Spirito
La Dignitas Infinita di papa Francesco contraddice la dottrina della Chiesa su pena di morte e sulla guerra: parla il vescovo Eleganti
Renovatio 21 riporta questo testo del vescovo svizzero Marian Eleganti apparso su LifeSiteNews.
Si intitola Dignitas infinita l’ultimo documento del Dicastero per la dottrina della fede e attribuisce «dignità infinita» all’essere umano. Preferisco il termine «dignità inviolabile». Dovremmo invece riservare a Dio la categoria «infinito», perché si applica realmente solo a Lui. Tutte le creature sono «finite» o «contingenti». La «dignità infinita» per gli esseri umani sembra grandiosa e in qualche modo irrazionale.
Nel Libro della Genesi la pena di morte è giustificata dal fatto che l’uomo è fatto a immagine di Dio. Secondo il primo libro delle Sacre Scritture, se qualcuno uccide un altro essere umano, merita di morire. Perché? Perché ha misconosciuto la dignità di essere immagine di Dio nel prossimo e non ha rispettato l’inviolabilità ad essa connessa. Commettendo un omicidio, perde (latae sententiae) il proprio diritto alla vita. Viene punito con la morte.
La pena di morte viene così giustificata qui con la dignità dell’uomo come immagine di Dio, mentre nel documento del Dicastero per la Dottrina della Fede viene respinta con la stessa argomentazione. Questa è una contraddizione.
Papa Francesco e il suo protetto e ghostwriter, il cardinale Fernandez, con la loro posizione si allontanano dalla tradizione e si confrontano con grandi studiosi cattolici che hanno pensato diversamente al riguardo e hanno giustificato la dottrina tradizionale della guerra giusta e della pena di morte con criteri basati sulla giustizia in modo razionale vincolato dalla teologia della rivelazione.
Le loro argomentazioni dovrebbero essere affrontate e se ne dovrebbero fornire di migliori. Ma aspettiamo invano. Allora come può essere giustificata l’autodifesa dell’Ucraina se gli atti di guerra o le guerre non possono essere giustificate in nessun caso – nemmeno nell’autodifesa (cfr. la tradizionale dottrina della guerra giusta)? A questo scopo devono esistere criteri oggettivi e razionali. L’insegnamento tradizionale della Chiesa ce li ha forniti. Oggi riscriviamo semplicemente il catechismo.
Non sono un sostenitore della pena di morte, e l’esperienza di come e da chi è stata ed è praticata in tutto il mondo nel passato e nel presente dà motivo di metterla in discussione e rifiutarla in questa forma. Ma chi la mette al bando in ogni caso come ultima ratio, mette in discussione la Parola di Dio e, su questa base, la tradizione pedagogica della Chiesa. Presumono di saperne di più oggi. I dubbi sono appropriati.
Si ricorda (CCC [ Il Catechismo della Chiesa Cattolica ] 1997/2003):
2267 [sulla pena di morte] L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani.
Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.
Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo «sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti»( Evangelium Vitae 56).
2309 [sulla guerra giusta]: Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:
— che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;
— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;
— che ci siano fondate condizioni di successo;
— che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.
Marian Eleganti
Vescovo
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Immagine screenshot da YouTube
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Trump andrà alla riapertura di Notre Dame, Bergoglio no
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Pensiero
Biden e Bergoglio, un parallelismo. Parla mons. Viganò
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affidato a X una breve riflessione sul caso della grazia data dal presidente americano Joe Biden al figlio Hunter.
Lo scandalo non si è ancora spento negli Stati Uniti, Paese nel quale Viganò è stato nunzio apostolico in era Obama.
Il perdono assegnato al figlio presidenziale copre tutti i suoi crimini federali (cioè considerabili come perseguibili a livello centrale, non nei singoli Stati) copre tutto quanto fatto da Hunter dal 2014, anno nel quale, con il colpo di Stato a Kiev chiamato Maidan, inizia anche il suo legame con l’Ucraina, dove diviene membro del board del colosso gasiero Burisma, e dove con il suo fondo sarebbe coinvolto nella questione dei biolaboratori.
Kiev è stata definita dall’ ex politico di opposizione in esilio Viktor Medvedchuk come la «mangiatoia» del clan corrotto dei Biden.
Ora anche molti nel Partito Democratico USA – che aveva vantato il suo presunto rispetto dello «stato di diritto» e del «nessuno sopra la legge» per attaccare Trump – si chiedono dell’opportunità della grazia presidenziale infra-famigliare, soprattutto dopo che appena pochi mesi fa avevano negato, con tanto di ripetute dichiarazioni della portavoce della Casa Bianca Corinne Jean-Pierre, che il presidente potesse graziare il figlio.
Monsignor Viganò vede nella vicenda un parallelo possibile con il Vaticano odierno.
«”Nessuno è al di sopra della Legge”, ha detto Joe Biden durante la campagna elettorale, per confermare che non avrebbe graziato suo figlio Hunter, con il quale è colluso in una serie di crimini gravissimi, insabbiati per anni dai servizi segreti deviati, con la complicità dei media» scrive Viganò.
«Oggi vediamo quanto vale la parola di Biden: nulla. Un “presidente” criminale grazia il figlio criminale, come se fosse la cosa più normale e legittima al mondo» accusa il prelato.
Viganò riferisce di casi di revoca di scomunica a personaggi controversi, mentre Bergoglio «la commina a chi denuncia la corruzione del Vaticano e l’usurpazione del Soglio di Pietro».
Come riportato da Renovatio 21, monsignor Viganò è stato scomunicato per e-mail la scorsa estate.
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