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Economia

Il Bitcoin raggiunge il massimo dell’ultimo biennio

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Ieri il prezzo del Bitcoin ha raggiunto il massimo degli ultimi due anni. La criptovaluta è salita fino a 57.036 dollari nei primi scambi asiatici, il livello più alto da novembre 2021, dopo essersi ripreso dal crollo sotto i 40.000 dollari nei primi giorni successivi all’apertura degli Exchange Traded Fund (ETF) spot Bitcoin con sede negli Stati Uniti all’inizio di gennaio.

 

Nel corso della giornata, si è ritirato leggermente per essere scambiato a 56.325 dollari alle 08:30 GMT, ancora in rialzo di oltre il 9% nelle ultime 24 ore.

 

Gli analisti attribuiscono l’ultima impennata agli afflussi negli ETF, che lunedì hanno registrato un volume di scambi record di 2,4 miliardi di dollari. Gli ETF consentono a più investitori al dettaglio di detenere Bitcoin indirettamente tramite fondi negoziati in borsa.

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«C’è solo un certo limite all’offerta… ma la domanda scatenata dagli ETF spot statunitensi sembra essere implacabile», ha detto a Reuters Justin d’Anethan di Keyrock, un market maker di asset digitali.

 

Il picco è stato stimolato anche dal crescente interesse per Bitcoin da parte dei grandi attori del mercato, dicono gli esperti. Ciò ha fatto seguito alla divulgazione di lunedì da parte della società di software MicroStrategy, un grande investitore di criptovalute, di aver recentemente acquisito circa 3.000 bitcoin per circa 155 milioni di dollari.

 

Anche la piattaforma di social media Reddit ha recentemente dichiarato di aver investito parte delle sue riserve di liquidità in eccesso in Bitcoin e in diversi token più piccoli.

 

Secondo Coindesk, la recente crescita Bitcoin ha portato la capitalizzazione di mercato del token a 1,11 trilioni di dollari. Finora quest’anno, il Bitcoin ha guadagnato il 33,28%.

 

Come riportato da Renovatio 21, secondo alcune analisi il Bitcoin potrebbe raggiungere il valore di 100.000 dollari.

 

Come noto, l’imprenditore americano John McAfee, inventore del celebre antivirus divenuto sostenitore accanito dei Bitcoin, era arrivato a dire che si sarebbe mangiato i testicoli in diretta TV se il Bitcoin non fosse arrivato a valere un milione. McAfee, ricordiamo, fu trovato impiccato in galera in Catologna in circostanze che non convincono alcuni.

 

Il Bitcoin aveva raggiunto il livello record di quasi 69.000 dollari nel novembre 2021. Tuttavia, nel 2022 quasi 1,4 trilioni di dollari sono stati spazzati via dal mercato delle criptovalute a causa dei fallimenti del settore. La crisi è stata guidata dal crollo di FTX, il secondo scambio di criptovalute più grande del mondo al momento della sua insolvenza, con il suo fondatore Sam Bankman-Fried che ora andrà in prigione, dopo essere stato dichiarato colpevole di sette capi di imputazione per frode criminale.

 

In aggiunta ai problemi del settore delle criptovalute, il mese scorso il capo del colosso crypto Binance Changpeng Zhao si è dichiarato colpevole di accuse penali e si è dimesso dalla carica di CEO della società come parte di un accordo da 4,3 miliardi di dollari con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. L’ex capo del più grande scambio di criptovalute del mondo rischia fino a dieci anni di carcere per riciclaggio di denaro.

 

Come riportato da Renovatio 21un aumento del prezzo del Bitcoin si era visto a inizio anno quando i sistemi dell’aviazione di vari Paesi (Filippine, Canada, poi USA, con qualche strascico in Germania) avevano improvvisamente smesso di funzionare. In nessun caso le autorità parlarono di attacco hacker, e negli Stati Uniti, quando l’intero traffico aereo fu paralizzato, venne data la colpa ad un «errore umano». In quel caso, il prezzo del Bitcoin passò da circa 17.000 dollari a più di 22.000 nel giro di pochi giorni, con un aumento di 31,97%, percentuale praticamente equipollente a quella summenzionata. Ma si tratta, ovviamente, di nostre speculazioni.

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Il 2023 per il mondo delle criptovalute è stato un anno significativo, non solo in termini di crescita di valore, ma soprattutto di eventi, anche molto negativi. Dopo condanna di Sam Bankman-Fried per il crack del cripto-banco FTX, anche Alex Mashinsky, il fondatore ed ex amministratore delegato della fallita società di criptovalute Celsius Network, è stato arrestato.

 

Come riportato da Renovatio 21, il colosso Binance ad inizio anno aveva subito un significativo deflusso di fondi. In seguito, l’organo di controllo sulla Borsa di Wall Street (la nota SEC) aveva chiesto ad un tribunale federale di emettere un ordine restrittivo per congelare le attività statunitensi di Binance. Il banco, mesi fa, è stato vietato in Nigeria. Un anno fa era andato in bancarotta anche il banco di criptovalute BlockFi.

 

Da più di un anno si registra un crollo gli investimenti sulle società basate sulle crypto, mentre un’altra grande società di criptovalute, Coinbase, ha minacciato di lasciare gli USA.

 

Come ripetuto da Renovatio 21, tutto il caos recente attorno ai Bitcoin – con crackarresti e pure con qualche morto – pare avere questo fine: l’introduzione definitiva della moneta virtuale da Banca Centrale, cioè il Bitcoin di Stato, che non tollererà come concorrente né il contante né le criptovalute, e che renderà obsolete ed inutili le banche: ogni transazione, ogni danaro del sistema apparterrà ad una piattaforma di Stato (o, nel caso dell’euro digitale, Super-Stato) che verrà usata anche per controllarvi, sorvegliando ed impedendo i vostri acquisti nelle modalità previste dal danaro programmabile (limitazioni di tempo, spazio, qualità dell’oggetto acquistato, etc.).

 

In sviluppi di pochi mesi fa, la presidente della BCE Christine Lagarde ha annunciato pubblicamente, con un video inquietante, che l’euro digitale è partito. Pochi giorni dopo, ha fatto sapere al mondo i suoi dolori di madre che ha visto il figlio perdere molti danari con il Bitcoin.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Lagarde, presa in trappola dal duo comico russo Vovan e Lexus (quelli che hanno inguaiato la Meloni con la telefonata del politico africano), aveva ammesso che l’euro digitale servirà per la sorveglianza della popolazione.

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Economia

Le Filippine approvano una nuova criptovaluta per agevolare le rimesse dall’estero

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   La Banca Centrale delle Filippine ha dato l’approvazione per il lancio di PHPC, una stablecoin agganciata al peso filippino in modo da ridurne la volatilità. La piattaforma Coins.ph punta a raggiungere tra i 20 e i 30mila utenti nel primo mese. Sono circa 10 milioni i lavoratori all’estero che con la nuova moneta digitale sperano di abbattere i costi di transazione.   Le Filippine hanno approvato l’emissione di un nuovo tipo di criptovaluta, una stablecoin (letteralmente: «moneta stabile») chiamata PHPC che sarà ancorata al peso filippino. Una risorsa che potrebbe abbattere i costi di transazione nell’invio delle rimesse da parte dei filippini che vivono all’estero.   A differenza delle criptovalute «tradizionali», infatti, il valore delle stablecoin è legato a quello di un asset di riserva stabile. In questo modo la volatilità è ridotta, o meglio, è più prevedibile e misurabile. (…)   Dopo aver ricevuto il via libera dalla Bangko Sentral ng Pilipinas – la Banca centrale – la principale piattaforma di blockchain del sud-est asiatico, Coins.ph, ha annunciato di essere pronta a emettere la criptovaluta PHPC entro l’inizio di giugno per provare a raggiungere, nel primo mese, dai 20 ai 30mila utenti.   Uno degli utilizzi principali per cui è stata pensata la nuova moneta digitale è l’invio di rimesse da parte dei filippini che vivono all’estero, pari a circa 10 milioni in tutto il mondo. Rispetto agli altri canali, come le banche o i cosiddetti «pera padala», enti finanziari locali, l’invio di rimesse tramite criptovalute è più economico e disponibile 24 ore su 24.   La diaspora filippina ha finora utilizzato le stablecoin agganciate al dollaro statunitense, dovendo quindi pagare una serie di tariffe per la conversione in pesos. Con la PHPC questi costi di transazione verrebbero eliminati: «il parente che riceve il denaro non dovrà più convertire i dollari in pesos», ha commentato Wei Zhou, amministratore delegato di Coins.ph, spiegando che da circa un anno il progetto era in discussione con la Banca centrale delle Filippine.   Zhou ha aggiunto che la nuova stablecoin delle Filippine verrà resa disponibile anche in altri exchange di criptovalute (le piattaforme online per il trading), in modo che diventi accessibili anche su altri mercati e permetta l’invio di rimesse da tutto il mondo.   «Si può immaginare che se la PHPC è quotata sui nostri exchange di criptovalute partner, ad esempio in Australia, o a Singapore, o negli Stati Uniti, allora i nostri familiari e possono acquistare la PHPC e inviarla direttamente ai portafogli di Coins.ph», ha commentato Zhou.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Alimentazione

La sinistra tedesca vuole un tetto massimo per il prezzo del kebab

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Die Linke, il partito della sinistra tedesca ha proposto allo Stato di sovvenzionare i kebab con quasi 4 miliardi di euro all’anno. Negli ultimi anni l’inflazione e l’aumento dei costi energetici hanno quasi raddoppiato il prezzo dello popolare panino turco. Sono i grandi temi della sinistra moderna.

 

In un documento politico visionato dal tabloid tedesco Bild e riportato domenica, Die Linke ha proposto di limitare il prezzo di un doner kebab a 4,90 euro o 2,50 euro per studenti, giovani e persone a basso reddito. Con un costo medio di un kebabbo pari a 7,90 euro, il resto del conto sarà a carico del governo, si legge nel documento.

 

«Un limite di prezzo per il kebab aiuta i consumatori e i proprietari dei negozi di kebab. Se lo Stato aggiungesse tre euro per ogni kebab, il prezzo massimo del kebab costerebbe quasi quattro miliardi», scrive il partito sul giornale, spiegando che ogni anno in Germania si consumano circa 1,3 miliardi di kebabbi.

 

«Quando i giovani chiedono: Olaf, riduci il kebab, non è uno scherzo su Internet, ma un serio grido d’aiuto», ha detto alla Bild la dirigente del partito di sinistra Kathi Gebel, riferendosi al cancelliere tedesco Olaf Scholz. «Lo Stato deve intervenire affinché il cibo non diventi un bene di lusso».

 

Introdotto in Germania dagli immigrati turchi negli anni ’70, il doner kebab è diventato in pratica la forma di fast food preferito dalla nazione già teutonica, tracimando anche nel resto d’Europa, come in Italia, dove più che turchi i kebabbari sono nordafricani o talvolta pakistani.

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Tuttavia, mentre Die Linke descrive il panino con l’agnello carico di salsa come un alimento base quotidiano per alcune famiglie, la maggior parte dei medici e dei nutrizionisti ne consiglierebbe il consumo solo come spuntino occasionale.

 

Uno studio scozzese del 2009 ha rilevato che il doner kebab medio conteneva il 98% dell’assunzione giornaliera raccomandata di sale di un adulto e il 150% dell’assunzione raccomandata di grassi saturi, scrive RT.

 

Per anni in Germania il prezzo di un doner kebab si è aggirato intorno ai 4 euro. Tuttavia, l’aumento dei costi energetici e l’inflazione che hanno seguito la decisione di Scholz di mettere l’embargo sui combustibili fossili russi hanno costretto i venditori ad aumentare i prezzi.

 

«Siamo stati costretti ad aumentare i prezzi a causa dell’esplosione dei prezzi degli affitti, dell’energia e dei prodotti alimentari», ha detto al giornale britannico Guardian un gestore di uno stand di kebabbi a Berlino. «La gente ci parla continuamente di “Donerflazione”, come se li stessimo prendendo in giro, ma è completamente fuori dal nostro controllo».

 

Molti tedeschi accusano lo Scholz di averli privati ​​della kebbaberia a buon mercato, una catastrofe che li spinge verso prospettive di pacifismo sul fronte russo. «Pago otto euro per un doner», ha urlato un manifestante a Scholz nel 2022, prima di implorare il cancelliere di «parlare con Putin, vorrei pagare quattro euro per un doner, per favore».

 

«È sorprendente che ovunque vada, soprattutto tra i giovani, mi venga chiesto se non dovrebbe esserci un limite di prezzo per il doner», ha osservato lo Scholzo in un recente video su Instagram. Tuttavia, il cancelliere ha escluso una simile mossa, elogiando invece il «buon lavoro della Banca Centrale Europea» nel presumibilmente tenere l’inflazione sotto controllo.

 

Kebabbari, kebabbani e kebabbati non sono gli unici tedeschi a soffrire sotto Scholz. Il mese scorso, il più grande produttore di acciaio tedesco, Thyssenkrupp, ha annunciato «una sostanziale riduzione della produzione» nel suo stabilimento di Duisburg, licenziando 13.000 dipendenti. L’azienda ha attribuito il calo di produttività agli «alti costi energetici e alle rigide norme sulla riduzione delle emissioni».

 

Meno di una settimana dopo l’annuncio dei tagli da parte della Thyssenkrupp, il Fondo monetario internazionale ha rivisto le prospettive di crescita economica della Germania dallo 0,5% allo 0,2% quest’anno. Secondo i dati, nel 2024 la Germania dovrebbe registrare la crescita più debole tra tutti gli stati appartenenti al gruppo G7 dei paesi industrializzati.

 

Riguardo al kebab, da decenni circola tra i giovani tedeschi la leggenda metropolitana secondo la quale in un singolo panino kebap sarebbe stata rivenuta una quantità di sperma da uomini differenti, a indicazione, secondo il significato certamente xenofobo della storia, del disprezzo degli immigrati per i cittadini tedeschi.

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Economia

La Turchia sospende ogni commercio con Israele

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Il governo turco ha sospeso tutti gli scambi con Israele in risposta alla guerra di Gaza, ha dichiarato il Ministero del Commercio di Ankara in una dichiarazione pubblicata giovedì sui social media.   La Turchia è stato uno dei critici più feroci di Israele da quando è scoppiato il conflitto con Hamas in ottobre. La sospensione di tutte le operazioni di esportazione e importazione è stata introdotta in risposta all’«aggressione dello Stato ebraico contro la Palestina in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani», si legge nella dichiarazione.   Ankara attuerà rigorosamente le nuove misure finché Israele non consentirà un flusso ininterrotto e sufficiente di aiuti umanitari a Gaza, aggiunge il documento.   Israele è stato accusato dalle Nazioni Unite e dai gruppi per i diritti umani di ostacolare la consegna degli aiuti nell’enclave. I funzionari turchi si coordineranno con l’Autorità Palestinese per garantire che i palestinesi non siano colpiti dalla sospensione del commercio, ha affermato il ministero.

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La sospensione totale fa seguito alle restrizioni imposte il mese scorso da Ankara sulle esportazioni verso Israele di 54 categorie di prodotti tra cui materiali da costruzione, macchinari e vari prodotti chimici. La Turchia aveva precedentemente smesso di inviare a Israele qualsiasi merce che potesse essere utilizzata per scopi militari.   Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il governo turco ha imposto restrizioni alle esportazioni verso Israele per 54 categorie di prodotti.   In risposta alle ultime restrizioni, il ministero degli Esteri israeliano ha accusato la leadership turca di «ignorare gli accordi commerciali internazionali». Giovedì il ministro degli Esteri Israel Katz ha scritto su X che «bloccando i porti per le importazioni e le esportazioni israeliane», il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si stava comportando come un «dittatore». Israele cercherà di «creare alternative» per il commercio con la Turchia, concentrandosi sulla «produzione locale e sulle importazioni da altri Paesi», ha aggiunto il Katz.     Come riportato da Renovatio 21 il leader turco ha effettuato in questi mesi molteplici attacchi con «reductio ad Hitlerum» dei vertici israeliani, paragonando più volte il primo ministro Beniamino Netanyahu ad Adolfo Hitler e ha condannato l’operazione militare a Gaza, arrivando a dichiarare che Israele è uno «Stato terrorista» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza, apostrofando il Netanyahu come «il macellaio di Gaza».   Il presidente lo scorso novembre aveva accusato lo Stato Ebraico di «crimini di guerra» per poi attaccare l’intero mondo Occidentale (di cui Erdogan sarebbe di fatto parte, essendo la Turchia aderente alla NATO e aspirante alla UEa Gaza «ha fallito ancora una volta la prova dell’umanità».   Un ulteriore nodo arrivato al pettine di Erdogan è quello relativo alle bombe atomiche dello Stato Ebraico. Parlando ai giornalisti durante il suo volo di ritorno dalla Germania, il vertice dello Stato turco ha osservato che Israele è tra i pochi Paesi che non hanno aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968.   Il mese scorso Erdogan ha accusato lo Stato Ebraico di aver superato il leader nazista uccidendo 14.000 bambini a Gaza.   Israele, nel frattempo, ha affermato che il presidente turco è tra i peggiori antisemiti della storia, a causa della sua posizione sul conflitto e del suo sostegno a Hamas.

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Immagine di Haim Zach / Government Press Office of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported 
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