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Geopolitica

L’Unione Europea messa in ginocchio dagli Straussiani

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

 

Un gruppuscolo di statunitensi, sviluppatosi attorno al pensiero del filosofo Leo Strauss, ora controlla la segreteria alla Difesa e la segreteria di Stato. Dopo aver organizzato moltissime guerre successive a quelle della Jugoslavia, hanno architettato la guerra in Ucraina. Gli Straussiani manipolano l’Unione Europea e s’apprestano a privarla delle fonti di energia. Se la classe dirigente europea non apre gli occhi, l’alleanza con Washington porterà all’affondamento dell’economia dell’Unione. È illusorio credere che le nazioni europee saranno risparmiate in quanto Paesi sviluppati. Gli Straussiani scrissero già nel 1992 che non avrebbero esitato a distruggere la Germania e l’UE.

 

 

 

Dal 1949 il filosofo tedesco ebreo Leo Strauss insegnò all’università di Chicago. Molto presto radunò attorno a sé un piccolo gruppo di accoliti ebrei, scelti fra i suoi allievi, cui riservò un insegnamento orale molto diverso da quello esposto nelle opere scritte.

 

Secondo Strauss, le democrazie erano state incapaci di proteggere gli ebrei dalla soluzione nazista. Per evitare il ripetersi del dramma e che la mannaia si abbattesse nuovamente sugli ebrei, i discepoli dovevano tenere il coltello dalla parte del manico: Strauss li consigliò di costruire la propria dittatura.

 

Leo Strauss chiamò i suoi discepoli opliti (i soldati di Sparta) e li istruì perché andassero a disturbare le lezioni di alcuni suoi colleghi.

 

Molti membri di questa setta hanno svolto elevatissimi incarichi negli Stati Uniti e in Israele. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, il funzionamento e l’ideologia di questo gruppuscolo sono stati oggetto di molte polemiche. I partigiani e gli avversari del filosofo si sono scontrati in un’infinità di pubblicazioni. Tuttavia i fatti sono incontrovertibili. (1)

 

Autori antisemiti hanno mescolato, a torto, straussiani, comunità ebraiche della diaspora e Stato d’Israele. Ebbene, l’ideologia di Leo Strauss non fu mai discussa nel mondo ebraico prima dell’11 Settembre. Dal punto di vista sociologico è un fenomeno settario, nient’affatto rappresentativo della cultura ebraica. Tuttavia, nel 2003, alla presenza di altri dirigenti israeliani, i sionisti revisionisti di Benjamin Netanyahu conclusero un patto con gli Straussiani statunitensi (2). L’alleanza non fu mai resa pubblica.

 

Una caratteristica di questo gruppuscolo è che è pronto a tutto. Per esempio, volevano far tornare l’Iraq all’età della pietra. Ed è quanto hanno effettivamente fatto. Secondo loro qualsiasi sacrificio è accettabile, anche da parte di loro stessi, pur di continuare a essere i primi; non i migliori, ma i primi! (3)

 

Nel 1992 un consigliere del segretario alla Difesa, lo straussiano Paul Wolfowitz, redasse il Defense Planning Guidance, il primo documento ufficiale Usa ispirato al pensiero di Leo Strauss. (4)

 

Wolfowitz fu iniziato al pensiero di Strauss dal filosofo statunitense Allan Bloom (amico del francese Raymond Aron) e conobbe Strauss solo al termine dell’insegnamento a Chicago. Ciononostante, l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, Jeane Kirkpatrick, ha individuato in Wolfowitz «una delle grandi figure straussiane». (5)

 

Nel contesto del crollo dell’Unione Sovietica, Wolfowitz ha elaborato una strategia per mantenere l’egemonia degli Stati Uniti sul resto del mondo.

 

Il Defense Planning Guidance avrebbe dovuto rimanere riservato, ma il New York Times ne rivelò le linee principali e ne pubblicò alcuni stralci (6). Tre giorni dopo il Washington Post ne rivelò altri dettagli (7). Il testo originale non fu mai pubblicato, ne circolò una versione rivista dal segretario alla Difesa (e futuro vicepresidente) Dick Cheney.

 

Si sa che il documento originale si fonda su una serie di riunioni cui parteciparono gli straussiani Andrew Marshall, teorico del Pentagono che fu sostituito tre anni dopo la sua morte da Arthur Cebrowski, poi Albert Wohlstetter, l’ideatore della strategia della dissuasione atomica, nonché suo genero Richard Perle, futuro direttore del Defence Policy Board.

 

Il Defense Planning Guidance fu redatto da un allievo di Wohlstetter, Zalmay Khalilzad, futuro ambasciatore all’ONU.

 

Il documento parla di un nuovo «ordine mondiale […] alla fine retto dagli Stati Uniti», ove la superpotenza avrebbe stretto soltanto alleanze contingenti, a seconda dei conflitti. L’ONU, e persino la NATO, avrebbero dovuto essere progressivamente messi da parte.

 

In senso più ampio, la dottrina Wolfowitz teorizza la necessità per gli Stati Uniti di bloccare l’emergere di ogni potenziale minaccia alla propria egemonia, segnatamente di «nazioni avanzate», come Germania e Giappone.

 

In particolare viene presa di mira l’Unione Europea: «benché gli Stati Uniti sostengano il progetto d’integrazione europea, dobbiamo vigilare per prevenire l’emergere di un sistema di sicurezza esclusivamente europeo, che minerebbe la NTO, in particolare la sua struttura di comando integrato».

 

Di conseguenza, gli europei saranno invitati a inserire nel Trattato di Maastricht una clausola che subordina la loro politica di difesa a quella della NATO, mentre il rapporto del Pentagono raccomanderà l’integrazione nell’Unione Europea di nuovi Stati dell’Europa centrale e orientale, cui al tempo stesso verrà accordato il vantaggio di un’intesa militare con gli Stati Uniti che li protegga da eventuale attacco russo. (8)

 

 

Il documento è pazientemente messo in atto da trent’anni.

Il Trattato di Maastricht, titolo V, articolo J4, paragrafo 4 stabilisce: «La politica dell’Unione ai sensi del presente articolo non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi derivanti per alcuni Stati membri dal trattato dell’Atlantico del Nord ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in questo ambito».

 

Queste disposizioni sono state riprese da diversi testi, anche dall’art. 42 del Trattato sull’Unione Europea.

 

Gli Stati membri dell’ex Patto di Varsavia hanno aderito quasi tutti all’Unione Europea. La loro decisione è stata una scelta imposta da Washington e annunciata dal segretario di Stato James Baker poco prima della riunione del Consiglio europeo che l’ha avallata.

 

Nel Duemila Paul Wolfowitz fu, con Zbigniew Brzezinski, il principale oratore di un vasto convegno ucraino-statunitense a Washington, organizzato dai nazionalisti integralisti ucraini rifugiati negli USA.

 

Wolfowitz s’impegnò a sostenere l’Ucraina indipendente, a provocare l’entrata in guerra della Russia contro Kiev e infine a finanziare la distruzione del rivale degli Stati Uniti che stava rifiorendo. (9)

 

Gli impegni sono stati messi in atto con l’Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act of 2022, adottato il 28 aprile 2022 (10): l’Ucraina è dispensata da ogni procedura di controllo degli armamenti, in particolare dalla certificazione della destinazione finale; costosissime armi sono concesse in prestito-noleggio dagli USA all’UE per difendere l’Ucraina. Quando la guerra sarà finita gli europei dovranno pagare quanto consumato. E il conto sarà salato.

 

Benché le élite europee abbiano finora tratto beneficio dall’alleanza con gli Stati Uniti, non devono meravigliarsi se, come vuole il Defense Planning Guidance, oggi Washington tenta di distruggerle.

 

Già dopo gli attentati dell’11 Settembre hanno potuto constatare ciò di cui gli Usa sono capaci: Paul Wolfowitz impedì ai Paesi che avevano espresso riserve sulla guerra contro l’Iraq, come Germania e Francia, di concludere contratti per la ricostruzione del Paese. (11)

 

Nella congiuntura attuale l’aumento dei prezzi delle fonti di energia, cui se n’è aggiunta la penuria, minacciano non solo il riscaldamento e il trasporto dei cittadini, ma soprattutto la sopravvivenza delle industrie. Se il fenomeno si protrarrà sarà l’insieme dell’economia europea a crollare bruscamente, facendo retrocedere la popolazione di almeno un secolo.

 

È un fenomeno difficile da analizzare dal momento che i prezzi e la disponibilità delle fonti di energia dipendono da numerosi fattori.

 

Innanzitutto i prezzi derivano dalla domanda e dall’offerta. Sono dunque risaliti con la ripresa dell’economia globale dopo la fine della pandemia di COVID-19.

 

Secondariamente le fonti di energia sono l’obiettivo principale degli speculatori, ancor più delle monete. Il prezzo mondiale del petrolio può aumentare di 2,5 volte per effetto solo della speculazione.

 

Questi sono fenomeni ricorrenti e conosciuti. Ma le sanzioni contro la Russia, rea di aver voluto applicare l’Accordo di Minsk II, di cui si era fatta garante di fronte al Consiglio di Sicurezza, hanno mandato in frantumi il mercato mondiale.

 

Ora il prezzo globale non esiste più, i prezzi si differenziano a seconda dei Paesi dei venditori e degli acquirenti. I prezzi dell’energia sono tuttora quotati in borsa a Wall Street e alla City, ma non hanno alcun rapporto con i prezzi praticati a Beijing o a Nuova Delhi.

 

Ma, soprattutto, petrolio e gas, prima abbondanti nell’Unione Europea, ora qui cominciano a scarseggiare, pur continuando a sovrabbondare a livello globale.

 

Tutti i nostri punti di riferimento sono stravolti. I nostri strumenti statistici, concepiti per il mercato globale, si rivelano inutili. Possiamo solo formulare ipotesi, ma non abbiamo strumenti per verificarle. Questo permette a tanti “esperti” di raccontare con aria dotta un sacco di idiozie; di fatto tutti si sbizzarriscono in pronostici.

 

Uno dei nuovi fattori è il riflusso dei dollari che servivano per gli scambi, nonché per la speculazione, e che non sono più utilizzabili in determinati Paesi. Questa moneta, soprattutto virtuale, esce dalla Russia e dai Paesi suoi alleati per andare o tornare in Paesi dove ha ancora corso. Un fenomeno gigantesco che la Riserva federale e le forze armate USA hanno sempre voluto evitare, ma che gli straussiani dell’amministrazione Biden (il segretario di Stato Antony Blinken e la vice Victoria Nuland) hanno deliberatamente provocato.

 

Convinti, a torto, che la Russia ha invaso l’Ucraina e intende annetterla, gli europei si sono auto-vietati di commerciare con Mosca. Continuano a usare gas russo, ma sono persuasi che Gazprom chiuderà il rubinetto.

 

Per esempio, la stampa europea ha annunciato che la compagnia russa avrebbe chiuso il gasdotto Nord Stream, sebbene la società avesse solo avvertito di un’interruzione di tre giorni per ragioni tecniche. Normalmente le forniture dei gasdotti vengono interrotte due giorni ogni due mesi per manutenzione. In questo caso, il blocco occidentale, che impediva la restituzione delle turbine inviate in Canada per la riparazione, ha creato intralci a Gazprom. Poco importa, la popolazione europea ha capito che i cattivi russi avrebbero chiuso il gas alla vigilia dell’inverno.

 

La propaganda europea mira a preparare l’opinione pubblica alla chiusura definitiva del gasdotto, addossandone la responsabilità alla Russia.

 

In questa vicenda gli europei non fanno che applicare le direttive degli straussiani: sabotano la propria industria a danno dei cittadini. Già alcune imprese energivore hanno ridotto la produzione, se non addirittura chiuso.

 

Il processo di decadenza dell’Unione Europea sarà inarrestabile fintanto che qualcuno oserà opporvisi.

 

Con grande sorpresa generale, il 3 settembre si è svolta a Praga una manifestazione a favore della Russia. La polizia ha ammesso la partecipazione di 70 mila persone, su 10 milioni di abitanti; probabilmente i manifestanti erano più numerosi. I commentatori politici li hanno denigrati definendoli «utili idioti di Putin». Sono insulti che mascherano malamente il disagio delle élite europee.

 

Gli esperti di energia considerano inevitabili interruzioni di corrente in tutta l’Unione. Solo l’Ungheria, che ha ottenuto alcune dispense, potrebbe sfuggire alle regole del mercato unico dell’energia. I Paesi in grado di produrre elettricità la dovranno condividere con i Paesi incapaci di produrla, non importa se per iattura o imprevidenza.

 

Bruxelles dovrebbe cominciare da un abbassamento di tensione elettrica, poi decretare interruzioni notturne, infine diurne. I privati avranno difficoltà nell’uso degli ascensori, per il riscaldamento invernale, per cucinare, se utilizzano fornelli elettrici; inoltre, chi utilizza treni, autobus o vetture elettriche avrà difficoltà negli spostamenti.

 

Le imprese energivore, come gli altiforni, dovrebbero chiudere. Alcune infrastrutture dovrebbero diventare impraticabili: per esempio i tunnel oltre una certa lunghezza, che non potranno più essere aerati. Ma, soprattutto, gli impianti elettronici, concepiti per funzionare ininterrottamente, non sopporteranno ripetute interruzioni.

 

Sarà il caso, per esempio, delle reti di telefonia mobile, che dopo tre mesi di simile trattamento saranno inservibili.

 

Nei Paesi del Terzo Mondo, ove l’elettricità scarseggia, si utilizzano led a batteria per illuminazione e UPS [gruppi di continuità] per alimentare macchine che consumano poco, come computer o televisori. Ma sono strumenti non commercializzati nell’Unione.

 

Il PIL dell’Unione è già diminuito di quasi l’1%. La recessione continuerà, come pianificato dagli straussiani, o i cittadini dell’Unione si opporranno come ha cominciato a fare parte del popolo ceco?

 

Gli straussiani andranno fino in fondo. Hanno approfittato della decadenza statunitense per arrogarsi il Potere, quello vero. Giacché un tossicodipendente, mai eletto, può utilizzare aerei ufficiali a gogò per fare affari ovunque nel mondo (12), gli straussiani si sono installati con discrezione all’ombra del presidente Biden e governano in sua vece.

 

I dirigenti europei dal canto loro o sono ciechi o troppo coinvolti per fermarsi, per riconoscere trent’anni di errori e invertire la rotta.

 

Cosa va ricordato:

Gli straussiani sono una setta di fanatici pronta a tutto pur di mantenere la supremazia degli Stati Uniti sul mondo.

 

Hanno pianificato le guerre che funestano il mondo da trent’anni e l’attuale in Ucraina.

 

Hanno persuaso l’Unione Europea che Mosca voleva annettersi l’Ucraina, poi tutta l’Europa centrale, convincendo Bruxelles a bloccare ogni transazione commerciale con la Russia.

 

La crisi energetica, solo agli inizi, spinge l’Unione Europea verso interruzioni di elettricità e di corrente che provocheranno devastazioni sul tenore di vita dei cittadini e sull’economia.

 

 

Thierry Meyssan

 

 

NOTE

1) Gli specialisti interpretano il pensiero politico di Leo Strauss in modo molto contraddittorio. Per quanto mi riguarda, non m’interesso alla posizione del filosofo sui pensatori classici, ma a quello che professano coloro che, a torto o a ragione, fanno riferimento al suo pensiero e che si trovano al Pentagono, nonché adesso anche al dipartimento di Stato. Political Ideas of Leo Strauss, Shadia B. Drury, Palgrave Macmillan (1988.); Leo Strauss and the Politics of American Empire, Anne Norton, Yale University Press (2005); The Truth About Leo Strauss: Political Philosophy and American Democracy, Catherine H. Zuckert & Michael P. Zuckert, University of Chicago Press (2008); Leo Strauss and the conservative movement in America : a critical appraisal, Paul Edward Gottfried, Cambridge University Press (2011); Crisis of the Strauss Divided: Essays on Leo Strauss and Straussianism, East and West, Harry V. Jaffa, Rowman & Littlefield (2012); Leo Strauss and Anglo-American Democracy: A Conservative Critique, Grant Havers, Cornell University Press (2013); Leo Strauss and the Invasion of Iraq: Encountering the Abyss, Aggie Hirst, Routledge (2013); Leo Strauss, The Straussians, and the Study of the American Regime, Kenneth L. Deutsch, Rowman & Littlefield (2013); Straussophobia : Defending Leo Strauss and Straussians Against Shadia Drury and Other Accusers, Peter Minowitz, Lexington Books (2016); Leo Strauss in Northeast Asia, Jun-Hyeok Kwak & Sungwoo Park, Routledge (2019).

3) Per una breve storia degli straussiani si veda: «È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.

4)Il rapporto del 1976 dell’«Équipe B», che accusava l’URSS di voler dominare il mondo, non era un’esposizione della dottrina, ma un’argomentazione propagandistica per giustificarla.

5) Intervista a James Mann, citata in Rise of the Vulcans: The History of Bush’s War Cabinet, James Mann, Viking (2004).

6) «US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop» Patrick E. Tyler, New York Times, 8 marzo, 1992. Il quotidiano ne pubblica anche ampi stralci a pag. 14: «Excerpts from Pentagon’s Plan: “Prevent the Re-Emergence of a New Rival”».

7)«Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower» Barton Gellman, The Washington Post, 11 marzo, 1992.

8) «Paul Wolfowitz, l’âme du Pentagone», di Paul Labarique, Réseau Voltaire, 4 ottobre 2004.

9) Cfr.: “Ucraina: la seconda guerra mondiale non è finita”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 aprile 2022.

11) «Instructions et conclusions sur les marchés de reconstruction et d’aide en Irak», di Paul Wolfowitz, Réseau Voltaire, 10 dicembre 2003.

12)  «La decadenza dell’impero statunitense», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 6 settembre 2022.

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

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Geopolitica

Il Niger abbandona l’Organizzazione Internazionale delle Nazioni Francofone

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Il Niger si è ritirato dal gruppo mondiale francofono dell’Organizzazione Internazionale delle Nazioni Francofone (OIF), nel contesto dei continui sforzi per recidere i legami con la sua ex potenza coloniale, la Francia.

 

Il ministero degli Esteri del Paese dell’Africa occidentale ha annunciato la decisione lunedì.

 

«Il governo nigerino ha deciso in modo indipendente di ritirare il Niger dall’Organizzazione Internazionale della Francofonia», ha affermato il ministero in una dichiarazione pubblicata su X. Sebbene siano state fornite le motivazioni per la decisione, la mossa arriva più di un anno dopo che le autorità militari di Niamey hanno sospeso ogni cooperazione con l’organizzazione con sede a Parigi, accusandola di essere uno strumento politico per difendere gli interessi francesi.

 

Il Consiglio permanente dell’OIF, composto da 88 membri, ha sospeso il Niger nel dicembre 2023, mesi dopo un colpo di stato di luglio che ha detronizzato l’ex presidente Mohamed Bazoum, per fare pressione sulla nuova leadership del Paese affinché ripristinasse l’ordine costituzionale. Il gruppo aveva affermato che avrebbe continuato a collaborare su progetti che avvantaggiassero direttamente le popolazioni civili e contribuissero al ripristino della democrazia nell’ex colonia francese.

 

La missione dichiarata dell’OIF è quella di promuovere la lingua francese, sostenere la pace e la democrazia e favorire l’istruzione e lo sviluppo nei Paesi francofoni di tutto il mondo, molti dei quali erano colonie francesi.

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Da quando ha preso il controllo di Niamey, il governo militare nigeriano, noto come Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria, ha adottato diverse misure per tagliare i legami con Parigi, tra cui l’espulsione delle truppe francesi che avevano collaborato alla lotta contro un’insurrezione islamica nel Sahel.

 

Poche settimane prima del colpo di stato, il Niger adottò un nuovo inno nazionale, «L’onore della patria», in sostituzione di «La Nigerienne», scritto dai compositori francesi Maurice Albert Thiriet, Robert Jacquet e Nicolas Abel Francois Frionnet nel 1961, un anno dopo l’indipendenza del Paese.

 

Gli alleati regionali del Niger, Burkina Faso e Mali, anch’essi ex colonie francesi, hanno tutti interrotto la cooperazione di difesa con la Francia a causa di fallimenti militari e accuse di ingerenza. Bamako e Ouagadougou hanno modificato le loro costituzioni per sostituire il francese con dialetti locali come lingue ufficiali.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il Mali aveva accusato i francesi di doppio gioco, cioè – disse il primo ministro Maiga, di addestrare e sostenere gli stessi terroristi che diceva di voler combattere nella regione. Un’ONG russa all’epoca dichiarò che i media francesi stavano lavorando per coprire i crimini militari di Parigi nel Paese africano.

 

Le tre nazioni del Sahel si sono ritirate ufficialmente dall’ECOWAS a gennaio dopo aver affermato che l’organizzazione regionale rappresenta una minaccia alla loro sovranità, fungendo da strumento per potenze straniere, in particolare la Francia.

 

Il blocco aveva minacciato di inviare una forza militare sostenuta dalla Francia in Niger per ripristinare l’ordine democratico dopo la cacciata di Bazoum.

 

Due mesi fa il ministro degli Interni nigerini aveva dichiarato che la Francia usa i «cavalli di Troia» per destabilizzare il Niger.

 

Quattro mesi fa il Niger ha aquistato satelliti russi e siglato un accordo con Starlink di Elon Musk.

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Geopolitica

Riassunto della telefonata Trump-Putin

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Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno tenuto una telefonata molto attesa martedì, discutendo di una possibile soluzione del conflitto in Ucraina. La conversazione è durata due ore e mezza, con sia la Casa Bianca che il Cremlino che l’hanno descritta come positiva. Ecco i punti chiave della conversazione.   Putin e Trump hanno discusso l’idea di Trump di un cessate il fuoco di 30 giorni, con la parte russa che ha delineato molteplici questioni da risolvere prima della sua attuazione, ha affermato il servizio stampa del Cremlino in una dichiarazione successiva alla chiamata. Vale a dire, Putin ha delineato la necessità di stabilire un meccanismo per monitorare adeguatamente un potenziale cessate il fuoco, nonché per fermare la mobilitazione forzata e il riarmo in Ucraina.   «Sono stati inoltre rilevati gravi rischi associati all’incapacità di negoziare del regime di Kiev, che ha ripetutamente sabotato e violato gli accordi raggiunti», ha affermato il servizio stampa del Cremlino, aggiungendo che Putin ha anche attirato l’attenzione di Trump sui «barbari crimini terroristici commessi dai militanti ucraini contro la popolazione civile della regione di Kursk».   Trump ha proposto che Mosca e Kiev sospendano reciprocamente gli attacchi alle infrastrutture energetiche per 30 giorni. Putin ha sostenuto l’idea, impartendo immediatamente l’ordine corrispondente all’esercito russo.

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«I leader hanno concordato che il movimento per la pace inizierà con un cessate il fuoco energetico e infrastrutturale, nonché con negoziati tecnici sull’attuazione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero, un cessate il fuoco completo e una pace permanente. Questi negoziati inizieranno immediatamente in Medio Oriente», ha affermato la Casa Bianca in una dichiarazione.   Il presidente russo ha informato la sua controparte americana di un imminente scambio di prigionieri con l’Ucraina, programmato per mercoledì, ha rivelato il servizio stampa del Cremlino. Le due parti sono pronte a scambiarsi 175 prigionieri di guerra ciascuna. Inoltre, Mosca restituirà 23 militari ucraini gravemente feriti per dimostrare la sua buona volontà, ha osservato il servizio stampa.   Putin e Trump hanno ribadito il loro impegno a raggiungere una «pace duratura» piuttosto che una soluzione temporanea per il conflitto ucraino. Mosca considera la necessità di «eliminare le cause profonde della crisi», così come di soddisfare «i legittimi interessi della Russia nell’area della sicurezza» e «la completa cessazione degli aiuti militari esteri e la fornitura di informazioni di Intelligence a Kiev», come elementi chiave richiesti per raggiungere l’obiettivo, ha osservato il servizio stampa del Cremlino.   Sono stati discussi anche i legami tra Russia e Stati Uniti, con entrambi che hanno accettato di lavorare su progetti reciprocamente vantaggiosi. Washington e Mosca hanno preso in considerazione un «ampio spettro di aree in cui i nostri due Paesi potrebbero stabilire una cooperazione», ha affermato il servizio stampa del Cremlino.   «I due leader hanno concordato che un futuro con un rapporto bilaterale migliorato tra Stati Uniti e Russia ha un enorme potenziale positivo. Ciò include enormi accordi economici e stabilità geopolitica quando la pace sarà raggiunta», ha affermato la Casa Bianca.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine ingrandita.    
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Mons. Viganò fa a Trump una domanda su guerra e Medio Oriente

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato su X un breve commento con una domanda diretta al presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

 

«Vorrei capire il motivo per cui il presidente Trump cerca la pace con l’Ucraina ed evita la Terza Guerra Mondiale, mentre allo stesso tempo conduce una guerra per procura in Medio Oriente in nome e per conto di Israele. È necessaria una politica unica e coerente» ha scritto il prelato lombardo in lingua inglese.

 

 

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Come riportato da Renovatio 21, monsignor Viganò negli scorsi giorni ha lanciato un appello per chiedere che dagli USA deve partire l’azione per porre fine alle persecuzioni in Siria».

 

«Questo genocidio si compie oggi sotto i nostri occhi, nel silenzio dei parlamenti delle Nazioni “democratiche” e di una Gerarchia “cattolica” asservita agli interessi del globalismo» ha scritto l’arcivescovo.

 

«Non possiamo rimanere in silenzio né inerti dinanzi al martirio dei nostri fratelli Cristiani. Quelle scene di violenza disumana e crudeltà che vediamo accadere in terre remote potrebbero domani replicarsi nelle nostre Nazioni, che il tradimento di governanti corrotti ha fatto invadere da orde di fanatici maomettani in età militare, per imporre all’Europa la sostituzione etnica e la cancellazione definitiva della Civiltà cristiana».

 

Nell’appello, Viganò scrive anche del fronte di «Gaza, dove altri Cristiani sono oggetto di una pulizia etnica».

 

Il commento del già nunzio apostolico negli Stati Uniti riprendeva un post del colonnello in pensione dell’esercito americano Douglas MacGregor, nel 1991 al comando dell’ultima battaglia di carrarmati del XX secolo (prima guerra del Golfo) e ora noto per la sua argomentatissima ostilità alla geopolitica neocon.

 

«Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha confermato lo spiegamento di tre portaerei verso il Medio Oriente, mentre si vocifera che queste portaerei, ovvero la USS Carl Vinson, la USS Dwight D. Eisenhower e la USS Abraham Lincoln, potrebbero dirigersi verso l’Iran» ha scritto sul social ex Twitter il colonnello.

 

 


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«Nessuna dichiarazione ufficiale ha confermato che l’Iran sia l’obiettivo specifico, ma lo spiegamento segnala un aumento della prontezza militare».

 

Come riportato da Renovatio 21, il colonnello MacGregor, un tempo consigliere di Trump, in una sorprendente valutazione dell’operazione di cambio di regime in Siria aveva lanciato un messaggio scioccante: il cristianesimo viene cancellato nelle sue più antiche patrie del Medio Oriente, mentre i terroristi sostenuti dagli Stati Uniti e dalla Turchia contribuiscono a realizzare il sogno sionista del «Grande Israele».

 

MacGregor da sedicente difensore dello Stato di Israele è divenuto con il massacro di Gaza un fermo oppositore della politica del governo Netanyahu. Secondo una valutazione del colonnello in pensione, il continuo bombardamento israeliano della Striscia non ha come obiettivo primario il salvataggio degli ostaggi o la distruzione di Hamas, ma la completa distruzione dei militanti della piccola striscia e l’espulsione dell’intera popolazione civile di 2,4 milioni di persone – in pratica rendere Gaza «invivibile» per i palestinesi.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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