Gender
Partita di hockey tra transessuali: donna biologica subisce un trauma cranico

È emerso in rete un filmato da un torneo di hockey tra transessuali sostenuto dalla lega professionale hockeistica americana NHL dove si vede un giocatore maschio transgender che si schianta contro i tabelloni in un incidente che coinvolge una femmina transgender.
Daniel «Danny» Maki è un transessuale nato donna che vive a Minneapolis e gioca per una squadra chiamata Rainbow Dash – il nome di un popolare personaggio dei cartoni dei minipony.
Il mese scorso, Maki ha subito un infortunio durante il Team Trans Ice Hockey, un evento di hockey per trans tenutosi a Draft a Middleton, nel Wisconsin.
La clip mostra Maki, nata donna, che entra nel ghiaccio e quasi immediatamente si schianta a terra dopo un apparente contatto con un giocatore avversario nato maschio, che si ferma per controllare se Maki sta bene mentre altri corrono in suo aiuto.
La transessuale ferita è stata portata in un ospedale vicino e gli è stata diagnosticata una commozione cerebrale. Online e sui media, si è discusso se il colpo del giocatore di sesso maschile fosse intenzionale o un incidente, ma Maki ha cercato di minimizzare le scene.
“Get a stretcher! Get a medic!”
Words heard at the first NHL All-Trans Draft Tournament after a male player casually bumps into a female player. The contact doesn’t look serious on video. But the size diff between players is so great that the female suffers a concussion. ???? pic.twitter.com/U4y0huo0oA
— mazeks (@JeanMazeks) December 9, 2022
«Una volta uscito stavo giocando il disco, e sono caduto in modo molto strano nelle tavole, in cui avevo bisogno di cure mediche per assicurarmi che il mio collo e le mie estremità stessero bene».
Nonostante la commozione cerebrale e gli stiramenti muscolari, ha insistito sul fatto che «rifarebbe tutto da capo».
La NHL ha dichiarato in un tweet sull’evento di essere «orgogliosa di supportare il torneo Team Trans Draft dello scorso fine settimana».
The NHL is proud to support this past weekend's Team Trans Draft Tournament in Middleton, Wisconsin. This was the first tournament comprised entirely of transgender and nonbinary players, with around 80 folks participating! #HockeyIsForEveryone #NHLPride pic.twitter.com/OfEoAVXtH5
— NHL (@NHL) November 22, 2022
«Questo è stato il primo torneo composto interamente da giocatori transgender e non binari, con la partecipazione di circa 80 persone», ha gioito la potente Lega Hockey americana.
L’incidente che coinvolge Maki è l’ultima a inghiottire la partecipazione trans negli sport statunitensi dopo che il nuotatore Lia Thomas ha fatto notizia l’anno scorso cominciando a competere nel campionato universitario femminile polverizzando una serie di record.
Nella follia dello sport transgender, si registrano già casi di violenza pericolosissima. Vi sono stati casi nella boxe e nel kick boxing, tuttavia il caso più rilevante è quello del lottatore transessuale di arti marziali miste (MMA) Fallon Fox.
Fox, un uomo transìto verso la forma femminile, si scontrò con un avversario nato femmina, la marzialista Taika Brents. Nel primo round, dopo nemmeno due minuti e mezzo di una lotta disordinata e non bella da vedere a causa del sangue, il transessuale Fox procurò una commozione cerebrale alla Brants, frantumandogli l’osso orbitale del cranio, e continuò a picchiare fino a che l’arbitro non decretò il KO tecnico.
This is MMA fighter Fallon Fox, who identifies as a "trans woman", fighting Tamikka Brents.
Brents suffered a concussion and a fractured skull and had to receive 7 staples!
This is a man attacking a woman for "entertainment purposes"! pic.twitter.com/M0W1qqQsqL— Sheldon Jackson (@SGJackson) February 6, 2021
«Ho combattuto molte donne e non ho mai sentito la forza che ho provato in un combattimento come quella notte. Non so rispondere se è perché è nata uomo o no perché non sono un medico. Posso solo dire che non mi sono mai sentita così sopraffatta in vita mia e sono una donna anormalmente forte di per sé», dichiarò la Brants.
In questi anni sono state mosse accuse allo stesso Comitato Olimpico di favorire gli atleti trans.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio 2021 il presidente Donald Trump attaccò duramente l’iniqua svolta transessualista dello sport.
«Dobbiamo proteggere l’integrità dello sport femminile costretto a competere con chi è nato biologicamente maschio» disse il Donaldo ad uno dei primi eventi post-Casa Bianca. «Molti nuovi record sono stati battuti nello sport femminile, troppi sono stati frantumati».
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Trump annulla i finanziamenti della Sanità USA per prevenire la gravidanza nei «ragazzi transgender»

Il Dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE) ha annunciato che i National Institutes of Health (NIH) hanno cancellato i finanziamenti per una serie di programmi discutibili, tra cui 620.000 dollari per «un programma di prevenzione delle gravidanze adolescenziali inclusivo LGB+ per ragazzi transgender». Lo riporta LifeSiteNews.
«I giovani a cui viene assegnato il genere femminile alla nascita (AFAB) e che si identificano come transgender (ad esempio come ragazzi non binari o trans), non come ragazze, sono a rischio di esiti negativi per la salute sessuale, ma vengono di fatto esclusi dai programmi di salute sessuale perché i giovani di genere diverso non percepiscono come salienti o applicabili i messaggi di educazione sessuale per adolescenti cisgender ed eteronormativi a loro disposizione» scrive la descrizione del progetto, in piena lingua woke.
«Questa mancanza di programmazione contribuisce probabilmente agli ostacoli alla salute sessuale: i dati suggeriscono che i giovani transgender AFAB potrebbero essere meno propensi a usare il preservativo quando hanno relazioni con persone che hanno genitali maschili e hanno almeno le stesse probabilità delle ragazze cisgender di essere incinte. #TranscendentHealth mira ad affrontare questa disuguaglianza sanitaria».
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In pratica, il progetto proponeva l’ovvio: che quando un uomo e una donna hanno rapporti sessuali, la donna potrebbe rimanere incinta. Tuttavia, poiché il gruppo target è costituito da giovani confusi sul genere, questo fatto basilare della biologia umana è in qualche modo perso e visto come una «iniquità».
Inoltre, il DOGE ha annunciato di aver stanziato 699.000 dollari per «studiare “l’uso di cannabis” tra “individui appartenenti a minoranze sessuali di genere diverso”», 740.000 dollari per «esaminare i “social network” tra “uomini neri e latini appartenenti a minoranze sessuali nel New Jersey”» e 50.000 dollari per «valutare la “salute sessuale” tra “giovani LGTBQ+ latinx in una comunità agricola”».
Nel suo discorso al Congresso all’inizio del mese, il presidente Donaldo J. Trump ha evidenziato molti degli esempi scioccanti di spreco, frode e abuso da parte del NIH, finanziato dai contribuenti americani durante l’amministrazione Biden, tra cui 8 milioni di dollari spesi «per rendere i topi transgender». Secondo alcuni la cifra assegnata alla creazione laboratoriale di muridi transgenderri sarebbe invece vicina al quarto di miliardo di dollari.
«Nella nostra analisi, il dottor (Anthony) Fauci ha finanziato circa il 95% degli esperimenti sugli animali transgender», ha affermato Justin Goodman, vicepresidente senior del White Coat Waste Project, il quale ha detto ai membri del sottocomitato per la sicurezza informatica, l’informatica e l’innovazione governativa, presieduto dalla deputata repubblicana Nancy Mace della Carolina del Sud, che secondo la sua stima sono stati spesi 241 milioni di dollari per i test sugli animali transgender. «Direi che questo è il minimo, non il massimo, perché le informazioni sui database federali sono piuttosto incomplete».
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Immagine di pubblico dominio CCO via Wikimedia
Bizzarria
Consigliere comunale «transdonna bisessuale» rimosso dopo la scoperta del suo account OnlyFans

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Le origini della legge sul femminicidio

La scorsa settimana il Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana lo schema di disegno di legge intitolato «Introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime». La proposta viene dal ministero della Giustizia, dal ministero dell’Interno, dal ministero per la Famiglia Natalità e Pari Opportunità e dal ministero per le Riforme istituzionali e Semplificazione normativa.
Il provvedimento stabilisce l’inserimento nel sistema legale italiano del reato di femminicidio, definendolo come il crimine compiuto da chi causa la morte di una donna per ragioni legate a discriminazione, odio di genere o per impedirle di esercitare i propri diritti e di manifestare la propria personalità.
In pratica, una legge che calpesta la Costituzione, il diritto, la legge naturale, entrerà in vigore nel nostro Paese. Una vera e propria legge gender lanciata in Italia dal governo della destra.
Tuttavia, la storia del reato di «femminicidio» (una parola artificiale, un neologismo orwelliano inaudito fino a pochi anni fa) è risalente. Il femminicidio era entrato nelle leggi italiane con la legge 119 del 15 ottobre 2013, «recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge».
Uno spaccato delle origini di questo «vero e proprio monstrum logico prima ancora che giuridico» lo dà Elisabetta Frezza nel suo libro Malascuola, insuperato compendio analitico della follia genderista e del suo impatto nelle scuole italiane.
«Come si è detto, la legge 119 è stata adottata in esecuzione della Convenzione di Istanbul del 2011 del Consiglio di Europa “sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”» scrive l’autrice.
Frezza considera l’aberrazione giuridica del concetto di punizione, che ora viene concepito a seconda di chi vittima e chi carnefice.
«Sotto il profilo penalistico, la legge in oggetto riformula i titoli di reato in ragione della qualità del soggetto leso (le femmine) laddove, per loro natura, le norme penali incriminatrici tutelano il bene giuridico oggettivamente inteso, cioè indipendentemente dalla identità del soggetto passivo (salvo casi particolari giustificati da ragioni altrettanto peculiari): la fattispecie dell’omicidio, ad esempio, punisce “chiunque cagiona la morte di un uomo”, dove ovviamente “uomo” sta per essere umano senz’altra distinzione».
Si tratta di un’enorme differenza rispetto al diritto così come lo conosciamo, dove, per dirla con la frase talvolta stampate enorme nelle aule di giustizia, «la legge è uguale per tutti».
«L’insensatezza delle nuove fattispecie incriminatrici emerge peraltro da una obiezione elementare: se uno massacra un suo simile per una qualsiasi ragione, gli dà fuoco, gli spara, lo scioglie nell’acido, il suo crimine è forse diverso o meno grave perché la vittima non è una femmina?» chiede la giurista. «E ancora: se vale la premessa di politica criminale sulla necessità di prevenire i crimini commessi ai danni delle donne attraverso una repressione più severa, perché allora non inventare uno specifico titolo di reato per ogni altra categoria “a rischio”, come ad esempio i gioiellieri, i benzinai, i tassisti?»
Pensandoci, quest’ultima non è una provocazione: vi sono «minoranze a rischio» ovunque, con casi di cronaca continui, dove poi a magari a finire in galera è il gioielliere, il tassista, il benzinaio…
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«Per quale motivo un numero indefinito di altri soggetti non avrebbe titolo per reclamare a sua volta una tutela penale ad hoc, rafforzata?» chiede ancora Frezza, rispondendo che «è chiaro che una simile pretesa, ove accolta, si risolverebbe in una evidente quanto pericolosa torsione dei principi fondamentali del sistema penale, costantemente ribaditi dalle scienze giuridiche, secondo cui va punito il fatto lesivo del bene giuridico protetto, a prescindere dalla identità e dalle caratteristiche del soggetto leso».
«Ciò precisato circa l’intrinseca assurdità dell’invenzione criminologica che va sotto il nome di femminicidio, va da sè che resta incontestabile quanto tragicamente evidente la recrudescenza dei fenomeni di violenza cieca e ferina nella società dell’oggi».
Il reato di femminicidio, dunque, cura – come tanta medicina moderna – solo un sintomo, invece che la causa del male
Al di fuori dei discorsi di chi ripete «a orecchio i luoghi comuni del pensiero unico precotto, forse vale la pena di domandarsi se questa emergenza non sia piuttosto il frutto perverso di una serie di degenerazioni, che va dalla diffusione incontrastata della pornografia, alla voragine culturale che favorisce la sovrapposizione tra virtuale e reale, alla idolatria degli istinti e correlativo abbattimento dei freni inibitori, alla esaltazione della fluidità sessuale professata in nome dell’autodeterminazione, alla metaforica uccisione del padre e di ogni legittima autorità, all’eclissi della donna nella sua immagine di moglie e di madre capace di evocare la protezione e il rispetto del maschio in virtù della sua stessa femminilità. Cioè, di tutto quanto confluisce in quel sistema distorto che si vuole pervicacemente alimentare in via mediatica ed educativa».
«È evidente che si tratta di un paradossale circuito vizioso» scrive la scrittrice. «Se si riduce tutto all’orizzonte del piacere fine a se stesso, della libertà senza limiti nei comportamenti interpersonali, disconoscendo ogni ordine naturale, l’esito non può non essere altro che quello che abbiamo oggi sotto i nostri occhi. Estirpata dalle menti la legge morale che distingue l’uomo dalla bestia, egli tornerà a manifestare aspetti autenticamente bestiali. Come di fatto sta avvenendo con frequenza sempre più drammatica».
Le cause dell’abbrutimento generale sono anche di natura filosofica e perfino scolastica, perché «se l’uomo va considerato uno scimmione evoluto come vuole il dogma evoluzionista inculcato ai bambini a partire dalle prime classi delle elementari, ovvero è un animale al pari degli altri, allora bisogna anche prendere atto che nel regno animale vige la legge della giungla, per cui il più forte ha la meglio sul più debole».
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È il trionfo dello Stato moderno nella sua cifra anti-naturale. «È bene tenere presente che una legge dello Stato non può cambiare la realtà delle cose: il maschio è costituzionalmente diverso dalla femmina ed è, di norma, strutturalmente più forte. Si tratta di quel famoso principio di realtà da cui è bene non discostarsi perché esso vale e si impone anche se vengono adottati provvedimenti sempre più severi per cercare di forzarlo».
È lo Stato che con le sue leggi va contro la natura, cioè contro la verità.
«La verità è un’altra, ed è antitetica ai mantra montati ad arte dalla propaganda di regime. La verità è che il sottrarre a forza la donna alla sua vocazione naturale, per farne da un lato la scimmiottatura del maschio e dall’altro una sorta di animale in cattività appartenente ad una specie protetta, come ogni operazione contro natura finisce per creare una serie incontrollata di squilibri oggettivi e una mortificazione di quella tanto sbandierata dignità in nome della quale si pretenderebbe di agire.
«E la natura violata, come sempre, alla fine presenta il suo conto…»
Un amaro avvertimento che le persone di potere dovrebbero tenere sempre a mente. Ma non potranno mai farlo del tutto, se continueranno ad essere guidati dalla Cultura della Morte.
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