Pensiero
I sindaci si arrendono a Fleximanno. Lo Stato moderno non lo farà mai

Fleximan è l’eroe del momento, la cosa è indiscutibile.
I giornali ieri dicono che sarebbe arrivato a quota 13. A Villa del Conte, in provincia di Padova, sarebbe stata lasciata anche una rivendicazione, una minaccia, un annuncio: «Fleximan sta arrivando». Ha colpito in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna. In una sola settimana è riuscito a colpire cinque volte.
L’uomo che col flessibile, sterminatore di autovelox, è divenuto popolare come nessuno. Fleximan, che noi vogliamo chiamare Fleximanno (perché Norman–>Normanno; Herman –>Ermanno; Batman –>Batmanno) sembra trionfare nel cuore del popolo italiano.
Le discussioni nei bar d’Italia, città e campagna finalmente all’unisono, non possono vertere su altro. Giornali e telegiornali lo chiamano «vandalo», ma al popolo pare non importare.
I social traboccano di suoi ammiratori, tanto che un giudice ha già detto che potrebbe configurarsi per tutti il reato di apologia di reato: il lettore è avvisato, sapete che da lustri oramai si può venire rinviati a giudizio per un like, e in massa, e non scherziamo. (Va detto che vi sono avvocati in rete che dicono che, secondo una sentenza di qualche anno fa, il danneggiamento di autovelox comporterebbe invece una multa, peraltro di entità inferiore a molte multe per eccesso di velocità)
Siti e organizzazioni hanno prodotto con l’Intelligenza Artifiziale quantità di immagini del supereroe stradale padano, e anche Renovatio 21, come vedete qui sopra, ci ha dato dentro come poteva. (Apprezzerete la nostra versione, che prevede un elmo stile cavaliere medievale al neon, stile crociato del secolo XXI, e ovviamente il mantello, che forse è un tabarro portato in maniera ribalda).
A Padova è spuntato un murales che lo celebra sotto le forme della figlia dell’oscuro tibetologo consacrato portavoce del Dalai Lama Robert Thurman, Uma, nei panni della spadaccina vendicatrice della pellicola Kill Bill (2004): ornata della tuta giallonera di Bruce Lee ne L’ultimo combattimento di Chen (1978), in una mano tiene la katana, nell’altra un autovelox amputato.
Fleximan, murales nel centro di Padova: la giustiziera di Kill Bill in omaggio al “tagliatore” di autovelox https://t.co/jgU9CiHAJD . Leggi l'articolo⤵️
— il Resto del Carlino (@qn_carlino) January 24, 2024
Sono saltati fuori degli emulatori: quello piemontese però è stato beccato, identificato e denunziato.
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La notizia, tuttavia, è la resa dei sindaci. Testate nazionali riportano che un numero di primi cittadini veneti avrebbe alzato bandiera bianca: il segnale che daranno è che non piazzeranno autovelox nuovi al posto di quelli abbattuti dalla furia fleximanna.
Il sindaco di Villanova (PD) rifiuta l’idea di una reinstallazione: «in quella stessa strada ce n’è già un altro, e poi dobbiamo tenere conto anche del dissenso delle persone, se c’è chi arriva a tanto non possiamo ignorarlo».
Il sindaco di Cadoneghe Marco Schiesaro: «già non ero molto convinto prima, ora con quello che è successo, le indagini e tutto il resto, ho deciso di non reinstallare nulla».
Il sindaco di Tribano Massimo Cavazzana: «dobbiamo fare una riflessione, la nostra strada è battuta da molti camion e le auto vanno spesso in sorpasso, però dobbiamo anche trovare un dialogo con la popolazione, magari potremmo accenderlo a fasce orarie e mettere degli avvisi quando è funzionante».
Fleximanno ha vinto per lo meno nel padovano: nel rodigino invece un sindaco ha detto che «non possiamo certo darla vinta a questi criminali», un altro sta cercando di sostituire l’autovelox abbattuto alla viglia di Natale.
Ora, che i sindaci indicano la ritirata è un segno potente: l’autorità, sentita la vox populi, arretra. Mica capita spesso, anzi. Ma è facile capire cosa stia succedendo: i sindaci dei piccoli comuni non sono solitamente scarrozzati da autoblu con lampeggiante. Sono, cioè, politici non divorziati dalla realtà – anche dalla realtà stradale – come lo sono quelli romani, quelli che fanno leggi e decreti, e poi calpestano il traffico con il macchinone la scorta.
Il sindaco del piccolo comune, sempre a differenza di molti politici romani, non è stato sempre sindaco: e quindi si ricorda come anche lui, negli anni, è stato molestato dagli automi implacabili che misurano la tua velocità – e vogliamo dire che proprio da quelle parti c’è un Paese dove, se vi si passa, è impossibile non prendere una multa (lo scrivente, che è uno che tendenzialmente guida pianissimo, ne ha prese due a distanza di pochi giorni) e una tangenziale dove possono arrivarti more per eccesso di 1 chilometro all’ora sul limite.
Insomma, il sindaco, nonostante sia entrato dentro il meccanismo dello Stato italiano, potrebbe essere d’accordo: con gli autovelox si è esagerato.
L’idea di essere multati senza nessun contatto umano – ti controlla una macchina, una vera Intelligenza Artificiale ante litteram – è snervante per chiunque, per alcuni estremisti non dovrebbe nemmeno essere legale. E i casi di autovelox truccati sono noti: nel 2011 si parlava di 146 comuni coinvolti, centinaia di indagati, una cifra di almeno 82 mila multe emesse ingiustamente.
C’è la questione poi del costo: una multa, per molti di noi, è qualcosa che ti cambia l’economia del mese. Il popolo che arranca per arrivare a fine mese apre tremando al postino che porta la raccomandata. Non è così, invece per gli abbienti: anzi, possono considerare la mora come un costo compreso nello spostamento.
Un caso del genere lo si è visto a Vicenza pochi giorni fa: un signore con una stupenda Lamborghini ha parcheggiato dinanzi a Piazza dei Signori, Sancta Sanctorum della pedonalità della città più pedonale d’Italia, piazza dove in teoria nemmeno le biciclette potrebbero transitare. Quando i vigili gli hanno detto che dovevano procedere con la multa di ben 100 euro, il ricco personaggio «avrebbe immediatamente mostrato una certa insofferenza e cominciato a darsi delle arie con gli agenti della pattuglia che gli chiedevano di esibire patente e libretto», e poi «avrebbe deriso anche quella cifra, sottolineando che l’avrebbe pagata senza battere ciglio perché per lui sarebbe un importo irrisorio» ha scritto Il Giornale di Vicenza.
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Insomma, le multe, come le tasse, sono un mezzo per spremere i poveri facendoli soffrire, mentre i ricchi possono permettersi di pagarle – o di non pagarle.
Il gettito delle multe non è, per lo Stato, una voce da sottovalutare: nel 2022 il «mercato» valeva 3 miliardi, con città come Milano che incassano 150 milioni di euro in un anno dalle contravvenzioni.
Lo Stato può rinunziare ad una simile manna? Sono cifre da piccola manovra, sono quello che si definisce nel linguaggio politico-giornalistico un «tesoretto».
E quindi: no, il governo non può rinunziarvi, sono tanti soldi. O forse… anche sì?
Ipotizziamo: se montasse una vera ondata di malcontento, non è impossibile che l’autorità possa iniziare a considerare di smetterla di depredare le tasche dei cittadini con un sistema percepito via via sempre più come un sopruso. Scelte antieconomico in passato sono già state fatte: pensate dalla denuclearizzazione del Paese seguita al referendum del 1986.
È possibile, quindi, che anche al governo possano iniziare a pensarla come i sindaci padovani, i quali, va ricordato, si arrendono al Fleximanno lasciando sul piatto il gruzzoletto annuo delle multe.
Tuttavia, bisogna capire che se mai si farà a meno all’autovelox, sarà per istituire un sistema di controllo più. Perché lo Stato moderno non può esistere senza il controllo – diffuso, capillare, digitale, totale – sul cittadino.
Il controllo, numerico e biologico, è il fondamento dello Stato moderno. Lo Stato che in realtà è «piattaforma», e il cittadino «utente», dove non ci sono diritti, ma «accessi», tutto sotto la gestione del sistema che richiede non la cooperazione del cittadino, ma la sua sottomissione.
Ne abbiamo avuto la prova con il green pass: lo Stato che controllava la tua persona a livello biomolecolare, e che a seconda di esso ti proibiva di uscire e di lavorare, rispetto agli abusi delle contravvenzioni automatiche è avanti di anni luce in fatto di sorveglianza totale.
La realtà è che parlare di autovelox, oggi, è come parlare di carrozze e cavalli invece che di auto elettriche. Già vi sono mille sistemi più pervasivi, e non abbattibili, non fleximannabili, per controllare non solo quanto veloce correte, ma dove andate, quante volte, quando, perché.
Ci sono i satelliti, ci sono le telecamere intelligenti, magari con il riconoscimento facciale, ci sono i droni – anche quelli visti durante i lockdown, prova generale per la società del controllo, per la tecnocrazia che l’élite sogna di infliggere al resto dell’umanità almeno dai tempi della Repubblica di Platone.
Ci sono, soprattutto, i vostri telefonini: lo sapete, vi seguono, vi tracciano, prevedono i vostri spostamenti – e rivendono l’informazione a qualcuno che sui vostri dati lucrerà.
Di più: sapete anche che i vostri telefonini vi ascoltano, anche se hanno pure il coraggio di negarlo. Orwell in 1984 raccontava degli incontri dei protagonisti nei boschi, dove si sperava non vi fossero i microfoni del Grande Fratello, anche se il dubbio c’era. Nel XXI secolo, i microfoni del potere totalitario li portiamo appresso da noi, si chiamano smartphone, e che ci spiano senza pietà oramai è cosa che abbiamo perfino accettato, come il protagonista nel tremendo finale del romanzo.
Vogliono controllare ogni parte della vostra vita: vogliono stabilire quello che potete e non potete dire su internet (lo fanno già da anni), vogliono stabilire quello che dovete mangiare (dite addio alla carne) , quanto dovete spostarvi (perché, anche solo respirando, emetterete CO2, la sostanza che sta alla base della vita), cosa dovete comprare, quando dovete farlo, dove potrete farlo (le CBDC, l’euro digitale, sono qui) vogliono entrarvi nel cervello con microchip che renderanno le elezioni inutili, dice Klaus Schwab.
La tecnocrazia ha già messo i sensori in ogni ambito della nostra vita, e glielo abbiamo lasciato fare, con i computer e con il COVID.
Che cosa potrà mai essere, quindi, un autovelox abbattuto, se il mondo intero sta divenendo un’immane, ineludibile, matrice di controllo?
Quale Fleximan occorre, per fermare l’incubo biototalitario che si sta caricando in tutto l’Occidente?
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
Oligarchia e aristocrazia eurodemocratica mondialista, da Ventotene a Kalergi e oltre

“Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia”.
Applausi, soltanto applausi per il Presidente Meloni che demolisce la propaganda europeista usando il Manifesto di Ventotene. pic.twitter.com/ai0DtPmAIP — Francesco 🇮🇹 (@SaP011) March 19, 2025
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92 minuto di applausi all’ On. #Fornaro.#Meloni dimettiti, sei la vergogna di chi ha un briciolo di cervello in testa e l’orgoglio di chi usa il cranio solo per dividere le orecchie. pic.twitter.com/5wRxDA66eM
— Antonio nbo15🇪🇺🇮🇹 (@AntonioNbo15) March 19, 2025
E niente, dopo aver chiesto alla Meloni di inginocchiarsi davanti al #ManifestodiVentotene, il deputato dem @Fornaro62 scoppia in lacrime. pic.twitter.com/n4pTImMll9
— Francesca Totolo (@fratotolo2) March 19, 2025
Bravo premier: leggere in Parlamento passi come questo era la cosa migliore da fare. Trump lo sta indicando con chiarezza: sgonfiare il pallone di menzogne e corruzione dello Stato-partito è possibile, oltre che doveroso. Anche perché, sinceramente, non tutti capiscono da dove salta fuori questa cosa di Ventotene oramai assurto a culto di Stato. Crediamo che sia un’operazione di ridefinizione della storia (con occultamento di verità lapalissiane) nello stile che conosciamo: la guerra in Italia non l’anno vinta americani e inglesi (e i loro bombardieri, che mi racconta ancora oggi lo zio sopravvissuto, erano tanti da oscurare il cielo sopra una piccola città di provincia), macché, la vittoria è stata dei partigiani. Eccerto: e ce lo hanno ripetuto sino a che ciò non è divenuto dogma inscalfibile e fondamentale (la «Repubblica fondata dalla resistenza»), al contempo cancellando altri fattori del processo – e qui vorremo, al solito, fare il nome di James Jesus Angleton, la superspia americana cresciuta in Italia che fu «madre della CIA», poeta e stratega che fu con probabilità il vero padre dello Stato italiano del dopoguerra. E quindi: l’Europa non nasce da interessi geopolitici immani, e probabilmente non Europei. Viene piantata a Bruxelles, dove sta la NATO, per caso. L’Europa non nasce nemmeno da macchinazioni massoniche che affondano nei secoli. No, ora ci dicono che l’Europa Unita parte da tre signori messi al confino da Mussolini. Ecco, qui sorge una domanda, scusate: ma perché i fascisti, che sono tremendi, mandavano su un’isola i dissidenti invece di metterli in galera o peggio? Riconosciamo che per alcuni questa domanda suona come una bestemmia, ma non credo che ci possano dare una risposta. Il fascismo uccide Matteotti ma lascia vivere Spinelli? (È vero, tuttavia, che i fascisti uccisero Colorni: ci torneremo sotto)Elly Schlein su Ventotene “la Presidente Meloni ha deciso di oltraggiare la memoria europea e noi non accetteremo i vostri tentativi di riscrivere la storia…stiamo ancora aspettando che si dichiari antifascista!”#Schlein #Meloni #Ventotene#MELONI_CHE_SQUALLORE pic.twitter.com/co7uVyY3Qp
— Sirio 🏀 (@siriomerenda) March 19, 2025
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Pensiero
Mons. Viganò: la UE concepita per distruggere la sovranità nazionale

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X alcune considerazioni riguardo l’Unione Europea, tema più che mai attuale nel momento in cui questa chiede un riarmo del continente.
«L’Unione Europea è un’entità concepita per sottrarre sovranità alle Nazioni, assorbendole in un superstato tecnocratico totalmente asservito agli interessi di una ristrettissima oligarchia finanziaria, eversiva e criminale» accusa monsignore. «I principi che la ispirano, gli scopi che si prefigge e i mezzi che intende usare sono antitetici rispetto alla nostra identità, alla nostra civiltà, alla nostra Religione».
Viganò lancia quindi un accorato appello alle superpotenze planetarie.
«Il Presidente Putin e il Presidente Trump devono aver ben chiara la minaccia costituita dal globalismo guerrafondaio dell’Unione Europea, nella quale emergono sempre più evidenti i tratti di una dittatura contro i propri stessi cittadini. Ed anche se la questione ucraina sembra prossima ad una soluzione grazie ai colloqui tra Mosca e Washington, è indispensabile estromettere dalla scena politica internazionale quanti – come Macron, Starmer e Carney, ma anche von der Lyen e Draghi – si credono investiti di un ruolo che nessuno riconosce loro».
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«Quanto più emergeranno gli scandali e i conflitti di interesse di questi cortigiani dell’élite globalista – che la censura di regime non riesce più a insabbiare – tanto più la loro azione diverrà marginale e la loro presenza imbarazzante» dice l’arcivescovo lombardo.
Quindi un auspicio per il futuro, dove giudizio e castigo siano possibili per quanti hanno portato il continente sull’orlo del baratro.
«Un futuro di pace e di concordia tra i popoli è possibile solo dove gli eversori che da decenni tramano contro i loro popoli siano portati a rispondere dinanzi all’opinione pubblica dei propri tradimenti, dei propri crimini, delle proprie menzogne».
Come riportato da Renovatio 21, un mese fa in merito alla UE contraria l’accordo per la pace in Ucraina monsignor Viganò aveva dichiarato che «è a dir poco sconcertante vedere con quale cinismo l’Unione Europea e la NATO stiano cercando di impedire la fine di un conflitto provocato dall’élite globalista che manovra entrambi».
Quindi, «di fronte a questa ostinata determinazione a creare morte e distruzione, e ai vergognosi tentativi di ostacolare il processo di pace, dobbiamo esprimere il nostro sostegno a coloro che agiscono nell’interesse della pace e condannare apertamente le azioni dei guerrafondai asserviti al globalismo massonico».
In un discorso su governo mondiale e sinarchia del gennaio 2024, Viganò aveva detto che «in un certo senso, l’élite è riuscita a estromettere lo Stato dal suo ruolo naturale per favorire un super-Stato che agisce non nell’interesse della collettività, ma dell’élite stessa. Questo in definitiva è il ruolo dell’Unione Europea e del governo federale americano in mano al deep state».
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Immagine di Thijs ter Haar via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Economia
Draghi della distruzione: reloaded

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🚨⚠️ Draghi parla di cessione di sovranità come se fosse una banale chiacchiera da bar, minimizzando un tema cruciale con una leggerezza pericolosa, come se non fosse un tradimento delle fondamenta stesse della nostra nazione. 🇮🇹#eversione pic.twitter.com/HsoXSHvwbS
— Sabrina®️🇮🇹 (@SabrySocial) March 18, 2025
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