Bioetica
Quei convegni COVID «del giorno dopo». Intervista al prof. Luca Marini
Ci segnalano una quantità di convegni dedicati alla gestione del COVID.
La cosa colpisce chi da mesi tiene conto delle prove sugli effetti avversi del vaccino. Renovatio 21 ne ha parlato con il professor Luca Marini, docente di Diritto Internazionale alla Sapienza di Roma, a lungo vicepresidente del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB), tra i massimi esperti di biodiritto nonché promotore del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB), di cui Renovatio 21 ha pubblicato i densi comunicati.
Il professor Marini ci fa sapere di essere «da sempre ostile alla retorica congressuale». Con la consueta verve, l’accademico ci spiega il perché.
Allora, prof. Marini, recentemente Lei è stato invitato a partecipare ad alcuni convegni sulla gestione del COVID organizzati anche da associazioni e movimenti anti-sistema. Ha forse cambiato idea sui convegni?
Dice bene: invitato, solo invitato. Perché in un convegno non mi hanno aperto il collegamento per intervenire da remoto, in un altro non mi hanno inviato il link per collegarmi e in un altro ancora problemi tecnici, diciamo così, mi hanno impedito di parlare, sempre da remoto. Un po’ come la «Sora Camilla» di romana memoria, «che tutti la vogliono e nessuno se la piglia». Comunque le confesso che ho trovato molto divertenti questi incidenti, che tali non sono in realtà, come confermano le email che ho ricevuto da alcuni colleghi dopo ciascun incontro.
Confessiamo di non sapere bene di quali eventi Lei parli. Tuttavia le chiediamo: crede ci sia un «complotto» nei suoi confronti?
Ma no! Semplicemente si sono accorti, magari un po’ in ritardo, di avere invitato chi avrebbe parlato contro, e non a favore, dei convegni «del giorno dopo», ossia dei convegni organizzati da gruppi, movimenti, partiti e associazioni che fino a ieri hanno sostenuto o avallato, in vario modo, la campagna vaccinale e la logica premiale a essa sottesa o che comunque non si sono opposti nei modi e nei tempi debiti alla deriva totalitaria che almeno dal 2020 è sotto gli occhi di tutte le persone di buona fede. E quindi, in fondo c’è da capirli, hanno deciso in extremis di liberarsi del sottoscritto.
Ma, scusi, non era più facile non invitarla e basta?
Ma no, perché il contestatore istituzional-salottiero, quello, per intenderci, che vive di finto dissenso ed è organico al sistema che finge di contestare, ama trovare una foglia di fico dietro cui nascondersi. Se poi la foglia di fico è ampia tanto quanto è stata la visibilità che ha avuto il CIEB in questi due anni, meglio: ciò che da solo spiega le ragioni degli inviti rivolti al sottoscritto. Comunque non è ancora finita.
Non ci dica che l’hanno invitata di nuovo.
Purtroppo. Stavolta si tratta di una associazione di docenti, parte dei quali ha ceduto al ricatto vaccinale forse perché consapevoli del fatto che non si fa carriera universitaria se ci si mette di traverso al proprio Ateneo. Del resto è buona regola per gli accademici essere sempre contigui al potere, nelle sue più diverse declinazioni, e non esporsi mai direttamente e personalmente contro nulla e nessuno.
Questi suoi giudizi sono durissimi. Come finirà con quest’altro invito?
Ho deciso di dare forfait. In un primo momento ho accettato perché non avevo motivo di dubitare della buona fede della persona che mi ha cortesemente invitato, ma poi ho cambiato idea, perché mi annoia l’ipocrisia di quando si alza la testa a giochi fatti, senza rendersi conto di altri pericoli incombenti, dall’ecotruffa alla guerra in Ucraina, e in più si aderisce incondizionatamente alle stesse logiche di potere che hanno condotto al COVID.
E quali sarebbero queste logiche?
Tanto per fare un esempio la patetica preoccupazione di rispettare grottesche gerarchie universitarie, ordinando i relatori per presunta autorevolezza accademica, anche a discapito della razionale organizzazione dei lavori scientifici: e infatti parliamo di un evento dove un medico commenterà la normativa europea sull’autorizzazione all’immissione in commercio dei vaccini. Che è un po’ come se a me venisse in mente di descrivere i processi metabolici del virus SARS-CoV-2…
Non crediamo che saranno questi soggetti a salvarci dalla prossima catastrofe…
Dice bene ancora una volta. Peraltro, anche a rischio di diventare polemico, non posso fare a meno di ricordare che si tratta degli stessi soggetti che a suo tempo osteggiarono il Referendum No Green Pass [quello organizzato da Olga Milanese, Francesco Benozzo e dallo stesso Marini, ndr] che a tutt’oggi è stata l’unica iniziativa civile, democratica e soprattutto concreta promossa contro la scellerata gestione biopolitica del COVID. Altro che «appello dei 1000 docenti»! Mettersi a organizzare convegni ora è come chiudere la famosa stalla dopo che gli ancor più famosi buoi sono scappati: ma io, anche se era il mio sogno da bambino, non faccio il cowboy.
Bioetica
La Bioetica torna a parlare delle atrocità di Gaza
Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
La guerra tra Israele e Hamas a Gaza sta creando tensioni all’interno della comunità bioetica. In un articolo sul blog canadese Impact Ethics, tre bioeticisti hanno chiesto alla loro professione di pronunciarsi contro la violenza e la sofferenza.
Fanno presente che alcune importanti associazioni mediche e di bioetica si sono rifiutate di commentare, pur avendo preso posizione nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina.
«Noi, come bioeticisti, rifiutiamo una posizione di silenzio perché crediamo nella responsabilità disciplinare di dimostrare coraggio morale e promuovere la giustizia».
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«L’American Public Health Association è la nostra unica grande organizzazione professionale negli Stati Uniti ad aver chiesto un cessate il fuoco umanitario a Gaza, attingendo alla sua politica del 2009 sul ruolo degli operatori sanitari, degli accademici e dei sostenitori della sanità pubblica in relazione ai conflitti armati e alla guerra».
«In netto contrasto, i delegati interni dell’American Medical Association (AMA) hanno votato contro una risoluzione di novembre a sostegno di un cessate il fuoco a Gaza, citando che la questione non soddisfaceva i criteri di advocacy, urgenza o considerazione etica. L’American Society for Bioethics and Humanities è rimasta silenziosa, nonostante la sua forte politica sulla libertà accademica».
Concludono:
«Come possiamo definirci esperti di etica e testimoniare silenziosamente migliaia di morti civili, sanzioni crescenti, privazione di beni di prima necessità, crimini di guerra, rapimenti di ostaggi, aggressioni sessuali e disumanità? Cosa stiamo insegnando ai nostri studenti se non siamo disposti a riconoscere i nostri pregiudizi e a parlare apertamente?»
Michael Cook
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine dell’ottobre 2023 di Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported;
Bioetica
Polonia, l’aborto avanza in Parlamento
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Bioetica
Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»
Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
Alcuni bioeticisti mettono in dubbio l’importanza di una relazione genetica tra genitori e figli. Ciò che conta, sostengono, è un ambiente familiare favorevole, non i geni.
Nel Journal of Medical Ethics, una bioeticista svedese, Daniela Cutas, e una collega norvegese, Anna Smajdor, affermano che la riproduzione assistita apre le porte a nuove relazioni tra generazioni. Ma, purtroppo, l’aspettativa è che le persone imitino una famiglia nucleare convenzionale e una struttura genitore-figlio. C’è pochissima varietà o creatività.
Ad esempio, dopo la donazione di sperma postumo, una madre o una nonna portano in grembo il bambino in modo da mantenere una relazione genetica. Ma perché la genitorialità genetica e quella sociale dovrebbero coincidere?
Cutas e Smajdor sono realiste. Nel mondo di oggi, è improbabile che le persone abbandonino il loro attaccamento alle relazioni genetiche. Nel frattempo, ciò che propongono è una maggiore creatività nell’uso degli embrioni fecondati in eccedenza.
«Considerando la crescente prevalenza di infertilità in combinazione con una scarsità di gameti donati, qualcuno potrebbe, ad esempio, scegliere di utilizzare gli embrioni di propri zii. Oppure potrebbero desiderare di avere gli embrioni rimanenti dei loro fratelli. Se la preferenza delle persone ad avere una prole geneticamente imparentata è importante nei servizi di fertilità, allora ha importanza quale sia l’esatta relazione genetica?»
Esaminano più in dettaglio il caso di una donna i cui genitori hanno creato embrioni IVF. Se sono ancora disponibili, perché non dovrebbe dare alla luce i suoi fratelli? In un certo senso, questo potrebbe essere migliore di una relazione eterosessuale convenzionale:
«Innanzitutto perché gli embrioni sono già creati: non è necessario sottoporsi alla stimolazione ovarica per raccogliere e fecondare gli ovociti. In secondo luogo, le relazioni genitore-figlio sono piene di tensioni, alcune delle quali derivano da una lunga tradizione di non riconoscimento completo dello status morale dei bambini e di vederli come parte dei loro genitori in modo quasi proprietario».
Sembra un peccato sprecare tutti quegli embrioni congelati. Concludono con questo pensiero:
«In un mondo in cui i tassi di infertilità sono in aumento e i costi sociali, medici e sanitari dei trattamenti per la fertilità sono elevati, suggeriamo che ci siano motivi per ampliare le nostre prospettive su chi dovrebbe avere accesso ai materiali riproduttivi conservati».
Michael Cook
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