Geopolitica
La Turchia lascerà la NATO tra 5 o 6 mesi: politico turco

Ethem Sancak, vice leader del Vatan Partisi 0 il Partito patriottico di Turchia – ha suggerito che la Turchia potrebbe lasciare la NATO entro cinque o sei mesi.
«Gli sviluppi ci spingono a compiere tali passi. Ce lo fa fare la NATO con le sue provocazioni. La Turchia lascerà la NATO tra cinque o sei mesi. Hanno cercato di farci prendere dal fuoco incrociato in Medio Oriente. Infine, puoi vedere campagne contro il Corano in Svezia e nei Paesi Bassi», ha detto il quotidiano del partito Aydinlik facendo riferimento alle proteste viste in Svezia, con l’effige del presidente Erdogan calpestate e il Corano bruciato in pubblica piazza.
Il Sancak, un businessmen considerato vicino all’Erdogano, ha fatto poi riferimento a recenti sondaggi che mostrano che almeno l’80% della popolazione turca ritiene che «gli Stati Uniti siano un paese che conduce la politica più ostile e distruttiva» nei confronti della Repubblica – un sentimento strisciante non nuovissimo in Anatolia, riemerso anche dopo l’attentato terroristico a Costantinopoli dello scorso novembre.
«Il popolo turco ha recentemente mostrato simpatia per la Russia e Putin», ha concluso il politico. Come noto, la posizione di Ankara riguardo alla guerra in corso, è piuttosto anfibola: vende droni a Kiev (i Bayraktar, dell’azienda controllata dal genero di Erdogan) ma al contempo riesce a tenere tutte le porte aperte con la Russia di Putin.
Il 19 gennaio, il Vatan Partisi ha annunciato una campagna nazionale affinché la Turchia lasci la NATO.
Il Partito Patriottico si considera un partito nazionalista nella tradizione di Müstafa Keml Ataturk, il leader fondatore della Repubblica Turca. Il partito sostenuto la politica del governo nei confronti di Russia e Ucraina, nonché la Belt and Road Initiative, cioè il colossale e controverso progetto di «Nuova via della Seta» intrapreso da Pechino, e ora, dopo il COVID e le tensioni internazionali, messo in forse.
Come riportato da Renovatio 21, ad aprile 2022 il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha accusato alcuni alleati della NATO di voler prolungare la guerra in Ucraina per indebolire la Russia.
I progetti di Erdogan, che confliggono con gli interessi russi in Azerbaigian/Armenia e in Libia e probabilmente in Siria e Iraq, potrebbero andare molto al di là delle questioni NATO, sognando l’instaurazione del «grande Turan», un’area di influenza turca che va dall’Oriente asiatico fino al Mediterraneo.
La Turchia sta vivendo in questo momento una crisi economica senza precedenti.
Come riportato da Renovatio 21, già un anno fa si vociferava che Ankara stesse reclutando jihadisti da mandare in Ucraina. I jihadisti, di fatto, avrebbero il motivo della vendetta per l’operazione russa in Siria. Il rapporto tra Turchia e ISIS è tuttora fonte di grandi dubbi ed imbarazzi internazionali.
È emerso che Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, l’uomo definito dalla Casa Bianca come successore di al-Baghdadi a capo Stato Islamico e per questo eliminato con un raid delle forze speciali USA, di fatto abitava in una residenza a più piani ad Atmeh, nella città di Idlib, che si trova in un’area controllata dalla Turchia e da Hay’at Tahrir al-Sham («Organizzazione per la liberazione del Levante»), conosciuta anche come al-Qaeda in Siria, spesso abbreviata nell’acronimo HTS. È emerso altresì che a Istanbul miliziani ISIS ottengono passaporti falsi con i quali poi fuggono in Europa e in America.
La Turchia nel 2021 aveva arrestato un analista strategico locale accusandolo di spionaggio a favore dell’Italia, Paese considerato concorrente nell’area di influenza libica.
Geopolitica
Ministro israeliano dichiara che non esiste alcun popolo palestinese

Il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich ha dichiarato a una cerimonia commemorativa privata a Parigi che non esiste un popolo palestinese, che è un’invenzione del mondo arabo e che lui e i suoi nonni sono i veri palestinesi. Lo riporta il quotidiano israeliano Times of Israel.
Smotrich ha affermato che «non esistono i palestinesi perché non esiste il popolo palestinese», un commento che è stato accolto con applausi dai partecipanti, come si vede in un video dell’evento pubblicato online.
«Sai chi sono i palestinesi?” ha proseguito il ministro dello Stato ebraico. «Io Sono palestinese», ha detto, citando anche sua nonna, nata nella città israeliana settentrionale di Metula 100 anni fa, e suo nonno, un gerosolimitano di 13ª generazione come i «veri palestinesi».
“Le peuple palestinien n’existe pas.”
Voici les propos tenus à Paris par Bezalel Smotrich, colon ultranationaliste et ministre israélien des Finances : pic.twitter.com/eJHaKJak3x— AJ+ français (@ajplusfrancais) March 21, 2023
«Esiste una storia o una cultura palestinese? No. Ci sono stati arabi in Medio Oriente che sono arrivati in Terra d’Israele contemporaneamente all’immigrazione ebraica e all’inizio del sionismo. Dopo 2000 anni di esilio, il popolo di Israele stava tornando a casa, e intorno c’erano arabi a cui non piaceva. Quindi cosa fanno? Inventano un popolo fittizio in Terra d’Israele e rivendicano diritti fittizi in Terra d’Israele solo per combattere il movimento sionista».
Le comunità arabe occupate dovrebbero «smettere di sputare nel pozzo da cui stanno bevendo», ha detto Smotrich, riferendosi al beneficio che gli arabi avrebbero tratto dal «miracolo» che è Israele.
Le ultime osservazioni infiammatorie di Smotrich sono arrivate all’incirca nello stesso periodo in cui i funzionari della sicurezza israeliani e palestinesi si stavano riunendo a Sharm el Sheik, in Egitto, per dare seguito a un incontro di febbraio ad Aqaba, in Giordania, per elaborare accordi di sicurezza per la Cisgiordania.
Un comunicato congiunto firmato da Israele e Palestina sottolinea il «diritto legale» che la Palestina ha di svolgere responsabilità di sicurezza sull’Area A della Cisgiordania.
Secondo il Times of Israel le forze dello Stato ebraico conducono regolarmente raid nell’Area A che hanno ucciso dozzine di palestinesi nell’ultimo anno.
L’affermazione di Smotrich non è nuova: la prima a dire che «i palestinesi non esistono» fu, negli anni Settanta, la premier Golda Meir.
The right-winger Smotrich has provoked international outrage with his denial of the existence of Palestinians.
Meanwhile, ex-Labor PM Golda Meir remains a hero inside liberal Western circles despite having repeatedly said the same thing. pic.twitter.com/w1dGfgg7pS https://t.co/ic8UJx4tf1
— Max Blumenthal (@MaxBlumenthal) March 22, 2023
Dal discorso di Smotrich restano completamente fuori, per qualche motivo, i cristiani palestinesi, in nessun modo assimilabili alla narrativa professata dal ministro, e pure dotati di loro automatiche rappresentanze alla Knesset. Attualmente, i cristiani israeliani si stanno dimostrando inquieti per il nuovo governo Netanyahu.
Come riportato da Renovatio 21, un nuovo disegno di legge proposto dall’alleanza partitica Ebraismo della Torah Unito (UTJ) prevede la criminalizzazione dei tentativi di conversione; la proposta pone l’accento sul proselitismo cristiano.
Un altro ministro israeliano, il capo del dicastero della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, due mesi fa ha vietato l’esposizione di bandiere palestinesi in luoghi pubblici sostenendo che «incoraggiano il terrorismo».
Immagine di 4800 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Essere genitori
La manovra dietro la richiesta di arresto di Putin da parte della Corte Penale Internazionale

Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin è stato accusato dalla ICC, o Corte Penale Internazionale (CPI), di aver permesso al commissario presidenziale per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova di salvare orfani dalla zona di guerra del Donbass e poi trovare genitori russi disposti ad adottarli.
«La deportazione illegale di popolazione (bambini) e quella del trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell’Ucraina» è scritto nel linguaggio della CPI.
È qui ignorato bellamente che milioni di residenti adulti del Donbass sono fuggiti in Russia in cerca protezione in questi anni di pulizia etnica (14 mila morti) praticata dal regime di Kiev contro l’etnia russa presente su quello che era sulla carta territorio ucraino. È ignorato altresì che dal 2014 la continuità tra i russi di ucraina e la madrepatria non ha potuto che aumentare a dismisura. Il successo dei referendum di annessione e della distribuzione dei passaporti a Lugansk e Donetsk stanno a significarlo alla perfezione.
Contrariamente a quel che può credere il quivis de populo, la Corte Penale Internazionale non è collegata alle Nazioni Unite. Inoltre, non ha autorità in Russia, Stati Uniti, Cina, India e dozzine di altri Paesi che non sono firmatari dello Statuto di Roma, lanciato nel 1998, entrato in vigore nel 2002 e modificato nel 2010.
La Russia, sebbene originariamente firmataria del documento di fondazione della CPI del 1998, si è ufficialmente ritirata dalla CPI anni fa, citando il suo allontanamento dai suoi obiettivi dichiarati.
In secondo luogo, gli Stati Uniti hanno promulgato una legge nel 2002 che proibisce qualsiasi cooperazione con la CPI e autorizza «tutti i mezzi necessari e appropriati», inclusa la forza militare, per liberare gli americani o i cittadini degli alleati degli Stati Uniti dalle azioni della CPI. In pratica, se un qualche cittadino americano accusato di essere un criminale di guerra viene preso e portato alla CPI, Washington manda un commando a esfiltrarlo (se va bene), oppure i bombardieri, o chissà ché.
La legge ovviamente protegge personaggi come George Bush, Dick Cheney e l’allegra compagnia neocon (quella che ora è dietro alla guerra contro la Russia) dalla possibilità di essere processati, e pagare, per aver macellato uno o due milioni di persone in Iraq – più l’Afghanistan… è bello pensare che anche Biden, Jake Sullivan, Victoria Nuland e soci mai potranno essere processati all’Aia per l’attacco terroristico al gasdotto Nord Stream. Lo stesso dicasi per Anthony Fauci e per Shi Zhengli, la batwoman del laboratorio di Wuhano, qualora mai ci fosse un processo internazionale per il coronavirus.
Non solo Putin è ora ricercato dal Tribunale per crimini internazionali dell’Aia. Con lui c’è Maria Lvova-Belova, Commissario presidenziale per i diritti dei bambini della Federazione Russa, una donna che col marito, pur avendo già cinque figli dal marito sacerdote ortodosso, ne ha adottati molti altri, arrivando ad essere custode di 23 fanciulli.
Prima di ricevere l’incarico di Commissario per l’infanzia, la Lvova-Belova aveva insegnato chitarra nelle scuole di musica per bambini. Successivamente, aveva fondato Novjie Berega, una comunità per giovani con diversi tipi di disabilità.
L’anno scorso lei e suo marito avevano adottato il loro primo figlio dal Donbass: ecco il presunto complice di Putin.
Durante il conflitto, la Lvova-Belova ha trovato genitori adottivi e tirato fuori gli orfani dal pericolo in corso. Lo stesso regime di Kiev che da nove anni ha ucciso un numero significativo di genitori, aggravando notevolmente il problema degli orfanotrofi, ha dichiarato alla Corte penale internazionale che Lvova-Belova, insieme a Putin, sta rapendo i bambini, presumibilmente i loro cari cittadini ucraini.
Dopo l’emissione da parte della CPI di un mandato di arresto, Maria Lvova-Belova ha ringraziato sarcasticamente la «comunità internazionale» per aver apprezzato il suo lavoro per aiutare a salvare i bambini dalla zona degli attacchi ucraini.
La triste realtà, che a questo punto getta ombre anche sui sistemi giudiziari transnazionali, è che tutta questa manovra serve a ferire le possibilità di manovra di Putin, che non potrà più visitare Paesi stranieri qualora fossero firmatari dello Statuto di Roma che riconosce la CPI. Il presidente russo rischierebbe l’arresto.
Per cui, per Putin, niente più G20, etc.: ecco un modo per togliere il vero dominatore della scena globale dai palcoscenici diplomatici.
Paradossalmente, Putin potrebbe però visitare gli USA, che rivendicano l’opzione militare nel caso la CPI tocchi uno dei loro.
L’ipocrisia dell’intero sistema internazionale occidentale arriva al parossismo, al ridicolo.
Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
La Siria ristabilisce le relazioni con il mondo arabo. Geopolitica USA al palo

La riconnessione della Siria con i Paesi del mondo arabo e le loro istituzioni sta prendendo piede.
Nel suo articolo riguardo la visita di Bashar al-Assad negli Emirati Arabi Uniti del 19 marzo, la testata araba Al-Monitor ha riferito che le discussioni per riportare la Siria nella Lega Araba stanno guadagnando slancio, così come la considerazione dei modi per portare più aiuti economici nel Paese.
Assad era accompagnato da sua moglie, Asma al-Assad, una presenza ritenuta significativa.
Bassam Barabandi, ex diplomatico siriano, ha dichiarato ad Al-Monitor che lo scopo principale della visita è facilitare gli aiuti umanitari al Paese, possibilmente da inserire nelle iniziative dell’ufficio della first lady
A febbraio, in seguito ai terremoti in Siria e Turchia, gli Emirati Arabi hanno promesso una somma maggiore di quella offerta da qualsiasi altro Paese per aiutare la Siria: 100 milioni di dollari.
«Questo dossier [umanitario] ha visto un grande sviluppo da metà febbraio, attraverso l’attivazione di canali diretti di coordinamento”, ha detto Barabandi.
«Probabilmente Abu Dhabi presenterà un pacchetto di proposte relative alla possibilità di fornire il necessario sostegno economico alla parte siriana nel caso in cui siano soddisfatte una serie di condizioni», ha continuato Barabandi. «Il primo dei quali è l’adozione di misure serie relative al contenimento delle minacce alla sicurezza nazionale nei Paesi vicini, tra cui Turchia e Giordania».
Abdulkhaleq Abdulla, professore di scienze politiche alla New York University-Abu Dhabi, ha detto ad Agence France-Presse che è giunto il momento di riconciliarsi con Assad e vedere la Siria tornare nella Lega Araba.
«Gli Emirati Arabi Uniti sta guidando gli sforzi per riconciliarsi con i nemici del passato e trasformarli negli amici di domani», ha affermato.
Gli Emirati hanno ripristinato la loro ambasciata in Iran lo scorso agosto dopo anni di stallo politico. Quale potrebbe essere il ruolo della Cina in tutto questo non è indicato. La presenza di truppe turche nel nord della Siria è un altro problema che gli Emirati Arabi Uniti sta aiutando a mediare con Assad, secondo Barabandi.
«La parte emiratina presenterà un’iniziativa per avvicinare le opinioni alla parte turca, con l’obiettivo di accelerare i negoziati facendo pressioni su Assad affinché riduca la sua lista di condizioni», ha affermato, senza indicare se si chiederanno concessioni anche alla Turchia.
Come riportato da Renovatio 21, le sanzioni USA contro Damasco hanno ostacolato la risposta alla devastazione del sisma. La Siria è poi stata bombardata dallo Stato di Israele poco dopo la catastrofe del terremoto.
Due settimane fa il Capo di Stato Maggiore USA Mark Milley ha visitato le truppe americane che occupano parte della Siria. Assad, in visita a Mosca, ha rivelato che nella base di siriana Al Tanf gli USA addestrerebbero terroristi.
L’anno passato l’Intelligence russa aveva accusato gli Stati Uniti di addestrare in Siria militanti ISIS da spedire sul fronte ucraino. Alcune foto di combattenti ucraini con le mostrine dello Stato Islamico potrebbero esserne testimonianza.
Assad era stato in visita ufficiale negli Emirati anche un anno fa. Un evento che poteva essere letto come i primi passi di un mondo che prova a fare senza Washington. L’accordo, stipulato tramite la Cina, tra gli arcinemici regionali Iran e Arabia Saudita fa propendere per questa lettura: la geopolitica mondiale calcola sempre meno il volere della Casa Bianca.
Immagine di Beshr Abdulhadi via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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