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Nuotatore trans riceve una squalifica di 5 anni dopo aver rifiutato il test di verifica del sesso

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Un nuotatore transgender di sesso maschile, noto come «Hannah» o «Ana» Caldas, è stato escluso dai Mondiali di Nuoto fino al 2030 e privato dei suoi risultati agonistici dal giugno 2022 all’ottobre 2024, dopo aver rifiutato di sottoporsi a un test di verifica del sesso. Lo riporta LifeSite.

 

Caldas, registrato all’anagrafe come Bruno, è stato sospeso questa settimana dall’Unità di Integrità Acquatica per non aver soddisfatto i requisiti per competere nelle categorie femminili.

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Nel 2022, World Aquatics ha aggiornato i criteri di ammissibilità di genere, limitando la partecipazione alle competizioni femminili agli uomini che abbiano completato la «transizione» prima dei 12 anni o prima del secondo stadio di Tanner della pubertà. Il nuotatore transgender di 47 anni ha citato i costi elevati e l’invasività dei test di verifica del sesso, sottolineando che non sono coperti dalla sua assicurazione.

 

«I test cromosomici sono procedure invasive e costose», ha dichiarato Caldas. «La mia assicurazione non copre tali esami perché non sono ritenuti necessari dal punto di vista medico».

 

«Comprendo e accetto le conseguenze», ha aggiunto Caldas. «Ma una sospensione di cinque anni è il prezzo che devo pagare per proteggere le mie informazioni mediche più riservate».

 

Caldas aveva suscitato proteste da parte delle sue avversarie all’inizio di quest’anno, quando ha conquistato cinque medaglie d’oro come «donna» in una competizione di nuoto master negli Stati Uniti, a San Antonio, in Texas.

 

A luglio, il procuratore generale del Texas Ken Paxton ha avviato una causa contro l’US Masters Swimming (USMS) per concorrenza sleale.

 

«Ho intentato una causa contro la US Masters Swimming per aver adottato pratiche illegali, permettendo agli uomini di competere nelle gare femminili», ha scritto Paxton su X. «L’organizzazione ha ceduto alle pressioni di attivisti radicali che promuovono la guerra di genere, e questa azione legale la riterrà responsabile».

 

Wendy Enderle, una delle avversarie di Caldas, ha dichiarato a Fox News di essersi sentita «tradita» quando ha scoperto che Caldas era un uomo.

 

«Plaudo alla decisione di World Aquatics di sostenere l’equità e l’integrità nel nuoto agonistico», ha commentato Enderle riguardo alla sospensione di Caldas. «Mi sento giustificata, non solo per me, ma per tutte le ragazze e le donne costrette a competere contro uomini che si presentano come donne nei nostri sport».

 

Numerose ricerche indicano che la fisiologia maschile conferisce vantaggi atletici significativi, non completamente eliminabili con la soppressione ormonale. Ad esempio, nel 2022, esperti medici britannici specializzati in triathlon hanno rilevato che «gli atleti nati maschi mantengono vantaggi rilevanti nelle prestazioni di nuoto, ciclismo e corsa, anche dopo la transizione» e «dopo la soppressione del testosterone».

 

Dopo la pubertà, questi vantaggi includono fino al 50% in più di massa muscolare, il 30% in più di capacità polmonare e il 20% in più di densità ossea.

 

Gli studi scientifici hanno ripetutamente confermato che gli uomini hanno un vantaggio considerevole rispetto alle donne nello sport e nell’atletica. Una recente ricerca pubblicato su Sports Medicine ha scoperto che un anno di farmaci ormonali «transgender» provoca «cambiamenti molto modesti» nei vantaggi intrinseci della forza negli uomini.

Uno studio del 2019, pubblicato sul Journal of Medical Ethics, ha evidenziato che, a causa di tali vantaggi, «il beneficio concesso alle donne transgender (uomini biologici) dalle linee guida del Comitato Olimpico Internazionale rappresenta un’ingiustizia intollerabile».

 

Secondo il sito SheWon.org, i transessuali avrebbero vinto centinaia di titoli negli sport femminili. La pagine web mostra centinaia di nomi di atlete superate in gara da transessuali in ben 29 discipline sportive: ci sono ciclismoatleticasollevamento pesinuoto, canottaggio, corsa campestre, golf, sci alpino, sci nordico, skateboard, surf, biliardo, perfino il poker.

 

Oltre all’ovvio vantaggio che un maschio biologico ha chiaramente sulle donne in sport come il nuoto o il sollevamento pesi, i principali esperti medici concordano sul fatto che gli atleti transgender hanno un vantaggio ingiusto rispetto alle donne biologiche anche dopo essersi sottoposti a una terapia di soppressione del testosterone.

 

Come riportato da Renovatio 21, il transessualismo sta divenendo un problema in quantità impressionanti di discipline praticate dalle donne: abbiamo visto casi per il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket

 

Problemi si sono avuti anche in sport di combattimento come la boxe, dopo un caso avvenuto ad un torneo nello Stato della Georgia, la Federazione statunitense di jiu-jitsu ha emanato una proibizione di competizione per i transessuali maschi negli eventi femminili.

 

A luglio il Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti ha ottemperato all’ordine esecutivo del presidente Donald Trump di escludere gli uomini dagli sport femminili.

 

L’ordine esecutivo 14201, noto anche come «Tenere gli uomini fuori dagli sport femminili», è stato firmato dal presidente Donald Trump il 5 febbraio. Il presidente disse allora che «la guerra allo sport femminile è finita».

 

Come sa il lettore di Renovatio 21, la battaglia di Trump contro il transessualismo sportivo è risalente. Ancora quattro anni fa, appena persa la Casa Bianca, ad un evento pubblico dichiarò che «gli atleti trans uccideranno lo sport femminile».

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Nel 2022, in un discorso divenuto virale, Trump ha proposto di diventare «il più grande allenatore di basket femminile della storia» qualora potesse convincere il campione dei Los Angeles Lakers LeBron James a scendere in campo per lui.

 

La piscina ha dimostrato di essere un luogo davvero problematico per il transessualismo sportivo. Un anno fa il nuotatore transessuale Lia Thomas aveva perso una sfida legale per competere negli eventi olimpici di nuoto femminile. La notizia aveva esaltato la nuotatrice americana Riley Gaines, che da anni combatte l’inclusione dei maschi nelle gare femminili. Lei stessa ha dovuto perdere con Thomas, passato dall’essere quasi al 500° piazzamento nel nuoto maschile al 1° posto il quello femminile una volta dichiaratosi «donna», pur non essendo operato (con imbarazzo totale delle atlete in spogliatoio) e continuando, secondo quanto riportato, a frequentare persone di sesso biologico femminile.

 

La Riley, che negli anni ha subito proteste vandaliche e violente da parte degli attivisti transessualisti. Come riportato da Renovatio 21ad aprile 2023 la Gaines era stata aggredita da una torma di attivisti trans inferociti durante un suo evento programmato all’Università di Berkeley.

 

Come riportato da Renovatio 21, in uno degli episodi più impressionanti, un professore universitario 50enne ha gareggiato contro nuotatrici adolescenti in una competizione a Toronto.

 

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Il Kazakistan verso il divieto della propaganda LGBT

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L’ex repubblica sovietica del Kazakistan si sta muovendo per vietare la diffusione di «propaganda LGBT» online o sui media, seguendo le orme di Russia, Slovacchia e Ungheria.   La Slovacchia ha recentemente approvato un emendamento costituzionale che afferma il binarismo sessuale e limita l’adozione alle coppie eterosessuali, e l’Ungheria ha modificato la legge sulla protezione dell’infanzia del 2021, che vieta l’ideologia LGBT nelle scuole e la propaganda LGBT in prima serata in TV, includendo il divieto delle manifestazioni del gay pride.   Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso anche la Bulgaria ha vietato la propaganda omotransessualista nelle scuole. Proteste anti-LGBT si sono avute mesi fa in Moldavia.   Lo scorso anno, la Georgia ha approvato una legge simile per stabilire una base giuridica per vietare gli eventi del pride e la propaganda LGBT; la legge includeva il divieto di cambio di sesso e limitava l’adozione alle coppie eterosessuali. Il «matrimonio» tra persone dello stesso sesso è già vietato in Georgia. I leader del partito di governo Sogno Georgiano hanno affermato che la legge è necessaria per salvaguardare gli «standard morali tradizionali» in Georgia, la cui Chiesa ortodossa profondamente conservatrice è molto influente.

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A differenza di questi Paesi dell’ex blocco sovietico, la Polonia si sta muovendo invece per la legalizzazione delle unioni omosessuate.   Il 29 ottobre, secondo US News & World Report, un «gruppo di lavoro di membri del parlamento kazako ha approvato emendamenti che introducono pene per ciò che considera propaganda per relazioni non tradizionali e pedofilia», che possono arrivare fino a dieci giorni di carcere per i recidivi. Gli emendamenti «probabilmente passeranno quando saranno sottoposti a un voto plenario in parlamento, dominato da legislatori fedeli alle autorità kazake».   Il presidente Kassym-Jomart Tokaev, che dovrebbe firmare gli emendamenti trasformandoli in legge, ha più volte condannato la campagna internazionale finanziata dall’Occidente per imporre l’ideologia LGBT ad altri paesi.   «Per decenni, i cosiddetti valori morali democratici, tra cui quelli LGBT, sono stati imposti», ha affermato in un discorso al Congresso Nazionale a marzo. «Questo è stato fatto da fondi e organizzazioni non governative internazionali. E sotto questa veste, i fondi non governativi internazionali hanno interferito in modo grossolano negli affari interni di molti stati stranieri».   Con il pretesto della «democrazia», ha affermato Tokaev, le organizzazioni internazionali hanno cercato di minare i valori tradizionali delle società di tutto il mondo, interferendo con le leggi e le norme culturali al fine di colonizzare culturalmente altre nazioni. In effetti, la «consulente per i diritti umani» Tatiana Chernobyl ha dichiarato a Reuters che gli emendamenti «legittimerebbero la discriminazione aperta basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere».   Questo è un altro esempio delle tattiche degli attivisti LGBT: cercano di cambiare una cultura, ma quando incontrano resistenze, affermano che coloro che si oppongono al loro programma sono coloro che cercano il cambiamento.   Il Kazakistan, un «Paese a maggioranza musulmana ma in gran parte laico», ha legalizzato l’omosessualità negli anni Novanta, ma sondaggi recenti indicano che meno del 10% sostiene il «matrimonio» tra persone dello stesso sesso. Il parlamentare kazako Nurlan Auyesbaev ha affermato che la propaganda LGBT è «una minaccia aperta non solo per la società, ma anche per il Paese».   Le proposte non vieterebbero le relazioni omosessuali, ma promuoverebbero l’ideologia LGBT. Come ha affermato il presidente Kassym-Jomart Tokayev nel 2021: «Una famiglia forte e felice è il fondamento del benessere e della prosperità del nostro Paese».   Le leggi che limitano l’ideologia LGBT – finanziate da ONG occidentali radicali, ricche di fondi governativi – sono viste dalle nazioni che cercano di preservare le proprie culture tradizionali come barriere essenziali contro il colonialismo culturale e le interferenze straniere. Persino nei Paesi a predominanza laica – tra cui Kazakistan e Ungheria – il patrimonio religioso è considerato fondamentale per l’identità nazionale, mentre l’ideologia LGBT, in particolare gli attacchi al binarismo sessuale e la presa di mira della famiglia naturale, è vista come una chiara minaccia.   Come riportato da Renovatio 21, ancora due anni fa la Corte Suprema russa ha messo fuori legge il «movimento pubblico internazionale LGBT», definendolo un gruppo estremista. Negli ultimi anni, la Russia ha progressivamente inasprito la propria legislazione volta a contrastare la diffusione della cosiddetta «ideologia LGBT». Nel 2013, il Paese aveva vietato la diffusione di tale propaganda tra i minori, estendendo la misura agli adulti nel dicembre 2023.

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Nell’estate di due anni fa, la Russia ha anche introdotto il divieto di interventi chirurgici di cambio di genere e di terapia ormonale effettuati come parte del processo di transizione di genere. Oltre a ciò, la legislazione vietava di alterare i dettagli di genere nei registri pubblici.   La sentenza della Corte di messa al bando del movimento omotransessualista era arrivata pochi giorno dopo che Putin, rispondendo ad una domanda del regista serbo Emir Kusturica durante un evento culturale a San Pietroburgo, aveva fatto un discorso di apparente apertura nei confronti della «cultura LGBT». In passato Putin aveva fatto battute sull’ambasciata USA a Mosca che aveva issato alla finestra la bandiera arcobaleno. «Lasciateli festeggiare» aveva sorriso davanti a chi gli indicava il fenomeno. «Hanno mostrato qualcosa sulle persone che lavorano lì».   Come riportato da Renovatio 21, il governo russo anni fa ha progettato la creazione un nuovo istituto psichiatrico dedicato allo studio, tra le altre cose, del comportamento delle persone LGBT e delle questioni relative ai ruoli e all’identità di genere.
La Russia, come percepibile nei discorsi al Club Valdai del presidente Putin (che ha paragonato, ad esempio, il gender al coronavirus), sta offrendo una certa resistenza al processo di omotransessualizzazione del pianeta, e con essa anche vari Paesi africani – gli stessi divenuti teatro, dopo le scelte politiche anti-LGBT, da improvvisi, sanguinari attacchi terroristici che non si vedevano da decenni.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 
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La prima donna primo ministro del Giappone si oppone al «matrimonio» omosessuale

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La nuova prima ministra giapponese, Sanae Takaichi, prima donna a ricoprire questa carica, si oppone al «matrimonio» omosessuale.

 

Takaichi, insediatasi martedì, ha espresso durante un dibattito elettorale dello scorso mese la sua contrarietà al «matrimonio» omosessuale, pur definendo «giusta» una relazione omosessuale, secondo il sito di informazione LGBT Them.

 

Nel 2023, durante una riunione della commissione bilancio del governo, ha descritto la legalizzazione del «matrimonio» omosessuale come una «questione estremamente complessa», citando un articolo della costituzione giapponese che definisce il matrimonio come basato sul «consenso reciproco di entrambi i sessi».

 

Le posizioni di Takaichi sul «matrimonio» omosessuale, non legale in Giappone, sono in contrasto con l’opinione pubblica del Paese, prevalentemente laica. Un sondaggio Pew del 2023 ha rilevato che circa il 70% dei giapponesi sostiene il «matrimonio» omosessuale, il tasso di approvazione più alto tra i Paesi asiatici analizzati.

 

Diverse città e località giapponesi emettono «certificati di unione» per le coppie omosessuali. Ad esempio, nel 2015 il distretto di Shibuya a Tokyo ha approvato una normativa che riconosce le coppie omosessuali «come partner equivalenti a quelli sposati per legge».

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Inoltre, l’anno scorso un’Alta corte giapponese ha stabilito che il divieto del codice civile sul «matrimonio» omosessuale viola il principio costituzionale contro la discriminazione basata su «razza, credo, sesso, status sociale o origine familiare». Tuttavia, le Alte corti giapponesi non possono abrogare il divieto, rendendo la sentenza simbolica.

 

Paradossalmente, nonostante sia la prima donna a capo del governo giapponese, l’amministrazione di Takaichi è stata criticata dalla sinistra come un ostacolo per la «parità di genere» e i «diritti delle minoranze sessuali». L’emittente pubblica americana PBS News l’ha definita «non femminista».

 

Takaichi sostiene la successione esclusivamente maschile della famiglia imperiale, che ha un ruolo cerimoniale, e si oppone alla possibilità per le coppie sposate di mantenere cognomi separati, sostenendo che ciò potrebbe «minare la struttura sociale basata sulle unità familiari». Tuttavia, non insiste sul fatto che la donna debba adottare il cognome del marito. Curiosamente, il marito di Takaichi, il politico LDP Taku Yamamoto, ha preso il suo cognome quando si sono risposati, per cui ora legalmente si chiama Taky Takaichi

 

«La nascita della prima donna primo ministro giapponese è storica, ma (Takaichi) rappresenta un’ombra per la parità di genere e i diritti delle minoranze sessuali», ha dichiarato a PBS Soshi Matsuoka, attivista LGBT. «Le opinioni di Takaichi su genere e sessualità sono estremamente conservatrici e potrebbero costituire un grave ostacolo per i diritti, in particolare per le minoranze sessuali».

 

Il Giappone resta uno dei pochi Paesi sviluppati, insieme a Paesi come Corea del Sud e Repubblica Ceca, a non aver legalizzato il «matrimonio» omosessuale.

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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution 4.0 International

 

 

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Il Parlamento austriaco vieta il linguaggio «inclusivo di genere» nelle sue comunicazioni ufficiali

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Il presidente del Parlamento austriaco ha vietato l’uso del cosiddetto linguaggio «inclusivo di genere» nelle comunicazioni ufficiali dell’organo legislativo.   Walter Rosenkranz, presidente del Nationalrat (Consiglio nazionale, la Camera bassa del Parlamento austriaco), ha recentemente annunciato che il Parlamento tornerà a utilizzare la forma maschile generica delle parole o, in alternativa, la forma maschile e femminile insieme, come nell’espressione «Gentili signore e signori» («Sehr geehrte Damen und Herren»).   In precedenza, il Parlamento di Vienna aveva adottato una variante ideologica che prevedeva l’inserimento di lettere maiuscole interne, due punti, asterischi o barre all’interno di sostantivi per includere persone di generi diversi, compresi coloro che si identificano come «transgender».   Questo adattamento linguistico, promosso da attivisti di sinistra in molte istituzioni austriache e tedesche, è estraneo alla lingua tedesca scritta. L’Associazione per la Lingua Tedesca ha più volte criticato questo linguaggio «inclusivo di genere», definendolo una «lingua ideologica» che «viola le regole ortografiche vigenti» e cerca di «rieducare» i cittadini. I sondaggi indicano che l’80-90% dei tedeschi rifiuta questo linguaggio ideologico.

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«Come istituzione governativa, dobbiamo rispettare le regole stabilite dal Consiglio per l’ortografia tedesca, l’unica istituzione riconosciuta dal governo», ha dichiarato Rosenkranz al quotidiano austriaco Krone. «Nel 2021, il Parlamento ha anche stabilito una base giuridica nel Piano di promozione delle donne. Voglio che le persone si attengano a questo e non inventino una propria lingua. Perché la vera uguaglianza si ottiene attraverso l’istruzione, le pari opportunità e il rispetto, non con i segni di punteggiatura».   «Il Parlamento è un luogo di democrazia, non di esperimenti linguistici», ha aggiunto. «Torniamo a una lingua che rispecchia lo spirito della Costituzione austriaca: universalmente comprensibile, oggettiva e inclusiva nel senso più autentico».   «Non a caso, il Bundestag tedesco e il Consiglio nazionale svizzero, così come quasi tutti i media stampati, non utilizzano un linguaggio neutro rispetto al genere», ha sottolineato il Presidente del Parlamento.   Le linee guida non si applicano ai discorsi tenuti nel Consiglio nazionale né ai testi presentati dai parlamentari, che, in virtù del loro mandato, sono liberi di redigere i propri documenti come preferiscono.   Rosenkranz, primo Presidente del Consiglio Nazionale austriaco nominato dal Partito della Libertà (FPÖ) è stato eletto dopo che l’FPÖ è diventato il partito più votato alle elezioni nazionali del 2024. Tuttavia, pur avendo ottenuto il maggior numero di voti, l’FPÖ non fa parte della coalizione di governo, poiché non dispone della maggioranza assoluta necessaria e gli altri partiti hanno rifiutato di allearsi con esso.

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Immagine di Gryffindor via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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