Gender
Gli scintoisti contro l’ascesa degli LGBT in Giappone. L’ambasciatore americano li insulta

Con il G7 a Hiroshima, il Giappone è stato messo sotto pressione per mostrare un maggiore sostegno ai diritti LGBT. Tuttavia, uno dei maggiori gruppi della religione nazionale specifica dell’arcipelago, lo scintoismo, nazionale ha dimostrato di non voler stare al gioco.
La Shinseiren («Associazione Nazionale per la Guida Spirituale») già la scorsa estate aveva distribuito un opuscolo di 94 pagine a una grande riunione per i membri affiliati della Dieta giapponese, appoggiandosi per lo più del Partito Liberal Democratico al governo. Il testo includeva la trascrizione di una conferenza che descriveva l’omosessualità come «un disturbo mentale acquisito, una dipendenza» che poteva essere risolta con la «terapia riparativa».
Un’altra conferenza trascritta nel documento si opponeva al passaggio una legge sui diritti umani pro-LGBT, affermando che «non esiste alcuna discriminazione sistemica» in Giappone e avvertendo che «gli attivisti di sinistra useranno questo come loro arma» e che ci sarebbe quindi «un’esplosione di azioni legali».
Come risultato, questa settimana, una commissione parlamentare liberaldemocratica ha approvato un disegno di legge piuttosto leggero, in cui si afferma semplicemente che «non dovrebbero esserci discriminazioni ingiuste» contro gli LGBT.
L’associazione scintoista controlla 80 mila templi in tutto il Paese.
Non è chiaro quanto del personale del gruppo concordi con il documento. Il New York Times riporta che la legale del gruppo scintoista «non rappresenta direttamente le vedute dell’organizzazione». Tuttavia il gruppo ha pubblicato documenti sul proprio sito web con appelli contro «per un’eccessiva protezione dei diritti» e testi che vedono la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso come «movimenti per smantellare la struttura familiare».
Il Giappone è l’unica nazione del Gruppo dei 7 che non ha legalizzato le unioni tra persone dello stesso sesso, e gli ambasciatori stranieri hanno spinto il Paese a sostenere l’ascesa dei «diritti LGBT» in vista del vertice di Hiroshima ora in corso.
Nella discussione si è ovviamente intromesso l’ambasciatore americano Rahm Emanuel. «Ci sono sforzi di destra che sono piuttosto radicati e, a mio avviso, in qualche modo hanno fatto il passo più lungo della gamba», ha dichiarato Emanuel al NYT, in una sorta di insulto alla religione autoctona del Paese in cui è ambasciatore.
Ricordiamo brevemente chi è Emanuel. Ex capo di gabinetto di Obama, che conosceva sin dai tempi di Chicago, con bizzarra leggerezza si è liberato del ruolo alla Casa Bianca per fare il sindaco della città dell’Illinois, dove rimangono famose le sue esortazioni agli operai disoccupati di «imparare a programmare», magari per trovare un lavoro che ora è portato via da ChatGPT.
Emanuel è figlio di un terrorista dell’Irgun, il gruppo paramilitare sionista definito come terrorista da Londra per i suoi attentati contro il Mandato britannico della Palestina durato fino al 1948.
Emanuel ha fratelli molto influenti. Uno è il dottor Ezekiel Emanuel, medico e bioeticista subito preso da Biden nella Task Force coronavirus, dove si è speso per l’obbligo vaccinale totale. Ezekiel è lo stesso che ha dichiarato che sarebbe meglio non curare gli anziani, perché «dopo i 75 anni non vale la pena di vivere». Ezekiel era l’esperto di Etica medica di Barack Obama.
L’altro fratello, Ari Emanuel, è il potentissimo capo della Endeavor, che controlla i maggiori attori di Hollywood e pure il campionato di combattimenti MMA UFC. Ari, che è vittima recente degli strali del cantante Kanye West, in passato è stato accusato di aver fatto commenti dispregiativi di gay e afroamericani, e nel processo che ne seguì si scoprì che Emanuel permetteva ad un amico di operare un sito porno dagli uffici della Endeavor. È ovviamente un donatore di Hillary Clinton e del Partito Democratico.
Tuttavia, il particolare che veniva tirato in ballo spesso dai critici di Rahm Emanuel per spiegare il suo potere di Obama non era l’augusta famiglia, ma i suoi studi: l’ambasciatore USA a Tokyo è specializzato in balletto. Gli studi di danza sono stati intervallati dal suo volontariato civile per l’esercito israeliano durante la Guerra del Golfo del 1991.
Gender
Bandiera LGBT-transgender sventola fuori dall’ambasciata USA presso la Santa Sede

L’ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede ha anche quest’anno esposto in modo ben visibile la bandiera dell’«orgoglio» genderista all’esterno del grande edificio che occupa nel centro di Roma, tuttavia questa volta si è andati oltre: la bandiera non presenta solo il classico arcobaleno invertito, ma anche il triangolo nero-marrone-azzurro-rosa-bianco del vessillo dei transessuali.
In un messaggio pubblicato sulle sue piattaforme di social media, l’ambasciata degli Stati Uniti ha annunciato il 1 giugno che per il mese la nazione «celebra il Pride Month».
In una ridda di emoji con cuoricini e bandierine, l’ambasciata americana presso il Vaticano ha twittato di essere «al fianco della comunità LBGTQI+ contro la discriminazione e altre forme di persecuzione a causa di chi è e di chi ama».
During the month of June, the 🇺🇲 celebrates Pride Month 🏳️🌈. @usinholysee stands with the LBGTQI+ community against discrimination and other forms of persecution because of who they are and whom they love. ❤#pridemonth #humanrights #inclusion pic.twitter.com/URZUgvIOqt
— U.S. in Holy See (@USinHolySee) June 1, 2023
Si tratterebbe, teoricamente, di una sfida aperta al catechismo della Chiesa cattolica – che informa lo Stato pontificio dove i diplomatici statunitensi dovrebbero operare – tuttavia non pare che dall’altra parte, presso i sacri palazzi, importi ancora qualcosa e del catechismo e della Chiesa cattolica. Anzi, come riportato spesso su questo sito, non sono pochi gli episodi in cui diventa chiaro come la gerarchia abbracciando le teorie gender, e magari anche qualcos’altro.
Ad ogni modo, non sono giunte rimostranze da parte della Segreteria di Stato del Vaticano quando l’anno scorso il drappo LGBT fu esposto fuori dall’ambasciata statunitense. Così come pare che tale bandierona polisessuale, che come vede il lettore è ben issata con un lavoro di corde dal basso e dall’alto, sia comparsa anche a Ryadh, e pure a Islamabad, Giacarta, etc.
Sappiamo invece che talvolta compare a Mosca, cosa che qualche anno fa scatenò l’umorismo del presidente Putin. «Lasciateli festeggiare» aveva risposto il Putin a chi glielo faceva notare. «Hanno mostrato qualcosa sulle persone che lavorano lì».
Come riportato da Renovatio 21, la festa del Pride Month ha origine violente: l’intero mese (si sono allargati) celebra la rivolta avvenuta la notte tra il 27 e il 28 giugno 1969 quando gli omosessuali di un locale gay – lo Stonewall Inn – reagì ad un’ispezione della Polizia scatenando una vera e propria rivolta violenta. Una squadra della Tactical Police Force della Polizia di Nuova York fu mandata a salvare gli agenti intrappolati nel locale. Una falange di agenti antisommossa brigò fino alle 4 del mattino per sedare il moto LGBT (all’epoca, ovviamente, tale acronimo non esisteva). A commemorazione della violenza omosessuale, il presidente Obama dichiarò il locale teatro delle violenze come «monumento nazionale» nel 2016.
Torniamo a chiederci riguardo all’opportunità di un simile gesto diplomatico in faccia alla Santa Sede – centrale mondiale della religione che vede nell’Orgoglio un peccato grave: è il peccato di Satana – bisogna abbracciare una visione realista: quanto del personale ecclesiastico in Vaticano è (sempre meno segretamente) omosessuale?
Colpisce, come specificato in testa all’articolo, la progressione in corso: l’inclusione dell’elemento transgender rappresenta un ulteriore prova del «pendìo scivoloso» genderista: negli anni scorsi la questione erano, genericamente, gli «omosessuali» e i loro «diritti» (matrimonio, adozioni, etc.).
Ora la questione si sposta verso i transessuali, che hanno tutt’altro set di questioni da sdoganare: imposizioni di pronomi e mutamenti linguistici vari (con prigione per chi non vi si sottomette), cure ormonali pagate dallo Stato, chirurgia mutilante di «cambio di sesso» (fenomeno che è, geneticamente, impossibile) accessibile anche a bambini piccoli, carceri femminili per i trans (che poi ingravidano le detenute), gare sportive dove gli uomini possono competere con le donne e stracciarle.
Non che la Santa Sede non abbia contribuito con qualche spintarella lungo tale pendìo scivoloso. L’anno scorsoil pontefice ha incontrato dei trans in pellegrinaggio (!?!) in Vaticano. «Gli ho baciato la mano, lui ha baciato la mia» avrebbe detto il trans paraguagio Laura. Nel 2020 invece aveva devoluto un obolo una tantum a dei trans sudamericani del litorale romano che a causa del lockdown si erano dovuto rivolgere in parrocchia. Arrivò l’elemosiniere, il polacco cardinale Krajewski, già noto per aver ridato la corrente ad un centro sociale, per saldare bollette e affitti e procurare generi di prima necessità. Nel 2015 papa Francesco aveva invece ricevuto in Vaticano un transessuale spagnuolo.
Come riportato da Renovatio 21, l’ambasciata USA presso la Santa Sede sei mesi fa ha celebrato il «Transgender Day of Remembrance», il «giorno del ricordo transgender che offre un omaggio «a quelli della comunità transgender che sono stati assassinati a causa dell’odio».
Come noto, i transessuali americani, oramai organizzati in gruppi isterici e pure armati, avevano indetto per lo scorso 1° aprile un «giorno della vendetta transgender». Secondo molti, tra aggressioni, roghi di libri e insurrezioni per chiedere la chirurgia trans sui più piccoli, siamo davanti ad un fenomeno di radicalizzazione consistente.
La preoccupante manifestazione del «giorno della vendetta trans», poi in qualche modo annullata, arrivava sull’onda della strage di Nashville, dove una transessuale aveva trucidato a colpi di fucile d’assalto tre bambini di nove anni e tre adulti sopra i sessanta dentro ad una scuola presbiteriana .
Un particolare della cronaca dell’attacco alla scuola cristiana assai importante era stato omesso fino a pochi giorni fa.
Secondo il giornalista Graham Hillard, la cui moglie è una sopravvissuta di Nashville, la transessuale stragista avrebbe sparato anche contro la cattedrale annessa alla scuola. In particolare, avrebbe tirato una raffica contro una vetrata che raffigurava Adamo, il primo uomo creato da Dio.
«Nella figura di Adamo, deve aver visto non solo una mascolinità che non avrebbe mai potuto veramente raggiungere, ma un edificio vasto e incrollabile, terribile nel suo potere. Se fosse vissuta, avrebbe potuto conoscerne la grazia» scrive Hillard. «Invece, ha scelto la ribellione, l’invidia, l’ira. Aggrappandosi a un dio, ne disprezzava esplicitamente un altro».
È troppo, oggi, chiedere a cardinali e vescovi e monsignori che vivono in Vaticano e fuori di comprendere queste parole: il transessualismo come forma di rivolta a Dio, come espressione di quell’orgoglio – «pride», in inglese – che fu il peccato di cui, all’alba dei tempi, si macchiarono gli angeli ribelli.
Il primo «Pride», teologicamente parlando, lo fece Lucifero, potrebbero pensare i vecchi cattolici – non serviam, dice il ribelle, che rifiuta Dio e la sua legge, cioè la natura. Ma non bisogna preoccuparsi: di cattolici con simili idee, in Vaticano, non ne è rimasto nemmeno uno.
Immagine screenshot da Twitter
Eugenetica
Un angolo oscuro della storia transgender

Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
Il medico dell’inizio del XX secolo Magnus Hirschfeld, che era tedesco, ebreo e gay, è ampiamente elogiato come pioniere del transgender.
Nel 1919 Hirschfeld fondò a Berlino l’Institut für Sexualwissenschaft (l’Istituto per la ricerca sessuale). Un decennio dopo i suoi medici stavano eseguendo interventi chirurgici per il cambio di sesso (o l’affermazione del genere).
Uno dei pazienti di Hirschfeld è stato il protagonista del film vincitore dell’Oscar 2015 The Danish Girl.
Tuttavia, quando Hitler salì al potere, Hirschfeld fuggì dal paese e i teppisti nazisti bruciarono i libri contabili dell’Istituto. Hirschfeld morì di infarto in Francia nel 1935.
Scientific American ha recentemente pubblicato un omaggio a Hirschfeld e al suo lavoro:
«Difficile non immaginare una storia che avrebbe potuto essere. Quale futuro avrebbe potuto essere costruito da una piattaforma in cui gli “intermediari sessuali” erano davvero pensati in “termini più giusti”? Tuttavia, questi pionieri e i loro eroici sacrifici contribuiscono ad approfondire un senso di orgoglio e di eredità per le comunità LGBTQ+ di tutto il mondo. Mentre affrontiamo oggi la legislazione oppressiva, possiamo trovare speranza nella storia dell’istituto e un ammonimento nei nazisti che erano decisi a cancellarlo».
Hirschfeld e i suoi colleghi sono considerati pionieri compassionevoli ed eroici dai ricercatori della storia trans. Un film tedesco sulla sua vita si chiamava The Einstein of Sex.
Ma c’è un altro lato delle sue idee. Come ha recentemente sottolineato Malcolm Clark in un lungo thread su Twitter, era un eugenista confermato. «Quello che spesso si ignora è che era anche un appassionato sostenitore della sterilizzazione di coloro che considerava “non idonei alla riproduzione”».
Clark continua:
«Nel 1931 Hirschfeld andò negli Stati Uniti per incontrare Paul Popenoe ed Ezra Gosney, compagni campioni della sterilizzazione per i “deboli di mente”. È stato accolto “come un vecchio amico… abbiamo studiato per 25 anni”. Entrambi erano semplicemente feroci razzisti e suprematisti bianchi».
«Hirschfield li ha elogiati come “all’avanguardia nel migliorare l’umanità sterilizzando uomini e donne inadatti”. La loro ricerca doveva fornire il modello per l’introduzione del programma di sterilizzazione obbligatoria dei nazisti solo due anni dopo, nel 1933».
Altri pionieri trans non erano necessariamente uomini di profonda compassione. Erwin Gohrbandt è stato uno dei collaboratori chirurgici di Hirschfeld e uno dei primi chirurghi a eseguire interventi di riassegnazione del sesso con una vaginoplastica. Durante la seconda guerra mondiale partecipò ad atroci esperimenti di ipotermia sui prigionieri nel campo di concentramento di Dachau. Non è mai stato processato.
Clark conclude:
«La triste verità è che il fondatore dell’assistenza sanitaria trans e il primo chirurgo hanno sostenuto l’eugenetica. Insieme hanno inventato un nuovo modo per sterilizzare i pazienti, coinvolgendo genitali finti creati chirurgicamente. Due anni dopo aver inventato la vaginoplastica, Gohrbandt era impegnato a sterilizzare i disabili».
Michael Cook
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia.
Gender
L’Uganda approva la legge anti-gay

Dopo mesi di annunci e polemiche mondiali, il presidente ugandese Yoweri Museveni ha finalmente firmato l’Anti-Homosexuality Act che che gli attivisti hanno definito una delle leggi anti-LGBTQ più dure al mondo.
Il disegno di legge, approvato a marzo, proponeva originariamente 20 anni di carcere per la semplice identificazione come LGBTQ, ma il presidente lo aveva rinviato al Parlamento a fine aprile.
«Abbiamo ascoltato le preoccupazioni della nostra gente e legiferato per proteggere la santità della famiglia», ha dichiarato lunedì Anita Annet Among, portavoce del Parlamento ugandese. La legge ugandese servirebbe quindi «difendere la cultura, i valori e le aspirazioni del nostro popolo», è stato dichiarato.
La portavoce ha quindi incoraggiato le forze dell’ordine ad eseguire i loro mandati per garantire che l’Anti-Homosexuality Act sia applicato in «modo equo, costante e fermo».
Una versione modificata del disegno di legge, approvata dal Parlamento all’inizio di questo mese, chiariva che chi si identificava come LGBTQ senza compiere atti omosessuali non sarebbe criminalizzato.
Come riporta RT, la maggior parte delle caratteristiche della legge che hanno fatto sussultare la comunità internazionale pro-LGBT sono, tuttavia, rimaste: ad esempio la pena di morte per «omosessualità aggravata», che includerebbe fare sesso con un minore, fare sesso mentre si è sieropositivi e l’incesto omofilo.
L’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha insistito sul fatto che la legge anti-gay, che ha definito «draconiana e discriminatoria», è una «ricetta per violazioni sistematiche dei diritti» delle persone omosessuali e della popolazione in generale.
«È in conflitto con la Costituzione e i trattati internazionali e richiede un urgente controllo giudiziario», ha twittato l’ufficio ONU.
In una dichiarazione congiunta di lunedì, il Fondo Globale per la Lotta contro l’AIDS, la Tubercolosi e la Malaria, il Programma congiunto delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS e il Piano di emergenza del presidente degli Stati Uniti per il soccorso contro l’AIDS, hanno affermato che la legislazione mette i progressi di Kampala nella risposta all’HIV in «grave pericolo».
Washington ha precedentemente avvertito l’Uganda di potenziali «ripercussioni» economiche se la legislazione fosse entrata in vigore.
«Stiamo certamente osservando questo molto da vicino e dovremmo dare un’occhiata se potrebbero esserci o meno ripercussioni che dovremmo subire, forse in modo economico, se questa legge venisse effettivamente approvata e promulgata», ha detto la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, che è lesbica dichiarata, lo scorso marzo.
Il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale USA, l’ammiraglio John Kirby, aveva rincarato la dose arrivando a dire che «i diritti LGBT sono una parte fondamentale della nostra politica estera».
Tuttavia il presidente Museveni ha esortato i legislatori a dimostrare «patriottismo», opporsi all’omosessualità e prepararsi al potenziale impatto dei tagli agli aiuti sul Paese.
Come riportato da Renovatio 21, Museveni nelle scorse settimane aveva dimostrato la sua totale opposizione alla promozione globale dell’agenda LGBT da parte delle Nazioni occidentali, affermando che l’Occidente «dovrebbe smetterla di sprecare il tempo dell’umanità imponendoci le loro pratiche sociali», esortando anche gli altri Paesi africani, convenuti in Uganda per un forum sulla famiglia, a «salvare il mondo» dal programma mondiale omosessualista.
L’Uganda ha anche respinto pubblicamente la proclamazione delle Nazioni Unite (ONU) secondo cui l’aborto è un «diritto» umano. A febbraio, vescovi e sacerdoti cattolici in Uganda hanno incoraggiato i laici a pentirsi del peccato dell’omosessualità durante la Quaresima ea respingere l’ideologia di genere che permea il mondo occidentale.
A fine 2022 era già emerso come un membro del Parlamento ugandese si era opposto alle disposizione pro-omosessualiste e pro-aborto che potrebbero essere incluse nell’aggiornamento di un accordo commerciale tra UE ed alcuni Paesi africani.
Come riportato da Renovatio 21, l’Uganda ha appena stretto accordi con la Russia – un altro Paese considerato omofobo dal mondo LGBT – con interesse anche per la tecnologia nucleare.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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