Spirito
Le oscene parole di Bergoglio contro la Santa Messa e la Tradizione cattolica

La Civiltà cattolica, giornale della Compagnia di Gesù, ha pubblicato il testo delle parole pronunciate da Bergoglio durante la visita alla nunziatura apostolica di Budapest, dove ha incontrato un gruppo di 32 gesuiti – come lui – con cui si è intrattenuto, e a cui ha detto che erano liberi di fare domande.
I gesuiti presenti gli hanno quindi chiesto riguardo alla pastorale giovanile, alla formazione dei giovani che entrano nella Compagnia di Gesù… e pure degli abusi sessuali e dei gesuiti argentini imprigionati nel 1976, due argomenti verso i quali ci si aspetterebbe imbarazzo, riserbo… o almeno, così potrebbe pensare chi conosce gli scandali attraverso cui è passato l’argentino.
Riguardo ai gesuiti desaparecidos durante la dittatura militare a Buenos Aires, il papa parte con un excusatio.
«Si è sviluppata la leggenda che sarei stato io a consegnarli perché fossero imprigionati. Sappiate che un mese fa la Conferenza episcopale argentina ha pubblicato due volumi dei tre previsti con tutti i documenti relativi a quanto accaduto tra la Chiesa e i militari. Trovate tutto lì» si difende Bergoglio, negando, senza citarle, le accuse che il giornalista suo compaesano Horacio Verbitsky fece nel suo libro L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina (2005), in cui denunciava il ruolo della gerarchia ecclesiastica nella violenta dittatura arrivando ad accusare il Nunzio a Buones Aires Pio Laghi, papa Paolo VI e lo stesso Jorge Mario Bergoglio. Come noto, il Verbitsky dichiarò di considerare l’elezione di Bergoglio al Soglio «una disgrazia per l’Argentina e per il Sudamerica».
Sugli abusi sessuali e l’amore cristiano verso chi se ne macchia, dice che si tratta di una faccenda «non facile».
«Non è affatto facile. Noi oggi abbiamo compreso che la realtà dell’abuso è molto ampia: ci sono abusi sessuali, psicologici, economici, con i migranti… Tu ti riferisci agli abusi sessuali. Come avvicinarci, come parlare agli abusatori per i quali proviamo ribrezzo? Sì, anche questi sono figli di Dio. Ma come si può amarli? La tua domanda è molto forte» risponde Bergoglio al gesuita che ha posto la questione.
«Quando senti che cosa l’abuso lascia nel cuore delle persone abusate, l’impressione che ne ricevi è tremenda. Anche parlare con l’abusatore ci fa ribrezzo, non è facile. Ma anche loro sono figli di Dio. E ci vuole una pastorale».
La memoria di chi non resetta ciclicamente il cervello va a scandali conclamati che hanno lambito la storia di Bergoglio, come quelli del cardinale McCarrick, del sacerdote cileno Karadima, del prete del Ciellistan don Inzoli, e, secondo alcune accuse rimbalzate sui giornali, della Casita de Dios, un istituto per bambini sordomuti tra l’Argentina e il veronese dove sarebbero avvenute violenze sessuali indicibili.
«L’abusatore va condannato, infatti, ma come fratello. Condannarlo è da intendere come un atto di carità. C’è una logica, una forma di amare il nemico che si esprime anche così. E non è facile da capire e da vivere».
Insomma, anche qui, niente del passato dell’uomo viene tirato fuori – e a differenza che in Argentina con i desaparecidos qui non può rivendicare la pubblicazione delle carte da parte dei vescovi…
Tuttavia, riguardo al Concilio Vaticano II e alla Messa Tridentina – cioè, sui tradizionalisti – Bergoglio non ha esitato a tirar fuori l’artiglieria pesante.
«So che il Concilio è ancora in via di applicazione» dichiara Bergoglio in risposta ad una domanda di un gesuita. «Ci vuole un secolo perché un Concilio sia assimilato, dicono. E so che le resistenze sono terribili. C’è un restaurazionismo incredibile. Quello che io chiamo “indietrismo”, (…) . Il flusso della storia e della grazia va da giù in su come la linfa di un albero che dà frutto. Ma senza questo flusso tu rimani una mummia. Andando indietro non si conserva la vita, mai».
«Si deve cambiare, come scrive nel Commonitórium primum san Vincenzo di Lérins quando afferma che anche il dogma della religione cristiana progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età».
Appoggiandosi non si sa come al santo del V secolo Vincenzo di Lerino, pare che Bergoglio finalmente pronunzi apertis verbis il suo appoggio al concetto di «evoluzione del dogma», eterno caposaldo della teologia modernista espressamente condannata già da San Pio X nella Pascendi Domini Gregis.
«Siccome [il sentimento religioso modernista] che ha per obbietto l’assoluto, porge infiniti aspetti, dei quali oggi l’uno domani l’altro può apparire; e similmente colui che crede può passare per altre ed altre condizioni, ne segue che le formole altresì che noi chiamiamo dogmi devono sottostare ad uguali vicende ed essere perciò variabili. Così si ha aperto il varco alla intima evoluzione dei dogmi. Infinito cumulo di sofismi che abbatte e distrugge ogni religione!» tuonava San Pio X. «E questa, non pur possibile, ma necessaria evoluzione e mutazione dei dogmi non solo i modernisti l’affermano arditamente ma è conseguenza legittima delle loro sentenze».
Se avesse ancora senso parlarne, si potrebbe dire che Bergoglio, per il suo santo predecessore papa Sarto, è ora tecnicamente un modernista.
Ma nelle chiacchiere infragesuitiche magiare si è andato oltre, andando a colpire – sorpresa sorpresa – il rito antico, cioè la Santa Messa di sempre, chiamata spuriamente «Messa in Latino».
«Il pericolo oggi è l’indietrismo, la reazione contro il moderno. È una malattia nostalgica. Questo è il motivo per cui ho deciso che ora è obbligatorio ottenere la concessione di celebrare secondo il Messale romano del 1962 per tutti i nuovi preti appena consacrati. Dopo tutte le consultazioni necessarie, l’ho deciso perché ho visto che quella misura pastorale ben fatta da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI veniva usata in modo ideologico, per tornare indietro. Bisognava fermare questo indietrismo, che non era nella visione pastorale dei miei predecessori».
Il papa rivendica così la lettera Traditionis custodes, cioè il motu proprio del 2021 con cui di fatto seppelliva vivo Ratzinger e la sua apertura al rito tradizionale, il Summorum Pontificum del 2007.
Che volete farci: è il papa della messa maya, quella con gli echi incontrovertibilmente pagani (di quel paganesimo fatto di sacrifici umani).
È il papa che ha partecipato a riti negromantici in Canada.
È il papa che non ha detto una parola sui documenti che comprovano la volontà dell’FBI di spiare e schedare i cattolici tradizionalisti.
È il papa che ha lasciato tranquillamente mano libera alla Cina comunista, tradendo milioni di cristiani sotterranei, in molti casi fedeli usque ad effusionem sanguinis, cioè veri martiri della fede nostri coevi.
È il papa dei vaccini, inflitti a ogni persona che lo accompagna e perfino alle guardie svizzere, e ammanniti ad un miliardo di fedeli in unione di Big Pharma. Sì, quei vaccini derivati da linee cellulari di feto abortito – sì, il papa del battesimo di Satana.
Persecuzione ovunque verso la vera fede: apertura totale verso gli idoli pagani, i persecutori, i demoni.
Volete trovare voi una definizione di questo papa?
Roberto Dal Bosco
Spirito
Mons. Williamson va a Canossa. Ma solo letteralmente

Monsignor Williamson è finalmente andato a Canossa. Renovatio 21 ne ha prova fotografica.
Per chi non conoscesse l’espressione, «andare a Canossa» significa, in breve, ritrattare, umiliarsi, piegarsi di fronte ad una forza contro cui si è combattuto.
Alla base c’è un fatto storico di quasi un millennio fa: l’imperatore Enrico IV di Franconia (1050-1106), nel freddissimo inverno del 1077, vuole essere ricevuto da papa Gregorio VII (1015-1085) ed averne il perdono. Il pontefice, tuttavia, lo fa aspettare fuori al gelo, senza scarpe e coperto da un semplice saio. L’incontro si avrà grazie all’intercessione della grancontessa Mathilde di Tosca, meglio nota come Matilde di Canossa (1046-1115).
L’espressione, apprendiamo, esiste anche in tedesco (nach Canossa gehen – espressione usata dallo stesso Ottone von Bismarck contro la Chiesa cattolica), in lingua anglica (go to Canossa), in francese (aller à Canossa) e perfino in ebraico, perché dell’evento si impressionarono probabilmente anche nella comunità giudea.
Quindi, considerando la sua vita e le sua opere, il fatto che finalmente, dopo decenni di lotta contro la Roma occupata dai modernisti e non solo contro quella, monsignor Williamson vada a Canossa è un evento teoricamente eccezionale.
Il lettore a questo punto può pensare che il vescovo inglese, dominus dell’Unione Sacerdotale Marcel Lefebvre – la cosiddetta «Resistenza» – abbia ceduto come Enrico di Franconia.
Tuttavia non è così: anzi.
Monsignor Williamson è andato a Canossa letteralmente, stricto sensu – e giammai metaforicamente.
Di fatto, chi conosce monsignor Williamson sa che a Canossa ci può andare solo così, fisicamente – e proprio per questo, con probabilità, è uno dei prelati più controversi del XX e del XXI secolo.
Nella foto vedete il successore degli Apostoli ergersi su ciò che rimane della chiesa dei dodici monaci che abitavano dentro a Canossa con la nobildonna Matilde.
Monsignore, nella foto mandataci da un collaboratore di Renovatio 21, sta sopra il triangolo che segna il luogo esatto in cui l’imperatore chiese scusa.
Mons. Williamson ha spiegato la sua visita a Renovatio 21 con queste parole:
«Sono andato a Canossa per onorare una grande vittoria della Chiesa per merito di un grande Pontefice, Gregorio VII, e di una grande donna cattolica, Matilde di Canossa, che ha saputo combattere contro le forze dell’Anticristo. Oggi non vediamo più queste vittorie perché la chiesa moderna lavora per il Principe di questo mondo».
«Quando Roma tornerà alla Fede, non ci sarà bisogno di andare a Canossa, e noi torneremo tutti a Roma: alla Roma Eterna, alla Roma Cattolica».
Ora, Sua Eccellenza Reverendissima non passa solo per Canossa, ma anche per Reggio Emilia.
Domani, sabato 3 giugno, presso l’Agriturismo «Il Bove» (Via Salimbene da Parma 115), alle ore 11:15 monsignor Williamson terrà una conferenza dal titolo «Mondialismo, Nuovo Ordine Mondiale, Apostasia, come salvarci?»
Prima della conferenza, alle 10:30, vi sarà una Santa Messa in rito tridentino celebrata da Sua Eccellenza. Alle 10:00 è prevista la recita del Santo Rosario.
A seguire, monsignore sarà a pranzo con i fedeli. Per chi fosse interessato, diamo un numero di telefono: 3934825963.
Tanti lettori, scommettiamo, vogliono sentirsi in quella categoria, il gruppo di quelli che a Canossa ci possono andare solo per fare un giro, perché, nella realtà degli eventi e dello Spirito, mai si piegheranno.
Tutti a Canossa, quindi, ma in senso stretto. Anzi tutti a Reggio Emilia.
Bioetica
Vaticano: duello a distanza sulla morale sessuale

Renovatio 21 pubblica questo articolo di FSSPX.Attualità. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Non sono proprio le melodie armoniose della marcia pontificia di Charles Gounod a risuonare attualmente nei palazzi apostolici. Il 19 maggio 2023, mentre la Bretagna celebra Sant’Ivo – l’avvocato delle cause difficili – è un’altra causa, quella della morale cristiana, che è appena stata teatro di un confronto a distanza tra due «pezzi grossi» della Curia romana.
In occasione del convegno organizzato dalla Cattedra Internazionale di Bioetica Jérôme Lejeune – al quale partecipano per due giorni ricercatori di alcune importanti università cattoliche – il Cardinale Luis Ladaria Ferrer, Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha ricordato ai suoi ascoltatori la necessità che tutti i fedeli difendano l’insegnamento contenuto nell’enciclica Humanae Vitae, nella quale Papa Paolo VI ricorda diverse verità riguardanti la morale sessuale.
«Questa enciclica resta valida perché è la giusta risposta del Magistero alle antropologie dualistiche che vogliono strumentalizzare il corpo e che non sono nuovi umanesimi, postmoderni e laici, ma veri e propri antiumanesimi», ha insistito il capo dell’ex Sant’Uffizio.
Nel discorso, ha colto l’occasione per criticare il «relativismo morale» e l’«antropologia contraccettiva», che portano entrambi, secondo lui, a ridurre il corpo a «un semplice oggetto manipolabile», in linea con quanto promuove il «transumanesimo» e l’«ideologia gender». Un discorso piuttosto fermo e chiaro a cui non ha fatto molto eco l’intervento di mons. Vincenzo Paglia, poche ore dopo.
Più specializzato nelle sfumature di grigio che nella chiarezza del dogma, il sulfureo presidente dell’Accademia per la Vita, sostiene che «l’eterna questione del rapporto tra i fini del matrimonio – la generazione dei figli e la loro educazione o fine primario, e il reciproco sostegno con il rimedio della concupiscenza o fine secondario – deve essere superata». In altre parole, relativizzata e persino abbandonata.
Perché, per il presule progressista, in materia di contraccezione pare non esistere una verità già pronta, come non esita ad affermare, rifugiandosi facilmente dietro l’autorità dell’attuale pontefice romano: «ritengo molto importante che continuiamo riflettere e discutere sul tema, come ha ribadito Papa Francesco proprio in tema di contraccettivi, affermando “che compito dei teologi è la ricerca, la riflessione teologica”».
Una dissonanza che compare anche in pieno giorno sul portale ufficiale di informazione vaticana, e che mostra, se necessario ancora una volta, la confusione dottrinale che regna all’interno della Pontificia Accademia per la Vita.
E più in generale all’interno dei confini delle mura leonine, le cui porte non resistono più alle dottrine eterodosse più delle auto guidate da malati di mente…
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Spirito
Bergoglio accoglie le dimissioni del vescovo indiano accusato di stupro da una suora

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Arrestato nel 2018 e poi rilasciato su cauzione, nel gennaio 2022 era stato assolto da un tribunale in Kerala ma l’Alta Corte aveva poi ammesso un ricorso d’appello. Le sue parole in un videomessaggio: «mi sono dimesso per il bene della diocesi di Jalahandar». La nunziatura: gli era stato richiesto, ora potrà essere nominato un nuovo vescovo.
Papa Francesco ha accettato oggi le dimissioni dalla guida della diocesi di Jalandhar in India del vescovo Franco Mulakkal, protagonista della vicenda giudiziaria per le accuse di violenze sessuali avanzate contro di lui da una religiosa nel settembre 2018.
Mulakkal, che ha 59 anni, era stato assolto dal tribunale di Kottayam il 14 gennaio 2022, al termine di un processo durante il quale solo 39 delle 84 persone chiamate a testimoniare si erano presentate in tribunale.
Mulakkal era accusato di aver violentato l’ex superiora generale delle suore Missionarie di Gesù in più occasioni dal 2014 al 2016 mentre era in visita al convento dell’istituto nel Kerala e di aver «abusato della sua posizione dominante».
Il caso – che ha destato grande sconcerto tra i cattolici indiani – era venuto alla luce nel settembre 2018, con la protesta di cinque consorelle che chiedevano giustizia per la religiosa. Da parte sua, il presule ha sempre sostenuto che le accuse fossero infondate e infamanti, accusando la suora di volerlo screditare per vendetta, dopo averla rimossa dalla guida della congregazione.
Mulakkal – che dal 2009 al 2013 è stato vescovo ausiliare di Delhi, prima di essere chiamato a guidare la diocesi di Jalandhar nel Punjab – per la vicenda era stato anche arrestato nel 2018, trascorrendo tre settimane in carcere prima di essere liberato su cauzione. Già allora la Santa Sede aveva accolto la sua richiesta di essere sollevato dai propri doveri di vescovo finché la vicenda fosse chiarita, nominando nel frattempo un amministrator diocesano.
Nel febbraio scorso Mulakkal aveva incontrato papa Francesco in Vaticano. In un videomessaggio diffuso oggi a commento della vicenda ha detto di aver informato il pontefice durante l’incontro della sua decisione di dimettersi dall’incarico. «L’ho fatto per il bene della diocesi di Jalandhar e per la nomina di un nuovo vescovo», ha spiegato aggiungendo le lacrime da lui versate porteranno alla riforma della Chiesa. Ha espresso inoltre la sua gratitudine a quanti hanno pregato e si sono preoccupati per lui.
Da parte sua la nunziatura apostolica in India in una nota ha ricordato che l’Alta Corte ha ammesso un ricorso d’appello contro la sentenza di assoluzione. Ha anche chiarito che – pur non essendo state adottate azioni disciplinari – le dimissioni di Mulakkal erano state richieste «per il bene della Chiesa», specialmente per il bene della diocesi di Jalandhar che ha bisogno di un nuovo vescovo.
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