Pensiero
La bandiera rossa dello spirito trionferà
Il 9 maggio sulla Piazza Rossa, la parata per la Vittoria della Russia nella Grande Guerra Patriottica (la nostra Seconda Guerra Mondiale), è stata anche quest’anno piena di bandiere rosse, di stelloni purpurei, di falci e martello.
Anzi, quest’anno più che mai. Le immagini hanno la potenza che riconosciamo ogni anno: un Paese unito, un esercito forte, una celebrazione vera. Da una decina d’anni si è aggiunto un rito ancora più profondo, quello del Bessmertnyj polk, il«reggimento immortale»: il popolo sfila portando con sé foto ingrandite dei propri famigli che hanno fatto la guerra. Era iniziata come una cosa spontanea a Tomsk, ora è in tutte le città del mondo, e a Mosca il corteo lo apre Putin con la foto di suo padre.
Un tempo la parata era percepita dall’Occidente con inquietudine ed orrore. Nel romanzo La Talpa di Le Carré, è descritto come l’Intelligence britannico analizzasse ogni singolo fotogramma dell’evento, per comprendere soprattutto le dinamiche oscure tra i vertici del Cremlino. Era un momento oscuro, critpico, pericoloso quanto lo era l’Unione Sovietica.
Oggi, per me, tutto è cambiato. Guardo alla parata come ad un grande spettacolo sincero, rispettoso, sommamente edificante. Assaporo la bellezza marziale dei soldati. Ammiro la tecnologia bellica n metallo verde che sfila tra rulli di tamburo. Godo nel vedere la bava alla bocca degli occidentali che non si capacitano del gesto di Shoigu – che tecnicamente dovrebbe essere buddista – che quando passa sotto l’icona della Vergine si toglie il cappello e si fa il segno della croce.
E poi, jet supersonici, prodotti completamente tra i confini nazionali, solcano il cielo.
Penso, soprattutto, che non abbiamo niente del genere, noi. Non solo in Italia. Mi salgono alla mente le immagini dei poveri veterani americani d’Iraq, a cui magari fanno una sfilata a Disneyland, dove fanno ciao in divisa a fianco di un tizio con in testa una gigantesca, inquietante maschera di Topolino.
E poi, rivedo tutte quelle bandiere rosse. La falce e il martello dappertutto. Per decenni erano state, per me anticomunista sin da ragazzino, simboli di pericolo, di disagio, di sottosviluppo, di mancanza di consapevolezza. Piano piano, questa percezione sta cambiando.
Perché la bandiera rossa, la falce e martello, l’URSS non rappresentano più il comunismo. Non rappresentano più il trionfo di un’idea materialistica che ciecamente cerca di sottomettere la Storia – rappresentano l’esatto contrario. Rappresentano una forza spirituale. Rappresentano non idee, ma anime – quelle di milioni di persone, morte e vive, che si sentono ancora unite, e che, come stiamo imparando, non intendono essere cancellate dal mondo moderno.
Ciò che rappresenta ora la Russia, con tutti i suoi simboli antichi o antichissimi, è perciò qualcosa che non ha confini geografici.
Ho iniziato a sentire che non avevo più la ripulsa nei confronti della bandiera rossa vedendo i video dei carri russi, dove è esposta assieme alla bandiera della Russia degli Zar.
La comprensione di ciò che stava succedendo era immediata: nell’anima russa, la storia sanguinaria del dissidio tra i due concetti di Stato, la monarchia imperiale e l’impero sovietico, era stata riassorbita in nome di qualcosa di più grande: la continuità. La continuità di qualcosa di più grande della catastrofe nel Novecento, qualcosa di più grande perfino della Storia.
Cosa può essere più grande della Storia? Rispondiamo: lo spirito.
Lo spirito della Russia si manifesta terrorizzando il mondo moderno. Lo spirito è ciò che permette alla Russia di procedere nonostante il progetto infame di renderla il paria delle nazioni, le sanzioni, i boicottaggi, le umiliazioni, il ladrocinio di miliardi della Banca Centrale russa programmato da Draghi, Yellen e Von der Leyen.
Lo spirito è ciò che permette di discernere il Bene dal Male: e quindi chiamare i tatuati runici con il loro nome, cioè nazisti.
Lo spirito è ciò che permette di prendere decisioni così enormi come quella dell’Operazione Z.
La storia procede dallo spirito, e non viceversa.
Così come la forza discende dalla mente: se volete vedere il contrario, guardate ai nazisti che comandano l’Ucraina, spegnendo ogni negoziato, grazie alle armi che stiamo loro regalando.
Così come l’economia procede dalla politica, i mercanti sono sottomessi al potere del Re: e se volete vedere il contrario, guardate all’oligarcato ucraina che mette al vertice dello Stato un pupazzo, mentre nella Russia di Putin si spera che si sia capito cosa è stato della boria oligarchica.
Lo spirito, non le seimila testate atomiche, sono ciò che in questo momento rende la Russia una superpotenza. La possibilità di mandare dei ragazzi – purtroppo – a morire senza raccontare loro, come è successo a migliaia di giovani americani morti tra deserti e colline brulle, colossali menzogne dettate da interessi economici e politici immorali e sanguinari.
Lo spirito, non gli stipendi e l’odio esoterico, sono ciò che tiene unito un gruppo umano. Al di là dello Stato, la comunità delle anime. Al di là del voto, la preghiera.
Ciò mi è diventato lucidamente visibile nel caso della babushka con, appunto, la bandiera rossa. Avete presente: la vecchina che esce a salutare i soldati pensando che fossero russi, ma invece erano ucraini, e quindi rifiuta il cibo che le offrono quando li vede calpestare la bandiera rossa.
«Quella che sta calpestando è la bandiera per cui i miei genitori sono morti»…
La babushka Z ora in Russia ha già monumenti e opere d’arte che la ritraggono. La profondità della sua storia, raccontata in un video di neanche un minuto, è stata istantaneamente compresa da milioni di persone.
Renovatio 21 ne ha scritto, e ha pure sottotitolato il video che gli ucraini, in un gesto che mostra la totale mancanza di spirito, avevano mandato in rete.
Non ho realizzato subito che cosa davvero mi colpiva di questa scena. Riguardandola, ho capito.
È quello che, brandendo il bandiera rossa, la nonnina – tecnicamente ucraina – aveva detto subito andando incontro ai soldati che pensava russi.
«Abbiamo pregato per voi, per Putin e per tutto il nostro popolo».
Preghiere. Parlava di qualcosa che non è ideologia, non è materialismo, non è nazionalismo. Parlava dello spirito.
Pensateci: quello che sembra dire la nonnina, è che per anni, conservando lì a fianco la bandiera rossa, lei e i suoi famigli, come in una catacomba ucraina, hanno pregato.
Non solo hanno pregato: lo dicono pure, finalmente, a quelli che credono i loro liberatori. Chi è dall’altra parte, non può capire: e di fatto sghignazza, bullizza, umilia, oltraggia simboli e persone – lontano dalla via dello spirito e dalla sua forza infinita, che può vivere e moltiplicarsi dentro i rosari di una vecchina.
Questa è, in ultima analisi, la radice del conflitto in corso.
Da una parte, il mondo delle banche e della sorveglianza totale, dell’uomo-macchina e della pornografia alfanumerica, dei servi neonazisti del Grande Reset.
Dall’altra, l’umanità che rifiuta di cedere, rifiuta di smettere di pregare, rifiuta di separarsi dallo spirito.
Perché lontani dal cammino dello spirito, stiamo vedendo cosa può succedere agli esseri umani. Menzogne. Torture e assassinii di inermi. Tradimenti. Madri che vengono canzonate per la morte del figlio. Crudeltà. Paganesimo. Cannibalismo.
Ecco la fine del Logos, ecco l’uomo divenuto bestia e pupazzo, pasto per i demoni e oggetto di sacrificio al Niente.
Lontano dallo spirito, c’è il collasso della Civiltà.
Ecco perché la bandiera rossa oggi dice un’altra cosa, e ci parla di un mondo che va protetto, e non resettato; amato, e non distrutto. Un mondo per cui pregare Dio senza mai pensare di sostituirsi a Lui. Un mondo che non dobbiamo stancarci di chiedere a Dio di salvare.
Le nonnine che ancora pregano sono forse la più grande vittoria che deve celebrare la Russia.
Ecco perché la bandiera rossa dello spirito, alla fine, trionferà.
Roberto Dal Bosco
Pensiero
Israele e la guerra atomica dell’Armageddon per istituire il governo mondiale
William Cooper (1943-2001) è stato per decenni uno dei punti di riferimento di chi volveva vedere negli eventi del mondo qualcosa di più di quanto detto da giornali e libri dell’establishment – in pratica, quello che chiamavano e continuano a chiamare, con disprezzo, un teorico del complotto.
Cooper, che aveva trascorsi militari, è conosciuto soprattutto per un libro autopubblicato nel 1991, Behold a Pale Horse (dal Libro dell’Apocalisse, 6, 2: «E vidi apparire un cavallo bianco»), che descrive lo stato delle cose in modo radicalmente diverso – coinvolgendo, tra i tanti filoni discussi, anche gli UFO – e che fu bollato come «il manifesto del movimento delle milizie», ossia delle organizzazioni paramilitari americane, che negli USA sono legali e perfino auspicate dallo stesso Secondo Emendamento della Costituzione.
Cooper rappresenta l’arcaico nume tutelare (perché gli anni Ottanta e Novanta, per chi si occupa di queste cose, sono vera preistoria) dell’apocalittica del Nuovo Ordine Mondiale.
Negli ultimi mesi ha preso a circolare un segmento di circa 30 secondi in cui, probabilmente a inizio anni Novanta – cioè, tre decadi fa – parla della guerra in Israele.
Israele e la guerra atomica dell’Armageddon per istituire il governo mondiale: parla lo scrittore e conduttore radiofonico William Cooper, circa 1992 pic.twitter.com/y0AWbAjkVh
— Renovatio 21 (@21_renovatio) May 17, 2024
«Quale ruolo gioca Israele in Medio Oriente in tutto questo?» chiede un anonimo intervistatore al Cooper.
La replica è immediata e semplice:
«Israele è stato creato come lo strumento per portare avanti la battaglia dell’Armageddon e il compimento della profezia, una guerra così terribile, dove saranno usate bombe nucleari, così che i cittadini americani e gli altri popoli del mondo, si metteranno in ginocchio e imploreranno perché non ci siano più guerre».
«E qual è la risposta a questo? Gli sarà detto che l’unico modo di garantire niente più guerre è se distruggiamo la sovranità delle nazioni e ci uniamo come una sola umanità in un unico governo mondiale».
In un momento in cui ministri israeliani e persino politici americani parlano apertamente di nuclearizzare Gaza, e voci israeliane sussurrano dell’atomo anche guardando all’Iran, vale la pena di meditare queste parole.
Perché ricordiamo che il Cooper, il 28 giugno 2001, disse agli ascoltatori della sua trasmissione Hour of the Time che Osama bin Laden – all’epoca uno sconosciuto per la popolazione mondiale – stava per essere accusato di «un grave attacco» contro una grande città. In pratica, aveva preconizzato l’11 settembre, e quello che ne sarebbe seguito.
Il giorno dopo che ciò accadde, con il crollo delle Torri Gemelle, Cooper aveva avvertito che il prezzo della sua intuizione sarebbe stato la sua stessa vita. «Verranno qui nel cuore della notte e mi spareranno a morte, proprio davanti alla mia porta», aveva dichiarato.
Il 5 novembre 2001 anche questo si avverò. Il 5 novembre 2001, agenti dello sceriffo della contea di Apache tentarono di arrestare Cooper nella sua casa di Eagar, in Arizona, con l’accusa di aggressione aggravata con un’arma mortale e pericolo derivante da controversie con i residenti locali. Dopo uno scambio di colpi di arma da fuoco durante il quale Cooper sparò alla testa a uno dei vicesceriffi, Cooper fu colpito a morte.
Di lui ci resta qualche libro, qualche registrazione audio del suo programma radio, e questi video sgranati e impresentabili. Che, però, chissà quanta verità indicibile contengono.
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Pensiero
Sterminio e «matrice satanica del piano globalista»: Mons. Viganò invita a «guardare oltre» la farsa psicopandemica
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Pensiero
Verso il liberalismo omotransumanista. Tucker Carlson intervista Dugin
Il giornalista americano Tucker Carlson ha pubblicato una potente intervista con il filosofo russo Aleksandr Dugin. La conversazione è stata pubblicata lunedì sul sito Tucker Carlson Network e sul suo canale YouTube.
L’incontro è avvenuto durante in viaggio di Carlson a Mosca – città nella quale Dugin gli dà il benvenuto – per la notoria intervista che il californiano ha ottenuto con il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.
Come riportato da Renovatio 21, Dugin in un editoriale aveva sottolineato l’intervista di Carlson a Putin come un evento epocale in grado di riunire due anime della società russa, sia quella tradizionalista che quella filo-occidentale. Durante il suo soggiorno a Mosca – dove secondo alcuni sarebbe pure scampato ad un attentato, cosa di cui non vuole parlare – Tucker ha voluto incontrare Dugin, perché, racconta, curioso delle sue idee.
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Nella sua introduzione, il giornalista statunitense – dopo aver detto di credere ai servizi segreti americani quando dicono che la figlia di Dugin, Darja Dugina, è stata uccisa dagli ucraini – racconta di essere interessato a sentire qualcuno i cui libri sono stati proibiti dall’amministrazione Biden: quando lavorava ancora a Fox, Carlson fece un servizio sull’improvvisa sparizione dei libri di Dugin da Amazon, fenomeno notato da Renovatio 21 due mesi prima.
Parlando con il filosofo, ha quindi deciso di filmare i discorsi. Secondo Alex Jones, Carlson avrebbe filmato molto materiale, di cui è uscito questo segmento editato.
La conversazione pubblicata, della durata di 20 minuti, è stata particolarmente ricca di spunti di pensiero.
Ep. 99 Aleksandr Dugin is the most famous political philosopher in Russia. His ideas are considered so dangerous, the Ukrainian government murdered his daughter and Amazon won’t sell his books. We talked to him in Moscow. pic.twitter.com/4LrO0Ufg9P
— Tucker Carlson (@TuckerCarlson) April 29, 2024
Carlson chiede a Dugin cosa sta succedendo nei paesi di lingua inglese: «gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna, la Nuova Zelanda, l’Australia hanno deciso all’improvviso di rivoltarsi contro se stessi con questo grande tumulto. E alcuni comportamenti sembrano molto autodistruttivi. Da dove pensa, come osservatore, che provenga questo?»
«Credo che tutto sia iniziato con l’individualismo» risponde Dugin. «L’individualismo era una comprensione sbagliata della natura umana, della natura dell’uomo. Quando si identifica l’individualismo con l’uomo, con la natura umana, si tagliano tutti i suoi rapporti con tutto il resto. Quindi si ha un’idea molto particolare del soggetto, del soggetto filosofico come individuo».
Qui Dugin offre una visione in linea con quella del tradizionalismo cattolico: «tutto è iniziato nel mondo anglosassone con la riforma protestante e prima ancora con il nominalismo: l’atteggiamento nominalista secondo cui non esistono idee, ma solo cose, solo cose individuali» spiega il filosofo.
«Quindi l’individuo, era la chiave ed è tuttora il concetto chiave che è stato posto al centro di un’ideologia liberale e del liberalismo poiché, nella mia lettura, è una sorta di processo storico e culturale, politico e filosofico di liberazione, dell’individuo, di qualsiasi tipo di identità collettiva, collettiva o che trascenda quella individuale».
«Tutto è iniziato con il rifiuto della Chiesa cattolica come identità collettiva, dell’impero, dell’impero occidentale come identità collettiva. Successivamente si è trattato di una rivolta contro uno Stato nazionalista come identità collettiva a favore di una società puramente civile. Dopo quella guerra, nel XX secolo ci fu la grande battaglia tra liberalismo, comunismo e fascismo. E il liberalismo ha vinto ancora una volta. E dopo la caduta dell’Unione Sovietica è rimasto solo il liberalismo».
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«Francis Fukuyama ha giustamente sottolineato che non esistono più ideologie all’infuori del liberalismo… il liberalismo, cioè la liberazione degli individui da ogni tipo di identità collettiva» spiega Dugin, citando il politologo noto negli anni Novanta per la nozione di «fine della Storia» a seguito del crollo del blocco sovietico.
«Erano rimaste solo due identità collettive da cui liberarsi: l’identità di genere perché è identità collettiva. Sei un uomo o una donna collettivamente (…) Quindi una liberazione dal genere. E questo ha portato ai transgender, alla comunità LGBT e a una nuova forma di individualismo sessuale. Quindi il sesso è qualcosa di facoltativo».
«Questa non era solo una deviazione del liberalismo. Erano elementi necessari per l’attuazione e il vincitore di questa ideologia liberale. E l’ultimo passo non ancora compiuto è la liberazione dall’identità umana. L’umanità è facoltativa. E ora stiamo scegliendo te in Occidente. Stai scegliendo il sesso che vuoi, come vuoi».
«L’ultimo passo in questo processo di liberalismo, nell’attuazione del liberalismo, significherà proprio l’umano come opzionale. Quindi puoi scegliere la tua identità individuale per essere umano, e per essere non umano. Questo ha un nome. Transumanesimo. Postumanesimo. Singolarità. Intelligenza artificiale».
«Klaus Schwab, Harari, dichiarano apertamente che il futuro dell’umanità è inevitabile. Arriviamo così alla storica stazione terminale: cinque secoli fa, siamo saliti su questo treno ed ora stiamo finalmente arrivando all’ultima stazione. Quindi questa è la mia lettura».
«Tutti gli elementi, tutte le fasi di questo, tagliano la tradizione con il passato. Quindi non sei più protestante. Sei un materialista ateo laico. Non hai più lo Stato nazionale che servì ai liberali per liberarsi dall’impero. Ora lo Stato nazionale diventa a sua volta un ostacolo. Ti stai liberando dallo Stato nazionale. Infine, la famiglia viene distrutta a favore di questo individualismo».
«E poi l’ultima cosa, il sesso, che è già quasi superato. Sesso facoltativo. E nella politica di genere c’è solo un passo per arrivare agli estremi di questo processo di liberazione, di liberalismo, cioè l’abbandono dell’identità umana come qualcosa di prescritto. Quindi essere liberi dall’essere umani, avere la possibilità di scegliere tra essere e non essere umani».
«Questa è l’agenda politica, l’agenda ideologica di domani. Ecco perché, come vedo il mondo anglosassone che mi ha chiesto» dice Dugin a Carlson. «Penso che sia solo avanguardia, perché è iniziato con gli anglosassoni, l’empirismo, il nominalismo, il protestantesimo. E ora siete in vantaggio con gli anglosassoni che sono più prosciugati dal liberalismo rispetto agli altri europei».
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Carlson procede con una domanda di approfondimento: «quindi le opzioni – per come le concepivo crescendo – erano l’individuo che può seguire la propria coscienza, dire quello che pensa, difendersi dallo Stato contro lo statalismo, il totalitarismo incarnato nel governo contro cui si lottava: il governo sovietico. E penso che la maggior parte degli americani la pensi in questo modo. Qual è la differenza?»
«Penso che il problema risieda in due definizioni di liberalismo» puntualizza Dugin. «C’è il vecchio liberalismo, il liberalismo classico. E nuovo liberalismo. Quindi il liberalismo classico era a favore della democrazia. Democrazia intesa come potere della maggioranza, del consenso, della libertà individuale. Ciò dovrebbe essere combinato in qualche modo con la libertà dell’altro».
«Ora siamo già completamente nella prossima stazione, nella fase successiva: il nuovo liberalismo. Ora non si tratta del governo della maggioranza, ma del governo delle minoranze. Non si tratta di libertà individuale, ma di wokismo. Quindi puoi essere così individualista da criticare non solo lo Stato, ma anche l’individuo, la vecchia concezione dell’individuo. Quindi ora hai bisogno di essere invitato a liberarti dall’individualità per andare oltre in quella direzione».
Dugin ricorda di averne parlato con Fukuyama in TV, «Come ha già detto in precedenza, la democrazia significa il governo della maggioranza. E ora si tratta del dominio delle minoranze contro la maggioranza, perché la maggioranza potrebbe scegliere Hitler o Putin. Quindi dobbiamo stare molto attenti con la maggioranza, e la maggioranza dovrebbe essere tenuta sotto controllo e le minoranze dovrebbero governare sulla maggioranza. Non è democrazia, è già totalitarismo».
«Ora non si tratta della difesa della libertà individuale, ma della prescrizione di essere woke, di essere moderni, di essere progressisti. Non è un tuo diritto essere o non essere progressista. È tuo dovere essere progressisti e seguire questo programma. Quindi sei libero di essere un liberale di sinistra. Non sei più abbastanza libero per essere un liberale di destra. Devi essere un liberale di sinistra. E questo è una sorta di dovere. È una prescrizione. Il liberalismo ha lottato nel corso della sua storia contro ogni tipo di prescrizione. E ora è diventato a sua volta totalitario, prescrittivo e non più libero com’era».
«E le crede che questo processo sia stato inevitabile? Sarebbe comunque successo?» domanda il Tucker.
«Percepisco qui una sorta di logica. Quindi un tipo di logica che non è solo un ritorno o una deviazione. Inizi con uno scopo: vuoi liberare l’individuo. Quando arrivi al punto in cui è possibile, viene realizzato. Quindi è necessario andare oltre. Da questo momento inizia la liberazione dalla vecchia comprensione dell’individuo in favore di concetti più progressisti. Non ci si poteva fermare qui. Questa è la mia visione».
«Quindi se dici “Oh, preferisco il vecchio liberalismo”, direbbero, i progressisti, direbbero, non si tratta del vecchio liberalismo, ma di fascismo: divieni il difensore del tradizionalismo, del conservatorismo, del fascismo. Quindi fermati qui. O divieni progressista liberale o sei finito, o ti cancelleremo. Questo è ciò che osserviamo».
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«E vedere i sedicenti liberali bandire il suo libro, che non è un manuale per fabbricare bombe o invadere l’Ucraina» dice Carlson. «Sai, queste sono opere filosofiche. Ti dice che non è, ovviamente, non è liberale in alcun senso. Mi chiedo però, quando si arriva al punto in cui l’individuo non riesce più a liberarsi da nulla, quando non è nemmeno più umano. Qual è il prossimo passo?»
«Ciò è descritto nei film, nei film americani, nei film, in molti modi. Quindi penso che, sai, tutta la fantascienza, quasi tutta quella del XIX secolo, è stata realizzata nella realtà negli anni Venti. Quindi non c’è niente di più realistico della fantascienza. E se consideriamo Matrix o Terminator, abbiamo tantissime versioni del futuro più o meno coincidenti, il futuro con la situazione post-umana o umana opzionale o con l’Intelligenza Artificiale», replica Dugin.
«Hollywood ha realizzato molti, molti, molti film. Penso che rappresentino correttamente la realtà del prossimo futuro. Ad esempio, se consideriamo l’uomo, la natura umana, come una specie di animale razionale, allora con la nostra tecnologia si può produrli, così da poter creare animali razionali o combinarli o costruirli con l’Intelligenza Artificiale».
«È una specie di re del mondo. Direi che non solo può manipolare, ma creare realtà perché le realtà sono solo immagini, solo sensazioni, solo sentimenti. Quindi penso che il futurismo post-umanista sia non solo una sorta di descrizione realistica di un futuro molto possibile e probabile, ma anche una sorta di manifesto politico. Questo è un pio desiderio».
«Il fatto che i film non descrivono un brillante futuro tradizionale. Non conosco nessun film sul futuro e sull’Occidente che dipinga un ritorno alla vita tradizionale, alla prosperità, alle famiglie con molti figli… e tutto è abbastanza nell’ombra, abbastanza oscuro. Quindi, se sei abituato a dipingere tutto di nero soprattutto nel futuro, quindi questo futuro nero una volta arriva e penso che sia il fatto che non abbiamo altra scelta. O Matrix o Intelligenza Artificiale o qualcosa del genere o Terminator. Quindi la scelta è già fuori dai limiti dell’umanità. E questa non è solo fantasia, credo. Questo è una sorta di progetto politico. Ed è facile immaginarlo, poiché abbiamo visto i film, seguono più o meno da vicino questa agenda progressista, direi».
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Carlson procede con un’ultima domanda, chiedendo del fenomeno per cui «per oltre 70 anni un gruppo di persone in Occidente e negli Stati Uniti, liberali, hanno difeso efficacemente il sistema sovietico e lo stalinismo, e molti vi hanno partecipato personalmente spiando per Stalin, lo ha sostenuto nei nostri media» dice il giornalista. «Amavano Boris Eltsin perché era ubriaco. Ma nel 2000, la leadership di questo Paese è cambiata e la Russia è diventata il loro principale nemico. Quindi, dopo 80 anni e passa di difesa della Russia, si sono messi ad odiare la Russia. Che cosa è tutto questo? Perché il cambiamento?»
«Penso che, prima di tutto, Putin sia un leader tradizionale. Quando Putin salì al potere, fin dall’inizio, ha cominciato a sottrarre il nostro Paese, la Russia, all’influenza globale. Così ha iniziato a contraddire l’agenda progressista globale. E queste persone che sostenevano l’Unione Sovietica erano progressisti, che hanno avuto la sensazione di avere a che fare con qualcuno che non condivide l’agenda progressista e che ha tentato con successo di restaurare i valori tradizionali, la sovranità dello Stato, il cristianesimo, la famiglia tradizionale».
«Questo non era evidente fin dall’inizio, da fuori. Ma quando Putin ha insistito sempre di più su questa agenda tradizionale, direi, sulla particolarità e spiritualità della civiltà russa come un tipo speciale di regione del mondo che aveva e ha ora, pochissime somiglianze con i progressisti, gli ideali progressisti. Quindi penso che abbiano scoperto, abbiano identificato cosa esattamente è Putin. È una sorta di leader, un leader politico che difende i valori tradizionali».
Solo di recente, un anno fa, Putin ha emanato un decreto di difesa politica dei valori tradizionali. É stato un punto di svolta, direi. Ma gli osservatori del campo progressista in Occidente, penso che lo abbiano capito correttamente fin dall’inizio del suo governo. Quindi, questo odio non è solo casuale, qualcosa di casuale o uno stato d’animo. Non lo è… È metafisico».
«Quindi, se il tuo compito principale e il tuo obiettivo principale è distruggere i valori tradizionali, la famiglia tradizionale, gli stati tradizionali, le relazioni tradizionali, le credenze tradizionali e qualcuno con l’arma nucleare – questo non è l’argomento più piccolo, ma nemmeno il meno importante – può resistere e difendere i valori tradizionali che stai per abolire… Ecco, penso che ci sia qualche fondamento per questa russofobia e per l’odio per Putin. Quindi non è solo un caso. Non si tratta di un cambiamento irrazionale dal filosovietismo alla russofobia. È qualcosa di più profondo direi. Questa è la mia ipotesi».
Tanto, tanto materiale su cui riflettere.
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Immagine screenshot da Tucker Carlson Network
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