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Il vescovo rimosso Strickland: «forze nella chiesa vogliono cambiare la Verità del Vangelo»

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Monsignor Joseph Strickland, il vescovo di Tyler, Texas, ha parlato alla stampa per la prima volta dopo la rimozione inflitta dal Vaticano pochi giorni fa.

 

Il vescovo texano, noto per la sua opposizione ai vaccini fatti con gli aborti e alle derive del papato pro-LGBT, ha concesso un’intervista al direttore del sito di informazione canadese LifeSiteNews John-Henry Westen a poche ore dalla sua cacciata, dove ha messo in evidenza che il cuore della questione è la Verità del Vangelo: «se vuoi cambiarla, allora io sono un problema» ha dichiarato il prelato.

 

«È un giorno triste per me, ma sono forte nel Signore», ha detto Strickland a Westen il giorno della sua rimozione.

 

Alla domanda sul perché sia stato rimosso (cosa che non veniva dichiarata nel bollettino vaticano) Strickland ha risposto: «L’unica risposta che ho è perché le forze nella Chiesa in questo momento non vogliono la verità del Vangelo».

 

«Vogliono che sia cambiato. Vogliono che venga ignorato. Vogliono liberarsi della verità che gloriosamente non scomparirà. La verità che è Gesù Cristo, il Suo corpo mistico, che è la Chiesa, tutte le meraviglie per cui sono morti i martiri e per cui hanno vissuto i santi durante quasi 2000 anni da quando Cristo è morto e risorto».

 

Strickland ha affermato di non attribuire completamente la colpa della sua rimozione a Papa Francesco perché «ci sono molte forze che lavorano contro di lui e lo influenzano nel prendere questo tipo di decisioni».

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«Ecco perché preghiamo per il Papa, per lui come figlio di Dio e per il suo ruolo di sommo pontefice».

 

«Ma dobbiamo riconoscere che ci sono forze enormi e potenti all’opera nel mondo», ha sottolineato. «San Paolo ci ricorda che non stiamo lottando contro gli esseri umani, in carne ed ossa; stiamo combattendo le potenze e i principati del male. E il male non vuole la verità di Gesù Cristo».

 

«Cristo è la Verità Incarnata, che ha rivelato chi siamo e qual è il piano per l’umanità. Questa non è la prima volta che i poteri costituiti cercano di espellere questa Verità».

 

«Ciò che è preoccupante, almeno nelle mie esperienze precedenti, è che ci sono persone dentro la Chiesa che vogliono cambiare la Chiesa ed espellere le verità fondamentali».

 

«Ci sono persone nella Chiesa che, invece di gloriarsi della verità di Cristo, vogliono cancellare parti significative della Sacra Scrittura e dire: ‘Oh, abbiamo sbagliato’, oppure “lo ignoreremo e basta”».

 

Strickland ha sottolineato che «i santi, nel corso di 2000 anni, non hanno sbagliato».

 

Il vescovo americano ha osservato che la diocesi di Tyler è in ottima forma perché è «benedetta con molti seminaristi, bravi giovani… che sarebbero meravigliosi mariti o meravigliosi padri spirituali, sacerdoti».

 

Secondo Strickland, la diocesi è anche «finanziariamente forte» grazie alla «enorme generosità» dei fedeli.

 

«Non riesco davvero a trovare altra ragione se non che ho minacciato alcuni dei potenti con la verità del Vangelo. Ciò non cambierà. Ciò non può cambiare. È perenne, è eterno. È glorioso. E se vuoi che le cose cambino, allora sono io un problema».

 

«Le Scritture ci dicono che Gesù Cristo è il volto della Verità», ha dichiarato Strickland nell’intervista. «Egli non si trasforma in un essere diverso da quello che era quando morì sulla croce e risuscitò per noi. È lo stesso Signore; Lui è la Via, la Verità e la Vita, e coloro che vogliono cambiare questo, per un giorno, in termini di storia umana, dobbiamo vivere questo giorno, ma è un momento che passerà e la verità prevarrà».

 

«Incoraggio me stesso e gli altri ad andare più profondamente che mai nella preghiera, a pregare per Papa Francesco, a pregare per la Chiesa, a pregare per il mondo».

 

«Apprezzo le preghiere, ne ho bisogno, e vi chiedo di pregare per la diocesi di Tyler e per le molte persone le cui vite sono sconvolte da questo», ha detto Strickland.

 

L’ex vescovo di Tyler ha più volte sottolineato che i fedeli devono restare nella Chiesa cattolica anche nei momenti difficili.

 

«Invito le persone a non sentirsi come se potessero allontanarsi dalla Chiesa. Siamo un corpo solo. Noi siamo il corpo mistico di Cristo che è la Chiesa».

 

«E dobbiamo essere forti, gioiosi e pieni di speranza in tutto ciò, pregando intensamente, pregando più intensamente che mai, e pregando affinché chiunque sia turbato, arrabbiato, confuso, qualunque siano le emozioni negative, possa superare tutto ciò con la consapevolezza che Gesù Cristo è verità e calma, e noi gioiamo di conoscerlo, gioiamo di condividerlo».

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Quando lo Westen gli ha chiesto se sa già dove vivrà dopo il suo allontanamento, Strickland ha detto che non sa cosa gli riserva il futuro.

 

«Sono nelle mani del Signore, come tutti noi», ha affermato. «Nessuno di noi sa veramente cosa ci riserva il domani”».

 

«Tutti noi abbiamo molte domande nella nostra vita», ha osservato Stickland. «Ma la risposta è che siamo nelle mani di Dio. Siamo del Signore. La Chiesa è Sua. Confidiamo che questo ci rafforzerà. Siamo guidati attraverso l’oscurità nella sua luce».

 

«Certamente rimango vescovo e successore degli apostoli», ha detto il prelato texano.

 

«Incoraggio le persone, come ho sentito di recente il vescovo Athanasius Schneider esortare le persone, a pregare più profondamente che mai per Papa Francesco, per la gerarchia vaticana. Tutti loro, tutti coloro che hanno la responsabilità enorme di guidare la Chiesa in questi giorni».

 

Strickland ha affrontato la confusione presente oggi nella Chiesa cattolica e ha sostenuto che, almeno in parte, ciò è dovuto al fatto che molti nella gerarchia ecclesiastica non conoscono o non credono più realmente nella fede.

 

«Sappiamo che stiamo vivendo un periodo di domande e confusioni di fede, e molte persone se ne vanno, molti cattolici dicono: “Oh, non credono più davvero a queste cose”».

 

«E troppi di coloro che occupano posizioni elevate nella Chiesa, almeno si comportano come se non conoscessero veramente il Signore. Non conoscono veramente sua madre. E poiché lo sappiamo, assumiamo l’opera caritativa di pregare per i confusi, pregare per coloro che hanno voltato le spalle alle realtà, alle realtà impegnative della nostra fede».

 

Il vescovo ha confermato che cederà il suo incarico all’amministratore nominato dal Vaticano e al suo eventuale successore nella diocesi di Tyler.

 

«Ho detto che non potevo rassegnarmi e che non potevo abbandonare di mia volontà il gregge che mi era stato donato. Ma… Papa Francesco ha l’autorità di rimuovermi da vescovo, e ha scelto di farlo. Devo rispettarlo».

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I lettori di Renovatio 21 conoscono Strickland per l’intransigenza mostrata dal prelato nei confronti dei vaccini ottenuti da linee cellulari di feto abortito.

 

«Preferisco morire piuttosto che beneficiare di qualsiasi prodotto che utilizzi un bambino abortito» aveva dichiarato a inizio 2022, quando la campagna vaccinale mondiale e i sistemi di sottomissione alla siringa genica, come il green pass, impazzavano.

 

Monsignor Strickland aveva cominciato a parlare di rifiuto del vaccino fatto con linee cellulari di feto abortito ancora a inizio 2020, quando si era lontani dalla realizzazione dei vaccini ora in distribuzione globale.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2020 fa il vescovo texano aveva dichiarato su Twitter: «Rinnovo la mia richiesta di rifiutare qualsiasi vaccino sviluppato utilizzando bambini abortiti (…) anche se ha avuto origine decenni fa, significa ancora che la vita di un bambino era finita prima che nascesse e quindi il suo corpo era usato come pezzi di ricambio (…) Tragicamente, le persone non sono a conoscenza o hanno scelto di chiudere un occhio sui progressi della scienza medica che consentono lo sviluppo di vaccini con l’uso all’ingrosso di corpi di bambini abortiti».

 

In una puntata del The Bishop Strickland Show il vescovo texano, mai pago nell’attaccare i «vaccini» COVID contaminati dall’aborto, ha evidenziato anche il fallimento dei vescovi, incapaci di compiere il loro dovere di opporsi agli obblighi totalitari di vaccinazione vaccinazioni.

Subito dopo la rimozione, una dichiarazione ufficiale di sostegno a Strickland era arrivata da parte di monsignor Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana (Kazakistan) e nome assai noto nei circoli tradizionalisti.

 

A seguire era arrivato anche il messaggio dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che aveva già incoraggiato Strickland con un messaggio di due mesi fa in cui parlava dell’«essere vescovi al punto dell’eroismo».

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Il cardinale Parolin ripercorre l’elezione di Leone XIV

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Il cardinale Pietro Parolin si confida raramente. Ciò non sorprende, visto che si è a capo di uno dei servizi diplomatici più discreti, efficienti e informati del mondo. Così, quando il Segretario di Stato della Santa Sede – il beniamino del «conclave mediatico» – menziona sulla stampa l’elezione di Papa Leone XIV al sovrano pontificato, i vaticanisti scrutano attentamente ogni sua parola.   È stato un certo fastidio per le «esibizioni» del cardinale riportate dalla stampa a spingere il numero due del Vaticano a uscire dal suo riserbo? Nulla è escluso, tanto più che lo stesso Le Figaro è entrato nel mirino delle indiscrezioni, facendo eco alle confidenze di alti prelati che sostengono l’ipotesi di un’elezione programmata ben prima del conclave.   Un’ipotesi del resto non sorprendente. In questo articolo si racconta che il cardinale Parolin ha ricevuto alcune decine di voti al primo turno, prima di vedere le sue ipotetiche speranze sciogliersi come neve al sole.

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«Più che un commento è una breve testimonianza che mi permetto di offrire, a partire dalla gioia che in così breve tempo la Chiesa universale abbia ritrovato il suo Pastore, il Successore di Pietro, il Vescovo di Roma, dopo la malattia e la morte di Papa Francesco, che ha avuto la pazienza di tenermi come suo Segretario di Stato per quasi 12 anni.», ha spiegato il cardinale Parolin al Giornale di Vicenza: un modo per mettere a tacere le «chiacchiere» e ricordare la sua posizione di rilievo.   L’alto prelato, di cui ogni parola è soppesata, conferma implicitamente l’unanimità raggiunta dalla persona del cardinale Robert Francis Prevost e quindi di una scelta preparata in anticipo: «credo di non rivelare nessun segreto, se scrivo che un lunghissimo e caloroso applauso è seguito a quell’“accetto” che lo rendeva il 267mo Papa della Chiesa Cattolica», ricorda.   Un’elezione, per usare un eufemismo, frutto più che di un compromesso di un processo iniziato ben prima dell’elezione e completato durante il pre-conclave: «non ha mai perduto il suo sorriso mite, pur, immagino, nella viva consapevolezza dei non pochi e dei non semplici problemi che la Chiesa d’oggi si trova ad affrontare».   «Ne avevamo parlato a lungo durante le Congregazioni dei Cardinali precedenti il Conclave, dove ognuno dei partecipanti – Cardinali elettori e non elettori – hanno potuto presentare il volto del cattolicesimo nei rispettivi Paesi, la sfide che lo attendono, le prospettive di futuro».   Il Segretario di Stato – riconfermato provvisoriamente – sottolinea, nel resto del suo discorso, tre qualità di Papa Leone XIV, prima di tutto la sua «serenità»: «questa serenità io l’ho sempre sperimentata nel Card. Prevost, che ebbi modo di conoscere all’inizio del mio servizio come Segretario di Stato per una questione spinosa che riguardava la Chiesa in Perù, dove egli era Vescovo della Diocesi di Chiclayo».   Sottolinea inoltre la sua capacità di lavorare in team e quindi di ascoltare: «Ho avuto poi la possibilità di collaborare direttamente con lui in questi due ultimi anni, dopo che Papa Francesco l’ha chiamato a Roma e l’ha messo a capo del Dicastero per i Vescovi. Ho potuto sperimentare in lui conoscenza delle situazioni e delle persone, pacatezza nell’argomentazione, equilibrio nella proposta delle soluzioni, rispetto, attenzione e amore per tutti».   Infine, il suo spirito religioso: «Credo che Papa Leone XIV, oltre ovviamente che nella grazia del Signore, troverà nella sua grande esperienza di religioso e di pastore, come pure nell’esempio, nell’insegnamento e della spiritualità del grande padre Agostino – che egli ha citato nelle sue prime parole – le risorse per lo svolgimento efficace del ministero che il Signore gli ha affidato,».   Tre qualità che – a quanto abbiamo capito – sono state decisive nella scelta di un papa chiamato a succedere a un pontefice argentino, la cui capacità di ascolto, serenità e spirito di collaborazione non erano necessariamente le caratteristiche…   Si tratta di un ulteriore modo per confermare che il pontefice americano è stato incaricato dai cardinali di riparare e rianimare una Chiesa che negli ultimi dieci anni è stata talvolta gravemente danneggiata. Un compito difficile, ma che il successore di Pietro sa di poter portare a termine ogni volta che «conferma i fratelli nella fede».   Articolo previamente pubblicato da FSSPX.News

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Immagine di Catholic Church of England and Wales via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0  
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«Una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, fermento per un mondo riconciliato»: omelia di inizio papato di Leone XIV

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Renovatio 21 pubblica il testo integrale dell’omelia di papa Leone XIV durante la celebrazione eucarestica per l’inizio del ministero petrino.

 

Cari fratelli Cardinali,

 

fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

 

distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico!

 

Un saluto ai pellegrini venuti in occasione del Giubileo delle Confraternite!

 

Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1).

 

In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36).

 

Proprio nel giorno di Pasqua abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).

 

In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.

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Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.

 

Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.

 

Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: «pescare» l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui «pescatori di uomini»; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.

 

 

Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.

 

Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un «di più», cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.

 

A Pietro, dunque, è affidato il compito di «amare di più» e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.

 

Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11). E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).

 

Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.

 

In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui!

 

Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.

 

Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.

 

Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).

 

Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.

 

Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.

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L’ambasciatore russo in Vaticano incontra Papa Leone XIV

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L’ambasciatore russo in Vaticano, Ivan Soltanovsky, ha espresso la fiducia che il nuovo Papa Leone XIV possa svolgere un ruolo importante nel pacificare il conflitto ucraino. Ha rilasciato questa affermazione dopo il suo primo incontro con Papa Leone il 16 maggio.   «Il potenziale del dialogo russo-vaticano rimane solido, la cosa principale è il desiderio reciproco di lavorare sulla conversione dell’energia potenziale in energia cinetica», ha riportato l’agenzia Izvestia.   Il diplomatico della Federazione Russa presso la Santa Sede ritiene che il Papa intenda mantenere la rotta volta a promuovere la pace, il dialogo, la libertà della Chiesa e i valori della famiglia.

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Soltanovsky ha anche affermato che la Federazione Russa prevede di continuare la cooperazione con il Vaticano, anche per quanto riguarda il conflitto in Ucraina.   Poco dopo, il Vaticano ha annunciato la sua disponibilità a fornire una sede per ulteriori colloqui di pace. «Il Papa intende, forse, rendere disponibile il Vaticano, la Santa Sede, per un incontro diretto tra le due parti», ha dichiarato il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, a margine dell’incontro all’Augustinianum.   L’ambasciatore aveva presentato le sue credenziali a papa Francesco il 18 settembre 2023 come terzo Ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede. Soltanovsky rappresenta la Federazione Russa anche presso il Sovrano Ordine di Malta.  
  I rapporti diplomatici tra Mosca e Vaticano furono riallacciati durante lo storico incontro del 1989 tra Giovanni Paolo II e il Presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov. I primi inviati furono accreditati nel 1990, ma le piene relazioni diplomatiche tra i due Paesi furono attivate nel dicembre 2009.   Diplomatico di carriera, Ivan Soltanovsky si è specializzato nelle relazioni multilaterali, come rappresentante presso l’OSCE (1996-2000), la NATO (2003-2009) e come rappresentante permanente della Russia presso il Consiglio d’Europa (2015-2022).   Nel suo prima Regina Coeli papa Prevost ha chiesto la pace per Gaza e l’Ucraina.

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