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Geopolitica

«L’élite occidentale è fallita. Sono i russi ora i veri europei»: parla il politologo di Mosca Karaganov

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Su Rossiskaja Gazeta, uno dei principali giornali russi, è uscita una lunga, densa intervista all’esperto di relazioni internazionali Sergej Karaganov, presidente onorario del Consiglio russo per la politica estera e di difesa, supervisore accademico presso la Scuola di economia internazionale e affari esteri (HSE) di Mosca, e un ex consigliere del Cremlino.

 

Karaganov è noto ai lettori di Renovatio 21 per i suoi ripetuti appelli riguardo la revisione della strategia militare atomica di Mosca, arrivando a ipotizzare la nuclearizzazione di una città europea in risposta al sostegno della guerra ucraina. Lo studioso, negli anni dopo il muro, era stato vicino a vari pensatoi occidentali come i rockfelleriani Council for Foreign Relations e Commissione Trilaterale.

 

L’intervista è particolarmente significativa perché mostra come la separazione tra Russia ed Europa sia oramai un fatto compiuto anche dal punto di vista intellettuale, con una nuova prospettiva storica ora installata definitivamente nella mente russa: l’Occidente, con il suo mezzo millennio di predazioni globali, è finito; ora la Russia, che pure può avere radici europee, farà da sé.

 

La Russia, dice nell’intervista il Karaganov, deve comprendere chi è veramente: «grande potenza eurasiatica, l’Eurasia settentrionale. Un liberatore di nazioni, un garante della pace e un perno politico-militare della maggioranza mondiale. Questo è il nostro destino».

 

La cornice è quella di un mondo divenuto multipolare ma sempre più pervaso da conflitti ed instabilità, dove la Russia ha però il potere di isolarsi ma anche di incidere sulla storia. Mentre l’Europa, con l’occidente, è perduta.

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L’intervistatore Evgenij Shostakov chiede dapprima a Karaganov se data l’attuale difficile situazione di politica estera sia necessaria una teoria concettualmente diversa della deterrenza contro i nemici della Russia per fermare il crescente confronto in una fase iniziale e per scoraggiare i nostri avversari dall’alimentare i conflitti.

 

«Le élite dell’Europa occidentale – e soprattutto in Germania – sono in uno stato di fallimento storico» risponde Karaganov. «La base principale del loro dominio durato 500 anni è stata la superiorità militare, su cui è stato costruito il dominio economico, politico e culturale dell’Occidente. Ma questo è stato loro tolto di mano. Con l’aiuto di questo vantaggio, hanno manipolato le risorse mondiali a loro favore. Prima hanno saccheggiato le loro colonie, poi hanno fatto lo stesso lo stesso, ma con metodi più sofisticati».

 

«Le élite occidentali di oggi non riescono ad affrontare una serie di problemi crescenti nelle loro società. Questi includono una classe media in contrazione e una crescente disuguaglianza. Quasi tutte le loro iniziative stanno fallendo» continua il Karaganov. «L’Unione Europea, come tutti sanno, si sta lentamente ma inesorabilmente espandendo. Ecco perché la sua classe dirigente è ostile alla Russia ormai da circa 15 anni. Hanno bisogno di un nemico esterno; Josep Borrell l’anno scorso ha definito il mondo attorno al blocco una giungla. In passato, infatti, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha affermato che le sanzioni adottate dall’UE contro la Russia erano necessarie innanzitutto per unire l’Unione europea ed evitare che crollasse».

 

«Le élite tedesche e dell’Europa occidentale hanno un complesso di inferiorità in quella che per loro è una situazione ormai mostruosa, in cui la loro parte del mondo viene conquistata da tutti. Non solo da parte di cinesi e americani, ma anche di tanti altri Paesi. Grazie alla liberazione del mondo da parte della Russia dal “giogo occidentale”, l’Europa occidentale non domina più gli stati del Sud del mondo, o come li chiamo io, i paesi della maggioranza mondiale».

 

«La minaccia che oggi presenta l’Europa occidentale è che il Vecchio Mondo ha perso la paura dei conflitti armati. E questo è molto pericoloso. Allo stesso tempo, l’Europa occidentale, lasciatemelo ricordare, è stata la fonte dei peggiori disastri della storia umana».

 

«Ora in Ucraina si lotta non solo per gli interessi della Russia, per gli interessi della sua sicurezza, ma anche per prevenire un nuovo confronto globale. La minaccia è in crescita. Ciò è dovuto anche ai disperati tentativi di contrattacco dell’Occidente per mantenere il proprio dominio. Le attuali élite dell’Europa occidentale stanno fallendo e perdendo influenza nel mondo in misura molto maggiore rispetto alle loro controparti americane».

 

«La Russia sta combattendo la propria battaglia e la sta combattendo con successo. Stiamo agendo con sufficiente sicurezza per riportare alla sbornia queste élite occidentali, per evitare che scatenino un altro conflitto mondiale disperate per i loro fallimenti. Non dobbiamo dimenticare che i predecessori di questi stessi popoli hanno scatenato due guerre mondiali nell’arco di una generazione nel secolo scorso. Ora, la qualità di queste élite è addirittura inferiore rispetto ad allora.

 

L’intervistatore chiede se lo studioso si riferisca ad una sconfitta di natura spirituale.

 

«Sì, ed è spaventoso» risponde Karaganov. «Dopotutto, anche noi facciamo parte della cultura europea. Ma spero che, attraverso una serie di crisi, forze sane prevalgano su quella parte del continente, diciamo, tra circa 20 anni. E si risveglierà dal suo fallimento, compreso il suo fallimento morale».

 

Dinanzi alla russofobia e alla cancel culture che ad Ovest si abbatte su ciò che è russo, il politologo russo tuttavia rigetta la prospettiva di una simmetrica «cancellazione» dell’Occidente in Russia.

 

«L’Occidente sta chiudendo la cortina di ferro, innanzitutto perché i veri europei siamo noi in Russia. Rimaniamo sani. E vogliono escludere queste forze sane. In secondo luogo, l’Occidente sta chiudendo questo sipario, ancora più strettamente che durante la Guerra Fredda, per mobilitare la propria popolazione per le ostilità. Ma non abbiamo bisogno di uno scontro militare con l’Occidente, quindi faremo affidamento su una politica di contenimento per prevenire il peggio».

 

«Naturalmente non cancelleremo nulla, compresa la nostra storia europea. Sì, abbiamo completato il nostro viaggio europeo. Penso che si sia trascinato un po’, forse per un secolo. Ma senza il vaccino europeo, senza la cultura europea, non saremmo diventati una potenza così grande. Non avremmo avuto Dostoevskij, Tolstoj, Pushkin o Blok».

 

«Manterremo quindi la cultura europea, che l’Occidente del nostro continente sembra voler abbandonare. Ma spero che non si distrugga completamente, a questo proposito. Perché l’Europa occidentale non sta abbandonando solo la cultura russa, ma sta abbandonando anche la propria cultura. Sta cancellando una cultura che è in gran parte basata sull’amore e sui valori cristiani. Sta cancellando la sua storia, distruggendo i suoi monumenti. Tuttavia, non rifiuteremo le nostre radici europee».

 

«Sono sempre stato contrario a guardare all’Occidente con mera schizzinosità. Non dovresti farlo. Allora saremmo come loro. E ora stanno scivolando verso un’inevitabile marcia verso il fascismo. Non abbiamo bisogno di tutti i contagi che si sono verificati e stanno crescendo dall’Europa occidentale. Compreso, ancora una volta, il crescente contagio del fascismo».

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L’intervistato predice quindi un sensibile incremento delle tensioni internazionali per il 2024, e rivela uno effetto non immediatamente visibile della guerra in Ucraina.

 

«Questa tendenza non diventerà una valanga l’anno prossimo. Ma è abbastanza ovvio che aumenterà, perché le placche tettoniche nel sistema mondiale si sono spostate. La Russia è molto più preparata per questo periodo rispetto a qualche anno fa.

 

«L’operazione militare che stiamo conducendo in Ucraina mira, tra le altre cose, a preparare il Paese alla vita nel mondo molto pericoloso del futuro. Stiamo purificando la nostra élite, sbarazzandoci degli elementi corrotti e filo-occidentali. Stiamo rilanciando la nostra economia. Stiamo rianimando il nostro esercito. Stiamo facendo rivivere lo spirito russo. Oggi siamo molto più preparati a difendere i nostri interessi nel mondo rispetto a qualche anno fa. Viviamo in un Paese in ripresa che guarda con coraggio al futuro. L’operazione militare ci sta aiutando a purificarci dagli occidentali e dagli occidentalizzatori, per trovare il nostro nuovo posto nella storia. E infine, rafforzarci militarmente».

 

È prevedibile quindi il ruolo centrale della Russia in questo periodo di guerra che si protrarrà in tutto il globo, dice lo studioso.

 

«Naturalmente siamo entrati in un’era di conflitti prolungati. Ma siamo molto più preparati che mai ad affrontarli. Mi sembra che, perseguendo un percorso volto a contenere l’Occidente e costruendo relazioni con la fraterna Cina, stiamo ora diventando un asse del mondo che può impedire a tutti di scivolare in una catastrofe globale. Ma ciò richiede sforzi per riportare alla sbornia i nostri avversari in Occidente».

 

La Russia ha, sostiene il Karaganov, ancora una volta un ruolo salvifico per l’umanità, chiamati qui «umanità tradizionale». Il nemico, è l’Occidente oramai smarrito e corrotto, portatore di «antivalori».

 

«Siamo entrati in una lotta per salvare il mondo. Forse la missione della Russia è liberare il nostro pianeta dal “giogo occidentale”, salvarlo dalle difficoltà che deriveranno da cambiamenti che già provocano molti attriti. La minaccia deriva in gran parte dal disperato contrattacco dell’Occidente, che si aggrappa al suo dominio di 500 anni, che gli ha permesso di saccheggiare il mondo».

 

«Vediamo che in Occidente sono emersi nuovi valori, inclusa la negazione di tutto ciò che è umano e divino nell’uomo. Le élite occidentali hanno cominciato a coltivare questi antivalori e a sopprimere i valori normali. Quindi abbiamo davanti a noi un periodo difficile, ma spero che preserveremo noi stessi e aiuteremo il mondo a salvare l’umanità tradizionale».

 

«Uno dei tanti problemi che il mondo oggi deve affrontare è, ovviamente, che l’economia globale è in una crisi sistemica a causa della crescita infinita dei consumi. Questo distrugge la natura stessa. L’uomo non è stato creato per consumare; vedere il significato dell’esistenza nell’acquistare cose nuove».

 

Viene quindi domandato se l’Occidente possa salvarsi con un cambio generazionale, anche se, nota l’intervistatore Shostakov «il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock, nata nel 1980, ad esempio, è un membro della nuova generazione, ma le sue opinioni sono più radicali di quelle di altri “falchi” del passato».

 

«Penso che oggi in Occidente abbiamo a che fare con due generazioni di élite che sono già abbastanza degradate. Purtroppo è improbabile che riusciremo a raggiungere un accordo con loro. Tuttavia, continuo a credere che le società e i popoli, compresi quelli dell’Europa occidentale, torneranno ai valori normali. Naturalmente, ciò richiederà un cambiamento nelle generazioni di élite».

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Tuttavia, non c’è da nutrire grandi speranze: «non credo che forze reali, pragmatiche e, ripeto, nazionali possano arrivare al potere nell’Europa occidentale nel prossimo futuro. Quindi credo che se mai si parlerà di un ritorno a relazioni normali tra Russia e Occidente, ci vorranno almeno 20 anni» preconizza Karaganov.

 

«Dobbiamo anche renderci conto che non abbiamo più bisogno dell’Occidente. Abbiamo tratto tutto ciò che potevamo da questo meraviglioso viaggio europeo iniziato da Pietro il Grande. Ora dobbiamo tornare a noi stessi, alle origini della grandezza della Russia. Questo è, ovviamente, lo sviluppo della Siberia. Il suo nuovo sviluppo, che significa raggiungere nuovi orizzonti».

 

«Dobbiamo ricordare che non siamo tanto un Paese europeo quanto eurasiatico. Non mi stancherò mai di ricordarvi che Aleksandr Nevskij trascorse un anno e mezzo viaggiando attraverso l’Asia centrale e poi la Siberia meridionale, diretto a Karakorum, la capitale dell’Impero mongolo. In effetti, fu il primo siberiano russo. Ritornando in Siberia, negli Urali, costruendo nuove strade, nuove industrie, stiamo tornando a noi stessi, alle radici dei nostri 500 anni di grandezza. Fu solo dopo l’apertura della Siberia che la Russia trovò la forza e l’opportunità di diventare una grande potenza».

 

L’intervistatore quindi chiede quanto sia ragionevole dimenticare l’Europa per decenni.

 

«In nessun caso dovremmo dimenticare le antiche pietre sacre dell’Europa di cui parlava Dostoevskij. Fanno parte della nostra autoconsapevolezza. Io stesso amo l’Europa, e Venezia in particolare. Era attraverso questa città che passava la Via della Seta e attraverso di essa passavano le grandi civiltà asiatiche. A quel tempo, tra l’altro, hanno superato la civiltà europea nel loro sviluppo».

 

«Già 150-200 anni fa guardare all’Europa era segno di modernizzazione e progresso. Ma ormai da molto tempo, e ancor più oggi, è un segno di arretratezza intellettuale e morale. Non dovremmo negare le nostre radici europee; dovremmo trattarli con cura. Dopotutto, l’Europa ci ha dato molto. Ma la Russia deve andare avanti. E avanti non significa verso Ovest, ma verso Est e Sud. Lì sta il futuro dell’umanità».

 

«Il Trattato sulle armi offensive strategiche scade nel 2026. Cosa verrà dopo? Dato il nichilismo legale dell’Occidente, possiamo contare su nuovi accordi militari interstatali? Oppure l’umanità è condannata ad una corsa agli armamenti incontrollabile fino all’instaurazione di un nuovo ordine mondiale e, di conseguenza, di un nuovo status quo?» chiede Rossiskaja Gazeta.

 

«È inutile negoziare con le attuali élite occidentali» risponde Karaganov. «Nei miei scritti esorto l’oligarchia occidentale a sostituire queste persone, perché sono pericolose per se stesse, e spero che prima o poi un simile processo abbia inizio. Perché il gruppo attuale è così profondamente degradato che è impossibile negoziare con loro. Certo, devi parlare con loro».

 

«Dopotutto, ci sono altre minacce oltre alle armi nucleari. C’è la rivoluzione dei droni. Sono emerse armi informatiche. C’è l’Intelligenza Artificiale. Sono apparse armi biologiche che possono anche minacciare l’umanità con problemi terribili. La Russia deve sviluppare una nuova strategia per contenere tutte queste minacce. Ci stiamo lavorando, anche presso il nuovo Istituto di Economia e Strategia Militare Internazionale, e continueremo a farlo con le élite intellettuali dei Paesi a maggioranza mondiale. Questi sono, innanzitutto, i nostri amici cinesi e indiani. Ne discuteremo con i nostri colleghi pakistani e arabi. Finora l’Occidente non ha nulla di costruttivo da offrirci. Ma non chiuderemo i battenti».

 

«Nel prossimo futuro, purtroppo, non potranno esserci seri accordi interstatali sulla limitazione delle armi in linea di principio. Semplicemente perché non sappiamo nemmeno cosa limitare e come limitarlo. Ma dobbiamo sviluppare nuovi approcci e instillare visioni più realistiche nei nostri partner in tutto il mondo» dice l’esperto di relazioni internazionali russo.

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«Non è nemmeno tecnicamente possibile contare su accordi sulla limitazione degli armamenti nei prossimi anni. Sarebbe semplicemente una perdita di tempo. Tuttavia, potrebbe essere possibile condurre alcune trattative pro forma. Ad esempio, cercando di vietare nuove aree della corsa agli armamenti. Sono particolarmente preoccupato per le armi biologiche e per le armi spaziali. Si può fare qualcosa in quelle zone. Ma ciò di cui la Russia ha bisogno ora è sviluppare un nuovo concetto di deterrenza, che avrà aspetti non solo militari ma anche psicologici, politici e morali».

 

Riguardo alla guerra ucraina, Karaganov sostiene che «gli Stati Uniti traggono vantaggio dallo scontro in Ucraina. [Nel frattempo] per le élite dell’Europa occidentale, è l’unico modo per evitare il collasso morale. Ecco perché sosterranno il conflitto in Ucraina per molto tempo a venire».

 

«In una situazione del genere, dobbiamo agire con decisione sia sul terreno che nell’area della deterrenza strategica per raggiungere i nostri obiettivi il prima possibile. Allo stesso tempo, è importante capire che la maggior parte del mondo non combatterà contro l’Occidente. Molti Paesi sono interessati allo sviluppo del commercio e di altre relazioni con esso. Pertanto, la maggioranza mondiale è partner ma non alleata della Russia. Dobbiamo essere duri, ma calcolati. Sono quasi certo che con una giusta politica di contenimento e una politica attiva ai margini dell’Ucraina potremo spezzare la volontà della pericolosa resistenza dell’Occidente».

 

«Nel mondo di oggi ognuno pensa a se stesso. È un meraviglioso mondo multipolare e multicolore. Ciò non significa che tra 20 anni non ci saranno dei blocchi, incluso un blocco filo-russo condizionato. Dobbiamo ritrovare noi stessi, capire chi siamo. Una grande potenza eurasiatica, l’Eurasia settentrionale. Un liberatore di nazioni, un garante della pace e un perno politico-militare della maggioranza mondiale. Questo è il nostro destino».

 

«Siamo preparati in modo unico per questo mondo grazie all’apertura culturale che abbiamo acquisito dalla nostra storia. Siamo religiosamente aperti. Siamo aperti a livello nazionale. Queste sono tutte cose che ora stiamo difendendo» conclude Karaganov, con una nota spirituale.

 

«Ci rendiamo sempre più conto che la cosa più importante per noi è lo spirito russo e la cultura russa. Siamo tutti russi: russi russi, tatari russi, ceceni russi, yakut russi… Penso che stiamo ritrovando noi stessi. Ed entro nel nuovo anno con un senso di elevazione spirituale e ottimismo. La Russia sta rinascendo. È assolutamente ovvio».

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Immagine di Venzz via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine modificata

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Geopolitica

Ancora botte dentro e fuori il Parlamento della Georgia. Ma la legge sugli «agenti stranieri» passa

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Mercoledì i deputati georgiani si sono scontrati in parlamento in vista della sessione plenaria in cui verrà deciso il destino di un controverso disegno di legge sugli «agenti stranieri» che ha scatenato violente proteste.   La legislazione, ufficialmente nota come disegno di legge «Sulla trasparenza dell’influenza straniera», è una nuova versione di un disegno di legge simile proposto lo scorso anno dal partito al potere K’art’uli Ots’neba, «Sogno Georgiano», che richiede alle organizzazioni e agli individui con più del 20% di finanziamenti esteri di registrarsi come «agenti stranieri» e rivelare i propri donatori.   Il disegno di legge è stato ripresentato in parlamento con piccole modifiche all’inizio del mese scorso, e da allora è stato approvato in due letture. L’opposizione considera la legislazione autoritaria e si oppone fermamente ad essa.

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Mercoledì un video pubblicato online dalla deputata dell’opposizione Salome Samadashvili mostrava diversi suoi colleghi che si afferravano e urlavano nella sala conferenze principale del parlamento. Non è chiaro cosa si sia detto esattamente durante l’alterco, ma si può sentire una voce che grida «istigatore!», secondo quanto riportato da RT.   La stessa Samadashvili non sembra aver preso parte all’alterco ma, secondo quanto riportato dai media, le è stato successivamente chiesto di lasciare la sessione plenaria.  

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Si tratta del secondo incidente questa settimana in cui le discussioni parlamentari sulla nuova legislazione sono diventate violente. Lunedì la deputata dell’opposizione Khatia Dekanoidze ha colpito con una bottiglia d’acqua Guram Macharashvili, un deputato del partito al governo.   Due settimane prima, in un’altra sessione dedicata al disegno di legge era scoppiata una rissa dopo che il deputato dell’opposizione Aleko Elisashvili aveva dato un pugno in faccia a Mamuka Mdinaradze, un forte sostenitore della legislazione.   La proposta di legge ha scatenato proteste di massa anche fuori dal parlamento. I filmati girati negli ultimi giorni mostrano manifestanti dell’opposizione che si scontrano con agenti di polizia, che vengono visti usare spray al peperoncino, gas lacrimogeni e idranti per disperdere la folla.   Gli stati occidentali, inclusi Stati Uniti e Unione Europea, hanno criticato la proposta di legge, sostenendo che complicherebbe il lavoro di molte ONG straniere nel paese. Bruxelles ha persino avvertito la Georgia, alla quale è stato recentemente concesso lo status di candidata all’UE, che l’adozione della legislazione potrebbe mettere a repentaglio la candidatura del paese all’adesione.   Tuttavia, la scorsa settimana il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze ha insistito sul fatto che il disegno di legge è una «condizione necessaria per andare avanti» nel percorso verso l’adesione all’UE perché renderebbe la Georgia più trasparente.   Ieri il Parlamento georgiano ha approvato la seconda lettura del disegno di legge. Il ministero della Sanità georgiano, in un bollettino citato dai media georgiani, ha detto che 11 persone, tra cui sei agenti di polizia, hanno ricevuto cure ospedaliere dopo gli scontri seguiti all’approvazione del disegno di legge.  

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Il vice ministro dell’Interno Aleksandre Darakhvelidze, citato dai media georgiani, ha affermato che i manifestanti hanno tentato di entrare in parlamento utilizzando vari oggetti e hanno attaccato i poliziotti. Darakhvelidze ha detto che l’azione della polizia martedì ha provocato 63 arresti e il ferimento di sei agenti di polizia.   La Georgia ad inizio degli anni 2000 è stata teatro di una «rivoluzione colorata», la cosiddetta «rivoluzione delle rose», guidata da Mikheil Saakashvili, personaggio politico ora in carcere, dopo essere fuggito in Ucraina dove il presidente Poroshenko lo aveva fatto governatore dell‘oblast’ di Odessa.   Secondo quanto riportato, all’epoca l’Open Society Institute (OSI), finanziato da George Soros, sosteneva Mikheil Saakashvili e una rete di organizzazioni filo-democratiche. L’OSI ha inoltre pagato un certo numero di studenti attivisti affinché andassero in Serbia e imparassero dai serbi che avevano contribuito a rovesciare Slobodan Milosevic nel 2000.I promotori della democrazia occidentale hanno anche diffuso sondaggi di opinione pubblica e analizzato i dati elettorali in tutta la Georgia.   Una significativa fonte di finanziamento per la Rivoluzione delle Rose fu quindi la rete di fondazioni e ONG associate al finanziere miliardario ungherese-americano George Soros. La Fondazione per la Difesa delle Democrazie riporta il caso di un ex parlamentare georgiano che ha sostenuto che nei tre mesi precedenti la Rivoluzione delle Rose, «Soros ha speso 42 milioni di dollari per rovesciare Shevardnadze».   «Queste istituzioni sono state la culla della democratizzazione, in particolare la Fondazione Soros… tutte le ONG che gravitano attorno alla Fondazione Soros hanno innegabilmente portato avanti la rivoluzione. Tuttavia, non si può concludere la propria analisi solo con la rivoluzione e si vede chiaramente che, in seguito, la Fondazione Soros e le ONG sono state integrate al potere» ha dichiarato alla rivista dell’Istituto Francese per la Geopolitica Herodote l’ex ministro degli Esteri Salomé Zourabichvili, ora presidente della Georgia.  

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Geopolitica

I palestinesi cacciano via l’ambasciatore tedesco

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L’ambasciatore tedesco presso l’Autorità Palestinese è stato braccato da una folla inferocita e costretto a fuggire durante una visita all’Università di Birzeit in Cisgiordania. Lo riporta RT.

 

I media riferiscono che gli studenti hanno preso di mira il diplomatico a causa del sostegno del suo paese a Israele nella guerra contro Hamas.

 

Un video dell’incidente pubblicato sui social media mostra l’ambasciatore Oliver Owcza che cammina velocemente verso il suo veicolo mentre i manifestanti lo seguono e lo disturbano martedì. Un’altra clip mostra una folla che circonda e prende a calci l’auto di Owcza, strappa uno specchietto laterale e lancia oggetti mentre si allontana.

 

Owcza faceva parte di un gruppo di inviati europei che sono stati «attaccati» mentre partecipavano a un incontro al Museo Nazionale Palestinese, situato nel campus dell’Università Birzeit a nord di Ramallah, secondo il Jerusalem Post. Diversi veicoli del corteo degli ambasciatori sono rimasti danneggiati, compreso almeno uno con il finestrino posteriore rotto.

 

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Un diplomatico ha detto a Reuters che una folla è apparsa fuori dall’incontro, chiedendo che gli inviati se ne andassero, e che i tentativi di parlare con i manifestanti non hanno avuto successo e che i visitatori sono dovuti fuggire. Nessuno è rimasto ferito o minacciato gravemente, ha aggiunto.

 

La Germania ha storicamente sostenuto Israele politicamente e militarmente. L’esercito israeliano acquista gran parte dei suoi armamenti da Berlino, scrive RT. Tuttavia, i leader tedeschi sono stati critici nei confronti delle politiche israeliane e hanno donato oltre 1 miliardo di euro (1,07 miliardi di dollari) in aiuti all’Autorità Palestinese, sostenendo i diritti dei palestinesi e hanno spinto per un accordo di pace a due Stati.

 

Amr Kayed, uno studente dell’Università di Birzeit, avrebbe affermato che i diplomatici dell’UE sono stati costretti ad andarsene perché «chiunque sia complice del genocidio e dell’offensiva su Gaza» non è il benvenuto a scuola.

 

L’ambasciatore Owcza ha minimizzato l’incidente, affermando in un post su X (ex Twitter) che Jla protesta pacifica e il dialogo hanno sempre il loro posto» e aggiungendo che «ci rammarichiamo che l’incontro di oggi dei capi missione dell’UE presso il Museo Nazionale di Birzeit sia stato indebitamente interrotto dai manifestanti. Ciononostante, rimaniamo impegnati a lavorare in modo costruttivo con i nostri partner palestinesi».

 

Come riportato da Renovatio 21, ad inizio mese il Nicaragua ha portato la Germania davanti alla Corte Internazionale per complicità nel genocidio di Gaza.

 

La complicità europea è stata sottolineata dall’eurodeputata irlandese Clare Daly che ha apostrofato la presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula Von der Leyen, come «frau genocidio».

 

La complicità europea è stata sottolineata dall’eurodeputata irlandese Clare Daly che ha apostrofato la presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula Von der Leyen, come «frau genocidio».

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Geopolitica

Dopo l’incidente d’auto, il ministro israeliano Ben Gvir si è già ripreso e minaccia di far cascare Netanyahu se non entra a Rafah

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Quattro giorni fa il veicolo del ministro della sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben Gvir, è stato coinvolto in un incidente stradale nella città di Ramla. Le prime immagini dell’accaduto sono circolate su Internet attraverso un video che segue. Secondo le informazioni disponibili, sembra che il leader del partito ultrasionista Otzma Yehudit sia stato trasportato in ospedale immediatamente dopo l’incidente.   Testimoni oculari hanno riferito che il ministro è passato con un semaforo rosso, mentre la polizia ha dichiarato che due veicoli sono coinvolti nella collisione e che tre persone, insieme a Ben Gvir, sono state portate in ospedale con ferite lievi. Le immagini dell’incidente mostrano il veicolo ufficiale del ministro ribaltato, mentre un’altra auto ha subito danni alla parte anteriore. Le autorità stanno lavorando per determinare la causa dell’incidente.   Il reporter del canale 12, Amit Segal, ha raccontato di un testimone che ha visto il veicolo di Ben Gvir passare con il semaforo rosso. Segal ha anche riportato che negli ultimi mesi il veicolo ufficiale del ministro ha commesso diverse violazioni del codice della strada.  

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Come riportato da Renovatio 21, il sionismo oltranzista del Ben Gvir è di tale intensità da spingerlo addirittura ad attaccare Washington, dichiarando che Israele «non è un’altra stella sulla bandiera americana». Una frase che risulta inaudita per i rapporti tra lo Stato Ebraico e la superpotenza sua protettrice.   Le speculazioni su un possibile attentato si spengono presto davanti allo stuolo di precedenti che ha il caso. Lo scorso agosto, il Ben Gvir era stato coinvolto in un altro incidente dovuto alla violazione di un semaforo mentre si dirigeva verso un’intervista. I media israeliani hanno anche riferito che il ministro avrebbe dato istruzioni al suo autista per violare regolarmente le norme del traffico.   Secondo quanto riportato, tuttavia, la polizia israeliana non gli avrebbe fatto la multa.   Ad ogni modo, nonostante l’ulteriore terrificante incidente, il ministro, dopo due giorni di convalescenza all’ospedale Hadassah pare tornato in sé con grande velocità, con tweet molto eloquenti riguardo la tenuta del governo Netanyahu.   Per esempio, il nostro ripete, commentando con la parola «promemoria», un tweet dello scorso gennaio: «Accordo promiscuo = scioglimento del governo».     L’Itamar, dimesso, ha già chiesto ed ottenuto un incontro con il premier Netanyahu in cui ha preteso l’invasione di Rafah.  

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«Ho terminato un incontro con il Primo Ministro su mia richiesta» dice il ministro Ben Gvirro nel video pubblicato su X. «Ho avvertito il Primo Ministro se Dio non voglia che Israele non entri a Rafah, se Dio non voglia che finiamo la guerra, se Dio non voglia che ci sarà un accordo promiscuo».   La richiesta, pura è semplice, è per la continuazione della guerra che altrove definiscono, con sempre maggiore frequenza, «genocidio».   «Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» dichiara il ministro sionista, che sembra alludere ancora una volta la sua capacità di far cascare l’esecutivo retto dal Bibi. «Accolgo con favore queste cose. Penso che il Primo Ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero».   A marzo il Ben Gvir aveva sollecitato il ministro della Difesa Yoav Gallant a dichiarare guerra al Libano. «Gallant, l’esercito è sotto la tua responsabilità, cosa stai aspettando? Più di 100 razzi sono stati lanciati contro lo Stato di Israele e tu stai seduto in silenzio?» aveva detto in un video condiviso sul suo account sui social media. Ben-Gvir esortava ad attaccare il Libano, dicendo, come riporta il canale di Stato turco TRT: «cominciamo a rispondere, ad attaccare e a combattere ora».   Il ministro Itamar Ben Gvir appartiene al partito sionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») è associato al movimento erede del partito Kach, poi dissolto da leggi anti-terroriste varate dal governo Rabin nel 1994, fondato dal rabbino americano Mehir Kahane.   Kach è nella lista ufficiale delle organizzazioni terroristiche di USA, Canada e, fino al 2010, su quella del Consiglio dell’Unione Europea. Il Kahane fu assassinato in un vicolo di Nuova York nel 1990, tuttavia le sue idee permangono nel sionismo politico, in primis l’idea di per cui tutti gli arabi devono lasciare Eretz Israel, la Terra di Israele.   Come riportato da Renovatio 21, il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.

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Il Ben Gvir da ministro l’anno scorso ha vietato le bandiere palestinesi, mentre quest’anno un altro membro del partito ha minimizzato riguardo gli sputi degli ebrei contro i pellegrini cristiani (un’«antica tradizione ebraica»), mentre sul territorio si moltiplicano gli attacchi e le profanazioni ai danni dei cristiani e dei loro luoghi in Terra Santa.   Come riportato da Renovatio 21, in un altro editoriale Haaretz scriveva che «il governo di Netanyahu è tutt’altro che conservatore. È un governo rivoluzionario, di destra, radicale, messianico che ha portato avanti un colpo di Stato e sogna di annettere i territori».   Il Ben Gvir era tra i relatori del grande convegno sulla colonizzazione ebraica di Gaza, celebrato con balli sfrenati su musica tunza-tunza.   Il messianismo sionista si basa sulla teoria apocalittica del Terzo Tempio, che ha diversi sostenitori anche nel protestantesimo americano.   Tali idee religiose sulla fine del mondo sono riaffiorate poche settimane fa quando un gruppo sionista ha domandato di portare sulla spianata delle Moschee – cioè il Monte del Tempio degli ebrei – una giovenca rossa, che, sacrificata come prescritto nei Libro dei numeri, darebbe ceneri con cui purificare i rabbini necessari ai riti per la venuta del messia degli ebrei, che per i cristiani, secondo varie vulgate, sarebbe esattamente l’anticristo.   Come riportato da Renovatio 21, anche la settimana scorsa alcuni giovani ebrei sono stati arrestati mentre tentavano di trafugare sul Monte del tempio alcuni capretti da offrire in sacrificio, un atto che è sia una provocazione nei confronti dei palestinesi musulmani, sia un procedimento inserito all’interno di un sistema di riti apocalittici.

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Immagine screenshot da YouTube  
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