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Storia

Carlo d’Inghilterra ha ricevuto una laurea ad honorem da un veterano nazista ucraino

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Il re Carlo d’Inghilterra ha ricevuto un premio da un veterano nazista ucraino mentre era ancora principe di Galles nel 1983, ha scoperto un’indagine condotta dal media Declassified UK.

 

La testata britannica ha scoperto una fotografia che mostra l’allora Principe Carlo mentre riceve una laurea ad honorem in giurisprudenza durante una cerimonia presso l’Università di Alberta in Canada da Peter Savaryn, un ex membro delle Waffen-SS, che ha servito come cancelliere dell’università dal 1982 al 1986.

 

Secondo l’articolo, nel suo discorso di accettazione l’allora principe Carlo aveva elogiato coloro che avevano «sacrificato la propria vita 40 anni fa» nella lotta contro Adolf Hitler, tuttavia il premio gli fu conferito da un veterano che ha combattuto per la Germania nazista.

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Originario dell’allora Polonia orientale, il Savaryn prestò servizio in un’unità Waffen-SS ucraina durante la seconda guerra mondiale, scrive il sito governativo russo RT. Milioni di ucraini prestarono servizio nell’Armata Rossa sovietica durante la guerra, ma migliaia di altri combatterono dalla parte tedesca sotto la 14a divisione Waffen Grenadier delle SS, conosciuta come Divisione Galizia. La divisione, costituita nel 1943, attirò volontari dall’attuale Ucraina occidentale. I suoi membri hanno prestato giuramento personale ad Adolf Hitler e sono stati accusati di atrocità contro gli ebrei e altri civili polacchi e sovietici.

 

Commentando la rivelazione, Buckingham Palace ha confermato che durante una visita reale nel 1983, Carlo ha ricevuto il premio dall’Università di Alberta, descrivendola come una «istituzione canadese molto rispettata».

 

«Come è consuetudine, il Rettore dell’Università ha conferito l’onorificenza», ha detto il Palazzo a Declassified UK. «Poiché i suoi ospiti avevano seguito tutte le normali procedure di valutazione, fu raccomandato che il Re accettasse l’onorificenza in quel momento».

 

La testata ha suggerito che il Ministero degli Esteri britannico, che organizza viaggi reali all’estero, avrebbe potuto conoscere il passato nazista di Savaryn.

 

Savaryn era tra le migliaia di uomini delle Waffen-SS Galizia che fuggirono in Occidente dopo il 1945, spesso con l’assistenza britannica, afferma l’articolo. Nel 1987, Savaryn ricevette un’onorificenza reale, l’Ordine del Canada. L’anno scorso il governatore generale canadese Mary Simon si è scusato ed ha espresso «rammarico» per il fatto che il suo ufficio abbia assegnato il secondo merito più alto del paese a un ex soldato nazista.

 

 

L’anno scorso, l’Università di Alberta si era trovata nel mezzo di un altro scandalo nazista dopo aver detenuto una donazione intitolata a Yaroslav Hunka, il 98enne ucraino-canadese che ha prestato servizio anche nella divisione nazista della Galizia.

 

Hunka ha poi ricevuto una standing ovation dai deputati durante la visita di Volodymyr Zelens’kyj al Parlamento canadese.

 

L’incredibile incidente divenne motivo di imbarazzo internazionale per Ottawa, portando alle dimissioni del presidente della Camera Anthony Rota, alle scuse pubbliche del primo ministro Justin Trudeau e all‘ammissione da parte della Germania che il suo ambasciatore aveva applaudito un ex membro delle Waffen SS – cosa imbarazzante ancora per Berlino, nonostante il grande risciacquo del nazi in corso, come si evince dalla recente espulsione dal Paese di soldati ucraini in addestramento che esibivano troppe rune e svastiche tra mostrine e tatuaggi.

 

Come riportato da Renovatio 21, è emerso che la vicepremier canadese, la dirigente del World Economic Forum Chrystia Freeland, ha anche lei origini ucronaziste.

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Vista la quantità di polacchi sterminati dai nazisti ucraini, Varsavia avrebbe chiesto l’estradizione di Hunka; Mosca ha fatto la stessa cosa.

 

Lo Stato di Israele proclamò che il Canada doveva affrontare il «peccato storico» di aver ospitato nazisti: stranamente, lo stesso discorso non lo fa l’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev. Anzi: abbiamo visto anche interessanti viaggi di Israele del Battaglione Azov, che ritiene lo Stato degli ebrei – che è di fatto uno Stato militare su base etnica – come un modello.

 

L’intera vicenda fu in seguito commentata anche dal presidente russo Vladimiro Putin, che si interrogava sul come si potesse celebrare in Parlamento uno che ha combattuto contro i russi – che erano alleati delle liberaldemocrazie occidentali – durante la Seconda Guerra Mondiale..

 

«E chi ha combattuto esattamente i russi durante la guerra? I nazisti. Lo sanno tutti e lo sa anche il presidente ucraino. Tutto il Parlamento si è alzato in piedi e lo ha applaudito. Cos’è, se non una manifestazione del nazismo?» ha chiesto Putin, aggiungendo che gran parte delle atrocità naziste sono state commesse dai nazionalisti ucraini che collaboravano con loro.

 

«Non sono solo degli sciocchi, sono anche neonazisti. È un fatto ovvio. Sono pronti a collaborare con chiunque pur di tentare di danneggiare la Russia», ha osservato il presidente.

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Per quanto concerne re Carlo e i suoi contatti da principe, vogliamo ricordare i milioni presi dalla famiglia Bin Laden in buste di plastica.

 

Andrebbero tuttavia anche ricordati l’amicizia, e le donazioni milionarie, che a Carlo fece il misterioso petroliere americano (per qualcuno spia KGB) Armand Hammer: quando nel 1988 la piattaforma petrolifera marina Piper Alpha della Occidental Petroleum collassò nelle fiamme a 200 miglia da Aberdeen uccidendo 160 persone, il futuro re si precipitò a difendere Hammer, che se la cavò alla grande. Sulla questione della dinastia degli Hammer, miliardari ebrei americani di origini russe a cui fu permesso per qualche motivo di restare vicini al Cremlino, andrebbe scritto un articolo a parte, specie dopo le accuse, sulle quali oltre ai presunti stupri i giornali hanno pure fatto aleggiare lo spettro di perversioni cannibalistiche, del nipote divo di Hollywood Armie Hammer.

 

Per non parlare dell’amicizia persona con Jimmy Savile, il popolare DJ e conduttore TV britannico che, secondo accuse emerse appena dopo la sua morte nel 2011 ma che circolavano come voci da decenni, avrebbe abusato in istituti scolastici e manicomiali di cui era donatore di qualcosa come 400 ragazzine.

 

Come dire: la scena con il vecchio veterano nazista che ti consegna una laurea non è la cosa peggiore che abbiamo visto col Carlo.

 

Del resto in molti si sono interrogati sull’incredibile ritratto ufficiale appena presentato al mondo, in cui il re è coperto di rosso, qualcuno dice che si tratta di un mare di sangue, altri delle fiamme dell’inferno.

 

Forse la questione è che di quello che pensano i sudditi, al re importa fino ad un certo punto.

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Immagine di Provincial Archives of Alberta via Wikimedia: no known copyright restrictions

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Spirito

Leone XIV: la scelta di un nome dal significato simbolico

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Leone… Nome proprio che deriva dal latino leo che significa appunto «leone», e che risuona, nei primi secoli della Chiesa, come simbolo di forza, coraggio e autorità spirituale all’interno della Chiesa cattolica. Tredici papi hanno portato questo nome fino all’elezione del cardinale Robert-Francis Prevost, avvenuta l’8 maggio 2025.   FSSPX.Attualità si propone di ripercorrere la linea dei predecessori a cui si è appena aggiunto il nuovo pontefice romano.   Leone I, soprannominato «il Grande», è senza dubbio uno dei papi più illustri della storia. Eletto nel 440, incarnò la forza di un pontefice in un’epoca in cui l’Impero romano d’Occidente vacillava sotto gli assalti delle invasioni barbariche. È famoso per il suo audace incontro con Attila, capo degli Unni, nel 452 nei pressi di Mantova. Si dice che con la sua presenza e la sua eloquenza abbia convinto il «flagello di Dio» a risparmiare Roma. Ma è soprattutto sul piano teologico che Leone I risplende.   Il suo Tomo a Flaviano, lettera indirizzata al Patriarca di Costantinopoli, ebbe un ruolo decisivo nella definizione della dottrina cristologica al Concilio di Calcedonia (451). Affermando la duplice natura di Cristo, divina e umana, in un’unica persona, Leone pose le basi di un’ortodossia che guidò la Chiesa per secoli. Canonizzato, è uno dei tre papi ad aver ricevuto il titolo di Dottore della Chiesa, insieme a Gregorio Magno e Niccolò I.

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Leone II, nonostante il suo pontificato sia stato breve (682-683), si distinse per la sua santità e per il ruolo svolto nel consolidare i decreti del Sesto Concilio Ecumenico che condannava il monotelismo, un’eresia che negava la piena umanità di Cristo. Canonizzato, rimane un modello di pietà e rigore dottrinale.   Leone III celebrò l’VIII secolo con un evento di grande rilevanza storica: l’incoronazione di Carlo Magno a Imperatore d’Occidente il giorno di Natale dell’800. Celebrata nella Basilica di San Pietro, essa suggellò l’alleanza tra il papato e l’Impero carolingio, inaugurando una nuova era per l’Europa cristiana. Nonostante le tensioni che lo costrinsero a cercare rifugio presso Carlo Magno, Leone III seppe come rafforzare l’autorità papale in un mondo in cambiamento.  
  Al tempo di Leone IV (847-855), Roma era minacciata dai Saraceni. Nell’846 una flotta musulmana saccheggiò le basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le Mura. Leone IV fortificò la Città Leonina, il quartiere che circondava San Pietro, con mura ancora visibili. Organizzò una coalizione cristiana che trionfò nella battaglia navale di Ostia nell’849. La sua opera difensiva protesse non solo Roma, ma anche l’idea di un cristianesimo unito dalle minacce esterne.   Il X e l’XI secolo, l'”età del ferro” del papato, videro la successione di diversi papi Leone, i cui regni furono brevi e spesso segnati da lotte di potere. Leone V (903) fu rovesciato dopo solo un mese di pontificato, imprigionato dal suo successore Cristoforo, un antipapa. Leone VI (928) e Leone VII (936-939) esercitarono il loro ministero all’ombra delle grandi famiglie romane, come quella dei Teofilatti, che orientarono le elezioni papali secondo i loro interessi.   Leone VIII (963-965) fu una figura controversa. Eletto sotto l’influenza dell’imperatore Ottone I, fu deposto e poi rieletto in un clima di rivalità tra Roma e l’Impero. Questi papi, sebbene meno memorabili, riflettono le sfide di una Chiesa che si trovò ad affrontare la lotta per le investiture.   Con Leone IX, nell’XI secolo, il papato riacquistò il suo splendore spirituale. Questo papa tedesco, appartenente alla nobiltà lorenese, ebbe un ruolo chiave nella riforma gregoriana, che mirava a purificare la Chiesa dalla simonia e dal nicolaismo (matrimonio dei chierici). Leone IX viaggiò in tutta Europa, convocando sinodi a Reims, Magonza e Pavia per imporre la disciplina ecclesiastica. Fu canonizzato nel 1087.   Il suo pontificato fu segnato anche dallo scisma del 1054 tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Sebbene Leone IX morì prima che la rottura fosse definitiva, la reciproca scomunica tra Roma e Costantinopoli sotto il suo regno pose le basi per una divisione duratura.   Leone X nacque Giovanni de’ Medici. Figlio di Lorenzo il Magnifico, crebbe nella raffinata Firenze prima di salire al soglio di Pietro nel 1513. Il suo pontificato fu un periodo di splendore artistico: sostenne geni come Raffaello e Michelangelo, abbellendo Roma e la Basilica di San Pietro. Tuttavia, è anche associato a uno dei principali punti di svolta nella storia cristiana: la Riforma protestante. Fu il Papa a condannare le 95 tesi di Lutero.

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Leone XI, un altro Medici, regnò solo per 27 giorni nel 1605, uno dei pontificati più brevi della storia. Nonostante la sua brevità, la sua elezione fu vista come una promessa di riforma in una Chiesa che si trovava ad affrontare le sfide della Controriforma. La sua morte prematura ha impedito ogni realizzazione significativa, ma il suo nome rimane un’eco dell’influenza medicea.   Leone XII, papa dal 1823 al 1829, regnò in un’Europa scossa da rivoluzioni e secolarizzazione. Cercò di ripristinare l’autorità della Chiesa nello Stato Pontificio, lottando contro le idee liberali.   Leone XIII rimane uno dei papi più influenti del XIX secolo. Eletto nel 1878, regnò fino al 1903, diventando il primo papa a superare i 90 anni. Intellettuale e diplomatico, è noto soprattutto per la sua enciclica Rerum Novarum (1891), che pose le basi della dottrina sociale della Chiesa.   Rafforzò anche la diplomazia vaticana, riallacciando i rapporti con nazioni come la Francia e la Germania. Di grande erudizione, fu promotore della ripresa degli studi tomistici. Condannò vigorosamente il liberalismo anche nella sua enciclica Libertas.   Un mosaico sorprendente, questa linea di Leone continua nel 2025 con l’elezione del cardinale Robert-Francis Prevost l’8 maggio. Preghiamo affinché colui che ha voluto seguire questa linea di discendenza sotto il nome di Leone XIV, possa unire il coraggio teologico di un Leone I, con la preoccupazione per la dottrina sociale e il tomismo di un Leone XIII, che hanno entrambi manifestato, a modo loro, la forza simboleggiata dal loro nome.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine: Claudius Jacquand (1803–1878): Carlo Magno incoronato re d’Italia da papa Adriano I a Milano, 774 (1837), Palazzo di Versailles. Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia   
 
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Pensiero

Il ritorno della diplomazia vaticana. A papa morto

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Renovatio 21 ha spesso sottolineato che una delle tragedie del papato bergogliano è stata senza dubbio la perdita del prestigio diplomatico.

 

Quello che una vola era un canale di comunicazione saldissimo ed affidabile tra nazioni terrestri – al punto che il Giappone nei primi mesi del 1945 cercò di attivare la Santa Sede per trattare la pace con gli americani, procedimento che per qualche ragione si arenò cagionando la distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki – era ridotto ad una pantomima superficiale, vuota, sbagliata, come nello stile dell’argentino.

 

La fine del rispetto internazionale per il Vaticano come paciere mondiale è stata incontrovertibile. Lo abbiamo visto negli insulti del romano pontefice ad alcune etnie russe (si è dovuto poi, molto ineditamente per un papa, scusare), agli elogi agli stessi russi (per i quali Kiev e baltici), nelle conferenze stampa aeree dove è sembrato che Bergoglio millantasse iniziative di pace improbabili, nei viaggi a vuoto del cardinale Zuppi (ahimè, ora tra i papabili) a Kiev, dove il governo ha perennemente ignorato e schernito il Sacro Palazzo, persino quando vi è stato ospite. Per non parlare dei disastri con la Cina dove il Partito Comunista Cinese, valutato il peso internazionale del vaticano bergogliano, vìola impunemente gli accordi nominandosi da sé i vescovi, senza ovviamente incorrere in scomunica, e continua senza requie nella persecuzione dei veri vescovi, chiamati per qualche ragione «sotterranei»..

 

Eppure, sabato mattina una scena di potenza immane si è materializzata ai margini dei funerali papali: Trump ha incontrato Zelens’kyj tra i marmi della Basilica, sedendosi sulle due seggiole messe lì per loro. L’immagine, subito ripubblicata dai canali del presidente statunitense, ha fatto il giro del mondo.

 

 

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Alcuni ora stanno scrivendo che nel vertice di pace estemporaneo è stato snobbato Macron, che ronzava da quelle parti interessato. Così come Starmer, che pure era lì – e, ovviamente, Giorgia Meloni. La quale, ci sovviene, è romana.

 

Non è chiaro cosa uscirà dalla scena. Alcuni nella stampa mainstream scrivono che Trump, notoriamente avverso all’ucraino, si sarebbe rabbonito. Lo Zelens’kyj, dicono, avrebbe chiesto ancora armi. Tanto per cambiare. A San Pietro, poi – non una cosa che scandalizza il lettore di Renovatio 21, che ricorderà quando Parolin parlò del diritto agli armamenti poco prima che Bergoglio fece quel suo bizzarro rito fatimoide – quello che su queste colonne abbiamo descritto come «consacrazione a mano armata». Il segretario di Stato, il lettore lo sa, ora è nelle prime corsie per lo sprint verso il Soglio petrino.

 

Tuttavia, nessuno dei retroscena è in realtà importante.

 

Perché è innegabile la bellezza, la giustizia di questa immagine. Questi pretini, monsignori, belli e sorridenti che portano le sedie. E quei due, qualsiasi cosa si possa pensare di loro, che si mettono a parlare, nel pieno centro della cristianità. Hanno parlato, per forza di cose, di pace. Ciò è bellissimo, ciò è giusto.

 

 

Qualcuno dirà: la solita trovata, perfetta, di Trump. Optics. Look. PR – è comunicazione visuale, lui è un maestro, a partire dall’insistenza diacronica per il ciuffo sintetico, inconfondibile, immediato. Non saprei dire: l’ultima volta che aveva saputo ingenerare un’immagine di tale potenza forse Dio stesso gli aveva dato una mano: quando gli spararono e lui alzò il pugno al cielo col volto rigato di sangue e la bandiera USA che garriva sopra di lui.

 

Il Vaticano quindi pare essere tornato, brevemente, estemporaneamente, involontariamente, il vero luogo della diplomazia, e della pace globale. Dio, la tradizione cattolica – quella per cui questa micrologica monarchia teocratica, per quanto acciaccata, è ancora nella mente e nel cuore di tutta l’umanità e dei suoi leader – lo hanno permesso.

 

Una preghiera acciocché torni quel tempo dove il centro del mondo coincideva con il centro del suo spirito. Solo da lì si può ricostruire l’equilibro.

 

Solo ricostruendo la Chiesa si potrà avere la vera pace.

 

Make Vatican Great Again. Ma sul serio.

 

Roberto Dal Bosco

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Storia

Documenti CIA rivelano la ricerca segreta di Hitler negli anni ’50

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Secondo i documenti recentemente desecretati, la CIA ha condotto una ricerca segreta di Adolf Hitler in Sud America per un decennio dopo la sua presunta morte. Lo riporta il Washington Post.   I documenti, risalenti al periodo compreso tra il 1945 e il 1955 e pubblicati dalla CIA negli ultimi anni, sono stati analizzati dal WaPo questa settimana, e dimostrano che gli agenti sul campo sospettavano che lo Hitler potesse essere fuggito in Sud America sotto falso nome, nonostante l’agenzia disponesse di un rapporto autoptico che ne confermava la morte.   Secondo i documenti dell’MI5, Hitler e la sua compagna Eva Braun, che aveva sposato il giorno prima, si suicidarono il 30 aprile 1945 nel suo bunker di Berlino per evitare la cattura. I loro corpi, parzialmente carbonizzati, furono poi ritrovati dai soldati sovietici fuori dalla Cancelleria del Reich. Eppure, gli agenti della CIA hanno continuato a seguire piste fino alla metà degli anni Cinquanta.

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Un dossier del 1945 affermava che agenti del Dipartimento della Guerra statunitense avevano riferito all’FBI che un hotel termale a La Falda, in Argentina, era stato allestito come potenziale nascondiglio. I proprietari dell’hotel, che avevano donato fondi al capo della propaganda Joseph Goebbels, avevano stretti legami con Hitler.   L’Intelligence statunitense riteneva che avessero predisposto «tutti i preparativi necessari» per dare rifugio allo Hitler dopo la sconfitta della Germania nella Seconda Guerra Mondiale.   Un altro documento dell’ottobre 1955 includeva la foto di un uomo, presumibilmente Hitler, seduto con un amico in Colombia. L’immagine è riprodotta in testa all’articolo. L’uomo, che si faceva chiamare Adolf Schüttelmayor (o Schüttelmayer), avrebbe lasciato la Colombia per l’Argentina nel gennaio 1955.   La CIA autorizzò brevemente un’indagine sui trascorsi dello Schüttelmayor, ma in seguito la abbandonò, osservando che «si sarebbero potuti compiere enormi sforzi su questa questione, con remote possibilità di stabilire qualcosa di concreto».   Secondo quanto riportato dal giornale di Washington, nessun altro documento della CIA reso pubblico lascia intendere che gli agenti abbiano continuato a cercare lo Hitler dopo il 1955.  
    Le rivelazioni giungono mentre l’Argentina, ben nota nel dopoguerra come nascondiglio dei fuggitivi nazisti, si prepara a declassificare i documenti governativi relativi a coloro che vi trovarono rifugio dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il clamore intorno alla manovra del presidente argentino Milei – prossimo alla conversione all’ebraismo – ha creato varie fake news sulla materia, ripropagate da improvvisati canali social distributori di sensazionalismo.   Si ritiene che ben 10.000 criminali di guerra abbiano utilizzato le cosiddette «ratline» per fuggire dall’Europa. Circa la metà si sarebbe stabilita in Argentina, paese noto per la sua riluttanza ad accogliere le richieste di estradizione.   Tra loro c’erano Adolf Eichmann, uno dei principali artefici dell’Olocausto, e Josef Mengele, il famigerato medico di Auschwitz. Eichmann fu catturato dagli agenti israeliani nel 1960 e portato in Israele per essere processato e giustiziato nello Stato degli ebrei.   Il dottor Mengele sfuggì alla cattura e secondo quanto riferito morì in Brasile nel 1979, dopo aver subito un infarto mentre nuotava.   Complice la pratica della reductio ad Hitlerum, ossia la possibilità di squalificare l’avversario demonizzandolo come nazista, la figura del già pittore austriaco è ancora tremendamente presente nelle cronache attuali, con curiosi cortocircuiti.   È il caso di Amazon che ha dovuto ridisegnare il logo perché gli utenti vi avevano veduto il baffetto adolfista, mentre abbondano gli scandali per le dichiarazioni hitleriste del rapper afroamericano Kanye West. L’anno scorso vi fu scandalo quando un’immagine dello Hitlerro fu trasmessa dal megaschermo di uno stadio di Football americano in Michigan.

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Come riportato da Renovatio 21, un politico di nome Hitler è stato eletto in Namibia 4 anni fa. Un politico turco ha invece elogiato senza mezzi termini il cancelliere della Germania nazionalsocialista un anno fa, all’altezza delle continue reductiones ad Hitlerum praticate nei confronti del premier israeliano Beniamino Netanyahu dal presidente della Turchia Erdogan.   Il colmo vero tuttavia è arrivato quando un’agenzia di stampa internazionale è arrivata ad intervistare un combattente per l’Ucraina democratica (ai cui soldati è spesso richiesto di nascondere le simbologie di mostrine, stendardi e tatuaggi) che si è presentato con il nome di battaglia «Adolf».   Come riportato da Renovatio 21, al momento di lancio dei green pass durante l’Europa pandemica spuntò fuori uno intestato ad Adolf Hitler. Il quale, con tutto l’impegno assassino profuso, non era epperò riuscito a sottomettere l’Europa come ha fatto invece il COVID.   La sopravvivenza di Hitler in Amazzonia è al centro di una famosa barzelletta in cui il governo della Germania attuale, incapace di risolvere i problemi del presente, va a chiedergli di tornare per aiutare; Adolfo accetta però ponendo una condizione: «cattivi, stavolta!».  

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