Cina
I microchip potranno essere spenti da remoto nel caso Pechino invada Taiwan
Le fabbriche di microchip a Taiwan potrebbero essere chiuse da remoto grazie ad un kill switch, un interruttore segreto che può fermarne l’attività. Lo riporta la testata economica americana Bloomberg, che cita varie fonti.
In particolare si tratterebbe delle fabbriche del colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che impiega tecnologie ultraviolette di estrema precisione (chiamate in gergo EUV) fornite da un’azienda olandese, la ASML. Tali macchine, grandi come un autobus e dal costo di circa 217 milioni di dollari cadauna. utilizzano onde luminose ad alta frequenza per stampare i chip più avanzati al mondo.
Secondo le fonti di Bloomberg, in caso di invasione da parte della Repubblica Popolare Cinese, gli EUV di ASML nelle fabbriche TSMC potrebbero essere resi inutilizzabili.
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«Funzionari del governo degli Stati Uniti hanno espresso in privato preoccupazione alle loro controparti olandesi e taiwanesi su cosa accadrebbe se l’aggressione cinese si intensificasse in un attacco all’isola responsabile della produzione della stragrande maggioranza dei semiconduttori avanzati del mondo, hanno detto due persone, parlando a condizione dell’anonimato» scrive Bloomberg. «L’ASML ha rassicurato i funzionari sulla sua capacità di disabilitare le macchine da remoto quando il governo olandese ha incontrato l’azienda sulla minaccia, hanno detto altri due. I Paesi Bassi hanno effettuato simulazioni su una possibile invasione per valutare meglio i rischi, hanno aggiunto».
La notizia non può che rassicurare Washington, da vari anni in lotta con Pechino proprio sui microchip, e quindi riguardo Taiwano. Va notato che il governo neerlandese aveva già imposto restrizioni all’ASML, impedendo la vendita di macchine EUV alla Cina comunista.
Negli ultimi anni, funzionari militari e dell’intelligence statunitense hanno testimoniato pubblicamente sul piano di Pechino di invadere Taiwan per riunificare l’isola con la terraferma.
«Tutte le indicazioni indicano che l’Esercito di Liberazione Popolare sta adeguandosi alla direttiva del presidente Xi Jinping di essere pronto a invadere Taiwan entro il 2027», ha detto l’ammiraglio John Aquilino, leader del Comando Indo-Pacifico, al Comitato per i servizi armati della Camera degli Stati Uniti in una testimonianza preparata a marzo, aggiungendo. «Le azioni dell’ELP indicano la sua capacità di rispettare la tempistica preferita da Xi di unificare Taiwan con la Cina continentale con la forza, se indicato».
TSMC, il più grande produttore mondiale di chip a contratto, è responsabile del dominio dei chip di Taiwan. Fornisce chip ad Apple, Nvidia e Qualcomm.
Sinora, lo status quo nella questione tra Pechino e Taipei è stato assicurato dal cosiddetto «scudo dei microchip» di cui gode Taiwano, ossia la deterrenza di questa produzione industriale rispetto agli appetiti cinesi, che ancora non hanno capito come replicare le capacità tecnologiche di Taipei.
La Cina, tuttavia, sta da tempo accelerando per arrivare all’autonomia tecnologica sui semiconduttori, così da dissolvere una volta per tutte lo scudo dei microchip taiwanese. La collaborazione tra Taiwan e UE riguardo ai microchip, nonostante la volontà espressa da Bruxelles, non è mai davvero decollata.
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Come riportato da Renovatio 21, il colosso del microchip TSMC ha dichiarato l’anno scorso che la produzione dei microchip si arresterebbe in caso di invasione cinese di Formosa.
I microchip taiwanesi sono un argomento centrale nella attuale tensione tra Washington e Pechino, che qualcuno sta definendo come una vera guerra economica mossa dall’amministrazione Biden contro il Dragone, che riprendono politiche della precedente amministrazione Trump.
Come riportato da Renovatio 21, durante il suo discorso per la celebrazione del centenario del Partito Comunista Cinese nel 2021 lo Xi, mostrandosi in un’inconfondibile camicia à la Mao, parlò della riunificazione con Taipei come fase di un «rinnovamento nazionale» e della prontezza della Cina a «schiacciare la testa» di chi proverà ad intimidirla.
Alcuni mesi fa il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che la riunificazione di Taiwan e della Cina continentale è una «inevitabilità storica», mentre a novembre il Chen Binhua, appena nominato nuovo portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwano del Consiglio di Stato cinese, aveva avvertito che «l’indipendenza di Taiwan significa guerra».
Oggi come allora, il Paese è un punto di tensione internazionale, tra le aperte minacce di invasione da parte della Repubblica Popolare Cinese e le manovre della flotta militare americana nell’area.
Come riportato da Renovatio 21, la tensione nella regione era salita quando a inizio anno il cacciatorpediniere lanciamissili USS John Finn della 7ª flotta USA ha annunciato il transito da sud a nord dello Stretto di Taiwano.
Taipei aveva vissuto una enigmatica falsa emergenza invasione, propalato dai media, pochi mesi fa.
Nel frattempo, come visto in settimana a seguito dell’insediamento del nuovo governo di Taipei, nel Parlamento taiwanese sono botte ed episodi di rugby legislativo.
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Cina
Cina, continua la repressione contro i cattolici sotterranei
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Gli «obiettori di coscienza»
BW spiega che si tratta di «cattolici, in particolare sacerdoti e vescovi, che rifiutano di aderire all’Associazione patriottica cattolica cinese». È importante ricordare che l’adesione al CPA è «consentita e regolata dalle Linee guida vaticane del 2019». La Santa Sede quindi «ha incoraggiato i cattolici ad unirsi alla Chiesa cattolica patriottica, un tempo scomunicata, controllata dal governo», riferisce BW. Roma ha inoltre «chiarito che coloro che rifiutano di farlo per motivi di coscienza, sebbene non incoraggiati né approvati dal Vaticano, non sono scomunicati, fanno ancora parte della Chiesa cattolica e devono essere trattati con “rispetto”». «La diocesi di Baoding, (…) nella provincia di Hebei, a circa 150 chilometri da Pechino, è emersa come centro dell’obiezione di coscienza cattolica». Ma il PCC «esprime il suo ‘rispetto’ agli obiettori di coscienza cattolici (…) arrestandoli», commenta He Yuyan. «La comunità cattolica sotterranea di Baoding è una delle più colpite dalla repressione cinese della libertà religiosa», nota AsiaNews. E aggiunge: «diversi sacerdoti sono stati sottoposti al guanzhi, una restrizione di movimento e di attività che può durare fino a tre anni, durante i quali sono sottoposti a sessioni politiche [di rieducazione] e alla coercizione per aderire agli organismi ufficiali “cattolici” controllati dal Partito Comunista Cinese».Sostieni Renovatio 21
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Cina
Meteo favorevole tra il Vaticano e Pechino
La notizia è stata pubblicata con discrezione nel Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede il 14 maggio 2024, annunciando un convegno sulla storia dei rapporti tra il Vaticano e Pechino previsto per il successivo 21 maggio.
La conferenza arrivò con un pretesto già pronto, poiché doveva celebrare il centenario del primo sinodo della Chiesa cattolica in Cina, tenutosi a Shanghai il 15 maggio 1924. Era la prima in un mondo instabile che aveva appena proclamato la caduta dell’ultimo imperatore della dinastia Qing.
Diversi vescovi, vicari generali e religiosi, la maggior parte nati in Paesi lontani e arrivati in terra cinese come missionari, si sono incontrati sotto la presidenza di Celso Costantini, delegato apostolico in Cina, con il mandato di rilanciare la missione della Chiesa in terra cinese.
In questa Lettera apostolica del 1919, Benedetto XV riaffermava che la fede in Cristo «(non era) estranea a nessun Paese» e che, in qualunque parte del mondo, farsi cristiano non significava «mettersi sotto la protezione e il potere di di un altro Paese e sfuggire alla legge del proprio Paese». Un secolo dopo, la conferenza romana è un modo per assicurare alle autorità cinesi che lo Stato comunista non ha nulla da temere dalla Chiesa, mentre la Santa Sede vuole allacciare legami più stretti con Pechino.
Tra i relatori c’erano il vescovo di Shanghai, Joseph Shen Bin, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, e il cardinale Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione. Ma sono intervenuti anche accademici e ricercatori della Repubblica popolare cinese, come i professori Zheng Xiaojun e Liu Guopeng dell’Accademia cinese delle scienze sociali.
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Questi viaggi non potevano essere effettuati senza l’approvazione dell’esecutivo cinese. Per la cronaca, mons. Shen Bin era stato oggetto di particolari tensioni tra Vaticano e Cina, da quando le autorità cinesi avevano deciso unilateralmente, nell’aprile 2023, la sua nomina. In segno di buona volontà, la Roma aveva ceduto.
Da notare che mons. Shen Bin è vicepresidente dell’Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi, dipendente dal Partito comunista cinese (PCC). Negli ultimi mesi il prelato ha più volte menzionato l’adesione richiesta ai cattolici cinesi ai principi della Cina, sostenendo il programma di sinicizzazione del governo.
La signora Zheng Xiaojun è vicedirettrice dell’Istituto delle religioni mondiali dell’Accademia cinese delle scienze sociali e dell’Associazione cinese per gli studi religiosi, due organizzazioni che svolgono un ruolo importante nella politica religiosa della sinicizzazione. delle religioni deciso dal presidente Xi Jinping, e una delle cui ambizioni è promuovere le «prospettive religiose del marxismo». Un ossimoro di altissimo livello.
«La partecipazione a Roma di una personalità cinese di questo livello a un evento pubblico organizzato dal Vaticano non ha precedenti e non è un dettaglio», afferma il quotidiano La Croix, specialista dei rapporti tra Pechino e Vaticano.
Secondo l’articolo, il cardinale Parolin, a margine del congresso, ha spiegato quanto segue: «speriamo di poter avere una presenza stabile in Cina. Anche se questa inizialmente non avrà la forma di una nunziatura apostolica». Si tratterebbe della prima volta da quando i comunisti sono saliti al potere nel 1949.
Xi Jinping dal canto suo ha tutto l’interesse ad intensificare i rapporti con il Vaticano nell’ambito di una politica internazionale che tenta di creare alleati in Europa, con l’obiettivo di minare l’egemonia americana.
I rapporti tra Vaticano e Pechino sono comunque molto asimmetrici, poiché le concessioni del PCC ai cattolici cinesi sembrano pari a zero o quasi.
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Cina
La Cina conclude le manovre militari per conquistare Taiwan
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