Guerra cibernetica
Il governo USA voleva una backdoor per Telegram

Il governo degli Stati Uniti voleva una backdoor su Telegram per poter potenzialmente spiare i suoi utenti, ha detto il fondatore della piattaforma di social media Pavel Durov in una rara intervista concessa a Dubai al giornalista americano Tucker Carlson.
Nella densa conversazione Durov ha raccontato che l’attenzione dell’FBI è stata una delle ragioni ha abbandonato l’idea di portare la società a San Francisco, nel cuore della Silicon Valley, aggiungendo anche l’esperienza di essere assalito da tre criminali in strada appena sceso dagli uffici di Twitter dove aveva incontrato il CEO Jack Dorsey.
Nato a San Pietroburgo, Durov aveva fondato VK, la risposta russa a Facebook, insieme al fratello matematico Nikolaj. I due hanno passato alcuni anni dell’infanzia in Italia, a Torino, dove già davano prova della loro prodezza: il Nikolaj si esibì pure alla TV nazionale – immaginiamo il programma di Mike Bongiorno – come bambino prodigio che sa risolvere un’equazione di terzo grado.
Dopo traversie con il governo russo, che voleva i dati degli utenti ucraini, i fratelli hanno venduto le loro quote e riparato all’estero, dove hanno successivamente sviluppato il servizio di messaggistica social Telegram, che si descrive come uno degli strumenti di comunicazione più sicuri e protetti.
Ep. 94 The social media app Telegram has over 900 million users around the world. Its founder Pavel Durov sat down with us at his offices in Dubai for his first on-camera interview in almost a decade. pic.twitter.com/NEb3KzWOg8
— Tucker Carlson (@TuckerCarlson) April 16, 2024
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Nell’intervista il Durov spiega che l’occhio vigile dell’FBI rendeva difficile la sua permanenza in America, ha detto, con tanto di visite nel suo appartamento dove faceva colazione e apparizioni in aeroporto appena sbarcava.
«Abbiamo ricevuto troppa attenzione da parte dell’FBI, delle agenzie di sicurezza, ovunque siamo arrivati», ha detto Durov a Carlson, descrivendo l’esperienza come «allarmante».
Secondo Durov, uno dei suoi dipendenti più importanti una volta gli disse che era stato avvicinato dal governo degli Stati Uniti. «C’è stato un tentativo segreto di assumere il mio ingegnere alle mie spalle da parte degli agenti della sicurezza informatica», ha detto l’uomo d’affari.
«Stavano cercando di convincerlo a utilizzare alcuni strumenti open source che avrebbe poi integrato nel codice di Telegram che, a mio avviso, sarebbero serviti da backdoor», ha detto Durov, confermando di credere al racconto del dipendente. «Non c’è motivo per cui il mio ingegnere inventi tali storie».
Durov ha continuato dicendo che anche lui ha «sperimentato personalmente pressioni simili» in America, dove le forze dell’ordine lo hanno avvicinato in più occasioni.
Il giovane imprenditore russo non concedeva un’intervista da dieci anni. Ha spiegato di perseguire, più che la ricchezza o il lusso, la libertà personale ed imprenditoriale, e ha raccontato di essere concentrato totalmente sul suo prodotto e sulla sua azienda, di cui è il solo proprietario e capo. Durov dice di aver rifiutato il danaro dei venture capitalist per mantenere la sua totale autonomia.
Interessante il racconto di quando, ospite dell’allora CEO Dorsey, che tutta Twitter poteva essere mantenuta con venti dipendenti invece che le centinaia che vi lavoravano senza sapere nemmeno bene cosa facessero. Il Dorsey rispose che se cominciasse a licenziare le persone il titolo di Twitter alla borsa Wall Street sarebbe caduto.
Come noto, anni dopo, Elon Musk si è comprato Twitter portandola via dal mercato azionario, e di lì a poco avrebbe licenziato l’80% della forza lavoro. Il servizio offerto dalla piattaforma, ora chiamata X, sembra migliorato: bassa latenza, alta definizione per i video, etc.
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Durov ha raccontato di ignorare la maggior parte delle ingiunzioni che arrivano agli uffici di Telegram da vari enti e governi, compreso il Congresso USA che aveva mandato, dopo i fati del 6 gennaio 2021, due distinte lettere: il Congresso democratico diceva di consegnare tutti i dati dei partecipanti della protesta, altrimenti Telegram sarebbe stata in violazione della Costituzione USA; una lettera del Congresso repubblicano diceva invece che se avrebbe consegnato quei dati sarebbe stato in violazione della Costituzione USA.
Il capo di Telegram sostiene, tuttavia, che la principale pressione arriva da Apple e Google, che possono bloccare del tutto le applicazioni sui telefonini di tutto il mondo.
Come riportato da Renovatio 21, tre settimane fa il tribunale nazionale spagnolo ha ordinato ai fornitori di servizi Internet di sospendere Telegram, in attesa di un’indagine sulle accuse di violazione del copyright. Qualche mese fa il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina aveva dichiarato che Telegram è un servizio «pericoloso». L’app, insieme a TikTok è stata vietata per «terrorismo» in Somalia. Telegram è completamento bloccato in Cina e parzialmente in Iran.
Al tempo della pandemia la Germania aveva apertamente valutato la possibilità di chiudere Telegram, unico social che – di origine russa con server negli Emirati – pareva non censurare le opinioni degli utenti come invece facevano tutte le altre piattaforme. Nel 2022, il governo tedesco ha accusato Telegram di fornire una piattaforma per negazionisti del COVID-19 e «radicali di destra» e ha persino minacciato di bloccare l’app se la società dietro di essa non avesse collaborato con Berlino e fermato la diffusione dell’incitamento all’odio e dell’estremismo. Nel 2023 la Germania ha messo in galera un uomo per aver sostenuto la Russia su Telegram.
In Italia la questione Telegram era stata posta, su altre basi, all’inizio del lockdown 2020: gli editori italiani lamentarono che esistevano sull’app alcuni canali dove si potevano scaricare gratuitamente giornali e riviste – praticamente, un angolo di pirateria diffusa. La Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) chiese all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) di «un provvedimento esemplare e urgente di sospensione di Telegram, sulla base di un’analisi dell’incremento della diffusione illecita di testate giornalistiche sulla piattaforma che, durante la pandemia, ha raggiunto livelli intollerabili per uno Stato di diritto».
Due settimane dopo, a fine aprile 2020, Telegram, con una mossa inedita, rispose ad una mail dei giudici italiani e disattivò i canali accusati. Come scrisse trionfalmente La Repubblica: «Il primo grande risultato nella lotta alla contraffazione dell’editoria arriva nella notte da Dubai alla casella di posta elettronica della procura di Bari: “Hello, thank you for your email”, esordiscono brevemente i manager della piattaforma di messaggistica, prima di dare l’annuncio: “Abbiamo appena bloccato tutti i canali che ci avete indicato, all the best”, firmato: “Telegram Dmca”».
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Immagine di TechCrunch via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Guerra cibernetica
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Guerra cibernetica
Microsoft e AI hanno potenziato la guerra di Israeke a Gaza

L’esercito israeliano ha fatto molto affidamento sulla tecnologia Microsoft durante la sua campagna contro Hamas a Gaza. Lo riporta il giornale britannico Guardian, citando documenti trapelati. Israele è stato ripetutamente accusato di crimini di guerra e attacchi indiscriminati contro i civili nell’enclave palestinese.
Microsoft ha notevolmente rafforzato i suoi legami con l’establishment della difesa dello Stato Ebraico dopo che Hamas ha lanciato un attacco a sorpresa contro il paese nell’ottobre 2023, secondo un’indagine del giornale +972. Il servizio si basava su registri commerciali del Ministero della Difesa israeliano e file della sussidiaria israeliana di Microsoft.
Di conseguenza, il colosso tecnologico statunitense avrebbe fornito a Israele migliaia di ore di supporto tecnico, oltre a servizi di elaborazione e archiviazione ampliati.
Secondo l’articolo, le Forze di difesa israeliane (IDF) avrebbero utilizzato la piattaforma cloud Azure di Microsoft nelle loro unità aeree, terrestri e navali, aggiungendo che il servizio è stato utilizzato direttamente per supportare attività di combattimento e di intelligence.
Inoltre, l’unità Ofek dell’aeronautica militare israeliana avrebbe utilizzato gli strumenti di comunicazione di Microsoft per gestire le cosiddette «banche bersaglio» per potenziali attacchi letali.
Attraverso Microsoft, l’esercito israeliano ha anche ottenuto un accesso su larga scala al modello GPT-4 di OpenAI, secondo documenti trapelati. I servizi di Microsoft sarebbero stati anche determinanti nel mantenimento del cosiddetto sistema «Rolling Stone» utilizzato dalle forze di sicurezza per monitorare i movimenti palestinesi in Cisgiordania e a Gaza.
Secondo l’indagine, l’utilizzo del cloud da parte dell’IDF è aumentato del 60% durante i primi sei mesi della guerra di Hamas rispetto ai mesi precedenti. Tra ottobre 2023 e giugno 2024, Israele ha stretto un accordo per acquistare 19.000 ore di servizi di supporto da Microsoft, con la collaborazione che ha fruttato al gigante della tecnologia circa 10 milioni di dollari di commissioni, secondo il rapporto.
Inoltre, l’indagine ha suggerito che gran parte dei servizi basati sull’Intelligenza Srtificiale venivano utilizzati in modalità isolata da Internet, il che significa che avrebbero potuto essere utilizzati per operazioni militari ancora più delicate.
Sia l’IDF che Microsoft hanno rifiutato di commentare la questione, mentre OpenAI ha insistito nel dire che non collabora con l’esercito israeliano, ha scritto The Guardian.
Secondo funzionari di entrambe le parti, il conflitto tra Israele e Hamas ha provocato oltre 1.700 morti tra gli israeliani e 47.000 tra i palestinesi.
Dopo che Israele ha lanciato la sua operazione militare a Gaza, è stato ripetutamente accusato di crimini di guerra, con Amnesty International che ha classificato le sue azioni come «genocidio» e la Corte penale internazionale che ha emesso mandati di arresto per il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Lo Stato degli ebrei ha negato le accuse, insistendo sul fatto che la sua azione militare a Gaza era pura autodifesa.
All’inizio di questo mese, Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco che includeva il rilascio graduale degli ostaggi tenuti a Gaza e dei prigionieri palestinesi, con l’accordo destinato ad aprire la strada al ritiro di Israele dall’enclave.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni è emersa anche la collaborazione di Google con l’esercito israeliano.
L’uso dell’Intelligenza Artificiale nel conflitto, con conseguenti «assassinii di massa», era stata discussa sui giornali ancora un anno fa.
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Immagine di WAFA via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Cina
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