Pensiero
Apocalisse dei tamponi. La situazione è scappata di mano
Da fine anno, si può «uscire» dal COVID con un test antigenico rapido – avete presente, il tampone nelle narici, quello che non va in profondità e vi dà il risultato in 20 minuti. Fino a pochi giorni prima, si «usciva» dai domiciliari pandemici solo tramite un test PCR – avete presente, il «molecolare», quello «scientifico», «affidabile», «preciso», che ci impiega 24 o 48 ore per farvi sapere se avete in corpo o meno il coronavirus wuhaniano.
Ora il PCR in uscita lo fate solo se l’antigenico rapido dice che siete ancora positivi: in tal caso, dalla sala di attesa del centro tamponi tornate indietro qualche metro per farvi infilare in naso e in gola il bastoncino PCR.
Perché questa strana retromarcia?
L’impressione più basica che ne ricaviamo è che, ovunque nel mondo, il sistema si sia sovraccaricato in maniera oramai irrimediabile
L’impressione più basica che ne ricaviamo è che, ovunque nel mondo, il sistema si sia sovraccaricato in maniera oramai irrimediabile.
Gli USA hanno dimezzato la quarantena: da 10 giorni a 5. Nessuno pare preoccupato dal pensiero che una mossa simile faccia capire a molta gente che i numeri delle restrizioni pandemiche sono sempre e solo puro arbitrio.
La Gran Bretagna, abbiamo visto, ha seguito l’idea di sospendere i PCR per gli asintomatici. Gli scienziati inglesi hanno perfino ammesso il problema che ne scaturirà: non avranno dati genetici sulle varianti. Non importa.
Abbiamo viste le incredibili, inaudite parole del governatore della Toscana in conferenza stampa, davanti ad una ridda di giornalisti professionisti che non hanno ribattuto nulla (la cosa più incredibile): «evitare di eliminare dal green pass le persone già vaccinate perché risultano positive. Sono persone che hanno dimostrato un’autodisciplina, sono persone che hanno avuto la sfortuna di trovarsi positive».
Ovunque, è la stessa questione: i numeri che stanno uscendo dai tamponi – cioè i contagi – sono fuori controllo, inarrestabili.
Ovunque, è la stessa questione: i numeri che stanno uscendo dai tamponi – cioè i contagi – sono fuori controllo, inarrestabili.
Qualche settimana fa, l’ex inviata di guerra Lara Logan aveva sconvolto tutti paragonando Fauci a Mengele, ma nella tirata aveva detto una cosa molto più definitiva: «hanno creato un problema per cui non c’è soluzione».
Ora il potere stesso, ad ogni latitudine, comincia a capirlo. I tamponi non sono più il sistema di controllo della popolazione che hanno assicurato la sottomissione pandemica del biennio: più casi, più paura, più misure drastiche giustificate, lockdown, Grande Reset… No, ora i tamponi sono la prova stessa del fatto che la campagna vaccinale ha fallito, il vaccino non assicura immunità, il siero genico non ferma il contagio.
Di conseguenza, tutto il sistema che si reggeva sul vaccino – il green pass, il monopartito retto da tecnocrati, la minaccia di clausure ancora più tremende – che senso ha?
Come è possibile, per lo meno per una parte della popolazione vaccinata-rivaccinata-trivaccinata, non cominciare a porsi timidamente nel retrocranio questa domanda, una volta scoperto che il tampone è positivo?
Voi capite, questa per il potere pandemico può costituire un momento di crisi assoluta. È l’apocalisse dei tamponi.
I tamponi non sono più il sistema di controllo della popolazione che hanno assicurato la sottomissione pandemica del biennio: più casi, più paura, più misure drastiche giustificate, lockdown, Grande Reset… No, ora i tamponi sono la prova stessa del fatto che la campagna vaccinale ha fallito, il vaccino non assicura immunità, il siero genico non ferma il contagio
Apocalisse significa rivelazione. La rivelazione della mancata efficacia del siero genico può distruggere la narrativa pandemica. I risultati in termini politici e civili, davanti al possibile meltdown del racconto che dirige ore le nostre vite, non sono calcolabili. C’è da sospettare, però che potrebbero essere temibili.
Nel momentum impresso da questa ondata che sta infettando davvero tutti (avete visto il video del TG regionale calabrese, con il dottore che ammette candidamente che in terapia intensiva il 7% sono triplovaccinati?) non è dato sapere cosa succederà. L’unica è sperare che il minor numero di persone possibili – quelli che hanno obbedito, hanno fatto la fila per farsi inoculare, hanno accettato l’idea di possibili reazioni avverse, non hanno battuto ciglio quando gli hanno spiegato che nel sangue gli mischieranno un vaccino di marca diverso, come un bicchiere con Pepsi e Coca-cola insieme – si pongano la domanda.
Ora, non bisogna farsi illusioni. La redpill, la sveglia, non riguarderà la stragrande maggioranza della popolazione vaccinata. Sulla maggioranza, quella che bovinamente è pronta come gli israeliani alla quarta dose, non vi sarà effetto di dissonanza cognitiva tale da spingerli a cambiare idea. Anzi: proseguiranno, sempre più tremende, le meccaniche di capro espiatorio contro il nemico no-vaxo.
Questo segmento della popolazione, è stato detto in una definizione ora censurata perfino da Google, è investito in processo di «Mass Formation Psychosis». È stato portato verso la psicosi – cioè, la separazione patologica del pensiero dalla realtà – e continuerà in questa schizofrenia paranoide probabilmente aumentando il tasso di violenza contro il capro espiatorio.
Questa parte della popolazione, psicotizzata e ipnotizzata, non si sveglierà nemmeno davanti al tampone positivo al terzo vaccino. È un altro il segmento che interessa, quello che pone tutti a rischio: quello di coloro che, invece, qualche domanda, a rigor di logica, cominciano a porgersela
L’idea è quella dell’ipnosi. L’incantamento ipnotico procede per fissazioni. Segui in pendolo. Segui il mio dito. Segui la mia voce. Segui i miei ordini… L’ipnotista fissa l’attenzione del soggetto su un elemento ripetitivo, con il quale poi ottiene il controllo della volontà. Oggi, i viro-ipnotisti (da Fauci al circo italiano, fateci caso: di fatto sempre, misteriosamente, le solite facce, perfino quando si contraddicono tragicamente o si ricoprono di ridicolo) vengono proposti ovunque con una fissazione sola: il vaccino, i no vax malvagi…
Questa parte della popolazione, psicotizzata e ipnotizzata, non si sveglierà nemmeno davanti al tampone positivo al terzo vaccino. Questo il potere lo sa.
È un altro il segmento che interessa, quello che pone tutti a rischio: quello di coloro che, invece, qualche domanda, a rigor di logica, cominciano a porgersela. Quelli che non accetteranno, almeno non subito, l’idea che se si sono ammalati è a causa del fatto che non hanno fatto ancora la quarta dose. O la quinta, la sesta, la dose trimestrale, mensile, bisettimanale, giornaliera etc.
Costoro sono l’ago della bilancia dell’equilibrio pandemico. Se il potere perdesse la loro fiducia, crollerebbe ogni cosa.
Soprattutto, crollerebbe l’intero paradigma costruito attorno al vaccino e all’emergenza. Filosoficamente, il ritorno della schiavitù. Tecnologicamente, il ritorno della schiavitù
Soprattutto, crollerebbe l’intero paradigma costruito attorno al vaccino e all’emergenza.
Filosoficamente, rischia di fallire il cambio di paradigma del potere politico: non più il popolo sovrano che informa Stato (le democrazie costituzionali), ma lo Stato che comanda sul popolo per il suo bene anche a costo di violare ogni suo diretto e libertà primaria (l’autocrazia). Filosoficamente, il ritorno della schiavitù.
Tecnologicamente, rischia di fallire il cambio di paradigma dell’era dell’accesso: non più il cittadino che gode di diritti e usufruisce di mezzi offerti dalla tecnica, ma la tecnica stessa – i database – che regna assoluta sulla vita dell’individuo. Tecnologicamente, il ritorno della schiavitù.
In breve: se il vaccino fallisce, se la gente comincia a dubitare, potrebbe cadere per sempre il sistema informatico del green pass.
In breve: se il vaccino fallisce, se la gente comincia a dubitare, potrebbe cadere per sempre il sistema informatico del green pass.
Che è la cosa più importante ottenuta dal potere pandemico, è il vertice del nuovo universo umano nato con il COVID-19. Il database che ci contiene, che decide per noi.
Il sistema nel quale, lo abbiamo scritto tante volte, non vi sarà solo il permesso di bere il caffè al bar, ma il denaro digitale, il denaro programmabile, che potrà esservi tolto con un clic, che potrà negarvi alcuni acquisti, o acquisti in alcune aree, che vi terrà per sempre sorvegliati e telcomandati.
Se leggete Renovatio 21 lo sapete: il green pass è emanato dal Fisco, non dalla Sanità. E l’euro digitale è alle porte. Anzi, dice la BCE, «è inevitabile».
Un piccolo errore di esecuzione, e questo grandioso piano totalitario – oramai in stato avanzatissimo – potrebbe saltare.
Basta che il piccolo uomo, quello docile e obbediente, cominci a porsi qualche domanda. E se avessero ragione i novax…?
Per questo motivo, vi dico di prepararvi al peggio. Non oso immaginare cosa si inventeranno ora. Di certo, non cambieranno direzione. Cercheranno di forsennare la psicosi, spingere l’ipnosi verso il profondo più cupo, accusare il capro espiatorio di misfatti sempre più illogici, nell’attesa di un sacrificio di violenza spettacolare
Per questo motivo, vi dico di prepararvi al peggio. Non oso immaginare cosa si inventeranno ora. Di certo, non cambieranno direzione. Cercheranno di forsennare la psicosi, spingere l’ipnosi verso il profondo più cupo, accusare il capro espiatorio di misfatti sempre più illogici, nell’attesa di un sacrificio di violenza spettacolare.
Voi dite: proporranno di lasciare i non vaccinati senza cibo. Possibile. Abbiamo visto che in Israele il totem elettronico del famoso fast food già nega di acquistare cibo in assenza di green pass. Ci hanno tolto il pane, nel senso figurato del lavoro: possono avere problemi a toglierci il pane stricto sensu?
Voi dite: proporranno il carcere per i non vaccinati, come in Austria. Possibile. È un Paese limitrofo. L’idea dei non vaccinati in prigione è già discussa fra gli zeloti. Nessuno batte ciglio per i campi di concentramento, che in Australia sono realtà. Anzi.
Voi dite: proporranno la vaccinazione casa per casa, magari con i militari. Possibile. In Italia, come in una serie di altri Paesi (Portogallo, Australia, Germania) la campagna vaccinale è una questione militare sin da subito – anzi, abbiamo scritto un anno fa, è sin dagli inizi una «religione militare». L’idea dei soldati pandemici nelle scuole e nelle case è già passata. I giornalisti dell’establishment sono arrivati a chiedere un governo vaccinale dei generali – cioè, in pratica, a salivare dinanzi a quello che assomiglia ad un golpe.
Vaccinare casa per casa, con il personale armato di siringa mRNA e non solo di quella. L’idea c’è di sicuro. Tuttavia, coloro che la accarezzano – essendo per lo più uomini mediocri che hanno fatto carriera nella palude della democrazia leccando culi e sgomitando sui deboli – non hanno contezza del precedente storico: Rio de Janeiro 1904, la Revolta da Vacina. Un fatto storico di cui, in Italia, vi ha praticamente parlato solo Renovatio 21.
Per il momento, osserviamo questa piccola crisi sistemica scatenata dai tamponi. Il suo vero valore – la sua carica dirompente – è in realtà invisibile. È dentro la mente di milioni di persone, è un tarlo che sta lavorando, notte e giorno, dentro il loro animo
No, i nostri mediocri burocrati pandemici non conoscono la Rivolta dei vaccini che sconvolse l’allora capitale brasiliana 116 anni fa. Non sanno che quella mossa, che finì ritirata, provocò una crisi tale da mettere a rischio la tenuta dello Stato stesso. Il potere tirò la corda. Quello che ne saltò fuori fu più di una rivolta di popolo, fu il collasso del sistema, o meglio il meltdown della sua narrazione progressista.
Cioè, quello che può succedere oggi, d’improvviso, se troppe persone cominciano a dubitare degli ordini ai quali obbediscono.
Qualcuno, lassù lo ha capito: il rischio di tenuto per la baracca è assoluto. Per cui, ripetiamo, preparatevi ad un contraccolpo potente. L’apartheid biotica diventerà pogrom biotico? Cosa succederà? Cosa possiamo fare?
«Vivi giorno per giorno» mi consiglia un sacerdote amico di Renovatio 21. «Nel medio termine, non abbiamo idea di cosa potranno inventarsi per non lasciarti stare».
Nel lungo termine, invece, sappiamo cosa succederà. In termini socioeconomici, tecnologici, politici – ma soprattutto, in termini spirituali. In termini, apocalittici.
Possiamo dire una preghiera, affinché l’apocalisse dei tamponi dia come frutto la fine della menzogna. E la fine di tutto questo sistema infernale che si sta caricando sotto i nostri occhi
Per il momento, osserviamo questa piccola crisi sistemica scatenata dai tamponi. Il suo vero valore – la sua carica dirompente – è in realtà invisibile. È dentro la mente di milioni di persone, è un tarlo che sta lavorando, notte e giorno, dentro il loro animo.
Cosa succederà poi, non dipende di noi. Dipende, appunto, dall’anima di tutti quegli individui. Dipende dal Logos: dipende dall’accettazione della ragione, della legge naturale che alberga nel loro cuore. Dipende da come essi risponderanno alla libertà, che è la verità, che li sta chiamando a sé.
Possiamo dire una preghiera, affinché l’apocalisse dei tamponi dia come frutto la fine della menzogna.
E la fine di tutto questo sistema infernale che si sta caricando sotto i nostri occhi.
Roberto Dal Bosco
Pensiero
Gli elettori americani rifiutano l’aborto fino alla nascita. Mentre il papa incontra Emma Bonino
Trump ha ottenuto la valanga di voti che avevano predetto i più ottimisti, ribaltando il colore degli Stati democratici e umiliando la campagna Harris in altri.
Tuttavia, un altro dato non ha mancato di allarmare i media dell’establishment: gli elettori della Florida, oltre a eleggere il loro conterraneo The Donald, ha votato in massa no ad un referendum che estendeva grandemente la tempistica degli aborti. La proposta avrebbe consentito i cosiddetti aborti «prima della vitalità», solitamente intorno alle 24 settimane di gravidanza.
La legislazione floridiana vieta la maggior parte degli aborti dopo sei settimane, prima che molte donne sappiano di essere incinte.
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La misura proposta dai democrats in Florida, nota come Emendamento 4, ha ottenuto il 57% dei voti, non raggiungendo il 60% richiesto per l’approvazione. Si tratta di una vittoria politica per il governatore Ron DeSantis, che nel 2022 aveva promulgato il bando degli aborti di 15 settimane, portando nel 2023 il divieto a 6 settimane. In precedenza, la Florida aveva consentito aborti fino a 24 settimane ed «era considerata una destinazione per le donne di altri stati del sud con leggi più severe», scrive il quotidiano neoeboraceno.
L’emendamento 4, detto «Emendamento per limitare l’interferenza del governo con l’aborto», affermava che «nessuna legge proibirà, penalizzerà, ritarderà o limiterà l’aborto prima della vitalità o quando necessario per proteggere la salute del paziente, come determinato dal medico curante del paziente». Esso avrebbe richiesto che l’aborto fosse consentito per qualsiasi motivo prima della «vitalità» fetale e avrebbe reso i divieti successivi alla «vitalità» di fatto privi di significato esentando qualsiasi aborto che un abortista afferma essere per motivi di «salute».
In pratica, se fosse passato, l’Emendamento 4 avrebbe consentito l’aborto dopo la vitalità per qualsiasi motivo ritenuto correlato alla salute da un operatore sanitario da quando il feto ha 23 settimane alla nascita.
Si trattava di una proposta radicale, con lo stesso DeSantis che ha dichiarato che, secondo il testo dell’emendamento, gli aborti potevano essere legalmente consentiti «fino alla nascita».
Ad un passo, notiamo noi, dall’infanticidio, pardon, dall’«aborto post-natale».
La sconfitta, pur non essendo inaspettata, ha interrotto quella che era stata una serie ininterrotta di vittorie per i gruppi per i diritti all’aborto sulle misure elettorali da quando la Corte Suprema ha annullato la sentenza Roe v. Wade nel 2022, scrive il New York Times. Gli elettori si sono schierati a favore dei diritti all’aborto in tutti e sette gli stati che avevano domande elettorali sulla questione prima di quest’anno, in stati diversi come Kansas e California.
Gli organizzatori della campagna chiamata «Yes on 4» avevano raccolto più di 100 milioni di dollari per far sì che la misura venisse inserita nella scheda elettorale e per fare campagna a favore.
Il presidente Donald J. Trump, ora residente in Florida, si era opposto all’emendamento 4, dopo aver inizialmente lasciato intendere che avrebbe potuto sostenerlo.
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Come noto, la Roe v. Wade – cioè l’aborto inteso come «diritto federale» non regolabile dai singoli Stati dell’Unione – è stato ribaltato da una Corte Suprema costituita da giudici indicati da Trump, cui quindi può andare il merito di aver, di fatto, rovesciato la legge abortista in USA, una promessa fatta nel 2016 ai gruppi pro-life che è riuscito a mantenere.
Al contempo, lo smacco delle elezioni midterm del 2022, quando ci si aspettava una red wave (cioè un’ondata di vittorie di candidati repubblicani), portò il pensiero che il Grand Old Party non aveva raccolto i consensi che ci si aspettava a causa del mancato voto delle donne «offese» dalla fine del libero aborto in vari Stati.
Tale idea ha spinto anche la campagna Harris, che ha investito sino all’ultimo sul tema dei «diritti riproduttivi» (cioè, il feticidio, e in seconda battuta la riproduzione artificiale in provetta) minacciati da Trump, sicuri del fatto che il tema avrebbe sicuramente fatto breccia nel cuore di tante donne che, pur repubblicane, avrebbero quindi evitato di votare per un potere antiabortista.
Non è andata così: la valanga di voti per Trump, e per i repubblicani che ora controllano sia la Camera che il Senato, c’è stata comunque. Non sappiamo se a ciò ha contribuito l’insistenza di Trump e dei suoi uomini (tra cui mettiamo pure Elone Musk) nel ripetere che Trump come 47° presidente si sarebbe opposto frontalmente ad una messa al bando federale dell’aborto.
Come riportato da Renovatio 21, è leggibile in questo senso anche l’uscita del libro di Melania di questi giorni, dove la bellissima slovena si dichiara pienamente abortista: certo, può essere la verità, ma al contempo si trattava con certezza di una manovra elettorale, come lo è stato l’appoggio in questi mesi dichiarato da Trump alla fecondazione in vitro, pratica di morte massiva entrata in crisi con una sentenza dell’anno scorso della Corte Suprema dell’Alabama che dichiara gli embrioni come persone. Un altro colpo prima impossibile senza il ribaltamento di Roe v. Wade.
L’aborto, quindi, è stato un tema dominante della campagna elettorale 2024, come lo sono stati immigrazione o l’inflazione.
Abbiamo già scritto qui come Trump, di fatto, rappresenti l’unica forza politica che in cinquant’anni è riuscita non solo a toccare, ma a cancellare una delle legislazioni sul feticidio libero spuntate, chissà perché quasi simultaneamente in tutto il mondo, negli anni Settanta.
La questione dell’aborto ha guidato di certo anche il voto cattolico americano, con vescovi e cardinali intervenuti, a vario titolo, con indicazioni di voto in merito – e la definizione, data dal vescovo texano Joseph Strickland, di Trump che, in quanto non integralmente pro-life, era da votare come «male minore».
Uno dei temi cattolici più importanti, quindi, era sulla scheda elettorale nel voto di uno dei Paesi di maggiore importanza al mondo – anche per la presenza di popolazione cattolica, che si conta negli USA in circa 71 milioni di fedeli.
La cosa, tuttavia, non è sembrata interessare Roma in alcun modo. Il Sacro Palazzo si è tenuto sideralmente distante dalle elezioni, e soprattutto da Trump, dopo che nel 2016 Bergoglio era entrato a gamba tesa nella corsa con Hillary definendo Trump «non cristiano» per la sua proposta di creare un muro al confine con il Messico.
Stavolta, tuttavia, il papa è riuscito a fare peggio.
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Nel giorno delle elezioni americane – dove, ripetiamo, il feticidio era anche fisicamente sulla scheda elettorale – Bergoglio è andato a trovare la persona che più di ogni altra ha incarnato la battaglia per il libero aborto in Italia, Emma Bonino.
Ecco infatti che il romano pontefice suona a sorpresa il campanello della leader radicale, «appena dimessa dopo un ricovero che le aveva fatto temere il peggio per una crisi respiratoria», scrive il giornale dei vescovi Avvenire.
I giornali sono pronti a scattare e pubblicare le foto dell’evento. Il gesuita bianco scende sorridente dalla macchina, poi eccotelo in terrazza con la radicale, entrambi – in una significativa, paurosa simmetria – in carrozzella.
«La foto di Francesco e della storica leader radicale attorno a un tavolino entrambi in sedia a rotelle mostra la condivisione della fragilità fisica, il simbolo di una fraternità che non si lascia imprigionare dalle appartenenze e dalle identità, che evidentemente restano» continua il quotidiano episcopale.
Stamane, con enorme sorpresa e piena di emozione, Sua Santità mi ha fatto una graditissima visita.
Di Papa Francesco emerge sempre l’aspetto umano straordinario. Già dai presenti che ha voluto donarmi, un meraviglioso mazzo di rose e dei cioccolatini.
Sono rimasta molto… pic.twitter.com/8ldZ3K9Gwn— Emma Bonino (@emmabonino) November 5, 2024
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«Con enorme sorpresa e piena di emozione, Sua Santità mi ha fatto una graditissima visita. Di papa Francesco emerge sempre l’aspetto umano straordinario» ha detto la Bonino, raccontando l’argentino le ha regalato «un meraviglioso mazzo di rose e dei cioccolatini. Sono rimasta molto colpita dalla forza e comprensione dimostratami già dal suo saluto “cerea” tipico piemontese, per le nostre origini comuni. E avermi detto di essere “un esempio di libertà e resistenza” mi ha riempito di gioia».
Non si tratta della prima volta che i due si incontrano. «Il Papa ed Emma Bonino si erano incontrati più volte negli anni scorsi intessendo un dialogo soprattutto sul tema dei migranti. Tanto che Francesco nel 2016 aveva detto che Bonino “ha offerto il miglior servizio all’Italia per conoscere l’Africa”» continua Avvenire.
Non ci è chiaro cosa avrebbe fatto la Bonino per l’Africa: sappiamo che per un periodo si era trasferita al Cairo, dove si diceva stesse studiando l’arabo; qualche cristiano copto incontrato in quegli anni rivelò inquietudine per la presenza in Egitto negli anni turbolenti della «Primavera Araba» della Bonino, notoriamente legata al finanziere internazionale Giorgio Soros, al punto da essere tra gli happy few invitati al suo terzo matrimonio anni fa.
Ma ci sono ancora più episodi: chi scrive ricorda l’oltraggio di tanti sostenitori che, recatisi alla Marcia per la Vita il 10 maggio 2015 – camminata che per qualche ragione terminava a San Pietro con l’Angelus del Bergoglio che la snobbava – si ritrovavano sui giornali, l’indomani, la foto della Bonino col turbante che abbracciava il pontefice in Vaticano ad una qualche iniziativa per i bambini. Più che ai bambini trucidati nel grembo materno, al papa interessavano i bambini dell’iniziativa «Fabbrica della pace» da presentare alla FAO.
Ora, siccome non lo fa Avvenire, tocca a noi ricordarci come i cattolici ricordano la Bonino – vera, grande eroina del feticidio in Italia, ben prima che esso fosse legalizzato dalla legge 194/78.
Neera Fallaci, sorella minore della più famosa Oriana, nel 1976 intervistava la giovine Bonino per la rivista Oggi: «tra il febbraio e la fine di dicembre del 1975, gli interventi per aborto del CISA [Centro Italiano Sterilizzazione ed Aborto, il nome preso dalla villa per volontà di Marco Pannella, ndr] sono stati 10.141».
Secondo quanto riportato, agli aborti la Bonino provvede di persona – ciò sarebbe dimostrato da una oramai notissima fotografia che circola da decenni, per l’aborto la Bonino si serviva di uno strumento fai-da-te, la pompa di una bicicletta.
Il bambino abortito prima di finire nella spazzatura veniva aspirato dentro un vasetto della marmellata opportunamente svuotato: «alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi, è un buon motivo per farsi quattro risate».
Come noto, sugli aborti di quel tempo scrisse un libro-manuale l’attuale ministro della Famiglia del governo Meloni Eugenia Roccella, l’indimenticato Aborto Facciamolo da noi. La Roccella è poi entrata in tutt’altro giro, quel sempiterno network democristiano di vescovi Family Day che è riuscito ad infiltrarsi anche nell’attuale compagine di governo. Resta il fatto che l’abolizione della 194 non è reclamata né dal ministro né da vari minion del sedicente mondo pro-life italiano.
I racconti del pre-1978 – prima della legalizzazione dell’aborto in Italia con la 194 – descrivevano una bella villa sui colli, dove un ginecologo a nome Giorgio Conciani eseguiva clandestinamente aborti in quantità. Il Conciani dopo aver allargato il campo con battaglie per l’eutanasia, finirà radiato dall’ordine dei medici e poi suicida, impiccato in cantina, nel 1997.
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La Bonino farà una carriera politica incredibile: Parlamento plurime volte (anche, secondo una foto che circolava in rete tempo, fa con i voti della Lega), Commissione Europea, ministeri della Repubblica italiana vari, tra cui, di recente, quello degli Esteri.
E poi, diventa partecipante del Bilderberg, ma ancora più significativamente, e poi ancora come membro del board di Open Society Foundations del già citato Giorgio Soros, il quale prese perfino la tessera di un partito-ircocervo radical-socialista spuntato fuori ad un certo punto, la non memorabilissima Rosa nel Pugno.
Va detto anche che la spinta della Bonino per l’aborto non era fatta con la storia dei migliaia di feti aspirati clandestinamente. Non tutti ricordano che l’aborto sbarcò in Italia sulle ali di un grande caso mediatico, quello di Seveso.
Nel 1976, cioè due anni prima che arrivasse la 194, la deputata del Partito Repubblicano Italiano (un partito che qualcuno dice vicino alle famose logge «laiche») Susanna Agnelli chiese al ministro della Sanità l’autorizzazione all’aborto per le madri di Seveso, cioè quelle donne incinte al tempo del disastro chimico che colpì la cittadina lombarda.
La richiesta della Agnelli, ovviamente, si univa a quella della deputata radicale Bonino. Sconvolge vedere come il mondo pro-life si sia scagliato negli anni contro Emma, ma mai contro la sorellona di Gianni Agnelli.
Per l’Agnelli, insomma, questa anteprima nazionale del feticidio di Stato doveva farsi per forza. La diossina di Seveso era un’occasione troppo ghiotta.
Il Ministro De Falco concesse la deroga, non prima di aver avuto il placet del Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, esattamente l’uomo che due anni dopo avrebbe firmato la legge genocida 194.
Gli aborti invocati dalla Agnelli vennero operati alla clinica Mangiagalli di Milano (tuttora in funzione) e al nosocomio Desio. Furono fatti degli studi sui poveri resti dei bambini massacrati: i resti degli aborti furono inviati in un laboratorio di Lubecca, in Germania, per essere analizzati; nella relazione stilata nel 1977 dai tedeschi si dice che in nessuno di quei resti umani fosse evidente un segno di malformazione.
Altre donne di Seveso portarono a termine le loro gravidanze senza problemi, i loro figli, che vivono tutt’oggi non mostrarono segni di malformazioni evidenti. Qualcuno magari sta pure leggendo queste righe.
Il disastro di Seveso non fu altro che il casus belli necessario all’avvento della legge 194, che arrivò firmata dal governo democristiano Andreotti IV. Pannella e la Bonino avevano vinto la loro battaglia.
Un’immagine a foto doppia pubblicata in un articolo pro-aborto del giornale degli Agnelli La Repubblica la mostra con il medesimo cartello dal 1978 al 2022: «abbiamo tutte abortito». Rammentiamo inoltre le scritte da sandwich umano «No Vatican no Taliban»: San Pietro come Kabul, il santo padre come il mullah Omar – allora, per i radicali, i mangiapreti partitici più accaniti, andava così.
Ora il sommo talebano vaticano va a trovare la leader radicale direttamente a casa. Din-don. Sorrisoni, solidarietà visibile sin dall’effetto speculare delle sedie a rotelle l’una dinanzi all’altra.
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Tutto questo avviene mentre in America torna al potere Donald Trump, l’uomo che, prima della controversa elezione 2020, aveva rilanciato la lettera aperta che gli aveva scritto monsignor Carlo Maria Viganò, l’arcivescovo già nunzio apostolico USA ora scomunicato dal Bergoglio.
Come sa il lettore di Renovatio 21, monsignor Viganò si è ripetuto quest’anno, con un appello ai cattolici americani per il voto a Trump, dove definiva Kamala Harris «mostro infernale che obbedisce a Satana». La lettera ha fatto il giro della stampa statunitense ed internazionale, probabilmente aiutando, in una qualche misura, il voto cattolico a Trump.
Viganò ieri ha celebrato apertamente la vittoria del presidente come «battuta di arresto per il piano criminale del Nuovo Ordine Mondiale», benedicendo l’America tutta.
Per cui ci chiediamo: non è che il nuovo presidente possa preferire l’ex nunzio apostolico a Washington «scomunicato» all’amico della Bonino e dei migranti, del cambiamento climatico e dell’internazionale woke? Quella figura che, a differenza di Viganò, aveva detto pubblicamente di non sapere se si dovesse votare per la sfidante (abortista radicale, persecutrice di pro-life oltre che dei conservatori tout court) Kamala Harris?
Perché, con una politica estera USA che potrebbe essere in gran parte ribaltata, alcuni nodi potrebbero venire al pettine… E a quel punto potremmo cominciare a vedere scene interessanti.
Chissà.
Roberto Dal Bosco
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Immagine dal profilo Twitter di Emma Bonino
Pensiero
Mistica dell’Ultra-MAGA: Trump e il «mandato del cielo»
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Pensiero
La notte di Halloween tra incidenti stradali, vandalismi e chissà cos’altro
Un numero impressionante di incidenti stradali si sarebbe verificato secondo fonti giornalistiche locali durante la cosiddetta notte di Halloween in quel di Verona, ricca città veneta ormai soffocata da orde di turisti per 365 giorni all’anno e sotto la presa della criminalità straniera e non solo.
E se a Verona è andata così chissà cosa potrebbe essere successo in altri centri grandi e piccoli della penisola, per non parlare di Milano, Roma, Firenze in cui a volte può essere rischioso semplicemente uscire di casa per andare a comprare il pane.
E’ sufficiente digitare su un motore di ricerca «Notte di Halloween» e anche per quest’anno ne leggerete di ogni, tra stupri, violenze di ogni genere, paesini messi a ferro e fuoco a suon di molotov e incursioni fin nel cortile di casa.
Davvero qualcuno immagina che durante la notte di Halloween le cose possano andare diversamente?
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Provate a chiedere ad un amico o conoscente che lavori in un pronto soccorso quale sia la situazione ogni fine settimana, tra accoltellati e adolescenti in overdose da sostanze stupefacenti.
Chi scrive, ricorda bene quando nella sala d’attesa di un pronto soccorso, aspettando l’uscita di un genitore che, grazie al Cielo, non aveva nulla iniziarono ad arrivare individui sconvolti con mani sanguinanti mentre c’era chi in preda a chissà quale crisi o possessione sbatteva la testa contro i vetri urlando.
È ormai quasi sempre Halloween nelle notti italiane ed europee e non solo nelle metropoli, da anni in preda ad una criminalità tanto asfissiante quanto pervasiva, ma anche nei villaggi più sperduti, nella «provincia sonnacchiosa», in collina, ai monti, al mare.
Ce ne vogliamo rendere conto? Qualcuno vuole che sia Halloween tutto l’anno, che l’inferno regni nelle vostre vite sette giorni su sette.
Quel qualcuno, vuole che il sacrificio avvenga sempre, in ogni momento della vostra quotidianità per la completa instaurazione del suo regno sociale, null’altro che il Regno Sociale di Satana.
Victor Garcia
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