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Tecnologia

Metaverso, è il World Economic Forum a mettere i paletti per la sua creazione

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Il prossimo vertice del World Economic Forum (WEF) vedrà questa l’organizzazione di Davos promuovere ulteriormente un futuro metaverso globale, in quanto presenta due documenti informativi della sua iniziativa «Definire e costruire il Metaverso».

 

Come riporta il sito Reclaim the Net, da tempo il WEF lavora per posizionarsi come autorità autoproclamata riguardo la direzione in cui il metaverso dovrebbe svilupparsi. Secondo le anticipazioni, i paper si occupano di «interoperabilità nel metaverso dal punto di vista della governance».

 

I documenti dell’iniziativa WEF saranno presentati a Davos in una conferenza chiamata «Come costruire un metaverso per tutti».

 

Secondo quanto annunciato, il WEF ha condotto ricerche approfondite ed è riuscito a riunire più di 120 partner di diversi settori come «stakeholder» dell’iniziativa, tra cui Meta (Facebook), Microsoft, Walmart, Sony, Mastercard, Deutsche Bank, JP Morgan, Lloyds, l’ufficio antiterrorismo delle Nazioni Unite, il National Human Genome Research Institute del NIH statunitense e i ministeri dell’informazione e della comunicazione di molti altri Paesi.

 

Secondo l’organizzazione di Klaus Schwab il metaverso potrebbe mettere in giuoco la cifra di «800 miliardi di dollari» insieme al «futuro di diverse economie», per cui deve seguire delle linee direttrici, stabilite ovviamente dal WEF.

 

Per esempio, il WEF afferma che si deve «dare priorità all’accessibilità e all’inclusività (…) al fine di garantire la rappresentazione». Ciò, dice Davos, deve avvenire in accordo con la protezione dei dati, tuttavia l’accento torna sul «bilanciamento» della privacy con sicurezza e protezione.

 

«Se tutto andrà secondo i piani del WEF, il mondo può aspettarsi “opportunità illimitate” dal metaverso che presumibilmente miglioreranno praticamente ogni aspetto della società e dell’economia: innovazione, istruzione, assistenza sanitaria» scrive Reclaim the Net. «Altrimenti, c’è il rischio che il metaverso sia “inaccessibile e non sicuro”, avverte l’annuncio della conferenza stampa».

 

Come noto, il metaverso è il grande investimento del patron di Facebook Mark Zuckerberg, il quale a tal punto crede in questo mondo virtuale («è come la rivoluzione di internet mobile» ha ripetuto, «è la singolarità») da cambiare il nome alla sua azienda – che ora si chiama Meta – e a spendere decine di miliardi di dollari nel progetto, che per ora non ha portato a nulla.

 

Secondo l’informato videoblogger Gonzalo Lira, che cita persone a contatto con il contesto, la sterzata di Zuckerberg, più che dovuta ad una visione di business a lungo termine, sarebbe legata a pressioni di forze WEF all’interno del processo decisionale del colosso di Menlo Park.

 

In pratica, Davos starebbe operando per ficcare l’umanità nel metaverso, e la pandemia non si può dire che non abbia offerto un enorme test, andato pure bene: i cittadini accettano di essere confinati in casa, le aziende accettano di far lavorare i dipendenti dalle loro abitazioni, la rete internet non è collassata nonostante il traffico aumentato a dismisura a causa dell’universo mondo che strimmava serie su serie Netflix.

 

Come riportato da Renovatio 21, a Davos un anno fa già si parlava dell’inserimento dei bambini nel metaverso dopo averli «scollegati» dal mondo fisico. Arabi presenti all’evento hanno invece trattato il tema della proibizione degli omicidi virtuali.

 

Nel frattempo, nell’embrione del metaverso vi sono già i pedofili, terroristi, gente che si ferisce, e le tasse.

 

Mentre un evento costosissimo di promozione metaversa di una birra ha fatto flop in modo totale, vi sono «esperti» che dicono che entro 50 anni le coppie preferiranno un bambino digitale nel metaverso invece che uno in carne ed ossa nel mondo reale.

 

Anche Bill Gates potrebbe aver tentato una scalata al metaverso partendo dal gioco online più noto, World of Warcraft: la Microsoft ha comprato la società produttrice di videogiuochi Activision Blizzard per più di 60 miliardi di dollari, tuttavia il deal sta avendo qualche problema con le istituzioni.

 

È significativo che nel documento «Piano Scuola 4.0» – terminologia già da WEF Davos Schwab, nota Elisabetta Frezza – si cominci a parlare di apprendimento online e apprendimento onlife: quest’ultima è un’espressione mai prima udita, che fa capire come la realtà sia oramai una derivazione della rete e dei suoi mondi virtuali, la vita umana come calco dell’online.

 

 

 

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Tecnologia

44 mila tedeschi firmano una petizione per la costruzione di una ferrovia a levitazione magnetica

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Da marzo in Germania si è creato un forte slancio per un sistema maglev, con una petizione firmata finora da 44.000 tedeschi e 2.000 da altri Paesi europei.

 

La petizione online, che mira a raccogliere le firme di 50.000 tedeschi, è stata lanciata da magnetbahn.org, un’iniziativa di cittadini che sono favorevoli alla costruzione di mezzi di trasporto a levitazione magnetica.

 

Questo progetto andrebbe a beneficio della Germania e anche dei suoi vicini in tutta Europa. La stessa situazione del sistema ferroviario tedesco è deplorevole. Tra i suoi problemi c’è che il letto ferroviario e i binari sono in cattive condizioni; vi è l’assenza di una rete ad alta velocità separata dal resto della rete; ci sono frequenti cancellazioni e ritardi di molti treni.

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La petizione sottolinea che ci sono molti vantaggi tecnici di un sistema maglev, come affidabilità e puntualità. Fa l’esempio del primato di successo della tratta commerciale di Shanghai, che in 20 anni di attività ha percorso 28 milioni di chilometri, con una valutazione di puntualità del 99%. I costi di manutenzione del maglev sono inferiori del 70% rispetto al tradizionale InterCity Express (ICE) tedesco ad alta velocità, motivo per cui i binari possono durare fino a 100 anni senza riparazioni importanti e la durata dei componenti del veicolo è massimizzata.

 

La petizione afferma che i costi di costruzione di un chilometro a doppio binario sono poco più della metà di quelli di un binario ICE, e che il maglev è qualificato per essere utilizzato a livello europeo, a lunga percorrenza, nonché per un collegamento per molte città vicine. Un’iniziativa correlata dell’organizzazione giovanile dei Giovani Liberali del Partito Liberaldemocratico (FDP), a Bremerhaven ha ricevuto il sostegno del ministro federale dei trasporti Volker Wissing in occasione del congresso nazionale del 5 maggio.

 

Tuttavia, il ministro delle Finanze pro-austerità Christian Lindner, anche lui del FDP, si oppone al maglev, sostenendo che sarebbe troppo costoso.

 

Un treno a levitazione magnetica, o maglev, è un tipo di treno che si muove senza toccare i binari grazie alla levitazione magnetica.

 

La levitazione e la propulsione magnetica vengono utilizzate come mezzo di locomozione. Poiché il treno non tocca i binari, l’unica forza che si oppone al suo movimento è la resistenza dell’aria, permettendo ai maglev di raggiungere velocità molto elevate (superiori ai 600 km/h) con un consumo energetico contenuto e un livello di rumore accettabile.

 

Nonostante la velocità dei Maglev permetta loro di competere con gli aerei anche su lunghe distanze, i costi elevati per la costruzione delle infrastrutture ne hanno limitato l’uso a tratte brevi e molto trafficate.

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Attualmente, nel mondo esistono solo sei linee maglev operative (tre in Cina, due in Corea del Sud e una in Giappone), tutte brevi e su tratte molto frequentate. La principale di queste si trova a Shanghai (Cina) e collega la città con l’aeroporto, coprendo 33 chilometri in 7 minuti e 20 secondi, con una velocità massima di 501,5 km/h e una velocità media di 250 km/h.

 

A Berlino Ovest, negli anni Ottanta, la società M-Bahn costruì una linea maglev lunga 1,6 km che collegava tre stazioni della U-Bahn. Il test con i passeggeri iniziò nell’agosto del 1989 e il servizio regolare nel giugno del 1991. Tuttavia, a causa dei cambiamenti nel traffico dei passeggeri seguiti alla caduta del muro di Berlino, la linea venne chiusa nel febbraio del 1992, smantellata e sostituita con una linea metropolitana convenzionale.

 

A Monaco di Baviera, è in progetto un sistema a levitazione magnetica che collegherà la stazione principale (un nodo di interconnessione con diverse linee metropolitane e ferroviarie locali) all’aeroporto. Questo progetto mira a ridurre il tempo medio di collegamento dagli attuali 40 minuti a circa 10 minuti. Nell’atrio dell’aeroporto è esposto un modello a grandezza naturale del treno.

 

Tuttavia, il progetto potrebbe subire ritardi a causa di un incidente avvenuto il 22 settembre 2006 durante un collaudo: un treno, che viaggiava a circa 200 km/h, ha investito un carrello per la manutenzione. Il primo vagone, che trasportava una trentina di passeggeri, è stato completamente distrutto e 23 persone, tra occupanti e personale di manutenzione, sono rimaste uccise.

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Immagine di Sven Kaden via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.5 Generic

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Cina

I microchip potranno essere spenti da remoto nel caso Pechino invada Taiwan

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Le fabbriche di microchip a Taiwan potrebbero essere chiuse da remoto grazie ad un kill switch, un interruttore segreto che può fermarne l’attività. Lo riporta la testata economica americana Bloomberg, che cita varie fonti.   In particolare si tratterebbe delle fabbriche del colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che impiega tecnologie ultraviolette di estrema precisione (chiamate in gergo EUV) fornite da un’azienda olandese, la ASML. Tali macchine, grandi come un autobus e dal costo di circa 217 milioni di dollari cadauna. utilizzano onde luminose ad alta frequenza per stampare i chip più avanzati al mondo.   Secondo le fonti di Bloomberg, in caso di invasione da parte della Repubblica Popolare Cinese, gli EUV di ASML nelle fabbriche TSMC potrebbero essere resi inutilizzabili.

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«Funzionari del governo degli Stati Uniti hanno espresso in privato preoccupazione alle loro controparti olandesi e taiwanesi su cosa accadrebbe se l’aggressione cinese si intensificasse in un attacco all’isola responsabile della produzione della stragrande maggioranza dei semiconduttori avanzati del mondo, hanno detto due persone, parlando a condizione dell’anonimato» scrive Bloomberg. «L’ASML ha rassicurato i funzionari sulla sua capacità di disabilitare le macchine da remoto quando il governo olandese ha incontrato l’azienda sulla minaccia, hanno detto altri due. I Paesi Bassi hanno effettuato simulazioni su una possibile invasione per valutare meglio i rischi, hanno aggiunto».   La notizia non può che rassicurare Washington, da vari anni in lotta con Pechino proprio sui microchip, e quindi riguardo Taiwano. Va notato che il governo neerlandese aveva già imposto restrizioni all’ASML, impedendo la vendita di macchine EUV alla Cina comunista.   Negli ultimi anni, funzionari militari e dell’intelligence statunitense hanno testimoniato pubblicamente sul piano di Pechino di invadere Taiwan per riunificare l’isola con la terraferma.   «Tutte le indicazioni indicano che l’Esercito di Liberazione Popolare sta adeguandosi alla direttiva del presidente Xi Jinping di essere pronto a invadere Taiwan entro il 2027», ha detto l’ammiraglio John Aquilino, leader del Comando Indo-Pacifico, al Comitato per i servizi armati della Camera degli Stati Uniti in una testimonianza preparata a marzo, aggiungendo. «Le azioni dell’ELP indicano la sua capacità di rispettare la tempistica preferita da Xi di unificare Taiwan con la Cina continentale con la forza, se indicato».   TSMC, il più grande produttore mondiale di chip a contratto, è responsabile del dominio dei chip di Taiwan. Fornisce chip ad Apple, Nvidia e Qualcomm.   Sinora, lo status quo nella questione tra Pechino e Taipei è stato assicurato dal cosiddetto «scudo dei microchip» di cui gode Taiwano, ossia la deterrenza di questa produzione industriale rispetto agli appetiti cinesi, che ancora non hanno capito come replicare le capacità tecnologiche di Taipei.   La Cina, tuttavia, sta da tempo accelerando per arrivare all’autonomia tecnologica sui semiconduttori, così da dissolvere una volta per tutte lo scudo dei microchip taiwanese. La collaborazione tra Taiwan e UE riguardo ai microchip, nonostante la volontà espressa da Bruxelles, non è mai davvero decollata.

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Come riportato da Renovatio 21, il colosso del microchip TSMC ha dichiarato l’anno scorso che la produzione dei microchip si arresterebbe in caso di invasione cinese di Formosa.   I microchip taiwanesi sono un argomento centrale nella attuale tensione tra Washington e Pechino, che qualcuno sta definendo come una vera guerra economica mossa dall’amministrazione Biden contro il Dragone, che riprendono politiche della precedente amministrazione Trump.   Come riportato da Renovatio 21, durante il suo discorso per la celebrazione del centenario del Partito Comunista Cinese nel 2021 lo Xi, mostrandosi in un’inconfondibile camicia à la Mao, parlò della riunificazione con Taipei come fase di un «rinnovamento nazionale» e della prontezza della Cina a «schiacciare la testa» di chi proverà ad intimidirla.   Alcuni mesi fa il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che la riunificazione di Taiwan e della Cina continentale è una «inevitabilità storica», mentre a novembre il Chen Binhua, appena nominato nuovo portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwano del Consiglio di Stato cinese, aveva avvertito che «l’indipendenza di Taiwan significa guerra».   Oggi come allora, il Paese è un punto di tensione internazionale, tra le aperte minacce di invasione da parte della Repubblica Popolare Cinese e le manovre della flotta militare americana nell’area.   Come riportato da Renovatio 21, la tensione nella regione era salita quando a inizio anno il cacciatorpediniere lanciamissili USS John Finn della 7ª flotta USA ha annunciato il transito da sud a nord dello Stretto di Taiwano.   Taipei aveva vissuto una enigmatica falsa emergenza invasione, propalato dai media, pochi mesi fa.   Nel frattempo, come visto in settimana a seguito dell’insediamento del nuovo governo di Taipei, nel Parlamento taiwanese sono botte ed episodi di rugby legislativo.

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Economia

Amazon abbandona il sistema senza casse nei negozi: si è scoperto che la sua IA era alimentata da 1.000 lavoratori umani

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Il colosso dell’e-commerce Amazon starebbe rinunziando alla sua speciale tecnologia «Just Walk Out» che permetteva ai clienti di mettere la spesa nella borsa e lasciare il negozio senza dover fare la fila alla cassa. Lo riporta The Information, testata californiana che si occupa del business della grande tecnologia.

 

La tecnologia, disponibile solo nella metà dei negozi Amazon Fresh, utilizzava una serie di telecamere e sensori per tracciare ciò con cui gli acquirenti lasciavano il negozio. Tuttavia, secondo quanto si apprende, invece di chiudere il ciclo tecnologico con la pura automazione e l’intelligenza artificiale, l’azienda ha dovuto fare affidamento anche su un esercito di oltre 1.000 lavoratori in India, che fungevano da cassieri a distanza.

 

Di questo progetto denominato «Just Walk Out» – uno stratagemma di marketing per convincere più clienti a fare acquisti nei suoi negozi, minando attivamente il mercato del lavoro locale – forse non ne sentiremo la mancanza.

 

Nel 2018 Amazon ha iniziato a lanciare il suo sistema «Just Walk Out», che avrebbe dovuto rivoluzionare l’esperienza di vendita al dettaglio con l’intelligenza artificiale in tutto il mondo. Diverse altre società, tra cui Walmart, hanno seguito l’esempio annunciando negozi simili senza cassiere.

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Tuttavia più di cinque anni dopo, il sistema sembra essere diventato sempre più un peso. Stando sempre a quanto riportato da The Information, la tecnologia era troppo lenta e costosa da implementare, con i cassieri in outsourcing che avrebbero impiegato ore per inviare i dati in modo che i clienti potessero ricevere le loro ricevute.

 

Oltre a fare affidamento su manodopera a basso costo e in outsourcing e invece di pagare salari equi a livello locale, le critiche hanno anche messo in dubbio la pratica di Amazon di raccogliere una quantità gigantesca di dati sensibili, compreso il comportamento dei clienti in negozio, trasformando una rapida visita al negozio in un incubo per la privacy, scrive Futurism.

 

L’anno scorso, il gruppo di difesa dei consumatori Surveillance Technology Oversight Project, aveva intentato un’azione legale collettiva contro Amazon, accusando la società di non aver informato i clienti che stava vendendo segretamente dati a Starbucks a scopo di lucro.

 

Nonostante la spinta aggressiva nel mercato al dettaglio, l’impatto dei negozi di alimentari di Amazon negli Stati Uniti, è ancora notevolmente inferiore a quella dei suoi concorrenti quali Walmart, Costco e Kroger, come sottolinea Gizmodo.

 

Invece di «Just Walk Out», Amazon ora scommette su scanner e schermi incorporati nel carrello della spesa chiamato «Dash Carts». Resta da vedere se i «Dash Carts» si riveleranno meno invasivi dal punto di vista della privacy dei dati.

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Immagine di Sikander Iqbal via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

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