Economia
Criptovalute, arrestato un altro bancarottiere
Alex Mashinsky, il fondatore ed ex amministratore delegato della fallita società di criptovalute Celsius Network, è stato arrestato la settimana scorsa e accusato di aver frodato i clienti e aver mentito sul modello di business della sua azienda. Lo riporta il New York Times.
I pubblici ministeri federali hanno affermato che Mashinsky, 57 anni, ha indotto in errore i clienti a credere che Celsius fosse un posto sicuro dove parcheggiare i loro soldi, quando in realtà era pieno di rischi.
L’uomo è stato anche citato in giudizio dalla Securities and Exchange Commission, dalla Commodity Futures Trading Commission e dalla Federal Trade Commission.
Mashinsky è stato arrestato nella sua abitazione di Nuova York, ha detto al NYT una persona vicina alle indagini. Le accuse contro di lui includono frode telematica, frode sulle merci e manipolazione dei prezzi dei titoli.
I pubblici ministeri hanno anche sporto denuncia contro il direttore delle entrate della società, Roni Cohen-Pavon, accusandolo di manipolazione dei prezzi e frode telematica, tra gli altri reati. È stato detto che etto che il Cohen-Pavon, cittadino israeliano, era all’estero e non è stato arrestato.
Fondata nel 2018, Celsius è diventata famosa come una sorta di criptobanca che prometteva ai clienti tassi di interesse altissimi e gestiva depositi per decine di miliardi di dollari prima di crollare lo scorso anno. In qualità di suo carismatico lanciatore, il Mashinsky è apparso nei video di YouTube in cui affermava che Celsius era un’alternativa più sicura ed egualitaria alle banche tradizionali.
Al suo apice, Celsius controllava circa 25 miliardi di dollari in criptovalute. Ma la scorsa estate, Celsius ha presentato istanza di fallimento a causa di una più ampia implosione nei mercati delle criptovalute che ha fatto crollare i prezzi delle monete. Nel processo, Celsius ha fatto perdere i risparmi a una parte degli oltre 500.000 utenti.
Mashinsky si è dimesso dallo studio a settembre, definendo il suo ruolo «una crescente distrazione». Quando ha presentato istanza di fallimento, circa 4,7 miliardi di dollari di beni dei clienti sono stati congelati sulla piattaforma dell’azienda. In un accordo con la FTC annunciato la settimana scorsa, Celsius ha accettato di pagare tale importo in restituzione ai clienti, anche se i pagamenti saranno sospesi mentre si svolge il processo di bancarotta.
L’avvocato di Mashinsky sostiene che l’imprenditore delle cripto «nega con veemenza» le accuse. L’uomo doveva essere rilasciato su cauzione dopo aver firmato un’obbligazione di riconoscimento personale di 40 milioni di dollari garantita dalla sua casa a New York e un conto di intermediazione presso First Republic.
La società sosteneva di poter dare rendimenti annuali fino al 18%, facendo impallidire la quantità di interessi offerti dalle banche tradizionali, che al momento del lancio di Celsius pagavano pochi interessi sui conti di risparmio e sui fondi del mercato monetario.
Celsius tuttavia non ha mai spiegato in dettaglio come ha generato quegli enormi rendimenti. Nei commenti pubblici, il Mashinsky ripeteva che l’azienda evitava pratiche rischiose, come prestare fondi senza richiedere garanzie.
Come riportato da Renovatio 21, gli USA stanno cercando di congelare il grande banco cripto Binance, che in questi mesi ha subito un significativo deflusso di fondi, così come stanno crollando gli investimenti sulle società basate sulle crypto. Un’altra grande società di criptovalute, Coinbase, ha minacciato di lasciare gli USA.
Come ripetuto da Renovatio 21, tutto il caos recente attorno ai Bitcoin – con crack, arresti e pure con qualche morto – pare avere questo fine: l’introduzione definitiva della moneta virtuale da Banca Centrale, cioè il bitcoin di Stato, che non tollererà come concorrente né il contante né le criptovalute, e che renderà obsolete ed inutili le banche: ogni transazione, ogni danaro del sistema apparterrà ad una piattaforma di Stato (o, nel caso dell’euro digitale, Super-Stato) che verrà usata anche per controllarvi, sorvegliando ed impedendo i vostri acquisti nelle modalità previste dal danaro programmabile (limitazioni di tempo, spazio, qualità dell’oggetto acquistato, etc.).
Alla Bitcoin conference dello scorso maggio, il candidato presidente Robert F. Kennedy jr. ha dichiarato chiaramente che se eletto presidente difenderà il Bitcoin, perché convinto del suo valore di libertà dopo aver visto come il governo Trudeau avesse cancellato i conti correnti e perfino le riserve in criptovalute dei camionisti che protestavano contro l’obbligo vaccinale.
Kennedy ha quindi attaccato le CBDC, le monete digitali di Stato, pronte ad essere lanciate ovunque, come sistema di controllo della popolazione.
Immagine di Web Summit via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Economia
Papua Nuova Guinea, nuovi scontri per le ricchezze della grande miniera: almeno 20 morti
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Video online mostrano incendi e famiglie sfollate a causa della presenza di «minatori illegali» – come sono definiti dalle autorità – migrati nelle aree circostanti per prelevare oro. I proventi della miniera di Porgera, una delle più ricche al mondo, sono distribuiti anche ai proprietari terrieri locali come forma di compensazione per i danni ambientali, suscitando però scontri tra i diversi gruppi. Una piaga denunciata da papa Francesco pochi giorni fa durante la sua visita.
Almeno 20 persone sono morte in scontri violenti che circa cinque giorni fa sono esplosi nei pressi della miniera d’oro di Porgera, nella provincia di Enga in Papua Nuova Guinea.
Il commissario della polizia locale, David Manning, ha emesso un ordine di emergenza per salvaguardare le infrastrutture e i residenti da quelli che sono stati definiti «minatori illegali» che «usano la violenza per vittimizzare e terrorizzare i proprietari terrieri locali».
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
La presenza della miniera, la seconda più grande della Papua Nuova Guinea, attiva dagli anni ‘90, ha riacceso i conflitti tra popolazioni tribali per il possesso della terra. Un tema più volte toccato anche da Papa Francesco nel suo viaggio in Asia e in Oceania appena concluso. Solo una settimana fa il pontefice chiedeva la fine della violenza tribale e l’equa distribuzione della ricchezza derivante dalle risorse naturali.
Non è chiaro quanti minatori abusivi operino nella regione, ma secondo le autorità locali, da quando la miniera ha riaperto a fine 2023, è aumentato il numero di persone migranti che prelevano oro dagli scavi e nelle aree circostanti, scontrandosi con i proprietari terrieri locali che, invece, ricevono proventi come compenso per i danni ambientali causati dall’attività estrattiva, lasciando alle compagnie straniere la possibilità di sfruttare il giacimento e le risorse del sottosuolo.
Già ad aprile il commissario Manning aveva definito «occupanti abusivi» le persone migrate da altri territori della Papua Nuova Guinea in seguito alla riapertura della miniera: «Questi facinorosi stanno occupando illegalmente terreni privati per ottenere profitti illeciti e non si preoccupano di chi o cosa danneggiano. Questa avidità danneggia le imprese e le comunità della Porgera Valley», aveva commentato Manning.
Per far fronte alla situazione (e nonostante oggi in Papua Nuova Guinea si celebri la Giornata dell’Indipendenza), il personale di sicurezza è stato autorizzato a utilizzare la forza per sedare le violenze.
Video e foto circolati online negli ultimi giorni mostrano uomini pesantemente armati girare per le strade della città, edifici in fiamme e famiglie sfollate.
Il commissario Manning ha ordinato agli agenti di trattare chiunque possieda un’arma come una minaccia alla vita: «ciò significa che chiunque sollevi un’arma in uno spazio pubblico o minacci un’altra persona, verrà colpito», ha detto sabato il capo della polizia. Altri 122 agenti, e alcuni soldati sono stati dispiegati per ripristinare l’ordine. «Invitiamo inoltre i proprietari terrieri a sostenere le operazioni delle forze di sicurezza a protezione della propria gente e delle infrastrutture sulle proprie terre», ha continuato il commissario Manning.
Secondo Benar News, la New Porgera, l’impresa che gestisce la miniera, ha sospeso la propria attività perché non è in grado di garantire la sicurezza del personale. «Nelle ultime ventiquattro ore, l’intensificarsi dei combattimenti tribali ha avuto un impatto su molti dei nostri dipendenti», ha dichiarato James McTiernan, direttore generale dell’azienda. Ai dipendenti locali è stato concesso di prendere un congedo non retribuito per trasferire e mettere al sicuro la famiglia.
Iscriviti al canale Telegram
La miniera d’oro di Porgera si trova a circa 600 chilometri a Nord-Ovest dalla capitale Port Moresby, a un’altitudine di oltre 2mila metri. Rientra tra le prime 10 più grandi miniere d’oro al mondo, contribuendo alle esportazioni nazionali per circa il 10%.
Dopo che a maggio una frana ha interrotto i collegamenti stradali che portano al giacimento, uccidendo oltre 100 persone, è possibile raggiungere il sito degli scavi solo a piedi o per via aerea. Circa 50mila abitanti, in un Paese di 12 milioni, sono stanziati nella regione.
La New Porgera Limited è oggi posseduta al 51% da azionisti papuani (divisi tra la Kumul Minerals, una holding di proprietà statale, i proprietari terrieri locali e l’amministrazione provinciale di Enga) e al 49% dalla Barrick Niugini, a sua volta una joint venture tra la canadese Barrick Gold e la cinese Zijin Mining
Nel 2019 il governo della Papua Nuova Guinea si era rifiutato di rinnovare la licenza alle compagnie straniere, portando alla chiusura della miniera nell’aprile 2020. La ripresa delle attività il 22 dicembre 2023 è stata frutta di lunghe trattative.
Gli abitanti locali hanno più volte denunciato le violenze da parte del personale di sicurezza e cercato di portare l’attenzione sul problema dello smaltimento degli scarti dell’industria mineraria, che, inquinando per anni i fiumi locali, hanno reso improduttivi i terreni agricoli.
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine da AsiaNews.
Economia
La Russia pronta a usare le criptovalute nel commercio estero
Sostieni Renovatio 21
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Economia
La deindustrializzazione tedesca accelera
La diminuzione dei posti di lavoro a reddito più elevato nell’industria tedesca accelererà nel 2024, anche oltre i 55.000 già annunciati dalle grandi aziende, perché i posti di lavoro nei fornitori delle grandi aziende, in particolare nel settore automobilistico nel settore mittelstand (ossia le piccole e medie imprese), che devono affrontare un calo in stile «morte lenta», un’immagine usata recentemente dal capo economista di ING Carsten Brzeski.
Da un sondaggio condotto dal consulente aziendale Horvath su 50 fornitori del settore è emerso che il 60% delle aziende tedesche intende ridurre la propria forza lavoro nei prossimi cinque anni.
E le grandi aziende pensano a produrre all’estero e a tagliare posti di lavoro qualificati ben retribuiti nelle loro sedi tedesche.
Iscriviti al canale Telegram
Questi lavori scompariranno per sempre. Come cita la rivista Focus Holger Schäfer dell’Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia: «Se un impianto chimico in Germania chiude, non tornerà più».
Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Volkswagen ha annunciato tagli drammatici, mentre Ford ha detto che potrebbe lasciare la Germania.
Il tema della deindustrializzazione nazionale è oramai discusso apertamente sui giornali tedeschi, con tanto di domande retoriche delle grandi testate come il Financial Times che si chiede se per caso la crisi energetica (causata anche dal terrorismo di Stato contro i gasdotti) distruggerà l’industria europea, mentre la recessione tedesca è stata definita «inevitabile».
Uno studio dell’Istituto dell’Economia Tedesca (IW) aveva calcolato che la carestia di gas distruggerà in Germania 330 mila posti di lavoro.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di Mond79 via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
-
Spirito2 settimane fa
Bergoglio impartisce una benedizione «valida per tutte le religioni» senza fare il segno della croce
-
Autismo2 settimane fa
5 scoperte scientifiche spiegano il legame tra vaccini e autismo: perché le agenzie sanitarie le ignorano?
-
Spirito2 settimane fa
«Chiesa oscurata da eretici e corrotti, Gerarchia prostituita al mondo: ma Satana sa di aver già perso». Omelia di mons. Viganò dell’8 settembre
-
Pensiero1 settimana fa
Sacerdote tradizionalista «interdetto» dalla diocesi di Reggio: dove sta la Fede cattolica?
-
Vaccini2 settimane fa
Vaccino sperimentale contro la poliomielite distribuito a centinaia di migliaia di bambini a Gaza
-
Alimentazione1 settimana fa
Immigrati haitiani «magnagati» terrorizzano gli USA. Trump invocato per salvare mici, cani ed anatre
-
Spirito1 settimana fa
Mons. Viganò sul Vaticano che diviene «organizzazione anticristiana e anticristica, serva dell’élite globalista»: «di quale «chiesa» è «papa» Bergoglio?
-
Salute2 settimane fa
I malori della 36ª settimana 2024