biden era stata accusata al Congresso USA di aver preso mazzette dalla Russia. La Commissione di supervisione della Camera afferma di aver identificato 20 milioni di dollari in pagamenti da fonti estere alla società di Hunter Biden, che descrivono come una copertura per vendere l’accesso al «network Biden» mentre suo padre era vicepresidente di Barack Obama dal 2009 al 2017.
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In particolare danari sarebbero arrivati dall’oligarca russa Yelena Baturina, vedova del controverso sindaco di Mosca Yurij Luzhkov, a Rosemont Seneca Thornton, una società di comodo gestita da Hunter Biden e dal suo socio in affari Devon Archer. Dei 3,5 milioni di dollari trasferiti dalla Baturina, 1 milione di dollari è stato trasferito direttamente ad Archer, mentre il resto è stato utilizzato per avviare Rosemont Seneca Bohai, un nuovo account utilizzato per ricevere più finanziamenti dall’estero, ha affermato la Commissione camerale.
Accuse per il giro di corruzione dei Biden in Ucraina sono arrivate da Igor Shokin, il procuratore di Stato che a Kiev investigava, tra le altre cose, sul colosso gasiero Burisma, che aveva assunto nel board l’inesperto Hunter Biden. Il vicepresidente Joe Biden si è vantato in pubblico di averlo fatto licenziare durante un suo breve viaggio diplomatico, in cui praticò estorsione nei confronti di presidente e premier ucraini.
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Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate Viktor Medvedchuk, un politico ucraino e del partito Piattaforma di Opposizione – Per la Vita, ora in esilio in Russia dopo essere stato arrestato dal regime Zelens’kyj e scambiato con Mosca, ha accusato Kiev di essere la «mangiatoia» per la corruzione del clan Biden.
Renovatio 21 aveva segnalato una pista kazaka ancora a inizio 2022 quando il Kazakistan fu oggetto di disordini, e riaffiorò una foto dei Biden con oligarchi di Astana, ripubblicata da organizzazioni locali anti-corruzione che chiedono la restituzione dei miliardi dei corrotti, politica poi abbracciata dall’attuale presidente Tokaev.
Un’altra parte consistente della corruzione del clan Biden riguarderebbe la Cina, con affari che comprendono anche investimenti in centrali atomiche, con legami con personaggi legati all’Intelligence della Repubblica Popolare così come, si è ipotizzato, il network interno di Xi Jinpingo.
Sull’origine del capitale del fondo internazionale di Hunter Biden fece un’ammissione un professore pechinese ad una conferenza pubblica appena dopo le elezioni 2020.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Bill Gates critica la Svezia per l’aumento della spesa militare

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Puff Daddy chiede pietà, ma il giudice lo condanna alla galera

Sean «Diddy» Combs ha espresso rammarico per le sue azioni passate e ha chiesto clemenza in una lettera indirizzata a un giudice di Nuova York, poco prima della sua condanna, che i pubblici ministeri ritengono debba superare i dieci anni di carcere.
Il magnate della musica, 55 anni, rischia fino a 20 anni di reclusione dopo essere stato riconosciuto colpevole di due capi d’imputazione per trasporto a fini di prostituzione. I procuratori hanno chiesto al giudice Arun Subramanian di infliggere almeno 11 anni e tre mesi, sottolineando che i reati «gravi» di Combs sono paragonabili a casi in cui sono state comminate condanne superiori a un decennio.
In una lettera pubblica di quattro pagine, Combs ha sostenuto che il periodo trascorso in custodia cautelare da settembre 2024 lo ha profondamente cambiato.
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«Oggi vi chiedo umilmente un’altra possibilità: un’altra possibilità di essere un padre migliore, un figlio migliore, un leader migliore nella mia comunità e di vivere una vita migliore», ha scritto.
Il rapperro ha riconosciuto di aver commesso «molti errori» e si è scusato con la sua ex fidanzata, Cassie, la cui testimonianza ha contribuito a una delle condanne.
«Le immagini di me che aggredisco Cassie mi perseguitano ogni giorno», ha dichiarato. «Ho perso la testa. Ho sbagliato gravemente a mettere le mani sulla donna che amavo. Mi dispiace profondamente e me ne pentirò per sempre».
Combs ha affermato di essere sobrio per la prima volta in 25 anni, descrivendo gli ultimi due anni come «i più difficili della mia vita».
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La richiesta di pietà non ha sortito effetto: il giudice di Nuova York ha condannato Sean «Diddy» Combs a 50 mesi, più di quattro anni di carcere, per «gravi reati di natura sessuale che hanno causato danni irreparabili a due donne». Il giudice Arun Subramanian ha dichiarato che una pena «significativa» è indispensabile «per inviare un messaggio chiaro sia agli autori di abusi sia alle vittime».
Combs è stato giudicato colpevole di «trasporto a fini di prostituzione», ovvero di aver accompagnato persone per attività sessuali illecite. L’accusa aveva richiesto una pena di undici anni, mentre la difesa aveva proposto un massimo di quattordici mesi.
L’ex icona dell’hip-hoppo, che ad agosto aveva chiesto la grazia presidenziale a Donald Trump, all’ultimo minuto ha ammesso le sue colpe in aula, definendo il proprio comportamento «disgustoso».
Come riportato da Renovatio 21, Puff Daddy era stato accusato di racket e traffico sessuale con un contorno di racconti imbarazzanti che parlano di forniture di centinaia di bottigliette di olio per bambini. Due mesi fa era emerso che l’uomo stava affrontando 120 nuove accuse di molestie sessuali, compresa quella di 10 mesi fa che parlava di una 13enne molestate assieme al celeberrimo produttore Jay-Z, marito dell’ancor più nota (e per taluni controversa) cantante nera Beyoncé Knowles, considerata vicina al Partito Democratico USA.
Secondo voci pubblicate sulla stampa americana, il Diddy sarebbe stato una sorta di Jeffrey Epstein in versione hip hop che avrebbe segreti, oltre che su tante stelle di Hollywood, anche su «politici» e «principi».
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Immagine di Reckless Dream Photography via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic; immagine tagliata.
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