Geopolitica
Nuovo fronte: la Russia accusa l’Azerbaigian di aver violato il cessate il fuoco in Karabakh

Lo scorso sabato Mosca ha accusato l’Azerbaigian di aver violato un accordo di cessate il fuoco entrando nella zona della missione di mantenimento della pace russa nella regione separatista del Nagorno-Karabakh, l’énclave armena contesa dagli azeri. Lo riporta France 24.
Si tratta della prima volta che la Russia ha pubblicamente attribuito la colpa per aver violato l’accordo del 2020.
Sabato il Cremlino aveva dichiarato che il presidente Vladimir Putin ha discusso della situazione con il leader armeno Nikol Pashinyan due volte, venerdì e giovedì.
«Violando le disposizioni di una dichiarazione trilaterale dei leader di Russia, Azerbaigian e Armenia del 9 novembre 2020, le forze armate dell’Azerbaigian tra il 24 e il 25 marzo sono entrate nella zona di responsabilità del contingente di mantenimento della pace russo nel Nagorno-Karabakh e hanno istituito un posto di osservazione», ha affermato il ministero della Difesa russo in una nota. La dichiarazione aggiungeva che droni di fabbricazione turca sono stati usati per colpire le truppe del Karabakh vicino al villaggio di Farukh noto anche come Parukh.
Nel 2020, Armenia e Azerbaigian hanno combattuto una guerra per l’enclave a lungo contesa che ha causato oltre 6.500 vittime. Un accordo di cessate il fuoco mediato da Putin ha visto Yerevan cedere aree di territorio, con la Russia che ha schierato un contingente di mantenimento della pace nella regione montuosa.
Ciò che sta succedendo è piuttosto significativo. Le due ex repubbliche sovietiche, Armenia e Azerbaigian, si sono a lungo scontrate per il Nagorno-Karabakh, ognuna con alle spalle coperture di Paesi più forti – dietro Baku agisce apertamente la Turchia, che fornisce armi come i droni assassini, mentre più defilata, dietro l’Armenia, ci sarebbe la Russia (e forse anche l’Iran, che preferisce i cristiani armeni ai correligionari sciiti azeri).
Che la Russia improvvisamente alzi la voce contro Baku può significare la volontà di un intervento in una ex repubblica sovietica tra le più «indipendenti» da Mosca, grazie al gas e grazie alla famiglia di autocrati al vertice del Paese, gli Aliyev, coinvolti nei casi .
Analisti antirussi potrebbero immediatamente notare che si tratterebbe, nel mentre dell’«operazione militare» che potrebbe porre fine alla storia dell’Ucraina come Stato indipendente, di un’ulteriore estensione alla ricerca degli antichi confini imperiali russi.
Tuttavia, vale la pena di ricordare qualcosa di più concreto: l’Azerbaigian è un enorme fornitore di gas dell’Europa, e in particolare dell’Italia: è da noi che si ferma il famoso gasdotto TAP, quello che ecologisti e grillini d’un tempo volevano fermare per salvare gli ulivi pugliesi. Da lì, il gas azero arriva in Europa.
In questo preciso momento storico, è comprensibile l’importanza che può avere il TAP.
Se la Russia arrivasse a controllare anche il gas azero, pianterebbe un ulteriore chiodo nella bara della crisi energetica europea.
Un allargamento di fronte che consentirebbe una ulteriore mossa di Putin verso il consolidamento di un mondo de-dollarizzato, dove la Russia controlla la maggior parte del gas naturale e di risorse come grano, fertilizzanti, metalli etc
È notizia di oggi: il ministro degli Esteri Giggino di Maio e l’AD di ENI Descalzi in Qatar si sono sentiti dire che sostituire la quantità di gas russo di cui abbisogna l’Italia è impossibile.
Quindi, se la Russia con l’Armenia compisse una «operazione speciale» anche a Baku? Una TAP in mano russa potrebbe segnare la disfatta della stupida geopolitica occidentale, drogata dalla demenza senile di Biden e dalla zeloteria ancestrale e vendicativa di Victoria Nuland.
Certo, a quel punto, salterebbe anche il rapporto ambivalente tra Russia e Turchia, acerrimi nemici in buoni rapporti, nonostante una sia nella NATO (ma compra i missili russi) e venda i droni Bayraktar (prodotti dall’azienda del genero di Erdogan) ai nemici della Russia in Ucraina e combatta i proxy russi in Libia (c’è Ankara dietro a Tripoli contro Haftar: perché l’Italia in tutto questo è sparita).
Di più: si disse che la Turchia, dopo aver portato jihadisti in Afghanistan e in Libia, ne aveva portati almeno 4000 a combattere gli armeni. Secondo alcuni rapporti, vi sarebbero ora miliziani siriani e turchi diretti in Ucraina per vendicarsi del risolutivo intervento di Mosca in Siria.
Un anno fa, Erdogan aveva cantato vittoria in Nagorno-Karabakh. I russi, come sempre, hanno semplicemente aspettato, lasciato maturare le cose…
Geopolitica
Atrocità contro gli armeni in Nagorno-Karabakh: le testimonianze dei profughi

Patrick Lancaster, giornalista americano indipendente noto per i suoi reportage sul Donbass dove si è trasferito a vivere, ha recentemente intervistato i cittadini dell’Artsakh, tra cui alcuni bambini, riguardo all’operazione militare dell’Azerbaigian. I testimoni affermano che soldati azeri avrebbero brutalmente ucciso uomini, donne e bambini innocenti.
Nel video postato tra i profughi in Armenia dal Lancaster, che pare provato dai racconti, un ragazzino racconta la storia della sua fuga assieme alla famiglia nell’esodo generale degli armeni dell’Artsakh, tra la minaccia dei soldati di Baku, gli ingorghi per strada e la mancanza di cibo. Dice che i russi li hanno protetti, e che gli azeri temono l’accusa di genocidio, ciononostante hanno sparato sulle case del suo villaggio, poi alle persone. Il giovane dice che quando la sua comunità è tornata a raccogliere i corpi, hanno scoperto che ai morti erano state tagliate le braccia, le orecchie e le gambe.
Lancaster ha quindi parlato con una madre che stava fuggendo dalla sua terra natale con i suoi quattro figli. «Stiamo salvando le nostre vite e i nostri bambini dagli azeri», dice. «Abbiamo perso tutto. Abbiamo perso la nostra patria, le nostre case, la nostra storia». È la seconda volta che accade, dichiara, perché avevano già perso il loro villaggio nella guerra precedente.
Il marito è ancora a Stepankert e sta cercando di uscirne. Dice che ha un figlio con meno di due anni, e lo allattato al seno per tutto il tempo, perché durante il blocco non c’era niente da mangiare.
«Questa è storicamente la nostra terra! Avremmo dovuto vivere e morire lì! E questo è quello che ci hanno fatto! Non siamo pronti a vivere con loro. Non ci fidiamo di loro. Non sono persone pacifiche».
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Alla domanda se sia vero che gli azeri stanno tagliando gole e braccia risponde che «sì, ed è la stessa cosa nella guerra precedente. È così. Non lo so. È il loro modo di fare le cose».
Una signora anziana racconta che l’artiglieria è iniziata di prima mattina il 19 settembre. «Siamo corsi al rifugio. Poi i russi sono arrivati e ci hanno resi un po’ più sicuri». Poi sono stati portati all’aeroporto. «Sulla strada gli azeri sono stati gentili, ci hanno dato pane e acqua». Tuttavia, non si fida a tornare perché «tieni a mente che possono farlo ancora», riferendosi alla pulizia etnica azera.
«Un ragazzo di 19 anni, gli hanno impiantato un chiodo in testa! E poi lo hanno ucciso! È stato crudele. È stato negli anni Cinquanta e Sessanta. E poi, nel 1988, è stato fatto lo stesso a Baku Sumgait! Noi abbiamo vissuto pacificamente, ma loro non ci hanno lasciato vivere! Capite?»
La signora quindi dichiara al reporter americano che gli azeri «hanno ucciso dei bambini! Hanno tagliato loro la testa! Hanno ucciso anche i bambini piccoli!».
Un’altra donna interrompe: «è vero! al 100! Il bambino era mio parente!
L’anziana continua «hanno distrutto i bambini negli asili. Hanno tagliato loro braccia e gambe». Perché lo fanno? «Ci mostrano che è una guerra, fanno le cose in modo diverso».
«Sono terroristi, non sono esseri umani. Non c’è nulla di umano in loro. Questo è» continua la donna che dice di aver perso un bambino della sua famiglia. Lancaster dice che la donna sostiene che i suoi parenti sono stati decapitati dagli azeri.
Oltre 100.000 persone, ovvero oltre l’80% della popolazione dell’Artsakh nella regione del Nagorno-Karabakh, si sono trasferite la scorsa settimana a seguito dell’improvvisa azione militare dell’Azerbaigian.
Al momento non vi è condanna dell’ONU per l’accaduto. Nessuna vera condanna nemmeno da parte di USA, Federazione Russa, Unione Europea.
Immagine screenshot da Rumble
Geopolitica
La Russia accusa di terrorismo i comandanti ucraini

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Geopolitica
La Polonia introduce controlli alle frontiere con gli altri Paesi Schengen

Il governo polacco attuerà controlli temporanei alla frontiera con la Slovacchia a causa del crescente numero di migranti illegali che cercano di entrare in Germania attraverso la rotta balcanica, ha annunciato martedì in una conferenza stampa il ministro degli Interni Mariusz Kaminski. Misure simili sono state adottate anche dai governi di Austria e Repubblica Ceca.
Kaminski ha dichiarato che solo nelle ultime due settimane le autorità polacche hanno individuato e arrestato un totale di 551 migranti illegali alla frontiera e che il numero di migranti illegali è aumentato del 1000% rispetto allo scorso anno.
Sia la Polonia che la Slovacchia fanno parte della zona Schengen, il che significa che di solito non esistono controlli standard alle frontiere tra le due nazioni.
Varsavia ha affermato che le nuove misure verranno introdotte per un periodo iniziale di dieci giorni. Il comandante della guardia di frontiera polacca, Tomasz Praga, ha osservato che i controlli potranno successivamente essere rinnovati per periodi non superiori a 20 giorni. Un altro rappresentante delle guardie di frontiera ha inoltre affermato durante la conferenza stampa che il periodo totale durante il quale i controlli alle frontiere possono essere ripristinati non può superare i due mesi.
«Intraprendiamo tali azioni perché siamo uno Stato responsabile. Stiamo difendendo efficacemente il confine con la Bielorussia e speriamo che il problema nei Balcani e sul confine polacco-slovacco venga risolto in modo efficace», ha affermato Kaminski.
Il ministro degli Interni ha accusato le politiche di Bruxelles dell’ondata di rifugiati, affermando che la politica migratoria dell’UE è «irresponsabile e inadeguata alla realtà».
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«L’unica risposta adeguata all’ondata di migrazione illegale è una dura protezione delle frontiere esterne dell’UE e un cambiamento nel sistema di asilo», ha affermato.
Nel frattempo anche la Repubblica Ceca e l’Austria hanno annunciato i controlli alle frontiere con la Slovacchia che inizieranno a mezzanotte e dureranno inizialmente dieci giorni. Il primo ministro ceco Petr Fiala ha dichiarato che «grazie alle ispezioni saremo in grado di garantire ancora meglio la sicurezza dei nostri cittadini», sottolineando che Praga combatte attivamente i trafficanti e i «commercianti di miseria umana».
Anche il ministro degli Interni austriaco Gerhard Karner ha affermato che lo scopo dei controlli è impedire ai trafficanti di intraprendere rotte alternative verso l’UE attraverso l’Austria.
Il mese scorso, le autorità tedesche hanno anche denunciato l’afflusso di richiedenti asilo nel paese e hanno introdotto pattuglie di polizia ai confini con la Polonia e la Repubblica ceca. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato che il numero di rifugiati che arrivano in Germania è «troppo elevato» e ha insistito sulla necessità di cambiare la situazione migratoria.
«Le cose non possono rimanere come sono adesso: più del 70% di tutti i rifugiati che arrivano in Germania non sono stati registrati in anticipo, anche se quasi tutti sono stati in un altro Paese dell’UE», ha detto Scholz.
A qualcuno potrebbero tornare alla mente – perché certe cose non si dimenticano – i sacri confini di Schengen invocati dall’allora premier Conte a inizio pandemia. Ovviamente Schengen fu sospesa, con i valichi dall’Italia considerata infetta chiusi dai Paesi limitrofi, e le famiglie a Gorizia che dovevano parlarsi attraverso una rete di confine.
Come riportato da Renovatio 21, l’Austria dieci mesi fa ha di fatto rigettato il sistema Schengen attuando un blocco per gli ingressi di Romania e Bulgaria. Il cancelliere austriaco Karl Nehammer un mese fa ha ribadito che il sistema di immigrazione della UE «è rotto da anni».
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Immagine di Janusz Jurzyk via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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