Geopolitica
Kiev descrive gli attacchi di precisione russi alle infrastrutture energetiche ucraine: colpita la distribuzione, non la generazione di elettricità
La compagnia statale ucraina di trasmissione dell’elettricità, Ukrenergo, ha riferito che l’entità dei danni subiti di recente dagli impianti elettrici nell’Ucraina occidentale è simile, o forse peggiore, a quella degli attacchi iniziali del 10-11 ottobre.
Funzionari regionali ucraini riferiscono che una serie di attacchi in tutta l’Ucraina il 22 ottobre ha lasciato i residenti in alcune parti di Odessa, Cherkasy, Kropyvnytskyi, Rivne, Khmelnytskyi e Lutsk senza elettricità.
Il governatore di Dnipropetrovsk Valentin Reznichenko ha riferito che le linee elettriche sono state interrotte, lasciando parti della città di Nikopol senza elettricità. Khmelnytskyi nell’Ucraina occidentale ha riferito di aver perso la corrente elettrica.
Il capo dell’amministrazione militare regionale dell’oblast’ di Odessa, Maksym Marchenko, ha riferito che le aree erano senza elettricità a seguito di due attacchi missilistici su una struttura di infrastrutture energetiche.
Interruzioni di Internet si sono verificate anche in tutta l’Ucraina. Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelens’kyj, in una comunicazione dell’altra sera, ha affermato che la raffica «molto ampia» di missili e droni russi ha colpito Volyn a nord-ovest, Odessa, Mykolaiv e Zaporozhye a sud, Rivne a ovest, Kirovohrad e Dnipropetrovsk al centro.
La CNN ha riferito che l’Ucraina ha avuto interruzioni di corrente continua, stazioni di pompaggio dell’acqua disabilitate e interruzioni di Internet diffuse; ma pochissimi civili feriti o morti. «Le vittime sono relativamente poche, ma i danni sono spropositati. L’infrastruttura elettrica è un obiettivo ovvio e statico».
«Forse la CNN era delusa dal fatto che non avessero una maglietta insanguinata da sventolare, ma a loro merito, lo hanno riferito» commenta EIRN.
Da notare che il CEO del Centro di ricerca sull’energia di Kiev, Oleksandr Kharchenko, il 21 ottobre, ha descritto il piano russo dicendo che impiegherebbe di «esperti energetici russi competenti… per chiudere il sistema energetico dell’Ucraina. Cioè, per ottenere un blackout completo nel Paese».
In precedenza, il CEO della società energetica DTEK Maksym Timchenko aveva affermato che la Russia è stata molto selettiva nel colpire i bersagli.
Il giornale Ekonomichna Pravda lo ha descritto dicendo che gli attacchi della Russia «miravano non ai generatori ma ai meccanismi della distribuzione: quadri e trasformatori o apparecchiature di uscita nelle centrali termoelettriche». Lo hanno poi citato direttamente dicendo: «Penso che l’esercito russo sia consigliato dai loro ingegneri elettrici che spiegano come causare il massimo danno al sistema di alimentazione».
Come riportato da Renovatio 21, l’attacco alle infrastrutture – visto in Ucraine con l’elettricità, ma anche nel Baltico con il sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2 – rappresenta la nuova fase della guerra.
Nei mesi scorsi, il fatto che le forze russe avevano risparmiato le infrastrutture ucraine aveva sconvolto, ha scritto il New York Times, gli analisti americani. La guerra americana vista in questi anni ha convinto il mondo che l’unico modo di fare la guerra sia con bombardamenti massivi, stragi di civili, disperazione e distruzione. Difficile dunque comprendere una guerra fatta senza voler massacrare la popolazione (e questo è il motivo per cui le storie come quella delle stragi di Bucha etc. hanno finito per sgonfiarsi, annegando nel mare di fake news propalate in modo insostenibile dal regime di Kiev che le ha fatte ripetere ai nostri giornali); una guerra che per mesi – cioè, fino a che Nord Stream 2 e ponte di Kerch, infrastrutture russe, sono state fatti saltare –è stata condotta senza toccare elettricità, acqua, internet.
Possiamo capire la Russia sta concependo il conflitto secondo fasi, la cui escalation fa di tutto per prevenire: c’è una fase di attacco al solo esercito e alle milizie naziste (era l‘obiettivo dichiarato pubblicamente da Putin alla vigilia dell’operazione militare speciale: demilitarizzare e denazificare)..
C’è una fase successiva di attacco alle infrastrutture, che stiamo vedendo adesso – anche qui, come abbiamo visto, con una politica chirurgica di limitazione del danno.
Ci potrebbe essere una fase ulteriore in cui, purtroppo, potrebbe essere coinvolta collateralmente la popolazione civile, e crediamo che possa capitare qualora vi fossero attentati o attacchi diretti a città russe come Belgorod o perfino Mosca, San Pietroburgo etc.: si tratterebbe dell’espansione del conflitto a guerra vera, magari internazionale.
Infine, l’ultima fase immaginabile è quella dell’olocausto termonucleare: Terza Guerra Mondiale con uso immediato di armamenti di distruzione planetaria. Un conflitto senza vincitori, ma con miliardi di persone sacrificate al niente.
I russi con 84 missili lanciati nell’attacco mattutino dell’11 ottobre hanno totalizzato 11 morti: gli americani con un singolo missile Hellfire sparato da drone in Afghanistan uccidevano centinaia di persone, donne, vecchi e bambini, riuniti in un tugurio disperso tra le montagne per il matrimonio di un lontano cugino di un obiettivo, che si sospettava potesse essere alla festa.
Ciò ci dice che vi sono sforzi, da parte moscovita, di contenere l’escalation e le morte degli innocenti; una politica che Washington (che qui è fatta di Foggy Bottom e Langley) non conosce.
Il mondo intero, l’Europa e l’Italia in primis, dovrebbe lavorare per aiutare questo processo di contenimento della scalata del conflitto verso stragi prima indiscriminate e poi atomiche.
Invece abbiamo ovunque l’esatto contrario di quel che serve: non partner del decisore americano, ma maggiordomi che portano la tanica di benzina da versare sul fuoco.
Immagine da Telegram
Geopolitica
L’UNICEF denuncia come Israele ignora il cessate il fuoco ONU e continua il massacro di Gaza
In una conferenza stampa tenuta il 26 marzo a Rafah James Elders, portavoce del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), ha fornito un rapporto completo sulla devastazione a cui sta assistendo ora, dopo un’assenza di tre mesi. Lo riporta EIRN.
Elders ha riferito che i combattimenti notturni tra lunedì sera, 25 marzo e martedì 26 marzo avevano prodotto «un numero a due cifre di bambini uccisi», avvenuti «solo poche ore dopo l’approvazione della risoluzione» del Consiglio di Sicurezza.
Il funzionario UNICEF ha dichiarato che a Rafag ora si «discute infinitamente di un’operazione militare su larga scala». Questa è «una città di bambini. Ci sono 600.000 ragazze e ragazzi», ha detto, ma è «irriconoscibile a causa della congestione, delle tende agli angoli delle strade e dei terreni sabbiosi. La gente dorme per strada, negli edifici pubblici, in ogni altro spazio vuoto disponibile»
«A Rafah c’è circa un bagno ogni 850 persone. Per quanto riguarda le docce, il numero è quattro volte superiore: una doccia ogni 3.600 persone. Questo è un disprezzo infernale per i bisogni umani fondamentali e la dignità».
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«Un’offensiva militare a Rafah?» si è chiesto l’Elders. «Offensiva è la parola giusta. Rafah, sede di alcuni degli ultimi ospedali, rifugi, mercati e sistemi idrici rimasti a Gaza».
Il portavoce UNICEF ha anche visitato Khan Younis, a nord di Rafah, che secondo lui era irriconoscibile. «Esiste a malapena più. Nei miei 20 anni con le Nazioni Unite, non ho mai visto una tale devastazione. Solo caos e rovina, con macerie e detriti sparsi in ogni direzione. Annientamento totale».
L’ospedale Nasser, «un luogo così critico per i bambini feriti dalla guerra», non è più operativo. Infatti, solo un terzo degli ospedali di Gaza sono «parzialmente funzionanti». Cinque ospedali sono sotto assedio da parte delle forze israeliane.
Visitando la città di Jabalia, nel nord di Gaza, Elders ha riferito che tra l’1 e il 22 marzo, a un quarto delle 40 missioni di aiuto umanitario nel Nord di Gaza è stato negato l’ingresso nella Striscia. Ha assistito a centinaia di camion delle Nazioni Unite e di ONG internazionali, che trasportavano aiuti umanitari salvavita, rimasti indietro sul lato israeliano del confine, in attesa di entrare a Gaza.
Se il vecchio valico di Erez, a 10 minuti di distanza, fosse aperto, «potremmo risolvere questa crisi umanitaria nel nord nel giro di pochi giorni», ha detto Elders. Il portavoce dell’UNICEF ha concluso: «la privazione, la disperazione forzata, significa che la disperazione pervade la popolazione. E i nervi delle persone sono scossi da attacchi incessanti».
«L’indicibile viene regolarmente detto a Gaza. Dalle adolescenti che sperano di essere uccise; sentirsi dire che un bambino è l’ultimo sopravvissuto dell’intera famiglia. Tale orrore non è più unico qui (…) In tutto questo, tanti palestinesi coraggiosi, generosi e instancabili continuano a sostenersi a vicenda, e le agenzie sorelle delle Nazioni Unite e l’UNICEF continuano a farlo».
«Come abbiamo sentito ieri: il cessate il fuoco deve essere sostanziale, non simbolico. Gli ostaggi devono tornare a casa. Alla gente di Gaza deve essere permesso di vivere» ha dichiarato il funzionario onusiano.
«Nei tre mesi tra le mie visite, ogni numero orribile è aumentato drammaticamente. Gaza ha infranto i record dell’umanità nei suoi capitoli più oscuri. L’umanità deve ora scrivere urgentemente un capitolo diverso».
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Immagine di RafahKid Kid via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic; immagine tagliata
Geopolitica
Putin: non ci sono «nazioni ostili» per la Russia, solo «élite ostili»
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Geopolitica
Il presidente serbo lancia l’allarme: minacce dirette alla Serbia e ai serbi bosniaci
La Serbia sta attraversando giorni estremamente difficili, ha dichiarato il presidente Aleksandar Vucic, aggiungendo che sono in gioco gli interessi nazionali del Paese. Lo riporta RT.
La Nazione balcanica si è costantemente opposta ai tentativi della sua provincia separatista del Kosovo di aderire agli organismi internazionali, ma la regione ha recentemente fatto progressi in questo senso.
Mercoledì il leader serbo ha pubblicato un messaggio criptico su Instagram, avvertendo che «si prospettano giorni difficili per la Serbia» e che «in questo momento non è facile dire che tipo di notizie abbiamo ricevuto nelle ultime 48 ore».
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Gli sviluppi «minacciano direttamente gli interessi nazionali vitali sia della Serbia che della [Republika] Srpska», ha osservato Vucic, senza fornire ulteriori dettagli, dicendo solo che presenterà ai suoi concittadini le sfide future nei prossimi giorni.
La Republika Srpska è una regione parzialmente autonoma dominata dai serbi all’interno della Bosnia ed Erzegovina.
«Sarà dura… Combatteremo, la Serbia vincerà», ha aggiunto Vucic.
Anche se non è chiaro a cosa si riferisse Vucic, è pronto a incontrare mercoledì alti diplomatici di Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia e Italia, secondo il sito web Pink.rs. Si prevede che l’ordine del giorno dell’incontro verterà sulla richiesta del Kosovo di aderire al Consiglio d’Europa, organismo internazionale di vigilanza sui diritti umani.
Secondo Pink, Vucic «non perderà l’occasione di ripetere (…) che si è trattato di una mossa perfida che ha anche un peso simbolico poiché è stata compiuta proprio il giorno che è stato scritto a lettere nere nella memoria collettiva dei serbi».
Il giornale si riferiva al 25° anniversario dell’inizio della campagna di bombardamenti della NATO contro l’ex Jugoslavia per quello che il blocco ha definito «uso sproporzionato della forza» contro un’insurrezione di etnia albanese in Kosovo.
Verrà discussa anche la decisione della commissione permanente dell’Assemblea parlamentare della NATO di elevare la regione separatista del Kosovo allo status di membro associato. La decisione finale sulla questione è attesa per la fine di maggio.
Nel frattempo Radio Sarajevo ha fatto intendere che il presidente serbo avrebbe reagito alla decisione dell’alto rappresentante della Bosnia ed Erzegovina Christian Schmidt di modificare la legge elettorale del paese. L’Ufficio dell’Alto Rappresentante è un’organizzazione internazionale che sovrintende all’accordo di Dayton del 1995, che ha posto fine a una sanguinosa guerra nella Nazione balcanica.
Schmidt ha dichiarato martedì che utilizzerà la sua autorità per introdurre riforme del voto digitale come parte di un progetto pilota nel paese.
La mossa è stata accolta con il rifiuto del presidente della Republika Srpska Milorad Dodik, che ha detto che Schmidt non ha nulla a che fare con il processo elettorale, aggiungendo che «appartiene alle persone che vivono in Bosnia ed Erzegovina».
In una intervista all’agenzia russa TASS dello scorso mese il Vucic aveva dichiarato che la comunità internazionale non è più interessata a porre fine ai conflitti e vede invece la pace come un ideale «indesiderato».
Come riportato da Renovatio 21, settimane fa il presidente serbo aveva rincarato la dose accusando l’Occidente di perseguire una politica di «militarizzazione totale» per sconfiggere la Russia, che mette la regione e il mondo sull’orlo del disastro e sull’orlo della Terza Guerra Mondiale.
«Quello che sta succedendo adesso è una follia», aveva detto ai media regionali. «Tutti pensavano che Putin sarebbe stato sconfitto facilmente. Ora vedono che non è così».
Sei mesi fa il presidente serbo aveva detto che le forze di pace NATO hanno dato agli albanesi del Kosovo «carta bianca» per uccidere i serbi. «Il Kosovo vuole iniziare una guerra NATO-Serbia» aveva detto un anno fa il Vucic.
Come riportato da Renovatio 21, l’Italia pare essere già schierata nel teatro balcanico: il premier Giorgia Meloni aveva prima alzato la voce quando truppe italiane del contingente KFOR erano state ferite in un moto dei serbi kosovari, poi l’estate scorsa ha compiuto un bizzarro, enigmatico viaggio privato dal premier albanese Edi Rama, risaputo uomo proveniente dalle file dello speculatore internazionale Giorgio Soros.
In una intervista di mesi fa con Tucker Carlson il presidente ungherese Viktor Orban aveva rivelato che con il presidente serbo Vucic sarebbe d’accordo nel considerare un attacco al gasdotto South Stream, che porta il gas dalla Russia in Ungheria e Serbia, come un atto di guerra, al quale, dice, «reagiremo».
Tre mesi fa si era assistito ad un probabile tentativo di «maidanizzazione», a Belgrado a seguito delle elezioni. Alti funzionari serbi avevano descritto le proteste come un tentativo di «rivoluzione colorata» e hanno affermato di essere stati avvertiti dalla Russia: il presidente serbo Vucic aveva affermato che la protesta è stata sponsorizzata dalle potenze occidentali che volevano rimuoverlo dall’incarico per i suoi cordiali rapporti con la Russia e per il rifiuto di abbandonare le rivendicazioni della Serbia sul Kosovo, citando i rapporti dei servizi segreti stranieri.
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Immagine di European Union via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International; immagine tagliata
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