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Che cos’è il metaverso? Incubo e realtà dell’evoluzione di Facebook e di internet

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Sarebbe emerso in queste ore che Mark Zuckerberg sarebbe intenzionato a «cambiare» nome al gruppo Facebook. Non al social col logo blu – che è di gran lunga il suo prodotto di punta – ma alla società che lo possiede, oltre a possedere Whatsapp, Instagram, Oculus. tutte società promettenti fagocitate durante la loro crescita dai miliardi messi sul piatto da Zuckerberg.

 

L’operazione non sarebbe differente, pare di capire, da quella con cui nel 2015 Google istituì una società più grande – cioè una holding che contenesse tutte le aziende del gruppo – chiamata Alphabet. Sul nuovo nome sono partite le scommesse, e qualcuno fa già notare che meta.org è un dominio della fondazione del CEO di Facebook e della moglie.

 

Zuckerberg è certo fiaccato da mesi, anni di rivelazioni e scandali riguardo Facebook – un nome che ad alcuni può sembrare sul punto di divenire quello di una toxic company.

 

Tuttavia, ci potrebbe essere un altro fattore a spingere la società verso una definizione: l’ambizione, ora esposta a chiare lettere, di essere la prima società al mondo del «metaverso». O meglio: l’ambizione di creare il primo (e, nei piani, probabilmente, unico, o comunque maggioritario) «metaverso».

 

L’oligarcato tecnologico della Silicon Valley afferma da tempo che a breve saremo tutti in un mondo di realtà virtuale (VR) interattivo, completo di giochi, avventure, shopping, offerte, lavori – il tutto in una simulazione che sostituisce la realtà e la dematerializza elettronicamente

Il metaverso (parola usata per la prima volta dal seminale autore di fantascienza Neal Stephenson, che qualcuno sostiene avesse pure preconizzato con anni di anticipo le criptovalute, nel romanzo del 1992 Snow Crash) è uno spazio cibernetico che è al contempo denso e navigabile per ogni questione umana. Il metaverso è la digitalizzazione delle attività, delle transizioni, della vita della popolazione.

 

L’oligarcato tecnologico della Silicon Valley afferma da tempo che a breve saremo tutti in un mondo di realtà virtuale (VR) interattivo, completo di giochi, avventure, shopping, offerte, lavori – il tutto in una simulazione che sostituisce la realtà e la dematerializza elettronicamente. 

Potete pensare alla VR vista nel film di Stephen Spielberg Ready Player One, tuttavia, quello è un gioco – come lo è il mondo virtuale visto recentemente nel film Free Guy: quest’ultimo è un caso più realistico, perché ispirato a Fortnite, gioco di estremo successo che per alcuni è già un abbozzo del metaverso. L’azienda che produce il gioco, Epic, ha dichiarato i aver raccolto 1 miliardo di dollari da spendere per i suoi piani sul metaverso. Anche il grande produttore di schede grafiche Nvidia e la piattaforma di gioco Roblox stanno lavorando in questo ambito.  Il CEO di Microsoft Satya Nadella ha dichiarato che la società sta lavorando per costruire un «metaverso aziendale»

 

Tuttavia, il metaverso è diverso dalla realtà virtuale di oggi, dove i visori ingombranti offrono esperienze isolate e poche possibilità di incrocio con persone che possiedono dispositivi di marche diverse. Il metaverso sarebbe qualcosa di più: un enorme ciberspazio comune, che collega insieme realtà aumentata e realtà virtuale, consentendo agli avatar di saltare senza problemi da un’attività all’altra.

 

Facebook dovrebbe essere riconosciuta come «società del metaverso», dove la parola «società» non significa solo «azienda»

Si può pensarlo come a come un «Internet incarnato» in cui sei dentro piuttosto che guardare. Gli avatar (cioè i personaggi che rappresentano gli utenti) potrebbero camminare e interagire con il mondo elettronico in modo simile a come le persone manovrano il mondo fisico, consentendo agli utenti di interagire con persone dall’altra parte del pianeta come se si trovassero nella stessa stanza.

 

Come scrive il Washington Post, si tratta di un’impresa enorme che richiederebbe la standardizzazione e la cooperazione tra i giganti della tecnologia, che non sono inclini a collaborare con i concorrenti, anche se non ha impedito a molti di dire che il metaverso è dietro l’angolo.

 

Facebook, avendo digitalizzato l’identità di miliardi di persone del pianeta, parte ovviamente in vantaggio. E lo sa.

 

La filosofia economica è chiarissima: un nuovo mercato già popolato di consumatori in grado di generare economie di scala.

In una conferenza con gli azionisti dello scorso luglio Mark Zuckerberg lo ha detto apertis verbis: Facebook dovrebbe essere riconosciuta come «società del metaverso», dove la parola «società» non significa solo «azienda».

 

L’obiettivo, ha affermato Zuckerberg nella conferenza, è popolare questo mondo virtuale attirando nuovi utenti con visori VR economici: e anche qui Facebook parte molto avanti rispetto ai concorrenti, avendo investito nell’acquisto e nello sviluppo della visiera da realtà virtuale stand-alone (senza cavi, ora) Oculus.

 

Alla fine, ha dichiarato Zuckerberg, questa solida base di utenti si rivelerà come un vantaggio pubblicitario: «centinaia di milioni di persone» nel metaverso «compongono le dimensioni dell’economia digitale al suo interno».

 

La filosofia economica è chiarissima: un nuovo mercato già popolato di consumatori in grado di generare economie di scala.

 

Si badi che non si tratta più solo di giuochi. Negli ultimi mesi, con la spade di Damocle dei lockdown ancora parzialmente attiva, Facebook ha lanciato uno spazio di lavoro in realtà virtuale per chi lavora da casa – in Italia, una porzione immensa dei dipendenti pubblici.

 

È chiaro a tutti che, qualora il metaverso diventasse mainstream, chi controlla la piattaforma controllerebbe il mondo.

L’azienda di Menlo Park sta anche lavorando su un braccialetto intelligente e occhiali VR che proiettano negli occhi di chi lo indossa. L’investimento su questo sforzo è da miliardi di dollari.

 

Il metaverso non esiste oggi e non esiste una data chiara per il suo arrivo. La realtà aumentata e la realtà virtuale devono ancora conquistare le masse e rimangono un interesse di nicchia. Tuttavia Zuckerberg, tra i primi dieci uomini più ricchi della terra e (in teoria…) padrone del maggiore canale di comunicazione globale (quindi, dei contenuti mentali dell’umanità) nel 2017 aveva promesso di portare il numero di utenti del suo device per la realtà virtuale Oculus a un miliardo.

 

È chiaro a tutti che, qualora il metaverso diventasse mainstream, chi controlla la piattaforma controllerebbe il mondo.

 

Capitelo: l’inquisizione si basava su processi, Facebook no.

E un assaggio di quale sarebbe la legge, in questo mondo 2.0 dominato dal titano tecnologico, ce lo abbiamo già avuto.

 

Utenti espulsi per le proprie idee personali, le proprie opinioni, le proprie propensioni politiche, ideologiche, espressive.

 

Politici, partiti, persino il presidente degli USA bandito – mentre magari pedofili e narcotrafficanti usano indisturbati la piattaforma. Censura, repressione della libertà di parola e delle realtà scientifiche.

 

Punizioni che non prevedono possibilità di difendersi: cioè un mondo senza giusto processo, senza stato di diritto, senza diritti in generale, in cui non sai nemmeno di cosa ti accusano.

 

A Renovatio 21, lo sapete, è capitato. Se vi chiedete perché la pagina Facebook sia stata rimossa dalla piattaforma, non siete soli, non lo sappiamo neanche noi. E non abbiamo avuto modo di chiederlo a nessuno, anche solo per capire in dettaglio cosa non andasse (anche se immaginiamo).

 

Riusciamo a immaginarci benissimo, quindi, come sarà il metaverso di Facebook. E chi vi regnerà esercitando un terrificante potere totale sulle vite degli altri

Capitelo: l’inquisizione si basava su processi, Facebook no.

 

La giustizia, la politica, i diritti, sono disrupted, disintermediati. Già ora è così.  Del resto era il motto di Zuckerberg: move fast, break things. Muovendosi veloce, ha rotto tante cose, tra cui, c’è chi sostiene, i diritti umani, la libertà di espressione, la democrazia così come la conoscevamo, il tessuto umano della società di ogni nazione.

 

Riusciamo a immaginarci benissimo, quindi, come sarà il metaverso di Facebook. E chi vi regnerà esercitando un terrificante potere totale sulle vite degli altri.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Alimentazione

Lo scrittore Camillo Langone espulso da Instagram. È stato il gelato al finocchio?

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Lo scrittore Camillo Langone è stato bannato da Instagram, la piattaforma social di condivisione di fotografia, dove non avrebbe più accesso al suo profilo con oltre 8.000 follower.

 

«Non posso entrare nel mio profilo da lunedì e ho la spiacevole sensazione di aver perso 8.000 seguaci per un solo post» aveva scritto ieri Langone a Renovatio 21. «Ho fatto reclamo, ho fatto anche i videini che mi hanno richiesto, nessuna risposta».

 

Allo stato attuale sembra tuttavia che il profilo dello letterato parmigiano sia tornato visibile.

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Non si è nemmeno trattato della prima volta: «certo, altre volte» è accaduto in passato, racconta Camillo, «ma sempre per quadri giudicati erotici e per meno tempo». Langone con la sua attività di promozione dei pittori figurativi contemporanei – iniziativa oramai consolidata in ambito nazionale chiamata «Eccellenti pittori» – può essere incappato nella pubblicazione di qualche nudo, o seminudo, artistico; tuttavia ricordiamo anche che anche quadri della Madonna col bambino, o la Venere di Botticelli, sono passati sotto la scure della censura dei social network.

 

Ma cosa è accaduto questa volta? Quale immagine ha fatto scattare la mannaia censoria?

 

«Era un post con 4 foto e 4 piatti relativi a una cena asiaghese, loro non dicono mai il vero motivo, sono io che suppongo sia per il gelato al finocchio, non potrà mica essere per le lumache alla brace» sospira Langone, trovandosi nella situazione, di fatto letteralmente kafkiana, in cui si sono trovati in tantissimi, da anonimi utenti a personaggi con milioni di follower: non sai mai cosa hai fatto veramente, non sai nemmeno perché ti processano, anzi, perché ti hanno già condannato.

 

«Il mio errore è stato non togliere subito tutto dopo il loro avvertimento, e l’aver fatto ricorso. Da quel momento, fine dell’account» racconta Camillo, ma noi gli diciamo che non c’è certezza nemmeno di questo.

 

Ad ogni modo, la foto incriminata è quella che vedete sul post, mentre sopra questo articolo potete rimirare la riproduzione fornita dall’autore proprio di quel fatale gelato al finocchio.

 

La didascalia diceva «Gioielli di gastronomia artistica. Riso al porro bruciato (latticello, barbusto) + Lumache alla brace (erbe, latte, ribes) + Pecora + Gelato al finocchio, Ristorante Lemelae, Gallio. #consolazionidellagastronomia #risoalporro #latticello #lumache #lumacheallabrace #pecora #carnedipecora #gelatoalfinocchio #lemelae #gallio #altopianodiasiago #altopianodeisettecomuni #ciboestremo #misticadellacarne».

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Camillo Langone (@camillolangone)


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Il post, come il profilo, sembra tornato online. E non deve stupire nemmeno che Instagram sia tornato sui suoi passi: come riportato da Renovatio 21, quattro anni fa Facebook (che è della medesima società di Instagram, Meta) ha censurato una foto pubblicata da un negozio canadese di semi e forniture da giardini perché giudicata, per qualche ragione «troppo sexy».

 

Possibile dunque che l’algoritmo, o la ciurma di indiani sottopagati che ci stanno dietro, abbia capito che il gelato al finocchio non è una pietanza cannibale omofoba?

 

Abbiamo contattato Camillo per chiedergli del profilo tornato online. «Mi hanno ridato l’account? Io non vedo» ha risposto lo scrittore. Lo abbiamo invitato quindi a verificare. «Niente, non riesco a entrare. Anche io vedo la mia pagina, ma non posso accedervi. Infatti ho fatto un altro profilo, camillolangonefoto. Ma ricominciare da zero è allucinante».

 

Come ricorda il lettore di Renovatio 21, una strana censura si era abbattuta su Langone anche l’anno scorso. Langone, vate del tabarro, nonché iniziatore delle prime Tabarrate a Parma (2016) e Casalmaggiore (2017) a favore dei suoi tanti follower aveva pubblicato su Facebook la locandina della Tabarrata Nazionale 2023, raduno tabarrista organizzato dalla Civiltà del Tabarro.

 

La piattaforma dello Zuckerberg la censurò. «Il tuo post viola i nostri Standard della community, pertanto è visibile solo a te».

 

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È stato ipotizzato che il motivo di questa incredibile censura potesse essere di questo tipo: la locandina della Tabarrata Nazionale gli era arrivata via Whatsapp (altra società di Meta/Facebook) dal direttore di Renovatio 21 Roberto Dal Bosco, che è pure il presidente della Civiltà del Tabarroil quale, come sapete, riuscì a riavere il suo profilo Facebook e la pagina sul social di Renovatio 21 solo dopo aver portato Meta/Facebook in tribunale…

 

È così? Macchè, non abbiamo modo di saperlo, perché, ripetiamo, con i social – almeno coloro che hanno davvero qualcosa da dire – siamo entrati in una dimensione funzionalmente kafkiana, dove siamo sottomessi a capricci di autorità crudeli ed irrazionali, inintellegibili e implacabili – un incubo gnostico che è, chiaramente, il rovesciamento dello stato di Diritto e quindi un’anticipazione della società del futuro, dove, come abbiamo detto tante volte – come è stato teorizzato apertis verbis da tanti volonterosi carnefici dell’umanità nel mondo moderno il cittadino diventa utente e lo Stato piattaforma.

 

Cioè, il diritto diviene «accesso», e il cittadino giocoforza non può che essere uno schiavo.

 

Intanto, tuttavia, godiamoci il gelato al finocchio, leccornia di cui Renovatio 21 promette, in un tempo indeterminato, di mostrarvi la produzione tramite azoto liquido. I lettori interessati possono scrivere per insistere nella richiesta di pubblicazione di tale articolo crio-gastronomico.

 

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Immagine di Camillo Langone

 

 

 

 

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Internet

Il Kazakistan vieta la pornografia via webcam

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Il Kazakistan ha modificato il suo codice penale, vietando le esibizioni sessuali tramite webcam, che ora sono legalmente equiparate ad attività legate alla prostituzione. I media regionali hanno recentemente lanciato l’allarme per l’ascesa dell’industria in Asia centrale.   La pratica dei live-stream di contenuti espliciti in cambio di denaro si è diffusa in molte parti del mondo negli ultimi decenni. Alcune piattaforme pubblicizzano anche servizi sessuali fisici.   In Kazakistan la prostituzione in sé è legale, ma gli atti che la facilitano, tra cui la coercizione e la gestione di bordelli, sono considerati reato.

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Secondo l’agenzia di stampa Tengrinews.kz, gli emendamenti sono stati introdotti ai sensi di una legge kazaka sulla «lotta al traffico di esseri umani» entrata in vigore a luglio. Un nuovo termine, «altri servizi di natura sessuale», è stato aggiunto al codice penale.   «Per altri servizi di natura sessuale si intende la commissione di atti volti a soddisfare i bisogni sessuali di un altro individuo, anche a distanza e in tempo reale con l’ausilio della tecnologia delle telecomunicazioni, tra cui Internet, allo scopo di ottenere un profitto», afferma l’emendamento, come citato dall’organo di stampa.   La nuova definizione è stata aggiunta a diversi articoli del codice penale che riguardano la prostituzione, la gestione di bordelli e il coinvolgimento di minori in tali attività illegali.   L’anno scorso, le autorità kazake hanno riferito di aver smantellato un gruppo criminale altamente organizzato specializzato in servizi webcam illegali. La rete avrebbe attirato giovani donne con la promessa di alti salari e le avrebbe trattenute tramite ricatto.   A fine giugno, il presidente kirghiso Sadyr Japarov ha firmato le modifiche al codice penale del Paese, che hanno messo al bando «la facilitazione e l’istigazione alla prostituzione e alla dissolutezza tramite Internet (studi di webcam)». Gli emendamenti prevedevano anche sanzioni per le lavoratrici del sesso coinvolte in tali attività.   Gli individui ritenuti colpevoli di aver organizzato live-stream espliciti potrebbero affrontare fino a sette anni dietro le sbarre, o fino a 15 se sono coinvolti minori. Gli individui sorpresi a fornire tali servizi potrebbero essere multati per la cifra di circa un centinaio di euro.   I cambiamenti sono stati avviati da diversi legislatori che sostenevano che il fenomeno aveva raggiunto proporzioni preoccupanti nella regione.   Commentando il divieto di pornografia tramite webcam in Kirghizistan a fine luglio, la parlamentare russa Nina Ostanina, che presiede la commissione per la famiglia nel parlamento russo, ha dichiarato all’agenzia di stampa RTVI che «non c’era bisogno di ulteriori misure regolamentari» che prendessero di mira tali servizi in Russia, riconoscendo che alcune giovani donne in Russia si dedicano a tali pratiche «a causa della mancanza di istruzione», ma ha affermato che non sono necessarie restrizioni speciali.   Come riportato da Renovatio 21, un’altra ex repubblica sovietica, l’Ucraina, sta invece muovendosi in direzione opposta, con proposte da parte di parlamentari della Verkhovna Rada (il Parlamento unicamerale di Kiev) di legalizzare la produzione di materiale pornografico, e l’attività delle ragazze con la webcam potrebbe ascriversi proprio in questa categoria.   L’anno passato lo sponsor principale del disegno di legge, Yaroslav Zheleznyak, ha sostenuto che le leggi attuali incoraggiano la corruzione e che la legalizzazione della pornografia potrebbe aiutare a raccogliere fondi per i militari.   La misura 9623 modificherebbe l’articolo 301 del codice penale ucraino, che Zheleznyak ha definito «niente meno che stupidità». Non cambia nulla che riguarda la pornografia infantile, il traffico di esseri umani o la prostituzione.   «Non stiamo nemmeno parlando di OnlyFans, ma del consumo di questi contenuti in generale», ha detto al Kiev Post, aggiungendo che mandare qualcuno in prigione fino a otto anni per aver inviato o ricevuto immagine di nudo è un’eredità sovietica.

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Migliaia di ucraini sarebbero attivamente impiegati nella produzione di materiale pornografico. Secondo Zheleznyak, lo Stato ha ricevuto oltre 34 milioni di grivna (circa 840.000 euro) di tasse nella prima metà del 2023 da siti come OnlyFans, il cui proprietario di maggioranza è l’uomo d’affari ucraino-americano Leonid Radvinsky.   Anche un ente di beneficenza che utilizza i nudi per raccogliere fondi per l’esercito ucraino ha contribuito all’iniziativa. Chiamato «Teronlyfans», il gruppo premia coloro che fanno donazioni alle forze armate o ai rifugiati con foto per adulti.   Il deputato Zheleznyak ha anche sostenuto che la polizia ucraina ha cose migliori da fare che dare la caccia alle ragazze delle webcam, citando statistiche che mostrano che 85.500 ore-uomo sono state dedicate a casi di pornografia nel 2021, che secondo lui equivaleva a un anno di lavoro quotidiano, senza ferie, per 41 investigatori.   Come riportato da Renovatio 21, in Ucraina sono state organizzate eventi con pornostar che posano in servizi fotografici di beneficenza con veterani del fronte mutilati di guerra.

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Essere genitori

L’Australia potrebbe vietare ai bambini di usare i social media

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Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha annunciato che il suo Paese sta valutando la possibilità di vietare ai bambini di utilizzare i social media e altre piattaforme digitali pertinenti, adducendo preoccupazioni sulla loro salute fisica e mentale.

 

La legge, che verrà introdotta entro la fine dell’anno, viene pubblicizzata come un mezzo per proteggere i bambini australiani dai pericoli online, oltre a fornire supporto ai genitori e a chi se ne prende cura.

 

«La sicurezza e la salute mentale e fisica dei nostri giovani sono fondamentali», ha affermato il primo ministro australiano, aggiungendo che l’età minima per accedere alle piattaforme online sarà probabilmente compresa tra i 14 e i 16 anni.

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«Voglio vedere i ragazzi staccarsi dai loro dispositivi e andare sui campi da calcio, nelle piscine e nei campi da tennis», ha detto Albanese in una dichiarazione rilasciata dal suo ufficio. «Vogliamo che abbiano esperienze reali con persone reali perché sappiamo che i social media stanno causando danni sociali».

 

Secondo il primo ministro, la legislazione sarà sviluppata in collaborazione con gli stati e i territori e «sarà informata da una revisione intrapresa dal governo del Sud Australia come parte delle sue bozze di legge».

 

La scorsa settimana, il governo della regione del South Australia ha annunciato piani per vietare ai bambini di età inferiore ai 14 anni di usare i social media. Si prevede inoltre che il quadro normativo preveda che i bambini di età compresa tra 14 e 15 anni debbano avere il consenso dei genitori prima di registrarsi sulle piattaforme.

 

L’Australia, che è classificata tra le prime dieci nazioni al mondo in termini di tassi di adozione di Internet, potrebbe diventare uno dei primi paesi a imporre una restrizione di età sui social media. I precedenti tentativi, anche da parte dell’UE, sono falliti a seguito di lamentele sulla riduzione dei diritti online dei minori.

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A giugno, l’ente australiano per la sicurezza online, l’eSafety Commission, ha avvertito che «gli approcci basati sulle restrizioni potrebbero limitare l’accesso dei giovani al supporto essenziale» e spingerli a cercare «servizi non tradizionali meno regolamentati».

 

Come riportato da Renovatio 21, un anno fa l’autorità sanitaria americana aveva decretato che i social media rappresentano un «rischio profondo» per la salute mentale dei bambini.

 

Secondo quanto riportato, i social favorirebbero anche la comparsa di tic nei più piccoli.

 

Inchieste giornalistiche hanno inoltre scoperto caramelle alla cannabis «fatte per attrarre i bambini» vendute sui social.

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