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Gender

DDL Zan. Per favore, andiamo oltre

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Qualche lettore si sarà accorto di come abbiamo ignorato la questione della disfatta del DDL Zan.

 

L’affossamento del decreto sull’omotransfobia ha scaldato il cuore delle destre, e galvanizzato i residui di cattolicesimo para-istituzionale rimasto.

 

Calderoli al Corriere ha dichiarato di aver «goduto» quando ha visto in azione la sua tagliola: il giornale di via Solferino riconosce al dentista orobico una capacità ineguagliata di creare trappole grazie alla sua maxi-competenza delle regole del Parlamento.

 

Il video dei deputati che applaudono a DDL sconfitto ha fatto il giro della rete.

 

 

Tutta questa storia è fantozziana, grottesca, orrorifica.

A noi ricorda, non sappiamo bene perché, una scena fantozziana.

 


Perché fantozziana è tutta questa storia. Fantozziana, grottesca, orrorifica.

I migliori amici di Zan sono i cattolici «attivisti». Sono quelli che, portati dal guinzaglio del manovratore ad abbaiare sul sintomo, ignorano totalmente il quadro generale, e quindi la gravità dell’azione del Male. Sono loro che stanno dando una vera mano alla riedificazione di Sodoma – non i liberali, i goscisti, i massoni già conquistati fuori, ma dentro chissà…

 

Hanno evitato il problema grazie ai voti di quello che ha istituito in Italia le «unioni civili», cioè il matrimonio gay detto in lingua orwelliana.

 

Lui è in volo verso il paradiso spiritualliberale dell’Arabia Saudita, dove la liwat – la sodomia – è punita con lapidazione fino alla morte se l’uomo è sposato, mentre se è scapolo solo 100 frustate in pubblica piazza e esilio per un anno.

 

Aggiungeteci che il suo ospite wahabita, che da buon fiorentino Renzi definisce un principe rinascimentale, è accusato di essere mandante dello squartamento del giornalista Jamal Khashoggi. Chissà se il leader di Italia Viva, già esperto di docuserie TV, ha visto il documentario Netflix The Dissident, dove fa rabbrividire un dettaglio rivelato: Khashoggi sarebbe stato ucciso nella stanza riunioni del consolato, dove c’è un dispositivo per le teleconferenze.

 

Hanno evitato il problema grazie ai voti di quello che ha istituito in Italia le «unioni civili», cioè il matrimonio gay detto in lingua orwelliana.

Ma stiamo divagando.

 

Cosa credono di aver risolto? Credono che non si ripresenterà tra sei mesi, più agguerrito che mai, magari con il vento in poppa della UE, della CEDU, del Dipartimento di Stato USA, di papa Francesco?

Credono davvero – seguaci della scienza della tachipirina più vigile attesa – che curando il sintomo sparisca la malattia?

 

La malattia, loro, la sanno nominare? No, perché essi stessi ne sono infetti. Quelli che gioiscono, e si spellano le mani per il tracollo del DDL del bavaglio genderista, sono in realtà degli zombie. Da decenni.

 

La malattia si chiama Stato moderno. Esso è fondato sulla corruzione progressiva dell’integrità spirituale dell’uomo. Compromesso dopo compromesso, partiti di destra e cattolici hanno accettato tutto – e generato il mostro che adesso fingono di saper, voler combattere.

 

Cosa credono di aver risolto? Credono che non si ripresenterà tra sei mesi, più agguerrito che mai, magari con il vento in poppa della UE, della CEDU, del Dipartimento di Stato USA, di papa Francesco?

Hanno accettato il divorzio, e come risultato abbiamo avuto la disintegrazione della famiglia e un cospicuo aumento di omosessuali: senza il padre per casa, può capitare.

 

Hanno accettato la contraccezione, e come risultato abbiamo avuto lo sdoganamento dell’aborto.

 

Hanno accettato l’aborto, e come risultato abbiamo avuto l’accettazione delle fecondazione in provetta, che oggi uccide più embrioni di quanti ne uccida la legge 194/78.

 

Hanno accettato (anzi, hanno promosso) la riproduzione artificiale in vitro, e il risultato è che ci troviamo con feti torturati in laboratorio per produrre vaccini e ogni altra ricerca scientifica, ratti umanizzati, embrioni chimera, SHEEFS («entità umane sintetiche con caratteristiche embrionali») e via, giù per l’abisso della biologia sintetica.

 

Credono davvero – come la scienza della tachipirina più vigile attesa – che curando il sintomo sparisca la malattia?

Ora, dovremmo gioire perché hanno fermato una legge che riguarda i travestiti?

 

Davvero: siete seri?

 

Nel momento in cui ogni vostro diritto costituzionale è calpestato, ogni vostra libertà infusa in voi dalla legge naturale è violata, state a difendere questa micro-cazzata?

 

La malattia, loro, la sanno nominare? No, perché essi stessi ne sono infetti. Quelli che gioiscono, e si spellano le mani per il tracollo del DDL del bavaglio genderista, sono in realtà degli zombie. Da decenni.

Sì. Perché questo è quello che sono, oramai da anni, le lotte «cattoliche» in Italia: un’arma di distrazione di massa. Ti fanno ringhiare contro la liberticida legge Zan, mentre il manovratore permette ad una multinazionale straniera di toglierti la libertà di espressione.

 

Davvero: con Facebook che censura e espelle probabilmente una buona parte del pensiero conservatore del Paese, ci parlate della libertà di parola salvata con l’affossamento della Zan? Finché i politici non muovono un dito per ripristinare la sovranità della legge italiana (e della civiltà del diritto) sui server dei social media, come si fa a non sentirsi presi per i fondelli?

 

Svegliatevi: la Zan non sarà passata, ma se provate a dire cosa pensate sui social media, venite cancellati in un nanosecondo. Mica solo in Italia: guardate al caso del deputato USA Jim Banks, sospeso da Twitter perché aveva osato dire che Rachel Levine, nato Richard Levine – la prima assistente segretaria alla Salute transessuale nella storia del governo americano – è un uomo (il Levine ci aveva messo del suo: è stata fotografato con una uniforme da ammiraglio).

 

Non c’è che dire: la libertà di parola, grazie alla destra italiana e ai grupponi pro-vita, ora è salva.

 

La malattia si chiama Stato moderno. Esso è fondato sulla corruzione progressiva dell’integrità spirituale dell’uomo. Compromesso dopo compromesso, partiti di destra e cattolici hanno accettato tutto – e generato il mostro che adesso fingono di saper, voler combattere.

Che volete farci. Dovete accettarlo, e rallegrarvi sommamente. Dovete focalizzarvi sulle baruffe chiozzotte di Fedez con barbuti pro-life a caso, cui si dà massima copertura mediatica: nel frattempo, il manovratore inietta a voi e ai vostri figli tanti barili di mRNA da trasformarvi, se vogliono, in un caimano jacaré.

 

Gioite perché potete ancora dire «transessuale» ad un transessuale, in un mondo dove però se volete andare a lavorare come prima ci sono lacrimogeni e manganelli. Alé applausi. Goduria.

 

È il solito discorso. Specchietto per le allodole. Stalking horse. Tutti vi dicono di sbavare contro un bersaglio di cartapesta, così non vi accorgete che la manovra per fregarvi è un’altra.

 

Per un momento, quindi, ci siamo pure sentiti sollevati, ammettiamo: ma non per la legge affossata, ma perché abbiamo immaginato la soffitta per tutta la ridda di enti inutili che hanno messo in scena la battaglia cosmetica contro l’omosessualismo istituzionale di questi anni. I vari Family Day in vacanza, in naftalina, in freezer, nel cassonetto differenziato, dove volete, basta non vederli più. Dai, hanno vinto. Un po’ di meritato riposo, no?

Nel momento in cui ogni vostro diritto costituzionale è calpestato, ogni vostra libertà infusa in voi dalla legge naturale è violata, state a difendere questa micro-cazzata?

 

La lista degli enti inutili divenuti ora ancora più inutili, dai partiti in giù, è lunghissima. Tuttavia c’è un pensiero che ci assilla.

 

Come sia possibile credere che vari gruppi che prendono gli ordini da una realtà ora costituita probabilmente in maggioranza da omosessuali – la chiesa cattolica moderna – stiano davvero facendo una lotta al gender, davvero non lo comprendiamo.

 

La cosa porterebbe al paradosso dei paradossi, che in realtà conosciamo bene: i migliori amici di Zan e Fedez sono proprio quelli con cui si azzannano sui media. Sono quei cattolici che «ho tanti amici gay», «niente contro i gay», «ognuno è libero», etc. Sono loro che stanno dando una vera mano alla riedificazione di Sodoma – non i liberali, i goscisti, i massoni: quelli sono già conquistati fuori, ma dentro chissà…

 

Come sia possibile credere che vari gruppi che prendono gli ordini da una realtà costituita oramai in maggioranza da omosessuali – la chiesa cattolica moderna – stiano davvero facendo una lotta al gender, davvero non lo comprendiamo.

No, i migliori amici di Zan sono i cattolici «attivisti». Sono quelli che, portati dal guinzaglio del manovratore ad abbaiare sul sintomo, ignorano totalmente il quadro generale, e quindi la gravità dell’azione del Male.

 

Se hai accettato il divorzio, cioè la distruzione della famiglia, come puoi opporti al matrimonio omosessuale?

 

Se hai accettato l’aborto, cioè il sacrificio umano, come puoi opporti alla fecondazione in provetta?

 

E se hai accettato la fecondazione in provetta, come puoi opporti all’utero in affitto, e quindi alla possibilità dei gay di «avere» figli, perfino con relazione semi-genetica?

 

E da lì, ti potrai opporre al trapianto di utero? E all’utero artificiale?  E alla gametogenesi? E all’obbligo del bambino interamente sintetico creato con il CRISPR?

 

Non puoi. Non logicamente, non giuridicamente, non all’interno di quello Stato moderno basato su una (supposta, molto supposta) assenza di etica. Ed è il motivo per cui la battaglia della democristianeria, ora festante per qualche minuto ancora, è persa in partenza.

 

Nell’ora presente, dove il mondo è divenuto un’inferno di sorveglianza bioelettronica, dove ci è impedito di riunirci, di esprimerci, di abbracciarci, di mostrare il nostro volto, dove la guerra civile biotica potrebbe essere alle porte, dove la libertà di movimento è compromessa, dove l’abominio del sacrificio umano dell’innocente è distribuito via ago a miliardi di esseri umani, della legge Zan e del suo iter parlamentare davvero non ce ne frega un cazzo

Quindi, scusate se tiriamo dritto. Andiamo oltre senza curarci di questa paginetta ridicola nella storia della lotta contro la Necrocultura.

 

Nell’ora presente, dove il mondo è divenuto un’inferno di sorveglianza bioelettronica, dove ci è impedito di riunirci, di esprimerci, di abbracciarci, di mostrare il nostro volto, dove l’apartheid biomolecolare è realtà, dove la guerra civile biotica potrebbe essere alle porte, dove la libertà di movimento è compromessa, dove l’abominio del sacrificio umano dell’innocente è distribuito via ago a miliardi di esseri umani, della legge Zan e del suo iter parlamentare davvero non ce ne frega un cazzo.

 

Perdonate il francesismo. Ma è proprio così.

 

Per favore, passiamo oltre.

 

 

 

Gender

Accontentato il canadese che aveva chiesto al governo di pagare l’operazione per avere sia un pene che la vagina

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

Un uomo dell’Ontario ha ottenuto il diritto a un intervento chirurgico di affermazione di genere negli Stati Uniti finanziato dal governo  che gli darà sia una vagina che un pene. 

 

Un collegio di tre giudici della Divisional Court dell’Ontario ha stabilito all’unanimità che rifiutarsi di coprire la procedura violerebbe i suoi diritti costituzionalmente riconosciuti dalla Carta. 

 

Al centro del caso c’è K.S., un 33enne nato maschio, ma che ora si identifica come un «dominante femminile» non binario. Usa un nome femminile. Secondo lui, l’intervento più appropriato per sostenere la sua identità di genere è una «vaginoplastica con conservazione del pene», una procedura offerta presso il Crane Center for Transgender Surgery di Austin, in Texas. Non è disponibile in Canada. 

 

Secondo un articolo del National Post, K.S. ha sostenuto che «costringerlo a farsi rimuovere il pene invaliderebbe la sua identità e sarebbe simile a un atto illegale di terapia di conversione».

 

Secondo il National Post:

 

«Solo perché la vaginoplastica è elencata come un servizio assicurato non significa che nessun tipo di vaginoplastica sia qualificabile, ha sostenuto l’OHIP in tribunale».

 

«La corte non è stata d’accordo. La vaginoplastica e la penectomia sono elencati come servizi distinti e separati nell’elenco degli interventi chirurgici dell’Ontario ammissibili al finanziamento, ha affermato la corte. “Il fatto che la maggior parte delle persone che si sottopongono ad un intervento di vaginoplastica lo facciano con modalità che comportano anche una penectomia” non cambia la disposizione. Se la provincia avesse voluto assicurare un solo tipo di vaginoplastica (vaginoplastica con asportazione del pene), avrebbe dovuto redigere l’elenco in modo diverso, ha affermato la Corte».

 

È interessante notare che la corte si è basata sugli standard WPATH, che recentemente sono stati attaccati per mancanza di rigore scientifico. Gli standard WPATH «si riferiscono espressamente alla vaginoplastica senza penectomia come opzione chirurgica per alcune persone non binarie», ha scritto il giudice Breese Davies nella sentenza della corte.

 

La Corte ha affermato chiaramente che la «vaginoplastica con conservazione del pene» è una questione di diritti umani. «Il diritto alla sicurezza della persona tutelato dalla Carta tutela la dignità e l’autonomia dell’individuo», si legge nella sentenza. Richiedere a un transgender maschio nato o a una persona non binaria «di rimuovere il proprio pene per ricevere finanziamenti statali per una vaginoplastica sarebbe incoerente con i valori di uguaglianza e sicurezza della persona».

 

Michael Cook

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Atlete delle scuole medie si rifiutano di competere contro transessuali

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Un filmato che sta circolando in rete sembra mostrare un gruppo di cinque ragazze delle scuole medie che protestano per essere state costrette a competere contro un avversario maschio biologico transessuale fatto competere con loro.   Secondo quanto riportato dai media americani, in una sentenza all’inizio di questa settimana una corte d’appello federale si era pronunciata a favore della competizione dei maschi transgender nelle gare femminili dopo che era stato citato in giudizio lo Stato del West Virginia per la sua legge che vieta agli atleti trans di competere negli sport femminili nelle scuole pubbliche e nelle università.   Dopo la sentenza, l’adolescente è apparsa a una gara di lancio del peso per competere contro femmine biologiche.

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Per protesta, molte ragazze sono entrate nel settore del lancio del peso, si sono alzate brevemente e se ne sono andate senza lanciare un colpo.   Il video è stato condiviso dalla campionessa di nuoto, ora attivista per gli sport femminili, Riley Gaines.  

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«Cinque atlete delle scuole medie del West Virginia si rifiutano di lanciare il lancio del peso contro un uomo» scrive la Gaines. «Ciò avviene appena 2 giorni dopo che la Corte d’Appello del Quarto Circuito ha bloccato la legge WV che dice che devi competere nella categoria che corrisponde al tuo sesso».   «È un giorno triste in cui le ragazze di 13-14 anni devono essere le adulte nella stanza, ma non potrei essere più ispirata e orgogliosa di queste ragazze. Quando è troppo è troppo. La marea sta cambiando!» chiosa la bionda nuotatrice.   Il sito OutKick riferisce che una delle ragazze che hanno preso parte alla manifestazione ha rivelato che l’atleta transgender ha vinto l’evento di lancio del peso.   Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso una squadra di basket femminile si ritira dal torneo per protesta contro un giocatore transgender che domina abitualmente le partite. Due mesi fa è emerso che una squadra di basket femminile di una scuola superiore del Massachusetts è stata costretta a rinunciare alla partita dopo che un giocatore transgender della squadra avversaria ha ferito tre giocatrici.   Secondo il sito web SheWon.org, gli uomini con confusione di genere hanno vinto centinaia titoli negli sport femminili.   La pagine web mostra centinaia di nomi di atlete superate in gara da transessuali in ben 29 discipline sportive: ci sono ciclismoatleticasollevamento pesinuoto, canottaggio, corsa campestre, golf, sci alpino, sci nordico, skateboard, surf, biliardo, perfino il poker.

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Come riportato da Renovatio 21, il transessualismo sta divenendo un problema in quantità impressionanti di discipline praticate dalle donne: abbiamo visto casi per il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket…   Problemi si sono avuti anche in sport di combattimento come la boxe, dopo un caso avvenuto ad un torneo nello Stato della Georgia, la Federazione statunitense di jiu-jitsu ha emanato una proibizione di competizione per i transessuali maschi negli eventi femminili.   In una lettera di protesta contro la follia transgender, l’ex campionessa di ciclocross Hannah Arensman aveva annunciato l’anno scorso che si è ritirata causa della presenza di transessuali nelle competizioni.   «Negli ultimi anni, ho dovuto gareggiare direttamente con ciclisti uomini negli eventi femminili», si legge in una lettera resa pubblica dalla Arensman. «Poiché questo è diventato sempre più una realtà, è diventato sempre più scoraggiante allenarsi duramente come me solo per dover perdere contro un uomo con l’ingiusto vantaggio di un corpo androgenizzato che intrinsecamente gli dà un evidente vantaggio su di me, non importa quanto mi alleno duramente».

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Società medica promette di «eradicare» la transfobia

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L’associazione medica britannica Chartered Society of Physiotherapy (CSP) ha rilasciato questo mese due dichiarazioni in merito al suo sostegno al transgenderismo e al suo obiettivo di sradicare la transfobia dalla professione medica.

 

«Il CSP si oppone alla transfobia. Ci impegniamo a eradicarlo dalla nostra professione», si legge nella dichiarazione del 10 aprile. La dichiarazione è stata quindi definita come una pietra miliare per i diritti «LGBTQIA+» in un’altra dichiarazione dell’11 aprile.

 

La dichiarazione del 10 aprile prosegue definendo la transfobia, una paura che la società considera malvagia.

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«Transfobia: la paura o l’antipatia di qualcuno basata sul fatto che è transgender, compreso il negare la propria identità di genere o il rifiuto di accettarla”» si legge nella dichiarazione.

 

Fornisce anche un esempio di fobia proibita: mettere in discussione l’«identità di genere» di una persona transgender, tentare di rimuovere i diritti delle persone transessuali, «rappresentare in modo errato» i trans, escludere sistematicamente le persone transgender dalle discussioni su questioni che le riguardano direttamente, e «altre forme di discriminazione».

 

La dichiarazione ammette anche che la paura, che ora non è più consentita, può manifestarsi in modi vaghi a seconda dell’interpretazione: «la transfobia non ha una manifestazione unica e semplice. È complesso e può includere una serie di comportamenti e argomenti».

 

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«C’è molto di più che dobbiamo fare tutti per garantire che la nostra comunità di fisioterapia sia inclusiva e libera da discriminazioni», ha affermato Ishmael Beckford, presidente del Consiglio CSP. La presidente del comitato Equità, diversità e appartenenza del CSP, Sarine Baz, ha affermato che la paura del transgenderismo non è mai accettabile.

 

«L’espressione di atteggiamenti o sentimenti negativi nei confronti delle persone transgender, o altre azioni transfobiche, non possono essere tollerate», ha detto la Baz.

 

Come riportato da Renovatio 21, la cosiddetta medicina transgender, nonostante i recenti scandali e le battute d’arresto istituzionali in vari Paesi, sembrerebbe procedere nel suo percorso anche in Italia, dove vi è stata polemica quando si è scoperto che persino il Policlinico Gemelli – l’ospedale del papa – avrebbe istituito un ambulatorio di assistenza per la disforia di genere.

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