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Geopolitica

Si stanno per liberare di Joe Biden?

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L’ipotesi che scriviamo qui ci dovrebbe far tremare i polsi.

 

Joe Biden potrebbe uscire di scena. Forse perfino in modo violento.  Sarebbe ovviamente l’innesco della guerra termonucleare.

 

La voce circola in certi siti americani. Biden è in arrivo in Europa. Passerà da Bruxelles, sede UE e soprattutto sede NATO.

 

Con una mossa non comprensibilissima, sabato scorso il principale consigliere diplomatico del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelens’kyj ha chiesto a Biden di prolungare la visita passando Kiev: «non si dovrebbe aver paura, se si è coraggiosi» ha detto in una frase che sembra di scherno, provocazione o sfida. (forse è solo un certo tipo di alterazione, diciamo, come capita di pensare quando si vede il bipolarismo totale di Zelens’kyj che parla di accordi di pace e minaccia la Terza Guerra Mondiale nella stessa frase).

 

Il bizzarro invito nella zona di guerra arriva, per coincidenza, quando l’esercito russo fa sapere di aver ricevuto informazioni riguardo ai progetti di estremisti nazionalisti ucraini di portare un attacco false flag le installazioni militari statunitensi e occidentali a Leopoli. Lo ha riportato RT, il canale ora bannato in Occidente.

«L’ufficiale ha parlato… di atti terroristici  a Leopoli contro dipendenti e strutture delle missioni diplomatiche mantenute dagli Stati Uniti e da altre nazioni occidentali»

 

«L’ufficiale ha parlato… di atti terroristici  a Leopoli contro dipendenti e strutture delle missioni diplomatiche mantenute dagli Stati Uniti e da altre nazioni occidentali», ha affermato il portavoce del ministero della Difesa russo, il maggiore generale Igor Konashenkov.

 

Come noto, a Leopoli, culla del nazionalismo ucraino (e città appartenuta nei secoli ad austriaci e polacchi, prima che ai sovietici) si sono trasferite le ambasciate occidentali, fuggite dalla Kiev assediata dai tanki russi e martoriata da bande armate cui sono filtrate le armi distribuite indiscriminatamente dal regime Zelens’kyj

 

«Vorrei sottolineare che il regime di Kiev è pienamente consapevole dei piani nutriti dai nazionalisti, ma non sta facendo nulla per impedirli», ha aggiunto Konashenkov.

 

Un attentato contro Biden, di cui sarebbe immediatamente accusata la Russia, agirebbe da detonatore del conflitto finale contro Putin.

 

Lo scontro finale contro le ultime resistenze al Nuovo Ordine dei Secoli, un’ambizione che val bene una guerra mondiale combattute con armi atomiche.

Un attentato contro Biden, di cui sarebbe immediatamente accusata la Russia, agirebbe da detonatore del conflitto finale contro Putin

 

Pensate alla Grande Guerra: lo studente serbo Gavrilo Prinzip (con probabilità controllato da servizi stranieri) uccise un arciduca asburgico, Francesco Ferdinando. Qui ucciderebbero un presidente di una superpotenza. Non è nemmeno immaginabile il livello di ritorsione possibile.

 

Gli americani, come noto, hanno una lunga storia di presidenti assassinati, da Lincoln a Kennedy passando per i dimenticati James Garfield e William McKinley – molti di più, in effetti sono i tentati presidenticidi: Teodoro Roosvelt, Ronald Reagan, Andrew Jackson, William H. Taft, Franklin Delano Roosevelt, Harry Truman…

 

Vedere un presidente assassinato è così comune nella storia americana che hanno posto leggi draconiane che proibiscono perfino di scherzarci sopra: sul serio, nella terra della libertà d’espressione assoluta, i comici non possono fare battute sugli attentati contro l’inquilino della Casa Bianca.

 

Di solito, il presidenticidio viene perpetrato da mani americane.

 

Nonostante l’ovvia pista moscovita, nessuno oggi crede che John Kennedy sia stato ucciso da Mosca.  E nemmeno la famiglia ha mai preso sul serio l’idea, neanche a cadavere caldo: anzi, tramite un amico pittore che agì da messaggero, Jaqueline Kennedy e Robert Kennedy fecero arrivare a Kruscev una lettera in cui dicevano di sapere che dietro il tragico omicidio c’erano realtà americane. Dopo che morì anche Bob Kennedy – un presidenticidio-aborto, visto che aveva ottime possibilità di essere eletto alla Casa Bianca – il disegno per alcuni divenne ancora più chiaro. Suo figlio, Robert Kennedy jr., incolpa delle morti di suo padre e di suo zio la stessa CIA

 

Anche stavolta la volontà assassina, ancorché magari agita da mano materialmente straniera, potrebbe venire da dentro.

 

La prova potrebbe essere uno strano articolo del New York Times di questa settimana, che dichiarava qualcosa di incredibile: il famoso «laptop dall’inferno», il personal computer del figlio di Biden Hunter, è vero. Esiste. I suoi contenuti, ci fa sapere il più grande quotidiano del pianeta, sono veri.

 

Fermi un attimo: ci avevano spiegato, all’altezza delle elezioni presidenziali 2020, che era una balla, una bufala oscena inventata da Donald Trump con il suo amico Rudy Giuliani: Biden lo ripetè anche in uno dei confronti diretti con Trump. Si trattava di Russian Disinformation. Twitter censurò l’articolo del New York Post (la testata più antica degli USA, fondata da Alexander Hamilton), poi rimosse per giorni l’account stesso del giornale.

 

Si attaccarono una cinquantina di firme del mondo dell’Intelligence, tra cui Brennan e Panetta, due ex direttori della CIA… Era disinformazione russa. Il computer infernale di Hunter non esisteva. Le foto che lo ritraevano mentre si drogava, praticava perversioni indicibili, mentre andava con prostitute (o peggio) per le spie e per i padroni del discorso, dei falsi. Così come le incredibili mail che facevano pensare ad un immenso giro di danaro internazionale che passava dall’Ucraina, dalla Russia e soprattutto dalla Cina verso Hunter, che poi, dividendo la torta, faceva sapere che doveva assicurare una certa percentuale al Big Guy, che possibilmente potrebbe essere suo padre, il vicepresidente.

 

Si tratta di accuse di gravità inaudita.

 

Ci dissero che era tutto falso. Secondo alcuni, la censura di questa storia a poche settimane dal voto fu una vera turbativa del processo elettorale.

 

Ora, incredibile, ci dicono che è tutto vero.

 

I commentatori di destra fanno festa. Finalmente, almeno un argomento per cui possono perdere il bollino (peraltro inventato dalla CIA per allontanare i sospetti sul caso Kennedy…) di complottisti…

 

Noi no, non festeggiamo. Anzi, siamo terrorizzati da questa cosa.

 

Perché se una cosa del genere esce del tutto, e acquista momentum, per Biden è finita. Il presidente senile andrebbe verso un impeachment sicuro.

In pratica, hanno di colpo abbandonato Joe Biden. Avevano coperto con le menzogne più inguardabili la storia del porno pc che dimostrava la corruzione morale, sessuale ed economica del clan. Ora mollano il colpo.

 

In pratica, hanno di colpo abbandonato Joe Biden. Avevano coperto con le menzogne più inguardabili la storia del porno pc che dimostrava la corruzione morale, sessuale ed economica del clan. Ora mollano il colpo.

 

Qualcuno dice: lo fanno perché in realtà si avvicinano le elezioni, e non solo quelle di midterm che decidono i deputati. Si avvicinano pure le presidenziali. I candidati vanno definiti ora: in molti non vogliono Biden, vorrebbero che facesse un passo indietro, per fare spazio – statene certi – all’ennesima candidatura di Hillary Clinton, l’uomo del sistema più radicato nel potere costituito, nel Deep State.

 

Abbiamo un pensiero diverso. Più negativo. Biden potrebbe essere fatto fuori, per scandali o per attentati non per una questione di politica interna, ma per l’obbiettivo plurisecolare del mondo angloide: la distruzione della Russia.

 

Il programma in atto già nel Grande Gioco dell’Ottocento tra Londra e lo Zar in lotta, tra spie ed eccidi, per il controllo del Centrasia. Il conflitto continuato da Washington con la Guerra Fredda, e ora con l’espansione della NATO a pochi chilometri da Mosca.

 

Potremmo essere nel finale di partita. La miccia è accesa. Forse Joe Biden, che è per alcuni in stato di demenza senile conclamata, non è l’uomo giusto per guidare la carica, forse non è nemmeno in grado di ordinarla, vuoi perché ricattato dai cinesi, vuoi perché incapace di accettare l’idea di portare il mondo verso l’Armageddon.

 

Gli hanno fatto vincere le elezioni, regalandogli una quantità di voti mai vista nella storia (e voi dovete crederci, bestie! Se ne dubitata vi togliano i social media!), di modo da togliere di mezzo il «pacifico» (sì) e filorusso Trump. Ora si innesta un’altra fase, quella della vera violenza. La de-dollarizzazione è alle porte, lo abbiamo scritto: gli USA potrebbero ritrovarsi ad essere un Paese del Terzo Mondo dotato di atomiche; il modo in cui reagirebbero una volta realizzatolo, è la cosa più preoccupante che ci sia.

 

È in grado Joe di andare fino in fondo a questo pensiero?

 

Abbiamo scritto anche: l’unica possibilità di salvarci dall’incubo dell’atomo, potrebbe essere lo scoppio di una seconda  guerra civile americana.  Gli USA farebbero quello che hanno fatto i russi nel 1917: ritirarsi dalla guerra in corso per guardare alla rivoluzione che abbrucia in casa.

 

Sarebbe in grado Joe di prevenire questa prospettiva?

 

È in grado Joe di avere l’attenzione e la cura necessarie in questo momento di delicatezza senza fine?

 

È in grado, Joe, di fare qualsiasi cosa?

 

Insomma, qualcuno potrebbe aver mollato il Joe, il vecchio pupazzo dell’era delle carte di credito con sede in Delaware.

L’anziano presidente divenuto vittima sacrificale per aprire le danze della devastazione globale: la prospettiva è questa, ed è spaventosa

 

L’anziano presidente divenuto vittima sacrificale per aprire le danze della devastazione globale: la prospettiva è questa, ed è spaventosa.

 

Perché il Signore del Mondo vuole distruggere la Russia, ma anche gli USA, l’Europa, tutto quanto.

 

Vuole un diluvio di fiamme atomiche, e la creazione di aree di barbarie dove sui sopravvissuti comandi la Necrocultura.

 

Sì, c’è da tremare. C’è da pregare.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

Geopolitica

Il genero ebreo di Trump dice che è «un peccato» che l’Europa non accolga più rifugiati palestinesi

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Jared Kushner dice che è «un peccato» che l’Europa non accolga più rifugiati palestinesi, suggerendo che la «ripulitura» dei palestinesi dalla Striscia di Gaza dovrebbe essere accelerata.

 

Il genero di Donald Trump ed ex consigliere senior per la politica estera ha rilasciato queste dichiarazioni durante una conversazione con il professor Tarek Masoud.

 

«Le proprietà immobiliari sul lungomare di Gaza potrebbero essere molto preziose… se le persone si concentrassero sulla creazione di mezzi di sussistenza», ha detto Kushner a Masoud, presidente della facoltà dell’Iniziativa per il Medio Oriente dell’Università di Harvard. Come noto, Kushner viene, come la moglie Ivanka Trump, da una famiglia di palazzinari di Nuova York.

 

«La situazione è un po’ sfortunata lì, ma dal punto di vista di Israele farei del mio meglio per spostare la gente fuori e poi ripulire il paese», ha aggiunto, usando un linguaggio che alcuni hanno suggerito non troppo lontano da quel tipo di «pulizia» chiamata «pulizia etnica».

 

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Il genero dell’ex presidente USA ha quindi suggerito che Israele dovrebbe «radere qualcosa nel Negev» per fare spazio ai palestinesi in modo che «possano entrare e finire il lavoro».

 

Il Kushner suggerisce che l’Europa, nonostante sia stata inondata per anni da migranti mediorientali con grandi spese sia per la sicurezza che per l’ordine civile, non sta facendo abbastanza.

 

«In Siria, quando c’erano i rifugiati, la Turchia li ha presi, l’Europa li ha presi, la Giordania li ha presi, per qualsiasi motivo qui a Gaza… è un peccato che nessuno si prenda i rifugiati», ha osservato.

 

Kushner concorda sul fatto che Israele probabilmente non permetterà agli abitanti di Gaza di tornare nella regione dopo essere stati allontanati, aggiungendo: «Non sono sicuro che sia rimasto molto di Gaza a questo punto».

 

Come scrive Modernity News , l’esperto del Medio Oriente Hisham Khreisat ha affermato che «l’obiettivo nascosto» dietro la costruzione di un porto marittimo da parte degli Stati Uniti a Gaza è facilitare la migrazione di massa dei palestinesi verso l’Europa.

 

«Questo porto tattico militare riceverà l’approvazione israeliana perché il primo ministro Benjamin Netanyahu ha cercato questa idea dall’inizio della guerra, puntando allo sfollamento volontario degli abitanti di Gaza e alla loro fuga in Europa», aveva detto Khreisat all’agenzia Anadolu.

 

Un documento trapelato dall’Intelligence israeliana ha rivelato un piano per «espellere» 2,2 milioni di rifugiati palestinesi e inviarli in Europa, Canada e Stati Uniti. Il documento, prodotto dal ministero dell’Intelligence israeliano, affermava che uno degli obiettivi della guerra con Gaza era quello di incoraggiare i Paesi occidentali a facilitare «l’assorbimento e l’insediamento» dei rifugiati di Gaza.

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Nel dicembre dello scorso anno, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu disse che stava cercando i paesi occidentali per «assorbire» un gran numero di rifugiati palestinesi creati dal bombardamento israeliano di Gaza. «Il nostro problema sono i Paesi che sono pronti ad assorbirli e ci stiamo lavorando», aveva detto Netanyahu.

 

Netanyahu e Kushner si conoscono personalmente. Il leader è di fatto in grande intimità con la famiglia Kushner. Jared è figlio Charles Kushner, ricco immobiliarista ebreo finito in galera per storie davvero sordide.

 

Oltre che grande sostenitore del Partito Democratico USA, anche uno dei primi donatori di Benjamin Netanyahu, il quale, si racconta, quando era a New York dormiva nella stanza di Jared.

 

Ottenuto un posto di potere come consigliere della Casa Bianca trumpiana, Jared si mosse subito ingraziandosi l’uomo forte saudita Mohammed bin Salman; il rapporto ha condotto a quella sorta di armistizio tra Israele e le monarchie del Golfo persico chiamato «accordi di Abramo». Tuttavia, è emerso come Mohammed bin Salman e il suo mentore e confidente omologo emiratino Mohammed bin Zayed al Nahyan fra loro scherzassero dicendo che se lo tengono nel taschino.

 

Giornali americani hanno dettagliato la ricerca di danari islamici da parte di Kushner durante la suo incarico alla Casa Bianca, insistendo anche presso il Qatar.

 

I Kushner avevano bisogno di investimenti per ripianare il grande disastro della famiglia, l’acquisto del colossale – e inquietante – palazzo Fifth Avenue 666: il numero civico 666 sulla celeberrima Quinta Strada di Nuova York. Un affare immane andato malamente: l’edificio, una volta acquistato dai ricchi palazzinari ebrei del New Jersey, rimase a lungo mezzo vuoto.

 

I Kushner, ebrei ortodossi (con conversione al giudaismo anche di Ivanka), hanno poi pudicamente cambiato il nome del palazzo da Fifth Avenue 666 a Fifth Avenue 660.

 

La base dei sostenitori di Trump non ha mai amato Jared Kushner, ritenendolo – a causa del background di grandi sostenitori Democratici della famiglia – un potenziale traditore, o meglio, nel gergo politico MAGA, un «RINO», «repubblicano solo di nome».

 

Il disprezzo verso Kushner «globalista» è espresso bene nei cartoon, impareggiabilmente sintetici e didascalici, del vignettista americano Ben Garrison.

 

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Come riportato da Renovatio 21, due anni fa la nipote di Trump ha dichiarato che Kushner potrebbe aver svolto il ruolo di talpa per l’FBI nel caso del raid a Mar-a-Lago.

 

L’anno passato Trump ha rivelato di aver chiesto alla figlia Ivanka e al genero Kushner di non partecipare alla campagna 2024.

 

Secondo voci, lo screzio tra la moglie di Kushner, la figlia di Trump Ivanka, e l’ex first Lady Melania sarebbe oramai a livelli difficilmente sanabili.

 

Ivanka ha dovuto convertirsi all’ebraismo ortodosso per sposare Jared, da cui ha avuto tre figli.

 

Secondo il libro di Bob Woodward e Robert Costa Peril, il presidente Trump in un incontro alla Casa Bianca ha suggerito che il genero Kushner fosse «più fedele a Israele» che agli USA. La rivelazione mandò in subbuglio realtà come l’ADL che subito gridarono all’argomento antisemita in bocca al presidente.

 

Tali parole potrebbero non costituire necessariamente una critica nella mente dell’uomo del Queens, ma forse nemmeno un complimento.

 

Trump nell’aprile 2019 aveva detto a un pubblico di ebrei americani che Benjamin Netanyahu è «il vostro primo ministro». Nell’agosto 2019, aveva affermato che gli ebrei americani che votano per i democratici mostrano «una totale mancanza di conoscenza o una grande slealtà». Il 45° presidente USA era stato criticato anche nel settembre 2020 dopo aver definito Israele «il vostro Paese» in una teleconferenza con i leader ebrei americani.

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Geopolitica

L’UNICEF denuncia come Israele ignora il cessate il fuoco ONU e continua il massacro di Gaza

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In una conferenza stampa tenuta il 26 marzo a Rafah James Elders, portavoce del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), ha fornito un rapporto completo sulla devastazione a cui sta assistendo ora, dopo un’assenza di tre mesi. Lo riporta EIRN.   Elders ha riferito che i combattimenti notturni tra lunedì sera, 25 marzo e martedì 26 marzo avevano prodotto «un numero a due cifre di bambini uccisi», avvenuti «solo poche ore dopo l’approvazione della risoluzione» del Consiglio di Sicurezza.   Il funzionario UNICEF ha dichiarato che a Rafag ora si «discute infinitamente di un’operazione militare su larga scala». Questa è «una città di bambini. Ci sono 600.000 ragazze e ragazzi», ha detto, ma è «irriconoscibile a causa della congestione, delle tende agli angoli delle strade e dei terreni sabbiosi. La gente dorme per strada, negli edifici pubblici, in ogni altro spazio vuoto disponibile»   «A Rafah c’è circa un bagno ogni 850 persone. Per quanto riguarda le docce, il numero è quattro volte superiore: una doccia ogni 3.600 persone. Questo è un disprezzo infernale per i bisogni umani fondamentali e la dignità».

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«Un’offensiva militare a Rafah?» si è chiesto l’Elders. «Offensiva è la parola giusta. Rafah, sede di alcuni degli ultimi ospedali, rifugi, mercati e sistemi idrici rimasti a Gaza».   Il portavoce UNICEF ha anche visitato Khan Younis, a nord di Rafah, che secondo lui era irriconoscibile. «Esiste a malapena più. Nei miei 20 anni con le Nazioni Unite, non ho mai visto una tale devastazione. Solo caos e rovina, con macerie e detriti sparsi in ogni direzione. Annientamento totale».   L’ospedale Nasser, «un luogo così critico per i bambini feriti dalla guerra», non è più operativo. Infatti, solo un terzo degli ospedali di Gaza sono «parzialmente funzionanti». Cinque ospedali sono sotto assedio da parte delle forze israeliane.   Visitando la città di Jabalia, nel nord di Gaza, Elders ha riferito che tra l’1 e il 22 marzo, a un quarto delle 40 missioni di aiuto umanitario nel Nord di Gaza è stato negato l’ingresso nella Striscia. Ha assistito a centinaia di camion delle Nazioni Unite e di ONG internazionali, che trasportavano aiuti umanitari salvavita, rimasti indietro sul lato israeliano del confine, in attesa di entrare a Gaza.   Se il vecchio valico di Erez, a 10 minuti di distanza, fosse aperto, «potremmo risolvere questa crisi umanitaria nel nord nel giro di pochi giorni», ha detto Elders. Il portavoce dell’UNICEF ha concluso: «la privazione, la disperazione forzata, significa che la disperazione pervade la popolazione. E i nervi delle persone sono scossi da attacchi incessanti».   «L’indicibile viene regolarmente detto a Gaza. Dalle adolescenti che sperano di essere uccise; sentirsi dire che un bambino è l’ultimo sopravvissuto dell’intera famiglia. Tale orrore non è più unico qui (…) In tutto questo, tanti palestinesi coraggiosi, generosi e instancabili continuano a sostenersi a vicenda, e le agenzie sorelle delle Nazioni Unite e l’UNICEF continuano a farlo».   «Come abbiamo sentito ieri: il cessate il fuoco deve essere sostanziale, non simbolico. Gli ostaggi devono tornare a casa. Alla gente di Gaza deve essere permesso di vivere» ha dichiarato il funzionario onusiano.   «Nei tre mesi tra le mie visite, ogni numero orribile è aumentato drammaticamente. Gaza ha infranto i record dell’umanità nei suoi capitoli più oscuri. L’umanità deve ora scrivere urgentemente un capitolo diverso».

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Geopolitica

Putin: non ci sono «nazioni ostili» per la Russia, solo «élite ostili»

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La Russia non ha intenzione di cancellare la cultura di nessun paese, ha detto mercoledì il presidente Vladimir Vladimirovich Putin durante un viaggio di lavoro nella regione di Tver. Mosca capisce la differenza tra il popolo e le élite e rispetta la cultura di ogni nazione e considera la propria come parte del patrimonio mondiale, ha aggiunto l’uomo del Cremlino, secondo quanto riportato da RT.

 

Il presidente stava parlando con gli artisti regionali quando è stata sollevata la questione dei tentativi di «cancellare» la cultura russa da parte di alcuni paesi occidentali. Secondo Putin, Mosca non ha intenzione di rispondere allo stesso modo.

 

«Non abbiamo nazioni ostili, abbiamo élite ostili in quelle nazioni», ha detto il presidente, aggiungendo che il governo russo «non ha mai cercato di cancellare» alcun artista o spettacolo culturale straniero. «Al contrario, crediamo che la cultura russa faccia parte di quella globale e ne siamo orgogliosi».

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Le autorità russe cercano di tenere conto del contesto culturale globale e di «non escludere nulla», ha continuato. Coloro che cercano di abolire la cultura di una nazione abitata da circa 190 milioni di persone «non sono saggi», ha detto il presidente, riferendosi alle azioni occidentali durante il conflitto in Ucraina.

 

Le nazioni occidentali hanno ripetutamente cercato di vietare le esibizioni di artisti e musicisti russi, così come di quelli ritenuti sostenitori di Mosca. Più di recente, il cantante italiano Enzo Ghinazzi, meglio conosciuto come Pupo, si è visto annullare un’imminente esibizione in Lituania per un concerto tenuto al Cremlino a marzo.

 

Pupo era arrivato in Russia per «trasmettere il messaggio che la pace tornerà nel mondo», disse all’epoca all’agenzia russa TASS. Il cantante toscano si era anche pronunciato contro un «embargo sulla cultura di qualsiasi popolo», definendo tale posizione «sbagliata». La sede lituana destinata ad ospitare la sua esibizione ha successivamente annunciato che sarebbe stata cancellata, definendola una «buona notizia» per coloro che si opponevano alla campagna militare della Russia in Ucraina.

 

Pupo è popolarissimo in Russia come in altri Paesi del passato blocco sovietico, dove la canzone «Gelato al cioccolato spopola», ma non è chiaro quanto sia qui diffusa la teoria, smentita a più riprese dagli interessati, secondo cui il pezzo sarebbe stato scritto da Cristiano Malgioglio dopo un viaggio in Africa. Qualcuno può pensare, addirittura, che la canzone possa diventare incompatibile con le attuali leggi russe.

 

Tuttavia, mentre Pupo canta, il resto del mondo censura russofobicamente senza alcuna pietà.

 

All’inizio dello stesso mese, la Corea del Sud ha cancellato una serie di spettacoli di Svetlana Zakharova, una famosa ballerina del Teatro Bolshoi russo, dopo che l’Ucraina aveva espresso rabbia per gli eventi pianificati.

 

Molte istituzioni culturali occidentali hanno cercato di rimuovere completamente le opere legate alla Russia dalle loro gallerie e teatri sin da quando è scoppiato il conflitto tra Russia e Ucraina nel febbraio 2022.

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L’Orchestra Filarmonica di Cardiff in Galles ha eliminato la musica di Tchaikovskij da un concerto, la Royal Opera House britannica ha cancellato una tournée del Bolshoi Ballet e la Carnegie Hall e la Metropolitan Opera di New York hanno smesso di consentire alla maggior parte dei musicisti e delle organizzazioni russe di esibirsi.

 

Nel settembre 2022 in Australia un pittore australiano costretto a rimuovere il suo murale che mostra soldati russi e ucraini che si abbracciavano.

 

È successo, nell’estate di due anni fa, anche in Italia: è il caso del Teatro Comunale di Lonigo, dove doveva andare in scena Il lago dei cigni. Lo spettacolo, con protagonisti artisti ucraini, invece è saltato e sostituito con un balletto francese, su ordine diretto del governo di Kiev, che a quanto sembra decide anche quello che devono e non devono vedere gli spettatori italiani, anche se hanno già pagato il biglietto. «Oltre a Lonigo annullate anche tutte le altre date in Italia. In breve ai ballerini ucraini è stato ordinato dal loro Paese di non rappresentare più l’autore russo» ha scritto Vicenza Today.

 

La campagna ha raggiunto un livello tale da attirare critiche da parte di alcuni leader occidentali. Nell’aprile 2023, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo definì un «gesto sbagliato». Nell’agosto dello stesso anno, il cancelliere tedesco Olao Scholz si oppose a tali iniziative definendo la cultura russa parte della «nostra comune storia europea».

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

 

 

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