Internet
Il fondatore di Telegram contro Zuckerberg sulla supposta ritrovata libertà di parola di Facebook

Il fondatore e CEO di Telegram, Pavel Durov, ha mosso critiche appena velate a Meta, in seguito all’annuncio di nuovi cambiamenti alla sua politica, suggerendo che sostenere la libertà di parola è facile quando non ci sono rischi.
In un post pubblicato mercoledì sulla sua piattaforma di messaggistica, il magnate russo sembra essersi rivolto all’azienda di Mark Zuckerberg, la società madre di Facebook, Instagram, WhatsApp e Threads, dopo che il suo capo ha segnalato importanti aggiornamenti alle sue politiche.
Martedì, Zuckerberg ha detto che la sua azienda avrebbe abbandonato il suo controverso programma di fact-checking di terze parti negli Stati Uniti. Ha ammesso che tali servizi hanno fatto più male che bene, poiché «escludono le persone con idee diverse», aggiungendo che la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali di novembre è stata uno degli sviluppi che hanno spinto il cambiamento di politica.
🚨 BREAKING: Mark Zuckerberg announces sweeping changes to Facebook and Instagram to move toward Free Speech including:
-Ending Third-Party Fact Checking and Replacing it with Community Notes like 𝕏
-Removing Reduction of Political Content
-Lifting Topic Restrictions pic.twitter.com/9Y2DVQSrpk— Benny Johnson (@bennyjohnson) January 7, 2025
Zuckerberg ha definito le recenti elezioni statunitensi un «punto di svolta» verso la priorità della libertà di parola e ha promesso di ridurre la censura.
«È facile dire di supportare qualcosa quando non si rischia nulla», ha scritto Durov nel suo post su Telegram il giorno dopo, aggiungendo che alcune «piattaforme stanno annunciando che ora avranno meno censura». Tuttavia, non ha citato Meta per nome nel suo post.
Coloro che apportano tali cambiamenti solo ora dovranno affrontare una «vera prova dei loro valori appena scoperti» quando «i venti politici cambieranno di nuovo», ha previsto il CEO di Telegram, aggiungendo che i valori della sua azienda «non dipendono dai cicli elettorali statunitensi».
«Sono orgoglioso che Telegram abbia sostenuto la libertà di parola, molto prima che diventasse politicamente sicuro farlo», ha affermato il Durov.
Le sue parole sono arrivate solo una settimana dopo che lo stesso CEO di Telegram aveva dichiarato che la sua piattaforma stava affrontando alcune restrizioni nell’UE a causa delle sanzioni anti-Russia. Pochi giorni fa Durov aveva affermato che i russi avevano più libertà di stampa rispetto agli europei, dato che tutti i media occidentali erano «liberamente accessibili» su Telegram in Russia mentre «alcuni media russi sono stati limitati nell’UE in base alle leggi DSA/sanzioni». DSA sta per Digital Service Act, la legge europea che regola internet con la censura digitale contro la «disinformazione».
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Il Durov ha dovuto affrontare anche importanti sfide legali nell’UE l’anno scorso. L’imprenditore russo, che è anche cittadino di Francia, Emirati Arabi Uniti e Saint Kitts e Nevis, è stato arrestato in Francia e ha dovuto affrontare 12 accuse penali, tra cui complicità nella distribuzione di materiale pedopornografico, spaccio di droga e riciclaggio di denaro. Le autorità francesi hanno affermato che le presunte regole di moderazione permissive di Telegram avevano permesso ai criminali di prosperare sulla piattaforma.
L’imprenditore è stato rilasciato su cauzione ma gli è stato impedito di lasciare la Francia. A settembre 2024, ha annunciato un aggiornamento dei Termini di servizio e dell’Informativa sulla privacy di Telegram, che avrebbe chiarito che gli indirizzi IP e i numeri di telefono di coloro che violano le regole del messenger «possono essere divulgati alle autorità competenti in risposta a valide richieste legali».
A ottobre ha anche ammesso che la piattaforma aveva già condiviso tali informazioni con le autorità competenti, come era possibile fare dal 2018.
L’anno passato, in una lunga, densa, rivelatrice intervista concessa negli Emirati a Tucker Carlson, il Durov aveva raccontato di aver parlato con lo Zuckerberg in un incontro per poi vedere le idee che aveva esposto per Telegram implementate velocemente su Facebook.
Come riportato da Renovatio 21, nelle ultime settimane si sono intensificate le voci che Moldavia e Ucraina metteranno al bando Telegram.
Due anni fa la Germania ha messo in galera un uomo per aver sostenuto la Russia su Telegram, che è stato sospeso in Spagna. L’app è stata vietata in Somalia assieme a TikTok per «terrorismo».
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Internet
Metriche pubblicitarie di e-commerce artificialmente gonfiate, afferma un ex dipendente Meta

Meta, la società madre di Facebook e Instagram, è stata accusata di aver gonfiato artificialmente le metriche delle prestazioni del suo prodotto pubblicitario per l’e-commerce, Shops Ads , secondo una denuncia presentata mercoledì da un informatore presso un tribunale del lavoro in Gran Bretagna. Lo riporta il sito ADWEEK.
La denuncia, presentata da Samujjal Purkayastha, ex product manager del team pubblicitario di Meta Shops, sostiene che l’azienda ha tratto in inganno gli inserzionisti sovrastimando il ritorno sulla spesa pubblicitaria (ROAS), facendo apparire la sua nuova offerta pubblicitaria più efficace rispetto ai prodotti della concorrenza, riporta ADWEEK.
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Secondo quanto depositato presso il London Central Employment Tribunal, Meta avrebbe incrementato i numeri delle performance degli annunci Shops: conteggio delle spese di spedizione e delle tasse come parte del fatturato totale; sovvenzionare le offerte nelle aste pubblicitarie per garantire un posizionamento più prominente; applicare sconti non dichiarati per dare l’impressione di risultati più forti; revisioni interne condotte all’inizio del 2024 hanno rivelato che il ROAS degli annunci di Shops era stato gonfiato tra il 17% e il 19%, secondo la denuncia.
Gli altri prodotti pubblicitari di Meta, così come quelli di concorrenti come Google, calcolano il ROAS utilizzando dati netti, escluse spese di spedizione e tasse. Senza le commissioni aggiuntive, sostiene la denuncia, gli annunci di Shops non hanno ottenuto risultati migliori rispetto ai prodotti pubblicitari tradizionali di Meta.
«Questo è stato significativo», si legge nel reclamo. «Oltre al fatto che la metrica di performance del ROAS era sovrastimata di quasi un quinto, significava che, anziché aver superato il nostro obiettivo primario, il team di Shops Ads lo aveva di fatto mancato una volta che il dato era stato ridotto per tenere conto dell’inflazione artificiale».
Il documento collega queste presunte pratiche a un più ampio sforzo interno a Meta per riprendersi dagli effetti della funzionalità App Tracking Transparency (ATT) di Apple, lanciata nel 2021.
La politica di Apple limitava l’accesso ai dati degli utenti iOS, un pilastro dell’attività pubblicitaria di Meta. L’ex CFO di Meta, David Wehner, ha avvertito durante una conference call sui risultati finanziari del 2021 che la modifica potrebbe costare all’azienda «nell’ordine dei 10 miliardi di dollari».
Incoraggiando gli inserzionisti a utilizzare gli annunci Shops, che mantengono le transazioni all’interno delle app di Meta, l’azienda potrebbe raccogliere più dati di acquisto proprietari e ridurre la sua dipendenza dalle autorizzazioni di tracciamento di Apple.
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Secondo il Purkayastha, Meta ha iniziato a sovvenzionare gli annunci di Shops nelle aste, a volte fino al 100%, garantendone la visualizzazione più frequente rispetto ad altri formati pubblicitari. Ciò ha aumentato la visibilità, incrementato artificialmente le conversioni e fatto apparire gli annunci di Shops come un investimento più solido.
Purkayastha è entrato a far parte di Meta nel 2020 come parte del team di ricerca applicata sull’intelligenza artificiale di Facebook, prima di essere riassegnato al team Shops Ads nel marzo 2022. È rimasto in azienda fino al 19 febbraio 2025.
Nella denuncia si afferma che Purkayastha ha ripetutamente sollevato preoccupazioni durante gli incontri con i dirigenti tra il 2022 e il 2024, mettendo in dubbio l’accuratezza dei risultati riportati dagli annunci di Shops. Afferma che l’azienda ha continuato a utilizzare la metodologia contestata nonostante le obiezioni interne.
Il reclamo sottolinea anche che gli strumenti di tracciamento di Meta fanno parte della sua strategia per mantenere le prestazioni pubblicitarie dopo le modifiche alla privacy di Apple.
Aggregated Event Measurement (AEM1), introdotto nell’aprile 2021, ha utilizzato l’apprendimento automatico per stimare le conversioni, rispettando al contempo gli utenti che avevano scelto di non essere monitorati.
AEM2, lanciato poco dopo, avrebbe collegato l’attività in-app alla navigazione e agli acquisti su siti di terze parti utilizzando identificatori personali come nomi, e-mail, numeri di telefono e indirizzi IP.
«Nella denuncia, Purkayastha ha affermato di credere che AEM2 abbia aggirato le restrizioni imposte dal framework sulla privacy di Apple, sebbene abbia mitigato gran parte della perdita di dati derivante dalle modifiche alla privacy» scrive ADWEEK.
Secondo la denuncia, il Purkayastha è stato licenziato da Meta nel febbraio 2025. La sua denuncia al tribunale del lavoro fa parte di una richiesta di provvedimento provvisorio, che chiede il ripristino della sua precedente posizione.
«Sebbene le conseguenze legali siano ancora da definire, queste rivelazioni mettono nuovamente in discussione l’affidabilità dei dati forniti da Meta ai suoi inserzionisti» commente Hdblog.
Non sono le prime accuse rivolte a Meta-Facebook da ex dipendenti.
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Quattro anni il Wall Street Journal cominciò a pubblicare sconvolgenti rivelazioni sulla piattaforma social. In sintesi, scriveva il WSJ «Facebook Inc. sa, nei minimi dettagli, che le sue piattaforme sono piene di difetti che causano danni, spesso in modi che solo l’azienda comprende appieno. Questa è la conclusione centrale (…), basata su una revisione dei documenti interni di Facebook, inclusi rapporti di ricerca, discussioni online dei dipendenti e bozze di presentazioni per il senior management».
Secondo il reportage, Facebook esentava gli utenti di alto profilo da alcune regole, ignorava una ricerca su Instagram (social del gruppo Meta) che mostrava i rischi per la salute mentale degli adolescenti, sapeva che il suo algoritmo premia l’indignazione, era stato lento nell’impedire ai cartelli della droga e ai trafficanti di esseri umani di utilizzare la sua piattaforma.
Due anni fa il WSJ tornò con un reportage in cui affermava che «Meta sta lottando per allontanare pedofili da Facebook e Instagram».
Nel 2023 un ex data-scientist di Facebook, in contenzioso legale con l’azienda, aveva sostenuto che Facebook può scaricare segretamente la batteria dello smartphono degli utenti.
Tre anni fa un ex dipendente aveva detto che il CEO Marco Zuckerberg aveva brandito una katana, cioè una spada samurai, perché irato con dei programmatori.
Come riportato da Renovatio 21, lo Zuckerbergo un mese fa ha dichiarato che Facebook non è più incentrato sulla connessione con gli amici.
Secondo alcuni il prossimo aggiornamento di Instagram eroderà ulteriormente la privacy degli utenti.
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Immagine di Yuri Samoilov via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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