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Il vescovo rimosso Strickland: «forze nella chiesa vogliono cambiare la Verità del Vangelo»

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Monsignor Joseph Strickland, il vescovo di Tyler, Texas, ha parlato alla stampa per la prima volta dopo la rimozione inflitta dal Vaticano pochi giorni fa.

 

Il vescovo texano, noto per la sua opposizione ai vaccini fatti con gli aborti e alle derive del papato pro-LGBT, ha concesso un’intervista al direttore del sito di informazione canadese LifeSiteNews John-Henry Westen a poche ore dalla sua cacciata, dove ha messo in evidenza che il cuore della questione è la Verità del Vangelo: «se vuoi cambiarla, allora io sono un problema» ha dichiarato il prelato.

 

«È un giorno triste per me, ma sono forte nel Signore», ha detto Strickland a Westen il giorno della sua rimozione.

 

Alla domanda sul perché sia stato rimosso (cosa che non veniva dichiarata nel bollettino vaticano) Strickland ha risposto: «L’unica risposta che ho è perché le forze nella Chiesa in questo momento non vogliono la verità del Vangelo».

 

«Vogliono che sia cambiato. Vogliono che venga ignorato. Vogliono liberarsi della verità che gloriosamente non scomparirà. La verità che è Gesù Cristo, il Suo corpo mistico, che è la Chiesa, tutte le meraviglie per cui sono morti i martiri e per cui hanno vissuto i santi durante quasi 2000 anni da quando Cristo è morto e risorto».

 

Strickland ha affermato di non attribuire completamente la colpa della sua rimozione a Papa Francesco perché «ci sono molte forze che lavorano contro di lui e lo influenzano nel prendere questo tipo di decisioni».

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«Ecco perché preghiamo per il Papa, per lui come figlio di Dio e per il suo ruolo di sommo pontefice».

 

«Ma dobbiamo riconoscere che ci sono forze enormi e potenti all’opera nel mondo», ha sottolineato. «San Paolo ci ricorda che non stiamo lottando contro gli esseri umani, in carne ed ossa; stiamo combattendo le potenze e i principati del male. E il male non vuole la verità di Gesù Cristo».

 

«Cristo è la Verità Incarnata, che ha rivelato chi siamo e qual è il piano per l’umanità. Questa non è la prima volta che i poteri costituiti cercano di espellere questa Verità».

 

«Ciò che è preoccupante, almeno nelle mie esperienze precedenti, è che ci sono persone dentro la Chiesa che vogliono cambiare la Chiesa ed espellere le verità fondamentali».

 

«Ci sono persone nella Chiesa che, invece di gloriarsi della verità di Cristo, vogliono cancellare parti significative della Sacra Scrittura e dire: ‘Oh, abbiamo sbagliato’, oppure “lo ignoreremo e basta”».

 

Strickland ha sottolineato che «i santi, nel corso di 2000 anni, non hanno sbagliato».

 

Il vescovo americano ha osservato che la diocesi di Tyler è in ottima forma perché è «benedetta con molti seminaristi, bravi giovani… che sarebbero meravigliosi mariti o meravigliosi padri spirituali, sacerdoti».

 

Secondo Strickland, la diocesi è anche «finanziariamente forte» grazie alla «enorme generosità» dei fedeli.

 

«Non riesco davvero a trovare altra ragione se non che ho minacciato alcuni dei potenti con la verità del Vangelo. Ciò non cambierà. Ciò non può cambiare. È perenne, è eterno. È glorioso. E se vuoi che le cose cambino, allora sono io un problema».

 

«Le Scritture ci dicono che Gesù Cristo è il volto della Verità», ha dichiarato Strickland nell’intervista. «Egli non si trasforma in un essere diverso da quello che era quando morì sulla croce e risuscitò per noi. È lo stesso Signore; Lui è la Via, la Verità e la Vita, e coloro che vogliono cambiare questo, per un giorno, in termini di storia umana, dobbiamo vivere questo giorno, ma è un momento che passerà e la verità prevarrà».

 

«Incoraggio me stesso e gli altri ad andare più profondamente che mai nella preghiera, a pregare per Papa Francesco, a pregare per la Chiesa, a pregare per il mondo».

 

«Apprezzo le preghiere, ne ho bisogno, e vi chiedo di pregare per la diocesi di Tyler e per le molte persone le cui vite sono sconvolte da questo», ha detto Strickland.

 

L’ex vescovo di Tyler ha più volte sottolineato che i fedeli devono restare nella Chiesa cattolica anche nei momenti difficili.

 

«Invito le persone a non sentirsi come se potessero allontanarsi dalla Chiesa. Siamo un corpo solo. Noi siamo il corpo mistico di Cristo che è la Chiesa».

 

«E dobbiamo essere forti, gioiosi e pieni di speranza in tutto ciò, pregando intensamente, pregando più intensamente che mai, e pregando affinché chiunque sia turbato, arrabbiato, confuso, qualunque siano le emozioni negative, possa superare tutto ciò con la consapevolezza che Gesù Cristo è verità e calma, e noi gioiamo di conoscerlo, gioiamo di condividerlo».

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Quando lo Westen gli ha chiesto se sa già dove vivrà dopo il suo allontanamento, Strickland ha detto che non sa cosa gli riserva il futuro.

 

«Sono nelle mani del Signore, come tutti noi», ha affermato. «Nessuno di noi sa veramente cosa ci riserva il domani”».

 

«Tutti noi abbiamo molte domande nella nostra vita», ha osservato Stickland. «Ma la risposta è che siamo nelle mani di Dio. Siamo del Signore. La Chiesa è Sua. Confidiamo che questo ci rafforzerà. Siamo guidati attraverso l’oscurità nella sua luce».

 

«Certamente rimango vescovo e successore degli apostoli», ha detto il prelato texano.

 

«Incoraggio le persone, come ho sentito di recente il vescovo Athanasius Schneider esortare le persone, a pregare più profondamente che mai per Papa Francesco, per la gerarchia vaticana. Tutti loro, tutti coloro che hanno la responsabilità enorme di guidare la Chiesa in questi giorni».

 

Strickland ha affrontato la confusione presente oggi nella Chiesa cattolica e ha sostenuto che, almeno in parte, ciò è dovuto al fatto che molti nella gerarchia ecclesiastica non conoscono o non credono più realmente nella fede.

 

«Sappiamo che stiamo vivendo un periodo di domande e confusioni di fede, e molte persone se ne vanno, molti cattolici dicono: “Oh, non credono più davvero a queste cose”».

 

«E troppi di coloro che occupano posizioni elevate nella Chiesa, almeno si comportano come se non conoscessero veramente il Signore. Non conoscono veramente sua madre. E poiché lo sappiamo, assumiamo l’opera caritativa di pregare per i confusi, pregare per coloro che hanno voltato le spalle alle realtà, alle realtà impegnative della nostra fede».

 

Il vescovo ha confermato che cederà il suo incarico all’amministratore nominato dal Vaticano e al suo eventuale successore nella diocesi di Tyler.

 

«Ho detto che non potevo rassegnarmi e che non potevo abbandonare di mia volontà il gregge che mi era stato donato. Ma… Papa Francesco ha l’autorità di rimuovermi da vescovo, e ha scelto di farlo. Devo rispettarlo».

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I lettori di Renovatio 21 conoscono Strickland per l’intransigenza mostrata dal prelato nei confronti dei vaccini ottenuti da linee cellulari di feto abortito.

 

«Preferisco morire piuttosto che beneficiare di qualsiasi prodotto che utilizzi un bambino abortito» aveva dichiarato a inizio 2022, quando la campagna vaccinale mondiale e i sistemi di sottomissione alla siringa genica, come il green pass, impazzavano.

 

Monsignor Strickland aveva cominciato a parlare di rifiuto del vaccino fatto con linee cellulari di feto abortito ancora a inizio 2020, quando si era lontani dalla realizzazione dei vaccini ora in distribuzione globale.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2020 fa il vescovo texano aveva dichiarato su Twitter: «Rinnovo la mia richiesta di rifiutare qualsiasi vaccino sviluppato utilizzando bambini abortiti (…) anche se ha avuto origine decenni fa, significa ancora che la vita di un bambino era finita prima che nascesse e quindi il suo corpo era usato come pezzi di ricambio (…) Tragicamente, le persone non sono a conoscenza o hanno scelto di chiudere un occhio sui progressi della scienza medica che consentono lo sviluppo di vaccini con l’uso all’ingrosso di corpi di bambini abortiti».

 

In una puntata del The Bishop Strickland Show il vescovo texano, mai pago nell’attaccare i «vaccini» COVID contaminati dall’aborto, ha evidenziato anche il fallimento dei vescovi, incapaci di compiere il loro dovere di opporsi agli obblighi totalitari di vaccinazione vaccinazioni.

Subito dopo la rimozione, una dichiarazione ufficiale di sostegno a Strickland era arrivata da parte di monsignor Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana (Kazakistan) e nome assai noto nei circoli tradizionalisti.

 

A seguire era arrivato anche il messaggio dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che aveva già incoraggiato Strickland con un messaggio di due mesi fa in cui parlava dell’«essere vescovi al punto dell’eroismo».

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Cervello

Svelata la causa della morte di San Tommaso d’Aquino?

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Un articolo della rivista World Neurosurgery, pubblicato nel numero di febbraio 2024, presenta una ricostruzione medica della causa della morte di san Tommaso d’Aquino, dottore comune della Chiesa, di cui da tre anni celebriamo il triplice anniversario: il 700° anniversario della sua canonizzazione (1323), il 750° anniversario della sua morte (1274) e l’800° anniversario della sua nascita (1225).   Il celebre dottore scolastico, insignito del titolo di «dottore comune» della Chiesa, ebbe una vita breve. Nato nel 1225, morì il 7 marzo 1274, a meno di 50 anni, nell’Abbazia di Fossanova, mentre era in viaggio per il Concilio di Lione su richiesta di papa Gregorio X. Anche se l’aspettativa di vita era inferiore a quella odierna, si trattò di una morte che potremmo definire prematura.   Come in ogni ricerca diagnostica che rispetti le regole, gli autori hanno esaminato innanzitutto l’anamnesi, cioè le informazioni raccolte interrogando il paziente o chi gli sta intorno. In questo caso sono state messe in discussione le fonti storiche per cercare di ricostruire al meglio le circostanze che precedettero la morte del santo dottore.   L’articolo ci informa che tra le fonti principali figurano notizie biografiche di Pietro Calò, Guglielmo da Tocco e Bartolomeo da Capua, scritte alcuni anni dopo la morte del santo. A ciò si aggiungono le testimonianze raccolte durante il processo di canonizzazione. La maggior parte delle fonti risalgono al XIII e XIV secolo.   Gli autori si sono recati anche a Priverno per esaminare uno dei crani attribuiti a San Tommaso d’Aquino. In effetti, un altro cranio, conservato sotto l’altare del convento dei Giacobini a Tolosa, culla dell’Ordine Domenicano, pretende di essere la testa del santo dottore, ma non è stato esaminato. Questo sarà uno degli obiettivi della ricerca futura.   Finora sono state avanzate diverse ipotesi o teorie sulla causa della morte di Tommaso: una grave malattia generale, la morte in seguito a un’estasi mistica e persino un avvelenamento, il cui colpevole è indicato da Dante, nella Divina Commedia, nel re Carlo I di Napoli. Più di recente, i ricercatori hanno preso in considerazione anche il danno cerebrale.   La ricostruzione dimostra che San Tommaso lasciò il convento di Napoli il 28 gennaio 1274, prendendo la Via Latina verso Roma, percorso che gli consentì di passare per Maenza, dove risiedeva la nipote del santo. Fu allora, racconta uno dei testimoni, che San Tommaso cadde violentemente, sbattendo contro un albero caduto, che «in qualche modo lo fece perdere i sensi» (fere stupefactus quodammodo).

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Giunti poco dopo a Maenza, la comitiva rimase per 4 o 5 giorni, e lo stesso testimone racconta che allora fra Tommaso cominciò ad essere gravemente colpito da infermità: nausea, anoressia e debolezza generale, e per questo chiese «con grande devozione che fosse trasportato al monastero di Santa Maria di Fossanova, il che fu fatto». Dovette essere trasportato su un asino.   È opportuno ricordare che la regola domenicana dell’epoca proibiva ai frati di cavalcare cavalli o asini. Il fatto che San Tommaso abbia accettato di essere trasportato in questo modo dimostra la sua profonda debolezza. I resoconti del suo soggiorno a Fossanova descrivono un peggioramento generale dei sintomi: debolezza, nausea e anoressia, ma senza danni neurologici rilevanti.   Basti ricordare un momento in cui, durante un dibattito metafisico, fra Reginald, suo compagno, descrive il santo che non sa cosa scrivere e che evita le domande. Ma pochi giorni dopo stava tenendo un sermone. Testimoni parlano della conservazione della sua capacità intellettuale: dettò un commento – purtroppo perduto – al Cantico dei Cantici .   Il quadro clinico può essere così riassunto: una lesione iniziale preceduta da un periodo di lucidità a cui sono seguiti sintomi di debolezza, nausea e anoressia, progressivamente peggiorati fino alla morte. Questa immagine potrebbe suggerire un ematoma subdurale, ovvero una raccolta di sangue che si forma gradualmente tra la dura madre e l’aracnoide.   Sono infatti tre le «meningi» che avvolgono l’encefalo: la dura madre, che è applicata contro l’osso cranico, l’aracnoide, situata più in basso, e la pia madre, immediatamente a contatto con l’encefalo. Un ematoma subdurale si trova tra la dura madre e l’aracnoide. Nella maggior parte dei casi è dovuto a un trauma cranico lieve o moderato.   Succede che un ematoma di questo tipo guarisca spontaneamente se è piccolo. Ma può anche accadere che si diffonda progressivamente, provocando diversi sintomi il cui sviluppo si svolge nell’arco di diverse settimane o anche più a lungo: si tratta allora di un ematoma subdurale cronico. Se non curata, molto spesso porta alla morte.   Gli autori concludono quindi che è altamente probabile che si sia trattato di un ematoma subdurale cronico, causato dal violento impatto con un albero sulla strada tra Napoli e Maenza. Propongono di proseguire le indagini ottenendo il permesso di esaminare i due teschi che competono per essere la reliquia del dottor angelico.   Questo esame potrebbe rivelare tracce dell’incidente iniziale e, chissà, decidere tra Tolosa e Priverno circa il possesso dell’autentica testa del più celebre dottore della cristianità! Articolo precedentemente apparso su FSSPX.News

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Immagine: foto del cranio di San Tommaso d’Aquino in a Columbus, Ohio, USA, nel 2024 Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Spirito

Bergoglio sta male e va in ospedale. Abdicherà come previsto dalla sua lettera?

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Bergoglio è stato ricoverato questa mattina in ospedale a Roma per «esami diagnostici» e per ricevere cure per una «bronchite» in corso che dura da tempo.

 

Poco prima delle 11 di questa mattina, ora locale, la Sala Stampa della Santa Sede ha diffuso un comunicato in cui si legge: «Questa mattina, dopo le udienze, Papa Francesco sarà ricoverato al Policlinico Agostino Gemelli per gli accertamenti diagnostici necessari e per proseguire le cure ospedaliere per la bronchite in atto».

 

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Nelle ultime settimane, la respirazione di Francesco è stata per lui un problema notevole: ha lamentato una «bronchite» e, di conseguenza, ha dovuto interrompere diversi discorsi e omelie.

 

Da giovedì scorso – quando aveva già chiesto ai collaboratori di leggere i discorsi – le udienze private si sono tenute nella sua casa di residenza, la Casa Santa Marta, anziché nel Palazzo Apostolico: questa disposizione è stata adottata per evitare ogni spostamento non necessario.

 

Il Bergoglio ha ricevuto in udienza ieri mattina il primo ministro della Slovacchia, prima che la dichiarazione della sala stampa venisse rilasciata alla stampa.

 

Meno di due ore prima della dichiarazione, nuovi eventi erano stati aggiunti al calendario pubblico del papa per la mattina di sabato 15 febbraio, vale a dire la sua partecipazione a un’udienza generale delle 9 per un pellegrinaggio dell’Anno giubilare. Tale tempistica suggerisce che il ricovero del Papa in ospedale sia stato un evento organizzato in fretta.

 

In un aggiornamento successivo rilasciato alla stampa intorno alle 13:00 ora locale, l’ufficio stampa ha dichiarato che la partecipazione del Papa agli eventi programmati per il 15, 16 e 17 febbraio è stata annullata a causa del suo ricovero in ospedale. Il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’istruzione, sostituirà Francesco agli eventi del Giubileo.

 

Come scrive LifeSite, la salute dell’88enne Pontefice è stata particolarmente fragile negli ultimi mesi. Già privo di gran parte di un polmone a causa di una malattia nei suoi primi 20 anni, il Pontefice è sempre stato particolarmente suscettibile ai raffreddori invernali che influenzano la sua capacità respiratoria.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa era stato improvvisamente ospedalizzato per una operazione chirurgica definita «urgente», facendo sospettare ad alcuni che si trattasse di un «malore».

 

Prima del ricovero odierno, era stato sottoposto a un round di brevi «test diagnostici» nel febbraio 2024, ma non si era più recato ufficialmente in ospedale per un’operazione dall’estate del 2023.

 

Tuttavia, negli ultimi mesi ha avuto due cadute pubblicamente riconosciute. Al concistoro del 7 dicembre per la creazione dei cardinali, Francesco si è presentato con un livido ben visibile sul mento. Il segno è stato spiegato dall’ufficio stampa come dovuto a una piccola caduta che il Papa ha avuto la mattina precedente, quando ha sbattuto il mento sul comodino.

 

Poi, a metà gennaio, il Papa sarebbe stato vittima di un’ulteriore altra caduta che questa volta lo costrinse a usare una fasciatura al braccio destro per alcuni giorni.

 

Anche la mobilità del Papa è stata notevolmente più limitata nelle ultime settimane. Mentre ha dovuto usare una sedia a rotelle e un bastone per alcuni anni, la sua incapacità di camminare liberamente senza assistenza è stata particolarmente evidenziata quest’inverno. Anche i suoi lineamenti presentano segni di notevole gonfiore, un aspetto accuratamente nascosto dagli operatori delle telecamere durante gli eventi trasmessi in diretta streaming.

 

Parlando con il giornale francese La Croix, fonti vicine al Papa hanno affermato che Francesco «non è in buona forma», un’osservazione che sembra facilmente accertabile per chi ha un occhio di osservazione.

 

Nel 2023 il gesuita argentino subì due ricoveri ospedalieri significativi, il primo dei quali fu descritto come «programmato», ma che Francis in seguito descrisse come un’emergenza, essendo arrivato in ospedale «privo di sensi».

 

Nel giugno 2023 è stato sottoposto a un intervento chirurgico per un’«ernia incisionale incarcerata», che la Sala Stampa della Santa Sede aveva descritto come una procedura necessaria, ma non un’urgenza.

 

In precedenza, nell’estate del 2021, il Papa era stato ricoverato in ospedale per 10 giorni, dopo essere stato sottoposto a un intervento chirurgico di sei ore al Gemelli per l’asportazione di una parte del colon dovuta a diverticolite.

 

Le informazioni che circondano la salute del Papa sono sempre avvolte nel segreto e le preoccupazioni private vengono minimizzate al pubblico. Resta da vedere quali informazioni sulle condizioni di Francesco saranno fornite nelle prossime ore dal Vaticano.

 

La domanda più importante, più che sulla salute del papa, riguarda la condizione del papato.

 

Varie volte il pontefice ha sollevato la possibilità di divenire «emerito», seguendo la via del predecessore Benedetto XVI. Nella sua autobiografia Life. Storia della mia vita uscita nel 2024, traccia lo scenario delle sue dimissioni, pur ricordando che si tratta di «un’ipotesi lontana», dichiarando oscuramente che in caso di rinuncia lui divrebbe non un «papa emerito» ma il «vescovo emerito di Roma».

 

Una rinuncia ulteriore sarebbe per l’istituzione del papato – di cui Bergoglio ha operato incontrovertibilmente una vera decostruzione – un colpo tremendo.

 

Nel 2022 il Sacro Palazzo confermò l’indiscrezione della stampa secondo cui il Bergoglio avrebbe già scritto una lettera di dimissioni preparata nell’evenienza di una malattia che paralizzi le sue capacità governative e decisionali. La lettera sarebbe stata concepita ancora nel 2013 durante i primissimi mesi di pontificato, quando era segretario di Stato vaticano il cardinale Tarcisio Bertone.

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«Io ho già firmato la mia rinuncia» ha dichiarato il papa al quotidiano spagnuolo ABC nel dicembre 2022. Era quando Tarcisio Bertone era segretario di Stato. Ho firmato la rinuncia e gli ho detto: “in caso di impedimento medico o che so io, ecco la mia rinuncia. Ce l’hai”. Non so a chi l’abbia data Bertone, ma io l’ho data a lui quando era segretario di Stato».

 

Nel 2023 parlando con il direttore della rivista gesuita Civiltà Cattolica Antonio Spadaro, Bergoglio aveva assicurato che «i papi dimissionari non devono diventare, diciamo così, una ‘moda’, una cosa normale. Benedetto XVI ha avuto il coraggio di farlo perché non se la sentiva di andare avanti a causa della sua salute. Io per il momento non ho in agenda questo. Io credo che il ministero del Papa sia ad vitam».

 

Tuttavia, con la morte di Ratzinger (definito simpaticamente da Bergoglio «un nonno in casa»), nel 2022 fu discussa l’eventualità per il papato bergogliano di normare la figura del papa emerito, ossia riformare il papato stesso.

 

Nel caso di un’abdicazione del gesuita, verso un conclave riempito di suoi cardinali, chi potrebbe quindi davvero sorprendersi?

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Geopolitica

Il Vaticano al centro della questione ucraina

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La Russia ha appena riconosciuto il ruolo chiave svolto dalla Santa Sede nello scambio di prigionieri con l’Ucraina. Giocando la carta umanitaria, il Vaticano si ritrova al centro della partita diplomatica sulla questione ucraina, in un momento in cui l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca rischia di rimescolare le carte.   Le scelte diplomatiche della Santa Sede sulla questione ucraina darebbero i loro frutti? Probabilmente secondo la dichiarazione delle autorità russe del 23 gennaio 2025: «con la partecipazione personale e attiva dell’inviato speciale del Papa in Ucraina, il cardinale Zuppi, 16 militari feriti delle forze armate del nostro Paese sono tornati in Russia nell’ambito dello scambio di prigionieri di guerra», ha affermato Maria Zakharova, portavoce del ministro degli Esteri russo.   Da diversi mesi il Vaticano ha cambiato atteggiamento nei confronti del conflitto ucraino: anziché cercare di mettere insieme punti di vista inconciliabili, è meglio giocare la carta umanitaria per riannodare i labili fili del dialogo e preparare i belligeranti a potersi sedere allo stesso tavolo in un futuro più o meno prossimo.

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Così, dal maggio 2023, data di inizio della missione del cardinale Matteo Zuppi, sono stati scambiati tra Ucraina e Federazione Russa 400 prigionieri di guerra e diverse centinaia di minori sfollati: «intendiamo continuare la cooperazione costruttiva con il Vaticano sulle questioni umanitarie», ha dichiarato Maria Zakharova.   Il portavoce ha aggiunto che, a differenza dell’Occidente, accusato di aver «provocato la guerra», «salta favorevolmente la posizione equilibrata del Vaticano e di Papa Francesco, che cercano di dare il loro contributo». Una soddisfazione di cui i diplomatici della Santa Sede, spesso accusati, in particolare dai cattolici ucraini, di una neutralità che ai loro occhi rasenta la complicità con Mosca, avrebbero fatto volentieri a meno.   Una cosa è certa: con questa dichiarazione inaspettata, la parte russa rimette visibilmente il Vaticano al centro del gioco diplomatico, in un momento in cui il conflitto in Ucraina entra in una nuova fase con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Il 24 gennaio, Vladimir Putin ha dichiarato di essere pronto a negoziare con la controparte americana sull’Ucraina, senza tuttavia fornire una data concreta.   «Non mi dilungherò su questo punto, ma posso solo dire che l’attuale presidente ha dichiarato di essere pronto a lavorare insieme. (…) Lo abbiamo sempre detto e voglio sottolinearlo ancora una volta: siamo pronti per questi negoziati sulle questioni ucraine», ha affermato il Presidente della Federazione Russa.   E per aggiungere qualcosa alla sua controparte americana: «non posso che essere d’accordo con [Donald Trump] nel dire che se fosse stato presidente, se non gli avessero rubato la vittoria nel 2020, forse non ci sarebbe stata la crisi in Ucraina che si è verificata nel 2022».   Per alcuni, il presidente russo sta cercando di guadagnare tempo per avanzare il più possibile nel teatro delle operazioni militari e arrivare in una posizione di forza al tavolo delle trattative: le recenti dichiarazioni, siano esse sull’aspetto umanitario con il Vaticano o diplomatico, costituirebbero, in questa prospettiva, altrettante manovre dilatorie.   Ma Donald Trump è intenzionato a negoziare rapidamente, minacciando Mosca con nuove sanzioni. «Se non troveremo rapidamente un accordo, non avrò altra scelta che imporre tariffe elevate (…) su tutto ciò che la Russia venderà agli Stati Uniti. Mettiamo fine a questa guerra che non sarebbe mai iniziata se fossi stato presidente. (…) Non devono più essere perse vite», ha affermato.

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La parte americana opta per i negoziati, basati su un mix di pressioni e incentivi, per portare Russia e Ucraina a un accordo. Le Figaro, da parte sua, suggerisce che i futuri colloqui potrebbero essere ospitati dalla Svizzera e dalla Slovacchia e inizieranno con un cessate il fuoco che congeli le posizioni dei due eserciti, pur accettando la possibilità di uno scambio di territori.   La parte russa sostiene una «pace a lungo termine» che includa il riconoscimento delle regioni conquistate all’Ucraina dal 2014 e del Donbass. Perché sul campo il vantaggio militare è chiaramente a favore della Russia, che ha bisogno di tempo per vincere la sua guerra di logoramento. Ma l’economia di guerra, che sta provocando un’inflazione del 9,5% in un anno, un’impennata degli affitti e dei prezzi dei prodotti alimentari, non può durare per sempre…   Come si vede, la situazione è tutt’altro che chiara sul terreno di ipotetici negoziati, ma nei cento giorni che si è concesso per risolvere la questione ucraina, il presidente americano avrà probabilmente interesse a fare affidamento sugli sforzi discreti messi in atto dal Vaticano. Per evitare che questi cento giorni sfocino, da un punto di vista puramente umano, in una drammatica Waterloo diplomatica.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News.  

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Immagine di Mstyslav Chernov via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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