Geopolitica
326° giorno di guerra
– Putin: la dinamica dell’operazione militare in Ucraina è positiva, si sta sviluppando secondo i piani del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore.
– Stoltenberg dice che questa fase della guerra è decisiva e chiede a Berlino di fornire carri armati a Kiev.
– Le truppe ucraine hanno bombardato Donetsk, sono stati colpiti un supermercato e una farmacia, un palazzo residenziale è stato danneggiato.
Almeno tre persone sono rimaste ferite, sotto le macerie possono esserci altre persone.
– The Times: la Russia prepara ulteriore mobilitazione di circa mezzo milione di uomini per raggiungere il vantaggio di 3:1 che consentirebbe di chiudere la partita. Il fronte interno vacilla ma non crolla.
– Primo ministro ucraino: L’Ucraina e l’UE hanno firmato un memorandum sui 18 miliardi di euro di aiuti a Kiev.
– Bloomberg ha pubblicato l’elenco di assistenza militare che i Paesi occidentali hanno fornito a Kiev durante l’intero periodo delle ostilità:
410 carri armati dell’era sovietica;
Circa 300 veicoli corazzati e veicoli da combattimento di fanteria;
1100 veicoli corazzati;
Circa 925 veicoli MRAP;
Più di 1540 veicoli di fanteria;
300 obici trainati;
95 lanciarazzi;
415 droni da ricognizione;
14 aerei d’attacco russi Su-25 sono stati acquistati dalla Bulgaria dai paesi della NATO e consegnati all’Ucraina;
4 Su-25 dalla Macedonia del Nord;
20 elicotteri Mi-17 di fabbricazione russa, originariamente destinati all’Afghanistan, sono stati donati dagli Stati Uniti;
11 elicotteri di progettazione sovietica provenienti da Repubblica Ceca, Slovacchia e Lettonia.
– Rafael Grossi: L’AIEA espande la sua presenza in Ucraina per prevenire un incidente nucleare durante il conflitto.
I rappresentanti dell’organizzazione ora sono presenti in tutte le centrali nucleari del paese per fornire assistenza nel campo della sicurezza e protezione nucleare.
– Sulla base di sondaggi Pew Reasearch viene redatto questo interessante schema comparativo. Nei paesi NATO quasi un terzo della popolazione è contro l’alleanza, ma la rappresentanza parlamentare è di appena il 6%.
– Novak, vicepremier russo e curatore del settore energetico dice che nel 2022 Power of Siberia ha fornito alla Cina 15,5 mld. m3 di gas.
– Gli USA sono disponibili fornire gas alla UE per 380 dollari per 1000 metri cubi, ma solo in cambio di contratti a lungo termine. Lo ha detto il responsabile del principale produttore USA Toby Rice.
– Il primo ministro svedese Ulf Kristersson ha affermato che la Turchia ha avanzato richieste irrealistiche per approvare l’adesione della Svezia alla NATO: «Vogliono ciò che noi non possiamo e non vogliamo dare loro. Ora la decisione spetta alla Turchia». La Turchia continua a insistere sull’adempimento delle sue richieste. Ahmet Berat Konkar, vicepresidente della delegazione turca alla NATO, ha dichiarato: «Affinché il parlamento turco ratifichi l’adesione della Svezia, devono essere soddisfatte tutte le condizioni concordate tra i nostri governi. Non possiamo negoziare sulla nostra sicurezza nazionale, che è minacciata da organizzazioni terroristiche i cui membri si nascondono in Svezia». «Tutte le attività del FETÖ (Movimento Gülen) in Svezia devono essere impedite e i terroristi devono essere estradati in Turchia».
– Occupando il sobborgo settentrionale di Sol’ Wagner conclude la conquista di Soledar.
– L’ex leader ucraino Medvedchuk inizia la collaborazione con Izvestia e dice che la guerra in Ucraina è divenuta inevitabile quando l’opzione della integrazione europea è stata sconfitta dall’ opzione dell’esclusione della Russia.
– Alcuni militari ucraini sono arrivati in Oklahoma, dove saranno addestrati a usare il sistema di difesa aerea Patriot. La scorsa settimana, l’Assemblea legislativa dell’Oklahoma ha approvato una risoluzione sull’inammissibilità dell’invio di militari ucraini allo Stato. Le autorità federali l’hanno ignorato
– In Uzbekistan c’è una seria minaccia di destabilizzazione della situazione socio-politica sullo sfondo della crisi energetica, interruzioni di corrente, di fornitura di gas e di riscaldamento. Nel Paese è arrivato il freddo anomalo; ad esempio, a Tashkent è stata registrata la temperatura più bassa negli ultimi 50 anni di osservazioni meteorologiche. Attualmente, in alcuni quartieri della capitale uzbeka, le persone accendono fuochi per cucinare nelle strade e in città vengono aperti punti di riscaldamento mobili, ma il loro numero chiaramente non è sufficiente. Le autorità locali esortano gli abitanti di Tashkent a mantenere la calma, promettendo di porre rimedio alla situazione attuale entro pochi giorni, ma una situazione ancora più critica con elettricità e gas si sta sviluppando nelle regioni dell’Uzbekistan, dove le loro forniture sono state praticamente azzerate per fornire calore alla capitale. In un certo numero di regioni, gli uzbeki tagliano alberi per la legna da ardere e acquistano carbone per il riscaldamento con stufe fatte in casa
Rassegna tratta dal canale Telegram La mia Russia
Immagine da Telegram
Geopolitica
Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
Il funzionario di Hamas Khalil al-Hayya ha dichiarato il 24 aprile che Hamas deporrà le armi se ci fosse uno Stato palestinese in una soluzione a due Stati al conflitto.
In un’intervista di ieri con l’agenzia Associated Press, al-Hayya ha detto che sono disposti ad accettare una tregua di cinque anni o più con Israele e che Hamas si convertirebbe in un partito politico, se si creasse uno Stato palestinese indipendente «in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e vi fosse un ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali».
Al-Hayya è considerato un funzionario di alto rango di Hamas e ha rappresentato Hamas nei negoziati per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi.
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Nonostante l’importanza di una simile concessione da parte di Hamas, si ritiene improbabile che Israele prenda in considerazione uno scenario del genere, almeno sotto l’attuale governo del primo ministro Benajmin Netanyahu.
Al-Hayya ha dichiarato ad AP che Hamas vuole unirsi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo unificato per Gaza e la Cisgiordania, spiegando che Hamas accetterebbe «uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali», lungo i confini di Israele pre-1967.
L’ala militare del gruppo, quindi si scioglierebbe.
«Tutte le esperienze delle persone che hanno combattuto contro gli occupanti, quando sono diventate indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro Stato, cosa hanno fatto queste forze? Si sono trasformati in partiti politici e le loro forze combattenti in difesa si sono trasformate nell’esercito nazionale».
Il funzionario di Hamas ha anche detto che un’offensiva a Rafah non riuscirebbe a distruggere Hamas, sottolineando che le forze israeliane «non hanno distrutto più del 20% delle capacità [di Hamas], né umane né sul campo. Se non riescono a sconfiggere [Hamas], qual è la soluzione? La soluzione è andare al consenso».
Per il resto ha confermato che Hamas non si tirerà indietro rispetto alle sue richieste di cessate il fuoco permanente e di ritiro completo delle truppe israeliane.
«Se non abbiamo la certezza che la guerra finirà, perché dovrei consegnare i prigionieri?» ha detto il leader di Hamas riguardo ai restanti ostaggi nelle mani degli islamisti palestinesi.
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«Rifiutiamo categoricamente qualsiasi presenza non palestinese a Gaza, sia in mare che via terra, e tratteremo qualsiasi forza militare presente in questi luoghi, israeliana o meno… come una potenza occupante», ha continuato
Hamas e l’OLP hanno discusso in varie capitali, tra cui Mosca, nel tentativo di raggiungere l’unità, scrive EIRN. Non è noto quale sia lo stato di questi colloqui.
L’intervista di AP è stata registrata a Istanbul, dove Al-Hayya e altri leader di Hamas si sono uniti al leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 20 aprile. Non c’è stata alcuna reazione immediata da parte di Israele o dell’autore palestinese.
Nel mondo alcune voci filo-israeliane hanno detto che le parole del funzionario di Hamas sarebbero un bluff.
Come riportato da Renovatio 21, in molti negli ultimi mesi hanno ricordato che ai suoi inizi Hamas è stata protetta e nutrita da Israele e in particolare da Netanyahu proprio come antidoto alla prospettiva della soluzione a due Stati.
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Immagine di Al Jazeera English via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
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Geopolitica
L’Iran minaccia ancora una volta di spazzare via Israele
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha minacciato Israele di annientamento se tentasse di attaccare nuovamente l’Iran.
Raisi è arrivato in Pakistan lunedì per una visita di tre giorni. Martedì ha parlato delle recenti tensioni tra Teheran e Gerusalemme Ovest in un evento nel Punjab.
«Se il regime sionista commette ancora una volta un errore e attacca la terra sacra dell’Iran, la situazione sarà diversa, e non è chiaro se rimarrà qualcosa di questo regime», ha detto Raisi all’agenzia di stampa statale IRNA.
Israele non ha mai riconosciuto ufficialmente un attacco aereo del 1° aprile sul consolato iraniano a Damasco, in Siria, che ha ucciso sette alti ufficiali della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Teheran ha tuttavia reagito il 13 aprile, lanciando decine di droni e missili contro diversi obiettivi in Israele.
L’Iran si è scrollato di dosso una serie di esplosioni segnalate vicino alla città di Isfahan lo scorso venerdì, che si diceva fossero una risposta da parte di Israele. Lo Stato degli ebrei non ha riconosciuto l’attacco denunciato, pur criticando un ministro del governo che ne ha parlato a sproposito. Teheran ha scelto di ignorarlo piuttosto che attuare la rapida e severa rappresaglia promessa.
La Repubblica Islamica ha promesso in più occasioni di spazzare via, distruggere o annientare il «regime sionista», espressione con cui spesso chiama Israele.
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Martedì, parlando a Lahore, il Raisi ha promesso di continuare a «sostenere onorevolmente la resistenza palestinese», denunciando gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo come «i più grandi violatori dei diritti umani», sottolineando il loro sostegno al «genocidio» israeliano a Gaza.
Nel suo viaggio diplomatico il Raisi ha promesso di incrementare il commercio iraniano con il Pakistan portandolo a 10 miliardi di dollari all’anno. Le relazioni tra i due vicini sono difficili da gennaio, quando Iran e Pakistan hanno scambiato attacchi aerei e droni mirati a “campi terroristici” nei rispettivi territori.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Teheran ha dichiarato pubblicamente di sapere dove sono nascoste le atomiche israeliane. Nelle scorse settimane lo Stato Ebraico aveva dichiarato di essere pronto ad attaccare i siti nucleari iraniani.
Negli ultimi mesi l’Iran ha accusato Israele di aver fatto saltare i suoi gasdotti. Hacker legati ad Israele avrebbero rivendicato un ulteriore attacco informatico al sistema di distribuzione delle benzine in Iran.
Sei mesi fa l’Iran ha arrestato e giustiziato tre sospetti agenti del Mossad. All’ONU il ministro degli Esteri iraniano aveva dichiaato che gli USA «non saranno risparmiati» in caso di escalation.
Come riportato da Renovatio 21, anche da Israele a novembre 2023 erano partite minacce secondo le quali l’Iran potrebbe essere «cancellato dalla faccia della terra».
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Immagine di duma.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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