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Prevost dietro la rimozione di monsignor Strickland?

In rete circola la voce secondo cui il cardinale Robert Francis Prevost, prefetto del Dicastero per i Vescovi, avrebbe avuto un ruolo significativo nella decisione di rimuovere monsignor Strickland, dalla sua diocesi di Tyler, in Texas.
Il siluramento del vescovo texano all’epoca fece scalpore, e si presentò come segno dispotico da parte del papato Bergogliano.
Secondo quanto si dice, il Prevost, all’epoca prefetto del dicastero per i Vescovi, avrebbe incontrato Papa Francesco per discutere le dimissioni di monsignor Strickland. Il Vaticano quindi ordinò una visita apostolica alla diocesi di Tyler, condotta – non senza controversia – dal vescovo Dennis Sullivan di Camden e dal vescovo emerito Gerald Kicanas di Tucson.
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La visita ha previsto un’indagine approfondita sulla governance e la leadership della diocesi di Tyler, e ha concluso che la prosecuzione dell’incarico di Strickland non era fattibile.
Monsignor Strickland è noto per la sua ortodossia, dal fermo rifiuto dei vaccini ottenuti con feti abortiti (riguardo ai quali ha detto che preferirebbe morire piuttosto che assumerli) alle critiche agli errori dottrinarli sempre più intollerabili da parte di Bergoglio. Aveva inoltre definito Joe Biden come un «fake catholic», un «falso cattolico». Di recente il vescovo texano era sembrato avvicinarsi anche alla Santa Messa tradizionale, che il nuovo corso della diocesi ha definitivamente cancellato sei mesi fa.
Strickland ha avuto modo di commentare in diretta, un po’ a sorpresa, l’elezione. Era in collegamento per una lunga intervista con il popolare giornalista americano Glenn Beck quando vi è stata la fumata bianca. Al momento in cui è stato rivelato il nome del papa prescelto, Strickland ha detto di conoscerlo poco, perché è cardinale da poco tempo, tuttavia ha sentito di dare la sua opinione riguardo al suo operato al dicastero per i vescovi.
Strickland on Prevost: “He was involved in naming bishops that I find troubling” pic.twitter.com/G8vuOEi97A
— JamestheCatholic (@TheNigerianTrad) May 9, 2025
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«È stato coinvolto nella nomina di vescovi che trovo preoccupanti» ha detto monsignor Strickland.
Secondo quanto riportato dalla testata americana The Pillar, Bergoglio ha incontrato l’allora arcivescovo Robert Prevost e l’arcivescovo Christophe Pierre, nunzio apostolico negli Stati Uniti, il 9 settembre. Fonti vicine al Dicastero hanno riferito alla testata, prima dell’incontro, che i prelati avrebbero presentato al papa i risultati della visita apostolica alla diocesi di Stickland, effettuata all’inizio di quell’anno, nonché ulteriori azioni pubbliche intraprese da Strickland.
Da notare come di lì a poco più di una ventina di giorni Bergoglio avrebbe creato cardinale Prevost (30 settembre 2023). Mentre per Strickland si sarebbe aperto l’abisso della rimozione dal suo incarico.
Ad ogni modo, nelle ultime ore monsignor Strickland ha rilasciato su X un messaggio conciliante.
With the election of His Holiness Pope Leo XIV, the Church enters a new chapter in her pilgrimage through history. We entrust the Holy Father to the guidance of the Holy Ghost and the protection of the Blessed Virgin Mary, praying that he may faithfully uphold the Deposit of… pic.twitter.com/RLpovx8MPT
— Bishop J. Strickland (@BishStrickland) May 8, 2025
«Con l’elezione di Sua Santità Papa Leone XIV, la Chiesa entra in una nuova fase del suo pellegrinaggio attraverso la storia».
«Affidiamo il Santo Padre alla guida dello Spirito Santo e alla protezione della Beata Vergine Maria, pregando affinché possa custodire fedelmente il Deposito della Fede e confermare i suoi fratelli nella verità».
«In questi tempi difficili, possiamo tutti noi, clero e laici, rimanere saldi nel nostro amore per Cristo, la Sua Chiesa e le Sacre Tradizioni tramandate attraverso i secoli».
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Immagine screnshot da YouTube
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Il cardinale Parolin ripercorre l’elezione di Leone XIV

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Spirito
«Una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, fermento per un mondo riconciliato»: omelia di inizio papato di Leone XIV

Renovatio 21 pubblica il testo integrale dell’omelia di papa Leone XIV durante la celebrazione eucarestica per l’inizio del ministero petrino.
Cari fratelli Cardinali,
fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico!
Un saluto ai pellegrini venuti in occasione del Giubileo delle Confraternite!
Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1).
In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36).
Proprio nel giorno di Pasqua abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).
In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.
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Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.
Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.
Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: «pescare» l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui «pescatori di uomini»; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.
Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.
Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un «di più», cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.
A Pietro, dunque, è affidato il compito di «amare di più» e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.
Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11). E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).
Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.
In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui!
Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.
Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.
Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).
Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.
Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.
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L’ambasciatore russo in Vaticano incontra Papa Leone XIV

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