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Protesta

Rivolta anti-lockdown, la Francia invia forze speciali nella Guadalupa in fiamme

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Una rivolta contro l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e contro l’ipotesi di un nuovo lockdown ha preso il via a Guadalupa, un dipartimento francese d’oltremare in cui vigono le leggi nazionali situato nelle Antille.

 

Già in data 16 novembre,  in seguito alla proclamazione di uno sciopero generale illimitato da parte di varie sigle sindacali, hanno avuto luogo i primi incidenti tra manifestanti e forze dell’ordine.  

 

 

Allo stato attuale la situazione sembra essere completamente sfuggita di mano e, nonostante il coprifuoco imposto da venerdì 19 novembre, gli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza hanno raggiunto un punto di non ritorno e la Guadalupa appare in preda al caos.

Barricate, Incendi, saccheggi, tiri di arma da fuoco da diverse direzioni potrebbero sia testimoniare l’infiltrazione nelle proteste di criminali o sbandati che essere la manifestazione di un caos originato dal risentimento degli antillani verso le forze dell’ordine e verso le misure della dittatura biotica che ormai si va instaurando in larga parte dell’Europa occidentale di cui anche Guadalupa fa politicamente parte.

 

Anche in Guadalupa come in altre occasioni e contesti i pompieri hanno preso le parti del popolo contro le misure in vigore e si segnalano scontri e tensioni tra vigili del fuoco e forze di polizia.

 

 

Per far fronte a tale situazione il Ministro degli Interni francese Gerald Moussa Darmanin ha deciso di inviare dalla metropoli 50 membri delle forze speciali del GIGN (Gendarmeria) e RAID (Polizia) per rimpolpare l’effettivo di 2250 tra gendarmi e poliziotti presenti a Guadalupa. Il numero sembrerebbe solo simbolico a meno che i cinquanta agenti non siano esperti di antiterrorismo o specialisti di vario genere. 

 

La situazione dei prossimi giorni si annuncia ancora più incandescente se si considera che i sindacati hanno indetto un altro sciopero generale nel dipartimento della Martinica a partire dal 22 novembre.

 

 

Inoltre sembrerebbe che, ad un’altra latitudine, anche la Polinesia francese abbia deciso di scendere in sciopero il 24 novembre. 

 

 

Abbiamo sottolineato come il calderone della guerra biotica mescolato incessantemente dai governanti europei con diversi altri ingredienti sia materia che comincia a scottare.

 

Sembra proprio che a qualcuno il pentolone bollente stia per scoppiare in mano come gli eventi degli ultimi giorni ci stanno mostrando.

 

Davvero nessuno ha pensato che se i dipartimenti d’oltremare francesi vanno in fiamme poi potrebbe essere il turno della Francia stessa e dopo la Francia..?

 

 

Nicolò Volpe

 

 

 

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Protesta

Manifestanti anti-NATO mettono a ferro e fuoco Montreal, mentre Trudeau è al concerto di Taylor Swift

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Almeno tre persone sono state arrestate dopo che i dimostranti anti-NATO e pro-palestinesi si sono ribellati per le strade di Montreal, incendiando auto, vandalizzando vetrine di negozi e scontrandosi con la polizia. La città canadese francofona ospita il summit annuale della NATO questo fine settimana.

 

Una folla di dimostranti anti-NATO si è radunata venerdì pomeriggio in un parco nel centro della città, prima di unirsi a una manifestazione anti-Israele tenutasi lì vicino, ha riferito la polizia ai media locali.

 

Sebbene inizialmente pacifica, la polizia ha dichiarato che la protesta è diventata violenta dopo che il contingente anti-israeliano ha bruciato un’effigie del primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu e ha iniziato a lanciare razzi e proiettili contro gli agenti antisommossa.

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Un gruppo di rivoltosi mascherati si è poi fatto strada lungo Rene-Levesque Boulevard, rompendo le finestre lungo la trafficata via commerciale. Due veicoli sono stati dati alle fiamme prima che gli agenti di polizia usassero gas lacrimogeni per disperdere la folla. Tre persone sono state arrestate per presunta aggressione agli ufficiali, ha detto un portavoce della polizia.

 

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Le proteste hanno avuto luogo mentre centinaia di delegati della NATO arrivavano a Montreal per il summit annuale del blocco. In programma da venerdì a lunedì, il summit includerà colloqui di alto livello sulla difesa missilistica, sui cambiamenti climatici e sul «supporto all’Ucraina fino alla vittoria», secondo il sito web della NATO.

 

Un giorno prima delle proteste, gruppi di dimostranti pro e anti-Israele si sono scontrati alla Concordia University di Montreal, dove decine di migliaia di studenti pro-palestinesi hanno scioperato e si sono rifiutati di frequentare le lezioni. Uno dei gruppi studenteschi di sinistra che guidava lo sciopero ha affermato che era il momento giusto per coincidere con il summit, accusando la NATO di sostenere il «genocidio in corso» a Gaza.

 

Ha suscitato clamore il fatto che il Trudeau, mentre la capitale quebecchese andava a fuoco, stesse al concerto della diva americana Taylor Swift, peraltro da alcuni ritenuta un possibile asset di Pentagono e NATO – idea uscita mesi fa da documenti pubblici, che vedevano nella Swift un possibile strumento per «combattere la disinformazione». Video circolanti in rete mostrano il Trudeau scambiarsi «braccialetti dell’amicizia» con alcune swifties, cioè fan della cantante.

 

 

La rete ha commentato anche il fatto che il Trudeau abbia ballato la canzone «We Are Never Ever Getting Back Together» («non torneremo mai insieme») accanto alla ex moglie, fresca di divorzio. Molte canzoni della Swift, trentenne non sposata e senza figli, riguardano il risentimento verso ex fidanzati o ex amiche.

 


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La Swift, da qualcuno accusata di omaggi alla stregoneria nei suoi tour, già ritenuta in grado di spostare milioni di voti verso Biden e la Harris, non è solo considerata un possibile strumento NATO, ma di fatto protetta dagli apparati di Intelligence americani, come dimostra l’annullamento del concerto di Vienna a seguito di un allarme captato dalla CIA riguardo un possibile attentato islamico.

 

Giustino non è il primo a cui capita lo specioso caso di essere ad un concerto a divertirsi mentre la rivolta arde la città: lo stesso era capitato l’anno scorso anche al collega Emanuele Macron, il quale era a salterellare al concerto di Elton John mentre fuori scoppiava la rivolta delle banlieue francesi.

 

Sono gli stessi che, figli dell’illuminismo repubblicano, celebrano la rivoluzione che ha decapitato quella che avrebbe detto (ma vi sono enormi dubbi che abbia proferito quelle parole) «mangiate brioches». Se pensate anche alla scena ultra-neroniana del segretario di Stato Anthony Blinken, che va a suonare la chitarra elettrica a Kiev mentre ne arma la guerra con la Russia, comprendete con quale classe dirigente, oggi, abbiamo a che fare.

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Protesta

Gli agricoltori polacchi bloccano ancora il confine con l’Ucraina

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Sabato mattina un gruppo di agricoltori polacchi ha chiuso il più grande valico di frontiera del Paese con l’Ucraina per protestare contro gli aumenti delle tasse agricole decisi dal governo e contro l’accordo di libero scambio tra l’UE e il blocco commerciale sudamericano Mercosur, attualmente in discussione all’interno del blocco.   I dimostranti, che indossavano gilet gialli e sventolavano bandiere polacche, camminavano avanti e indietro su un attraversamento pedonale vicino al checkpoint di Medyka-Shehyni, bloccando il traffico lungo la strada. Circa 30 persone hanno preso parte alla manifestazione, secondo i media polacchi.   Gli organizzatori avevano inizialmente pianificato di tenere la protesta da inizio ottobre fino alla fine dell’anno. L’iniziativa era stata inizialmente osteggiata dal sindaco di Medyka, finché un tribunale polacco non si è schierato con gli agricoltori, stabilendo che vietare la manifestazione era illegale.  

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Secondo gli organizzatori, il blocco riguarda solo i camion, mentre le autovetture, gli autobus e i veicoli che trasportano beni militari e umanitari sono autorizzati a passare. Il servizio di guardia di frontiera ucraino, che ha pubblicato un video della scena, ha affermato che nessun veicolo di peso superiore a 3,5 tonnellate sarà autorizzato a entrare in Polonia. Un camion sarà autorizzato ad attraversare dalla Polonia all’Ucraina all’ora.   Il blocco dovrebbe durare almeno 48 ore, secondo le autorità ucraine, che hanno anche detto che potrebbe essere ulteriormente esteso. Circa 150 camion si sono ammassati sul lato polacco del confine cercando di entrare in Ucraina, ha detto la guardia di frontiera in una dichiarazione su Facebook.   La polizia polacca ha detto che i conducenti che cercano di attraversare il confine «possono aspettarsi difficoltà sulle strade».   Un video pubblicato dalle autorità ucraine mostra una fila di decine di camion fermi sulla strada vicino al valico di frontiera. Si vedono autovetture e minivan formare una fila separata lì vicino. Il posto di blocco di frontiera sembrava essere almeno parzialmente chiuso.   I manifestanti accusano il governo di Varsavia di non aver mantenuto la promessa di non aumentare la tassa sull’agricoltura e di lasciarla al livello del 2023. Hanno anche criticato il gabinetto del Primo Ministro Donald Tusk per aver introdotto altre normative che ritengono sfavorevoli per il settore agricolo.   «Dove dobbiamo fare appello? Rivolgerci al signor Tusk?», ha detto al quotidiano Rzeczpospolita Roman Kondrow, capo di un’associazione regionale di agricoltori, aggiungendo che il governo non li avrebbe ascoltati. «Ecco perché volevamo fare pressione al confine», ha aggiunto.   Le azioni degli agricoltori hanno attirato l’ira della parte ucraina. «Gli agricoltori polacchi non stanno avanzando richieste in merito ai prodotti ucraini, ma stanno usando il confine come strumento per influenzare il loro governo», ha affermato il Ministero dell’agricoltura ucraino. Secondo quanto riferito, Kiev era a conoscenza delle proteste pianificate da un po’ di tempo.   Il ministro dell’agricoltura ucraino Vitaly Koval ha tenuto due incontri con il suo omologo polacco, Czeslaw Siekierski, per discutere della questione e ne ha parlato anche con la Commissione europea, hanno riferito i media locali.  

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Alcuni ucraini hanno dato la colpa alla Russia. «C’è un’opinione secondo cui questo viene fatto con soldi russi, perché chi ci guadagna?» ha detto Gennady Radchenko, un esperto dell’Unione degli imprenditori ucraini.   «Non capiamo nemmeno perché gli agricoltori credano che i problemi interni della Polonia possano essere risolti bloccando il confine, il commercio e la strada per il paese in cui c’è una guerra. La reazione delle aziende e dei media ucraini è molto negativa».   Non si tratta della prima volta che gli agricoltori polacchi bloccano i valichi di frontiera con l’Ucraina. Proteste simili si sono verificate in numerose occasioni negli ultimi anni, poiché gli agricoltori si sono opposti a ciò che percepiscono come l’UE che consente importazioni agricole ingiustamente economiche dall’Ucraina nel blocco.   Come riportato da Renovatio 21, otto mesi fa gli agricoltori avevano bloccato le strade verso la capitale Varsavia e i valichi di frontiera. La protesta era stata duramente criticata dal presidente ucraino Zelens’kyj.   L’anno passato, i camionisti polacchi si erano uniti al blocco contro l’Ucraina degli agricoltori, operato in un caso da membri di Solidarnosc.   Nella battaglia contro normative UE e importazioni dall’Ucraina, i vescovi polacchi si erano schierati con gli agricoltori. Il problema del grano ucraino pare aver raggiunto ora anche gli agricoltori tedeschi.  

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Protesta

Rivolte nella fabbrica dell’Audi

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La polizia tedesca è stata costretta a disperdere i manifestanti dopo che mercoledì sono scoppiate delle rivolte presso uno stabilimento della casa automobilistica tedesca Audi nella capitale belga, Bruxelles. Lo riporta l’agenzia Reuters.

 

Circa 150 persone, alcune delle quali indossavano maschere, hanno fatto irruzione nella sala trattative durante le discussioni su un piano di buonuscita tra i sindacati e l’amministrazione della fabbrica, che verrà chiusa, ha detto all’agenzia un portavoce di Audi.

 

Gli uomini in protesta hanno fatto esplodere fuochi d’artificio e impedito ai partecipanti ai colloqui di lasciare i locali, ha aggiunto.

 

Secondo la portavoce, la polizia è intervenuta e ha costretto i manifestanti a disperdersi, aggiungendo che un membro del sindacato è rimasto leggermente ferito nella rissa.

 

Un video ripreso sulla scena mostra agenti in tenuta antisommossa e armati di manganelli mentre spingono i dimostranti, apparentemente dipendenti dell’impianto.

 


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All’inizio di quest’anno, Audi, una sussidiaria del gruppo Volkswagen, ha annunciato che interromperà la produzione di veicoli nello stabilimento di Bruxelles a partire da marzo 2025.

 

Ora l’impianto rischia la chiusura perché non è riuscito a trovare nuovi investitori e la Volkswagen non è riuscita a trovare un uso alternativo per il sito. Circa 3.000 dipendenti e diverse centinaia di subappaltatori rischiano di perdere il lavoro.

 

A settembre, 5.000 persone sono scese in piazza a Bruxelles in solidarietà con i lavoratori.

 

«Siamo letteralmente divorati e non so se siamo in grado di fare qualcosa al riguardo», ha dichiarato all’epoca un dipendente Audi a Euronews.

 

L’industria automobilistica dell’UE sta affrontando molteplici sfide tra gli alti prezzi dell’energia e altri ostacoli economici che il blocco deve affrontare. Anche la concorrenza dei veicoli elettrici cinesi più economici è una preoccupazione.

 

Verso la fine del mese scorso, il gruppo Volkswagen ha annunciato che intende chiudere almeno tre stabilimenti in Germania e ridimensionare le fabbriche rimanenti. La mossa potrebbe significare migliaia di perdite di posti di lavoro e interi reparti chiusi o trasferiti all’estero.

 

Come riportato da Renovatio 21, in Germania Volkswagen, dopo averlo annunziato in lungo e in largo, sta pianificando licenziamenti di massa.

 

Lo scorso mese scioperi di massa avevano scosso l’industria automotive tedesca, cui per taluni si prospetta una «caduta orribile».

 

Nella UE sono crollati i livelli di immatricolazione di auto nuove, secondo i dati dell’Associazione Europea Costruttori Automobili (ACEA).

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