Connettiti con Renovato 21

Famiglia

Se la pubblicità contiene una vera famiglia il mondo impazzisce

Pubblicato

il

Mentre l’Italia – Paese che ha al governo divorziati e persone che vivono in stato di concubinato – impazzisce per lo spot dell’Esselunga che lascia pensare, sia mai, che il divorzio fa male ai bambini, i quali sognano naturalmente una famiglia unita, lo spot di una celeberrima catena di fast food in un Paese lontano ha fatto discutere molto gli utenti occidentali: esso rappresenta, con estrema semplicità, la cosiddetta famiglia nucleare.

 

In Giappone è comparsa una pubblicità di McDonald’s, che mostra semplicemente una madre e un padre che mangiano con la figlia.

 

Lo spot, pubblicizzato mercoledì sull’account Twitter di McDonald’s Japan, dipinge il quadro di genitori felici che mangiano una combinazione di crocchette di pollo del popolare fast food al tavolo della cucina, mentre la loro figlia è entusiasta di essere nutrita con una patatina fritta.

 

Nonostante la sua semplicità, il breve filmato è stato elogiato per il suo messaggio pro-natalista e per la rappresentazione positiva del nucleo familiare tradizionale, notevolmente assente dai media occidentali negli ultimi tempi.

 

«Questa è una pubblicità di McDonald’s dal Giappone. Il motivo per cui questa pubblicità è esplosa è perché ci è estranea, perché l’Occidente non è più in grado di produrre messaggi di base che parlino al nucleo dell’essere umano», ha riassunto un utente di Twitter.

 

 

Da notare la colonna sonora: si tratta di una versione da pianoforte di Akatombo («libellule rosse»), la stupenda, toccante ninna nanna che ogni bambino e ogni mamma giapponese conoscono a memoria.

Sostieni Renovatio 21

«McDonald’s Japan promuove l’idea di avere una famiglia come vantaggio, ma qui in Occidente questo è disapprovato», ha scritto un altro utente, aggiungendo: «Abbiamo bisogno di più cose come questa. Non i bambini piazzati in uno spettacolo di drag queen».

 

 

Altri utenti hanno anche preso atto della mancanza di temi di giustizia sociale e di propaganda razziale, narrazioni controverse spesso infilate giù per la gola pure ai consumatori di altri Paesi.

 

Oliver Jia, un ricercatore americano che vive in Giappone, ha colto l’occasione per evidenziare la netta contrapposizione tra McDonald’s in Giappone e in America, sottolineando che i ristoranti giapponesi hanno «cibo molto più fresco, personale più cordiale e i ristoranti generalmente puliti significa che vedi bambini studiare lì per ore». La cultura attorno a McDonald’s in Giappone, dice, è completamente diversa da quella degli Stati Uniti.

 

Di fatto, quando si vedono video con i lavandini con sanitizzazione dello smartphone incorporata si capisce la differenza con i nostri fast-food.

 

 

Un utente ha teorizzato che il messaggio pro-famiglia potrebbe avere qualcosa a che fare con il calo dei tassi di natalità del Giappone, che recentemente ha toccato un minimo storico.

 

Nel corso dell’anno il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha avvertito che il Paese sta precipitando in un precipizio demografico. Nei primi mesi del 2022 era emerso con forza che il calo delle nascite stava accelerando sempre più.

 

Come riportato da Renovatio 21, gli USA, per tramite del controverso ambasciatore Rahm Emanuel, sono intervenuti a gamba tesa in questioni legate alla famiglia giapponese, per esempio attaccando la principale sigla scintoista per il suo pensiero sull’ascesa degli LGBT nella società nipponica.

SOSTIENI RENOVATIO 21



 

Immagine screnshot da Twitter

 

 

 

 

 

 

 

Continua a leggere

Famiglia

Proposta una «licenza» per essere genitori. Che va tolta immediatamente a quelli «omofobi»

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Nel Libro V della Repubblica, Platone delinea una visione utopica per l’educazione dei figli. Verranno sottratti alle loro madri e allevati in comunità da «Guardiani» in modo che non conoscano mai i loro genitori.   È un’idea che non muore mai veramente, come illustrato da due recenti articoli provocatori.   Nel Journal of Ethics and Social Philosophy, Connor Kianpour, dell’Università del Colorado a Boulder, sostiene da una prospettiva libertaria che i genitori non hanno il diritto naturale di crescere i propri figli.   I genitori devono dimostrare la loro idoneità alla genitorialità ottenendo una licenza. Il suo articolo è intitolato: «I bambini non stanno bene: espandere il ruolo dello Stato nella genitorialità». L’ampia bibliografia dell’articolo dimostra che si tratta di un’idea che ha già molta presa, almeno nel mondo accademico.   Uno dei requisiti principali per ottenere questa licenza sarebbe dimostrare che mamma o papà non siano omofobi, razzisti o sessisti. «Le licenze parentali, a differenza del sostegno pubblico alla genitorialità e del monitoraggio parentale, possono isolare i bambini dall’essere cresciuti da coloro che sono discutibilmente intolleranti, come razzisti, sessisti e omofobi».   A suo avviso, infatti, i genitori biologici «fortemente omofobi» non sono idonei ad allevare figli.   «…è improbabile che forniscano assistenza affettiva ai bambini gay, e c’è una possibilità non banale che il figlio di un omofobo possa essere gay. Se gli omofobi sono sprezzanti nei confronti delle persone gay, non sono nella posizione di manifestare amore ai loro figli gay o di essere commossi dalle particolari minacce al benessere che i bambini gay devono affrontare. In effetti, molti bambini gay con genitori omofobi non completano la scuola superiore, finiscono senza casa, sviluppano problemi di abuso di sostanze e si tolgono la vita proprio perché i loro genitori omofobi sono caregiver affettivi inadeguati».   Sebbene ciò possa sembrare radicale, è un’idea che si sta diffondendo nelle burocrazie di protezione dell’infanzia. Alle coppie non è consentito adottare o affidare bambini a causa delle loro opinioni sulle questioni LGBTQI+.   Allo stesso modo, Ming-Jui Yeh, dell’Università Nazionale di Taiwan, sostiene sulla rivista Theoretical Medicine and Bioethics che i bambini indesiderati dovrebbero essere allevati in un «Istituto Nazionale di Allevamento».   Le sue argomentazioni sono in gran parte utilitaristiche. I bambini possono essere indesiderati dalle loro madri, ma in un’epoca di declino demografico la società ha bisogno di loro. Spiega la sua idea come segue:   «Propongo che i governi concedano alle donne incinte e alle madri una possibilità irreversibile e incondizionata, una tantum, di rinunciare a tutti i loro diritti e obblighi legali associati a ciascuno dei loro figli al di sotto di una specifica età a un Istituto Nazionale di allevamento che adotta i bambini e li alleva fino all’età in cui possono esercitare pienamente i loro diritti di cittadini adulti. Io chiamo questo insieme di accordi politici “Progetto Nuovi Repubblicani”».   In una frase che ricorda «A Modest Proposal» di Jonathan Swift, Yeh afferma che «il progetto è ragionevole, plausibile ed eticamente preferibile allo status quo».   «In ogni nucleo familiare si relazioneranno tra loro come fratelli. Non conosceranno le proprie origini biologiche. Le condizioni di vita nell’Istituto saranno organizzate in modo tale che ogni bambino possa identificare un particolare membro adulto del personale dell’Istituto come suo principale caregiver, funzionando come genitore pratico del bambino in modo che l’attaccamento emotivo stabile necessario per lo sviluppo e il benessere mentale del bambino sarà stabilito. Tuttavia i “genitori” legali dei bambini sono un’astrazione della Repubblica. Cresciuti dalla Repubblica, questi bambini saranno chiamati Nuovi Repubblicani».   Che dire degli effetti psicologici dell’essere allevato dalla controparte contemporanea dei Guardiani di Platone? Yeh riconosce che questo sistema è tutt’altro che ideale, ma un’istituzione fornirebbe un ambiente migliore di una casa disfunzionale.   L’Istituto diventerebbe anche un luogo di reclutamento per il servizio pubblico e militare. E il personale dell’Istituto dovrebbe eventualmente essere selezionato tra i bambini che vi sono cresciuti. «Questo accordo fornirebbe un senso di appartenenza e soddisferebbe i bisogni emotivi personali dei Nuovi Repubblicani».   Un futuro incerto per le società che invecchiano rapidamente come Taiwan è un altro motivo per questi orfanotrofi. Il maggior numero possibile di bambini indesiderati dovrebbe essere salvato in modo che «qualsiasi potenziale afflusso alla popolazione derivante dalla procreazione possa essere preservato al massimo». Se i bambini venissero salvati dall’aborto, il tasso di natalità potrebbe addirittura raddoppiare.   Teh osserva:   «Considerando il numero globale di aborti legali e illegali, il progetto porterebbe risultati fenomenali. Ad esempio, secondo la Health Promotion Administration (HPA) del Ministero della Salute e del Welfare, si stima che a Taiwan si verifichino dai 220 ai 240mila aborti all’anno. Se l’80% di questi feti abortiti potesse nascere e essere adottato dall’Istituto, ciò equivarrebbe all’incirca al numero dei parti, che nel 2020 è stato di 165 mila».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
   
Continua a leggere

Essere genitori

La Svizzera verso la proibizione delle sberle ai bambini (ucciderli con l’aborto, invece, si può)

Pubblicato

il

Da

Il Consiglio Federale Svizzero ha annunciato l’intenzione di introdurre il principio della «genitorialità non violenta» nel codice civile del Paese. Come riportato mercoledì dall’agenzia di stampa Swissinfo, il gabinetto dei ministri ha avviato un processo di consultazione pubblica che mira a vietare ogni forma di violenza, sia fisica che verbale, contro i bambini.

 

Attualmente la violenza genitoriale è vietata dal Codice Penale svizzero e tutti, compresi gli insegnanti, il personale degli asili nido e del doposcuola, sono obbligati a denunciare alle autorità qualsiasi caso di sospetta violenza contro i bambini.

 

La consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider vuole però andare oltre, inserendo nel codice civile il principio dell’educazione non violenta dei bambini.

 

La Baume Schneider ha indicato che il suo dipartimento sta già preparando gli emendamenti pertinenti, che mirano a garantire che i genitori allevino i propri figli «senza applicare punizioni fisiche o altre forme di violenza degradante».

 

Il concetto di «punizione fisica» così come delineato nella proposta di legge di Baume-Schneider comprende sia impatti fisici duri che leggeri: in una nota esplicativa allegata al disegno di legge, qualsiasi tipo di schiaffo o scossa è considerata punizione leggera mentre colpire con cose come cinture e bastoni, bruciare e calci sono considerati forme di violenza grave.

 

Sono forniti anche esempi di violenza psicologica come minacce, insulti, umiliazione, disprezzo e intimidazione, così come negligenza, ostracismo e isolamento.

 

Allo stesso tempo, Nicole Hitz, ricercatrice presso l’Ufficio federale di giustizia, ha dichiarato a Swissinfo che l’introduzione di tali disposizioni nel CodiceCivile elvetico «non ha nulla a che fare con il desiderio dello Stato di esercitare un controllo sull’istruzione o di punire le violazioni». I principi intendono invece fornire un “segnale” ai genitori e contribuire a garantire che i bambini non debbano subire violenze in casa.

 

Il Consiglio Federale propone inoltre di ampliare e rafforzare i servizi di consulenza già esistenti per genitori e figli e di renderli più facilmente accessibili alle famiglie svizzere.

 

La proposta è stata accolta favorevolmente da Protezione dell’Infanzia Svizzera, la cui responsabile, Regula Bernhard Hug, si è detta entusiasta della proposta, affermando che «crea chiarezza e ha un grande effetto di segnale», poiché molti genitori attualmente «non sono sicuri di cosa sia permesso e cosa sia non».

 

Il periodo per la discussione pubblica sulle modifiche al codice civile terminerà il 23 novembre 2023. Fino ad allora, tutte le persone, i partiti e le organizzazioni interessate avranno l’opportunità di esprimere le proprie preoccupazioni o altri commenti sulla legislazione.

 

«Sberle e sculacciate sono una realtà per quasi un bambino su due in Svizzera» scriveva a fine 2022 la testata statale elvetica RSI.

 

Raccontando del percorso per arrivare alla legge, RSI raccontava che «per convincere la maggioranza la ‘senatrice’ urana Heidi Zgraggen ha ricordato i risultati di uno studio dell’Università di Friburgo, che dice appunto che quasi un bambino su due in Svizzera subisce violenza fisica o psicologica in casa e che ogni anno più di 1500 bambini sono ricoverati in cliniche e pronto soccorso a causa di violenze nell’educazione».

 

All’epoca Consiglio Federale era contrario alla mozione sostenendo che il diritto penale tutela già a sufficienza i minori e ricordando che istituti sanitari e scolastici sono obbligati a dare l’allarme qualora vi siano casi sospetti.

 

Si ha la sensazione che vi saranno poche realtà che faranno apertamente campagna contro questa legge. Chi vuole passare per essere qualcuno che difende la violenza su bambini? Ma scherziamo?

 

Schiaffeggiare un bambino in Svizzera diventerà quindi illegale, tuttavia ucciderlo mentre si trova nel ventre materno, magari facendolo a pezzi nel processo, è perfettamente legale: secondo le attuali disposizioni legali (Codice Penale svizzero, Art. 118-120), l’aborto è permessa sino alla 12ª settimana di gravidanza.

 

Con evidenza, non è un bambino: di fatto bisognerebbe che il potere elvetico proibisse l’espressione che si usa anche ben prima della 12ª settimana, «aspetto un bambino». Perché, se è un bambino, non puoi schiaffeggiarlo, e quindi, in teoria, nemmeno ucciderlo.

 

Purtroppo non è così.

 

Qualcuno ricorderà al legislatore questa contraddizione?

 

 

Continua a leggere

Famiglia

Famiglia il provetta: il padre della figlia è in realtà suo fratellastro

Pubblicato

il

Da

Una lettera arrivata alla rivista americana The Atlantic rende conto della catastrofe che la produzione di bambini in provetta causa alla famiglia.

 

Il livello di oscenità è indicibile, tuttavia si tratta di situazioni allucinanti che sono all’ordine del giorno, in quanto rese possibili dalla tecnologia di riproduzione artificiale degli esseri umani.

 

Lori Gottlieb è la psicoterapeuta che tiene sulla prestigiosa (e goscista) magazine statunitense la rubrica «Dear Therapist»). Lo scorso 27 febbraio ha pubblicato la seguente lettera anonima.

 

Caro terapista,

Quando ho sposato mio marito, aveva due figli adulti e io non ne avevo. Entrambi volevamo avere un figlio insieme, ma mio marito ha subito una vasectomia dopo la nascita del suo secondo figlio, troppo tempo fa per annullare la procedura.

 

Non volevamo usare una banca del seme, quindi abbiamo chiesto al figlio di mio marito di essere il donatore. Abbiamo ritenuto che fosse la decisione migliore: nostro figlio avrebbe avuto i geni di mio marito e conoscevamo la salute, la personalità e l’intelligenza del mio figliastro. Ha accettato di aiutare.

 

Nostra figlia ora ha 30 anni. Come possiamo dirle che suo «padre» è suo nonno, suo «fratello» è suo padre, sua «sorella» è sua zia e suo «nipote» è il suo fratellastro?

 

Mio marito ed io siamo ansiosi, confusi e preoccupati di dirglielo. Anche questo è difficile per mio marito, perché vuole che nostra figlia sappia che sarà sempre e per sempre suo padre.

 

Grazie per ogni consiglio che hai da offrire.

 

Anonima

 

 

Il padre, in realtà è il nonno. Il fratello, in realtà è il padre. La madre, in realtà, è anche la matrigna del padre, cioè del fratello.

 

Capite il caos rivoltante. Capite perché la tragedia greca a casi simili faceva corrispondere maledizioni in grado di distruggere stirpi e città intere, di provocare guerra e distruzione.

 

La famiglia del mondo moderno si compone grazie alla volontà di potenza biotecnologica, con nessun rispetto per i ruoli conosciuti nella storia dell’umanità, sempre ben definiti, di padre, madre, figlio. Senza nessun rispetto per la legge naturale.

 

Il problema è che non finisce qui. Già si sono avuti casi come quello del figlio gay che si fabbrica un figlio in provetta e lo fa crescere nel grembo di sua madre: suo figlio è anche suo fratello, il bambino artificiale è nipote e figlio della stessa donna.

 

Ci sono, inoltre i casi di uteri trapiantati dalla madre alle figlia. I transgender da anni rivendicano la possibilità di impiantare un utero da una donna (viva? Morta?) a un uomo transessuale. C’è stato anche il caso del chirurgo indiano che l’anno scorso ha cercato di mettere incinta un trans. La Bioetica è, ovviamente, d’accordo.

 

Con la gametogenesi, cioè la creazione di cellule sessuali (spermatozoi e ovuli) a partire da cellule somatiche qualsiasi, un uomo potrà diventare «padre» e un altro uomo la «madre», una «donna» potrà diventare «padre» creando dalle sue cellule uno spermatozoo, e poi magari si avrà anche l’incrocio per cui il «padre» è una donna e la «madre» un uomo.

 

Ribadiamo: tutto questo è a portata, gli esperimenti sui roditori, come segnalato da Renovatio 21, hanno già funzionato.

 

Aggiungete l’arrivo dell’ectogenesi – cioè di quell’utero artificiale che il boss dell’utero in affitto ucraino prevede essere disponibile tra 5 e 7 anni – e avete capito che la questione della sessualità come mezzo riproduttivo e della famiglia come luogo della vita è bello che finito. È il sogno ultimo della dottrina gender: un mondo senza generi, senza sesso, soprattutto senza famiglia.

 

«Se la riproduzione della specie venisse rimpiazzata dalla riproduzione artificiale, i bambini nascerebbero uguali di entrambi i sessi, o indipendenti da questo fattore» (…) la tirannia della famiglia biologica sarebbe finalmente spezzata» scriveva nel libro Dialectics of Sex (1970) la pensatrice femminista Shulamith Firestone.

 

«Il tabù dell’incesto – scriveva ancora la Firestone – attualmente serve solo a preservare la famiglia: se ci sbarazzassimo della famiglia ci sbarazzeremmo anche delle repressioni che vedono la sessualità posta in formazioni specifiche».

 

La Firestone si dice terminò la sua vita di lotta con la schizofrenia morendo nel suo appartamento, dove fu trovata in stato di decomposizione dal padrone di casa presumibilmente un mese dopo la morte, avvenuta nel 2012. Nessuno pare si fosse preoccupato per lei, nessuno si era peritato di vedere come stava. Non aveva coniugi, né figli. Non aveva famiglia.

 

È un’immagine plastica di quello a cui può assomigliare una società senza famiglia: tutti ridotti a individui senza vere relazioni, gratificati però da «diritti» alle perversioni di ogni genere, ad effimeri godimenti materiali, sessuali, pseudo-artistici, finto-spirituali. Stipendio e sadomaso, arte contemporanea e yoga…

 

Il mondo, da tanto tempo, sta andando nella direzione descritta dalla Firestone. Nessuno pare rendersi conto davvero della cosa, né avere contezza della maledizione che può abbattersi sull’umanità con questo abominio senza fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua a leggere

Più popolari