Pensiero
La guerra totale di Zelens’kyj-Meloni, la pace di Silvio Berlusconi
E così ci è toccato di vedere anche questa: il primo ministro del nostro Paese che va a baciare la pantofola al regime di Kiev, il giorno dopo che il boss vero è passato per promettere ulteriore morte e distruzione con tanto di sirene finte dispiegate per le TV. Con tanto di occhiali da sole da duro.
Sono, immaginiamo, cascami della sovranità limitata.
Tuttavia ci sconvolge la leggerezza con cui Giorgia – anche il presidente-comico ucraino la chiama così – si presta alla macchina infernale in atto, anche qui bene a favore di telecamera.
In pratica, il presidente del Consiglio italiano va a trovare, e sorridere, e promettere roba (sono qui per capire cosa serve all’Ucraina, ha detto, come se in questi mesi non ci fosse stata ripetuta ad nauseam la risposta: armi, danaro, armi, danaro, miliardi, missili, tank aerei militari, altri miliardi) l’uomo che tre giorni fa su Die Welt ha parlato apertis verbis di Terza Guerra Mondiale.
«Perché se la Cina si allea con la Russia, ci sarà una guerra mondiale, e penso che la Cina ne sia consapevole», ha Zelens’kyj, che finalmente comincia a significare anche a parole quello che ha fatto in tutto questo tempo con i fatti: condurre il mondo verso un nuovo olocausto bellico, magari fatto di armi termonucleari – lo sapete, questo è l’unico modo che il regime di Kiev ha per salvarsi la pelle.
Perché, se vince la Russia, l’élite ucraina, Zelens’kyj e i suoi ministri, non si sa che fine facciano: o fuggono (capitali all’estero statene certi ce ne sono) oppure possono subire processi e ritorsioni, e magari nemmeno da parte dei russi.
Tuttavia, anche l’altra opzione è disastrosa per il comico-presidente, forsanche di più: se scoppia la pace, i nazisti che lo attorniano (nel senso: si dice che siano proprio i battaglioni nazintegristi a fargli da sicurezza personale), potrebbero mantenere la promessa fatta alla sua elezione nel 2019, che è quella di impiccarlo ad un albero del Kreshatik (il bel viale del centro di Kiev che porta a piazza Maidan) nel caso lui ceda anche solo un centimetro del territorio russo.
Ci dispiace: il Donbass, la Crimea, non torneranno più indietro. Questo lo ha capito e accettato perfino Elon Musk, che all’Ucraina aveva dato i satelliti.
Ne consegue che l’unica opzione per la banda di Kiev è quella di augurarsi la distruzione diretta di Mosca, cioè la Terza Guerra Mondiale. Tanti sforzi, anche violenti (pensate al missile ucraino che uccide i contadini polacchi, con immediati richiami ucraini all’articolo 5 della NATO) sono leggibili solo così. Lo ripetiamo da un anno: la sopravvivenza di Zelens’kyj si basa solo sul trascinare tutti noi nel conflitto globale più distruttivo della storia dell’uomo.
Questo è chiaro a tutti. Evidentemente, non è chiaro a Giorgia Meloni.
La quale si è prestata pure al siparietto, traducendo in inglese una domanda di una giornalista italiana rivolta a Zelens’kyj riguardo a Silvio Berlusconi. La Meloni, che di Berlusconi è stata ministro, ha trovato il tempo di fare una battuta: «presidente operaio», ha detto forse riferendosi alle sue doti di traduttrice. Per chi è troppo giovane per ricordarlo, con probabilità si tratta di una piccola presa per i fondelli di uno slogan della campagna elettorale del 2001, quella vinta a man bassa dall’imprenditore milanese con lo slogan del «presidente operaio».
La Meloni, ricordiamo, fece parte del partito di Berlusconi, il PDL. E Berlusconi, ricordiamolo, è attualmente un suo alleato di governo.
È davvero un bel lavoro.
Berlusconi, lo ricorderete, pochi giorni fa aveva espresso parole di verità assoluta sulla situazione ucraina, e sulla necessità di trovare subito la pace. Il che significa, per logica, pensare tutto il male possibile di Zelens’kyj e dei suoi piani. Silvio non si tirò indietro, e lo disse pure.
Il Silvio non è solo in questo pensiero. Malgrado la totale sottomissione mediatica occidentale al continuum NATO, qualcuno si è spinto a dichiararlo, pure in TV, pure nella trasmissione via cavo più seguita in USA.
«Ci sarà una guerra mondiale se la Cina si allineerà con la Russia?» ha detto l’indomito giornalista televisivo Tucker Carlson riflettendo sulle parole di Zelens’kyj al quotidiano tedesco. «Chi potrebbe dire una cosa del genere con calma, visto che, come vi abbiamo appena detto, la Cina è allineata con la Russia? È già successo. Questa non è speculazione. È un fatto. E come risultato di ciò, secondo lo stesso Zelens’kyj, moriranno centinaia di milioni di persone. Non è un grosso problema. Finché ci riprendiamo la Crimea. Questo è un modo di pensare molto oscuro».
Carlson è andato oltre. Ha cominciato a percepire le vibrazioni spirituali, metastoriche, che emanano dal comico ucraino. Arriva a parlare di «forze oscure».
«Lo stesso Zelens’kyj è una forza molto oscura. Questo è ovvio se lo guardi. È inconfondibile. Chi non potrebbe vederlo? Quest’uomo è un distruttore. Ha vietato una fede cristiana nel suo paese e ha arrestato suore e sacerdoti. Oh, ma è un eroe, affermano i nostri leader (…) No, Zelens’kyj non è un eroe. È uno strumento di distruzione totale. Questa non è una difesa dei suoi nemici. È proprio vero e forse è per questo che Joe Biden è attratto da lui. Biden è atterrato oggi a Kiev per promuovere un’altra guerra mondiale».
Zelens’kyj è uno strumento di distruzione totale: questa è la nuda verità. Questo lo ha capito il vecchio Berlusconi, e lo ha detto. Mentre invece il nostro attuale premier è corso a baciare le mani al distruttore del mondo.
Ci sono insomma due campi: ci sono gli uomini di pace, e quelli invece che alimentano la guerra di annientamento planetario che ci si sta parando innanzi.
Giorgia ha deciso da che parte stare, ha deciso da che parte mettere gli italiani (che ora, ricordiamo, in caso di attacco non dispongono dell’antiaerea dei SAMP-T, omaggiati subito allo Zelensco, immaginando comunque che servano moltissimo contro i missili ipersonici Kinzhal e Tsirkon delle forze russe).
Anche Berlusconi ha deciso da che parte stare: da quella della pace, della prosperità, da quella di uomo cresciuto nel dopoguerra italiano, quando tutti, sopravvissuti tra rovine fumanti, sapevano che la guerra è orrenda e nociva, e lo sviluppo economico è ciò di cui si ha veramente bisogno, ciò che permette il vero progresso, la continuazione delle vite umane, delle famiglie.
Zelens’kyj ha detto in conferenza stampa che a Berlusconi non hanno mai bombardato casa.
Si dice che Berlusconi, furioso per l’attacco di Zelens’kyj, sia stato portato ad evitare una risposta all’ucraino. Beh, tentiamo invece di darla noi: Berlusconi è cresciuto a Milano quando questa era ridotta ad un cumulo di macerie dai bombardamenti degli angloamericani – che sono oggidì esattamente i primi alleati di Zelens’kyj, nonché suoi pupari nel mandare al massacro tutti quei ragazzi ucraini. Diremo di più: quella guerra, si dice, fu combattuta contro quei tizi che indossavano, come ricordato nel recentissimo discorso alla Duma di Putin, le mostrine runiche, i galloni con la testa di morto, le svastiche e i Sonnenrad: tutta roba che lo Zelens’kyj, perfino, pubblica impunemente su Instagram.
E poi, la menzogna: davvero dobbiamo berci questa storia dei russi che bombardano le case, esattamente come fanno gli americani in Italia, Germania, Giappone, Corea, Vietnam, Afghanistan, Iraq?
Davvero dobbiamo pensare che stiano censurando il fatto che la Russia stia eseguendo attacchi missilistici di precisione sulle infrastrutture (nella fase due iniziata dopo il bombardamento del Ponte di Crimea celebrato da Kiev) peraltro colpendo quelle di trasmissione e non quelle di produzione energetica?
Non c’è stato scandalo perché quel consigliere di Zelens’kyj ha ammesso poche settimane fa che il missile caduto sul condominio era ucraino?
Dobbiamo dimenticarci, invece, i colpi di artiglieria su case e scuole che nel Bacino del Don hanno ucciso dal 2014 almeno 14 mila persone?
Massì, bevetela tutta, la menzogna: c’è lì a fianco il premier col maglioncino bianco, fidatevi. Si tratta solo di tradurre la massa bovina – la massa vaccina – al macello nucleare, dopo che gli è toccato il macello economico, energetico, e genetico via siringa mRNA.
La pace contro la distruzione totale: non pensate che questo sia qualcosa di nuovo. Specie se c’è di mezzo quello di Arcore.
Siccome siamo su Renovatio 21, vogliamo ricordare che l’azione del potere profondo occidentale contro Berlusconi c’era da molto prima dell’Ucraina, perfino da prima che Berlusconi instaurasse quell’amicizia grande, vera, a tratti struggente, con Vladimir Putin.
Sono passati trenta anni, ma noi ricordiamo bene la stranezza del governo Berlusconi uno, con Silvio che vince inaspettatamente le elezioni del marzo 1994 contro la «gioiosa macchina da guerra» del PDS (allora il PD si chiamava così) di Achille Occhetto, che si sentiva destinato ad assumere finalmente il potere a Roma.
Quando Berlusconi piombò in politica non ruppe le uova nel paniere solo al futuro PD: c’è motivo di pensare che anche i veri padroni del Paese, quelli della «sovranità limitata», non fossero felici: con la caduta del muro, il Dipartimento di Stato americano e la CIA avevano completamente riconfigurato l’assetto dei loro appoggi globali. Quello che stavano con i sovietici, improvvisamente diventavano pro-Washington: ecco che ti tirano fuori dal carcere il terrorista filosovietico Nelsone Mandela, e te lo piazzano pure al potere in Sud Africa, a far ciao con la manina, il sorrisone e l’occhio fessurato.
I vecchi asset, che certo non scodinzolano come quelli che si sono trovati d’improvviso senza padrone, invece vengono eliminati: non è sbagliato pensare che Mani Pulite sia stato esattamente questo, la cancellazione del principale interlocutore antirusso del Paese, la Democrazia Cristiana, e la punizione per il «sovranista» Craxi che diceva che non voleva vedere i cavalli dei cosacchi abbeverarsi nelle fontane del Vaticano (era la promessa di Stalin), ma neanche vedere sgorgare, da quelle fontane, Coca-cola: la cosa fu particolarmente chiara a Sigonella.
E quindi, che vincesse le elezioni un amico intimo di Craxi, con il quale non si erano fatti accordi, né si avevano consistenti fili da tirare, era accettabile per il padrone americano?
No. E infatti il governo Berlusconi durò pochissimo. Quando rivinse le elezioni nel 2001, con percentuali che in certe regioni furono travolgenti, Berlusconi si adoperò per avvicinare questo nuovo presidente russo, molto composto, provenienza KGB, forse l’opposto totale della sua figura. Ci riuscì, al punto da creare un immenso punto per la storia della NATO – e quindi della pace sulla Terra – con gli accordi di Pratica di Mare, che riunirono i massimi vertici del pianeta (dotati di armi atomiche) per siglare la cooperazione con la massima superpotenza nucleare del mondo, la Russia.
Cominciate a vedere dove vogliamo andare a parare. Quando Berlusconi torna al potere nel 2008 (dopo aver perso contro Prodi per lo 0,07% dei voti) il rapporto con la Russia è oramai profondissimo: c’è l’acquisto di gas a buon mercato che favorisce le nostre aziende, ci sono le nostre banche che si espandono in Russia e pure nelle ex-repubbliche sovietiche, ci sono le PMI (tecnologia, moda, alimentari) che esportano miliardi e miliardi ogni mesi in Russia (e importano, pure), ci sono cooperazioni che fioriranno in settori strategici come l’aerospazio.
L’amicizia con lo Zar è tale che alla conferenza stampa per la vittoria elettorale, tenuta nella villa di Berlusconi in Sardegna, a fianco di Silvio c’è proprio Putin. Se lo rammentate, dovrebbero venirvi le vertigini: ma è così. Così come, poco dopo, Berlusconi in un’altra conferenza stampa congiunta con Putin, risponde in sua vece per difendere l’operato russo in Georgia, dove era andata in scena un’altra sanguinaria provocazione dei neocon, l’ultima dell’era Bush jr., che per le questioni cerebrali qualcuno potrebbe assimilare al Biden.
Anche quel governo Berlusconi finì anzitempo: all’apice della popolarità, cioè all’altezza del terremoto dell’Aquila, per il quale i russi a differenza degli americani mandarono subito degli aiuti, si attuò una manovra imprevista, con un’accusa da non credere: a Berlusconi piacciono le donne. In particolare, qualcuno sussurrò che sì, sulle storie delle escort, forse poteva esserci lo zampino americano, o meglio, così la pensava qualcuno di vicino a Berlusconi.
Le donne, e i processi, non furono abbastanza: sappiamo che la defenestrazione di Berlusconi la ottennero tramite una guerra economica. Ecco i risolini di Merkel e Sarkozy, il complotto (sì, anche i giornaloni oramai lo definiscono così) per far fuori Silvio dalla scena europea, certificato dai racconti autobiografici dell’ex segretario del Tesoro di Obama Timothy Geithner. Si inventarono lo spread – il COVID del 2011 – per allarmare il popolino, prepararono il tecnocrate di turno (con bollino Goldman Sachs), Mario Monti, il cui governo di tecnici «alieni» fu votato dalla stessa Meloni.
A Silvio andò bene: quell’anno, poco più sotto, un altro vertice di Stato veniva massacrato belluinamente, uno che pure conosceva bene, uno con cui aveva stipulato patti che favorivano non di poco l’interesse nazionale, le nostre aziende, la popolazione. Con l’uccisione di Gheddafi, la Libia, dove regnava la pace tra tribù e fazioni, diventa un inferno che ancora oggi brucia e minaccia di scottare anche noi.
Gli interessi nazionali italiani vanno a farsi friggere: entrano i francesi, gli inglesi, i turchi, i russi, gli egiziani, i sauditi, i quatarioti, e noi stiamo a guardare la nostra ex colonia, ora partner energetico strategico, divenire un buco nero. Facciamo notare anche che in Libia si piazzarono subito gli USA: sono indimenticabili le risate sataniche di Hillary Clinton quando le dicono che il rais libico è morto; di lì a poco il loro ambasciatore, Stevens, finirà impalato dai tagliagole sorti nel dopo-Gheddafi. Qualcuno dice che in realtà il diplomatico, o qualcuno sotto di lui, stesse combinando per conto di Washington un trasferimento di armi dai magazzini libici alla Siria, dove andava alimentata la rivolta anti-Assad da parte degli islamisti takfiri, tra cui l’ISIS.
Voci. Tuttavia vedete che anche qui abbiamo lo stesso schema: da una parte, chi porta distruzione e morte; dall’altra, chi vuole la pace e la cooperazione.
Berlusconi ha la sfortuna di stare dalla parte di chi ama la vita, il benessere, la prosperità. Berlusconi, come Trump, non vive di trame di annientamento, rifiuta per natura i programmi di devastazione che vengono dalle burocrazie del potere profondo.
È per questo che, in questo momento più che mai ci servono uomini così al potere: uomini veri, uomini sani, uomini che, secondo la più basica legge naturale, scelgono la vita e non la morte.
La Necrocultura, lo avete capito, fa qualsiasi cosa oggi per impedire che tali uomini arrivino e restino al potere: trucca le elezioni, gestisce colpi di palazzo, organizza linciaggi.
Lo avevamo detto altrove ricordando la crisi di Cuba, dove a parlarsi, e a risolvere, erano Kennedy e Krushev: l’assenza di uomini veri al comando oggi ci sta portando verso il baratro atomico.
Ci troviamo in un tempo in cui dobbiamo combattere contro forze oscure, contro le quali vogliono toglierci ogni difesa.
Il nostro governo obbedisce all’Impero del Male, sta da quella parte. Che non è quella che vuole che continuate a vivere e prosperare, come nell’Italia degli anni in cui son cresciuti i Berlusconi: pace, famiglia, lavoro. La vita oltre le macerie. Dall’altra parte chi invece opera, da sempre, per la rovina dell’umanità.
Siamo sempre qui: la vita contro la morte. Scegliete quale principio deve governare la vostra esistenza – e il vostro Paese.
Roberto Dal Bosco
Pensiero
Vi augurano buona festa del lavoro, ma ve lo vogliono togliere. Ed eliminare voi e la vostra discendenza
Buona festa dei lavoratori! Ve lo ripetono da tutte le parti, del resto è una festa importantissima per la Repubblica: il Venerdì Santo, il giorno in cui Dio muore per l’umanità secondo quella che in teoria è la religione maggioritaria del Paese, si lavora. Il giorno dei morti, pure. Il Primo maggio, invece, no: vacanza.
Questo basterebbe a far comprendere qual è la vera religione che lo Stato italico vuole imporre alla sua popolazione – del resto, il suo libro sacro, la Costituzione, scrive al suo primo articolo che la Repubblica stessa è fondata sul lavoro – espressione incomprensibile, se non comprendendo la smania sovietica che avevano i comunisti e la sciocca acquiescenza dei democristiani che glielo hanno lasciato scrivere, accettando pure di lasciare fuori dalla Carta la parola «Dio».
Il dio della Costituzione, il dio della Repubblica è il lavoro?
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La divinizzazione politica di un concetto astratto, di un’attività umana, non solo l’indice della volontà di laicizzazione dello Stato. Poggia, essenzialmente, nel rigetto di avere per la cosa pubblica il fondamento del Cristianesimo.
Non è un caso che la festa del dio-lavoro avvenga l’indomani della notte di Valpurga, ritenuta nei secoli un momento di vertice dell’ attività del male sulla Terra – in genere, su Renovatio 21, facciamo ogni anno un articolo sull’argomento, annotando gli eventi concomitanti. La realtà è che la festa del Primo maggio è un tentativo di inculturazione, o meglio, di reintroduzione di usanze pagane – in particolare la festa celtica chiamata Beltane, di cui parla anche J.G. Frazer nel suo studio su magia e religione dell’antichità europea Il ramo d’oro.
La prima menzione di Beltane è nella letteratura irlandese antica dell’Irlanda gaelica. Secondo i testi altomedievali Sanas Cormaic (scritto da Cormac mac Cuilennáin) e Tochmarc Emire, Beltane si teneva il 1° maggio e segnava l’inizio dell’estate. I testi dicono che, per proteggere il bestiame dalle malattie, i druidi accendevano due fuochi «con grandi incantesimi» e guidavano il bestiame in mezzo a loro.
La vulgata progressista del Primo maggio, nata nel secondo Ottocento, si attacca quindi a questo sostrato antico, non cristiano, alla guisa di come ha fatto la Chiesa con alcune festività nel corso dell’anno.
Quindi: un nuovo dio, una nuova religione. Ma il problema è che neanche i suoi stessi sacerdoti ci credono. I loro discorsi – i loro incantesimi – sono inganni, sempre più infami, sempre più ridicoli.
Abbiamo sentito ieri il segretario generale CGIL Maurizio Landini dichiarare che «il governo Meloni difende il fossile e nega il cambiamento climatico, come si può pensare di cambiare modello di produzione?». Lo ha detto ad un evento dell’«Alleanza Clima Lavoro», di cui apprendiamo l’esistenza. Stendiamo un velo pietoso sull’attacco ai combustibili fossili, che fossili non sono (no, il petrolio non è succo di dinosauro!), che dimostra un allineamento con i gruppi ecofascisti più estremi e grotteschi visti negli ultimi anni – e pagati da chi, possiamo intuirlo.
Quindi: prima il «clima», poi i lavoratori. L’intero sistema industriale va cambiato per favorire l’ambiente, non l’uomo che lavora: conosciamo questa solfa, ora condita automaticamente dal terrorismo climatico. Si tratta di un’idea che avanza da tanto tempo, e si chiama deindustrializzazione.
Come abbiamo ripetuto tante volte su questo sito, la deindustrializzazione altro non è che deumanizzazione. Cioè, riduzione non dei lavoratori, ma della quantità stessa di esseri umani che camminano sul pianeta. Ciò era chiaramente esposto nelle opere di Aurelio Peccei e compagni oligarchi, quando l’élite – la stessa che stava dietro al Club di Roma, Club Bilderberg, WWF, etc. – cominciò a lavorare decisamente alla riduzione della popolazione.
Non è possibile diminuire il numero di esseri umani sul pianeta se si continua a produrre. Perché l’industria – il lavoro – dà cibo, e il cibo dà la vita, e la vita si moltiplica. La filiera dell’essere deve essere interrotta, molto prima. Niente industria, niente lavoro, niente vita. Niente persone. Niente umanità. Ora potete capire da dove vengono la povertà e la fame, che sembrano di ritorno anche nel Primo Mondo.
In alcuni testi risalenti a più di mezzo secolo fa, la cosa era messa nera su bianco: avrebbero creato deliberatamente un concetto prima sconosciuto, quello di inquinamento, per avere uno strumento di controllo del comportamento di popoli e Nazioni. Se ci pensate, anche questa è una scopiazzatura del cattolicesimo: non il peccato, ma l’impronta carbonica. Non il peccato originale, ma l’essere umano in sé, alla cui nascita c’è già un debito ecologico personale importante. Non la Santa Trinità, non l’Incarnazione, ma Gaia, dea terrifica che si fa pianeta.
Non ci sorprende, ma nondimeno continua a riempirci di orrore, vedere che chi è pagato per difendere i lavoratori è in realtà alleato delle forze che ne vogliono l’eliminazione. Lo aveva capito, con decenni di anticipo, il filosofo marxista Gianni Collu, che nel libro Apocalisse e rivoluzione notava che il paradigma non era più quello rivoluzionario della crescita operaia, cioè industriale, ma quello di una contrazione dell’intera società produttiva.
In pratica, Collu aveva compreso che stava venendo innestato, specie presso partiti, sindacati, intellettuali di sinistra, l’odio per l’uomo – in una parola, era stata avviata la Necrocultura. Non per niente il filosofo cominciò a scoprire, e rivelare, l’interesse crescente che molti circoli goscisti cominciavano a sentire verso un tema divenuto tabù nei millenni cristiani, cioè il sacrificio umano.
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Ora, guardate celebrare il vostro lavoro da chi è inserito, con stipendio, nel disegno per togliervelo – ed eliminare la vostra esistenza e la vostra discendenza. Non dobbiamo ricordare qui gli sforzi, fatti anche in sede europea, che i sindacati hanno fatto per il feticidio.
Nessuno dei vostri lavori è al riparo dal disegno mortale che avanza: se vi hanno detto che imparando a programmare avreste avuto sempre lavoro, provatelo a ripetere alle migliaia di licenziati alla IBM, come in tantissimi altri colossi tecnologici, sostituiti dall’Intelligenza Artificiale.
Nessuno è al sicuro: i grafici, cosa pensano di fare davanti alla presenza di incredibili programmi text-to-image, dove digiti cosa vuoi vedere e ti viene servito in un’immagine perfetta?
Attori, registi, produttori cinetelevisivi, cosa potranno di fronte ai software come Sora di ChatGPT, che promette di generare sequenze video a partire da semplici richieste? Sappiamo che l’ultimo sciopero ad Hollywood verteva su questo, e che già operano società di computer grafica talmente ultrarealista da aver disintermediato regioni immense della filiera.
Domani, cioè già oggi, tocca agli insegnanti. Ai bancari. Ai lavoratori dei fast food. A qualsiasi lavoratore. Alla realtà stessa.
Tuttavia, notatelo, nessun sindacato parla di fermare l’Intelligenza Artificiale. Vi parlano di cambiamento climatico, combustibili fossili, etc.
Lo fanno dopo aver assistito all’assassinio, con il green pass e l’obbligo al vaccino genico, dell’articolo 1 del loro libro sacro, il dogma primigenio della loro religione: ve lo abbiamo detto, non ci credono nemmeno loro.
E quindi, se anche quest’anno un boss sindacale, dinanzi al milione di ebeti ammassati per il concertone del Primo maggio, dovesse d’improvviso farsi scappare di nuovo l’espressione «Nuovo Ordine Mondiale», beh, sappiamo bene di cosa si tratta.
Non c’entrano le ricorrenze druidiche primaverili, qui siamo altrove nel calendario, in un’altra festa importante: sotto sotto, negli auguri ai bravi lavoratori, vi stanno dicendo che arriva il Natale. E che voi siete i tacchini.
Buon lavoro.
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
I biofascisti contro il fascismo 1.0: ecco la patetica commedia dell’antifascismo
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Pensiero
«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?
All’inizio di questo mese, il rituale dell’accensione della torcia olimpica – di fatto la prima cerimonia dei Giochi Olimpici – si è tenuta ad Olimpia, in Grecia, presso l’antico tempio di Era, la moglie di Zeus, padre degli dei greci detti, appunto, olimpici. Lo riporta LifeSite.
Accompagnata da uno stuolo di vestali per qualche ragione tutte bianche, l’attrice greca Mary Mina ha interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» che aveva funzione, tra le altre cose, di offrire una «preghiera» agli dèi olimpici.
«Apollo, dio del sole e dell’idea della luce, invia i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola per la città ospite», cioè Parigi. «E tu, Zeus, dona la pace a tutti i popoli della terra e incorona i vincitori della corsa sacra».
🗣️ “Apollo, God of sun, and the idea of light, send your rays and light the sacred torch for the hospitable city of Paris. And you, Zeus, give peace to all peoples on earth and wreath the winners of the Sacred Race.”#Paris2024 | @Paris2024 pic.twitter.com/FHMEmJ134U
— The Olympic Games (@Olympics) April 16, 2024
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Il Comitato Olimpico Ellenico organizza l’evento, che ha una durata di circa 30 minuti, ed elenca sul suo sito il resto dell’«Invocazione ad Apollo».
Silenzio sacro
Risuonino il cielo, la terra, il mare e i venti.
Le montagne tacciono.
I suoni e i cinguettii degli uccelli cessano.
Per Febo, il Re portatore di Luce ci terrà compagnia.
Apollo Dio del sole e dell’idea della luce
manda i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola
per l’ospitale città di…
E tu Zeus dona la pace a tutti i popoli della terra e
incorona i vincitori
della Razza Sacra
Il gruppo spiega che la prima cerimonia di accensione della torcia ebbe luogo nel 1936 con «l’alta sacerdotessa Koula Pratsika, considerata una pioniera della danza classica in Grecia e fu la prima coreografa della cerimonia di accensione». La Pratsika nell’ambito dei celeberrimi Giochi di Berlino – quelli dello Hitler e di Jesse Owens, e di Leni Riefenstahl – e che da allora si è svolta più o meno prima di ogni Olimpiade.
La coreografa Artemis Ignatiou dirige lo spettacolo dal 2008. Originaria della Grecia, ha precedentemente interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» ed è stata coinvolta nella produzione dagli anni Novanta.
È, ammetterà anche il lettore, molto molto curioso: la preghiera ai dei dell’Ellade rispunta per lo Sport, quando invece, l’invocazione che nei secoli si è pronunziata per la medicina – il giuramento di Ippocrate – è oramai quasi del tutto sparito in tutto il mondo – e mica lo vediamo solo in Israele, lo abbiamo visto anche sotto casa durante il COVID. I motivi, li sapete: quelle frasi sul fatto che il medico non darà sostanze abortive, né cagionerà la morte del paziente… Siamo lontani anni luce da ciò che oggi deve fare il dottore, e cioè servire la Necrocultura, estendendo la morte ovunque si possa.
È bene ricordare anche che il mondo moderno ora esige un altro culto pagano greco, quello alla dèa preolimpica (cioè, ctonia) Gaia, che tramite le elucubrazioni dell’ambientalismo è divenuta la Terra stessa, intesa come unico essere vivente minacciato dalla presenza umana. Del resto, Gaia apparteneva alla stirpe dei titani, come Crono, il dio che divorava i suoi figli…
Ma torniamo al fuoco pagano dei Giuochi. Il sito olimpico ricorda che i giochi iniziarono nel 776 a.C. e continuarono fino al 393 d.C. quando l’imperatore cristiano Teodosio I li abolì. «Le sue cerimonie di apertura sembrano quasi sempre incorporare temi massonici o globalisti» scrive LifeSite. «I giochi di quest’anno sono stati annunciati come le prime Olimpiadi “della parità di genere”. Ciò significa che uomini e donne avranno una rappresentanza 50-50 nella competizione. Detto in altro modo, ci saranno tanti atleti maschi quante sono le atlete. Questo è stato presentato come un importante segno di “progresso”».
Alla cerimonia di accensione della torcia, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha sottolineato che i giochi di quest’anno saranno «più giovani, più inclusivi, più urbani, più sostenibili». Si riferiva al fatto che sarà allestita una «Pride House» pro-LGBT per «sostenitori, atleti e alleati LGBTI+».
«I Giochi sono una celebrazione della diversità», afferma il sito ufficiale delle Olimpiadi. «In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, Parigi 2024 ribadisce il suo impegno nella lotta contro ogni forma di discriminazione», riferendosi eufemisticamente a qualsiasi opposizione all’omosessualità o al transgenderismo e aggiungendo che la «Pride House» ha lo scopo di «celebrare» le «minoranze» LGBT e il loro «orgoglio».
LifeSiteNews ci tiene a ricordare che «come i precedenti Giochi Olimpici, Parigi 2024 sarà probabilmente una cloaca di impurità. (…) la fornicazione è dilagante e nel Villaggio Olimpico dove soggiornano gli atleti vengono distribuiti contraccettivi gratuiti».
Riguardo al sesso al villaggio olimpico, chi ha partecipato da atleta ad un’Olimpiade in genere torna con racconti impressionanti – dionisiaci, erotici, del resto sempre di dèi greci si tratta, Dioniso, Eros, e mettiamoci pure dentro pure la poetessa greca Saffo, che dea non è, ma popolare di certo lo deve essere presso certe giocatrici di basket, ad esempio, e neanche solo quelle.
Del resto, metti quantità di giovani sani (in teoria: da Tokyo sappiamo quanti ne ha rovinati, financo sportivamente, l’mRNA) tutti insieme nello stesso luogo, e cosa vuoi che succeda? Sappiamo che la cosa capita anche alla Giornate Mondiale della Gioventù organizzate dai papati moderni, al termine delle quali trovano a terra tra la spazzatura, oltre che le ostie consacrate, anche preservativi usati da giovani e previdenti papaboys.
La questione, semmai, è capire che l’abominio pagano dello sport olimpico potrebbe essere andato molto oltre le semplici fornicazioni degli atleti: da anni si parla sommessamente del fenomeno dell’aborto-doping. Funziona così: per giovarsi della biochimica ormonale fantastica offerta dalla gravidanza e migliorare quindi le proprie prestazioni sportive, le atlete si fanno ingravidare per poi uccidere il figlio e godere del beneficio organico e muscolare della gravidanza.
Praticamente: vero e proprio doping, senza alcuno steroide sintetico – quindi perfettamente legale. Specie, immaginiamo, nelle Olimpiadi delle «pari opportunità».
«Ora che i test antidroga sono di routine, la gravidanza sta diventando il modo preferito per ottenere un vantaggio sulla concorrenza» avvertiva ancora nel 2013 Mona Passiganno, direttrice di un gruppo pro-life texano. In quell’anno emerse anche la storia di un atleta russo che avrebbe raccontato a un giornalista che già negli anni Settanta, alle ginnaste di appena 14 anni veniva ordinato di dormire con i loro allenatori per rimanere incinte e poi abortire. La procedura sarebbe così conosciuta da arrivare persino anche sui libri di testo: un libro di testo online di fisiologia del dipartimento di Fisiologia Medica dell’Università di Copenaghen sembra averne ancora traccia.
«Le atlete di punta – proprio dopo il momento in cui hanno dato alla luce il loro primo figlio – hanno stabilito diversi record mondiali» scrive il testo danese di fisiologia sportiva. «Naturalmente, questo è accettabile come evento naturale e non intenzionale. Tuttavia, in alcuni Paesi le atlete rimangono incinte per 2-3 mesi, al fine di migliorare le loro prestazioni subito dopo l’aborto».
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Altro che preghiera ad Apollo: questo è un sacrificio umano, un atto propiziatorio tramite l’uccisione della propria prole al dio pagano della prestanza fisica, della vittoria sportiva, della ricca sponsorizzazione, dell’ego incoronato etc.
E quindi: quanti sacrifici umani agli dèi antichi e moderni verranno consumati per i Giochi parigini?
Va ricordato l’aborto nel mondo sportivo non è una novità, una importante multinazionale di vestiario, negli anni, è stata accusata di aver fatto pressioni affinché le proprie atlete sponsorizzate abortissero, anche se non è chiaro se semplicemente per continuare a sfruttarne le prestazioni o per ottenerne anche i benefici corporei del doping feticida.
Diciamo pure che la strage olimpica occulta dei bambini delle atlete non potrebbe essere l’unico accento di morte da aspettarsi a Giochi di Parigi. Come noto, Macron ha fatto capire di temere per l’incolumità della sua Olimpiade, arrivando a chiedere, anche grottescamente, una «tregua» dei conflitti in corso – lui che, contro l’opinione degli omologhi europei e dello stesso popolo francese, paventa truppe NATO in Ucraina, e che secondo alcuno già sarebbero state spedite ad Odessa.
Abbiamo visto, nel frattempo, come qualcuno degli organizzatori olimpici si stia lamentando del fatto che per il nuoto la Senna sembra non andare bene: è stata rilevato troppo Escherichia Coli, cioè troppa materia fecale. Parigi è baciata da un fiume escrementizio, e vuole che gli atleti di tutto il globo vi si tuffino.
Questa immagine, del fiume di cacca in cui obbligano la gente ad immergersi, racconta bene il senso occulto dell’Olimpiade.
Tuffatevi anche voi nell’acqua marrone: dietro l’Olimpiade non c’è solo l’afflato neopagano e massonico (con le logge che da sempre rivendicano la consonanza con i principi olimpici), potrebbe esserci un’ondata di morte vera e propria.
Giochi di morte: lo Stato moderno pare volerceli infliggere a tutti i costi.
Roberto Dal Bosco
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