Necrocultura
Il New York Times parla del «gusto del cannibalismo». Partita la finestra di Overton antropofaga?
Il New York Times ha pubblicato la settimana passata un articolo sul cannibalismo. Il pezzo è impaginato con grafiche artistiche prodotte appositamente, segno che a questo scritto l’editore ci tiene.
«Si scopre che il cannibalismo ha un tempo e un luogo» scrive il grande quotidiano, riportando la grande quantità di opere di finzione dedicate all’antropofagia.
Ecco A Certain Hunger, un recente romanzo su un critico di ristoranti con un gusto per la carne umana maschile. Ecco Yellowjackets, una serie su una squadra di calcio femminile del liceo bloccata nei boschi per alcuni mesi. Ecco Fresh, serie uscita marzo, riguarda un commercio clandestino di carne umana per i ricchi.
E ancora Lapvona, romanzo pubblicato a giugno, ritrae il cannibalismo in un villaggio medievale sopraffatto dalla peste e dalla siccità. Il libro Tender Is the Flesh, pubblicato in inglese nel 2020 e in spagnolo nel 2017, immagina una società futura che alleva gli esseri umani come bestiame. Sempre nel 2017, il celebre film intellettuale Raw, raccontava la storia di una studentessa di veterinaria vegetariana il cui gusto per la carne aumenta dopo aver consumato frattaglie crude.
In arrivo a fine anno c’è il film Bones and All, interpretato da Timothée Chalamet, dove un giovane comincia a bramare di consumare carne umana. Il regista è un italiano, Luca Guadagnino, già noto per perle come Melissa P.
L’autrice del romanzo A Certain Hunger, Chelsea Summers (è uno pseudonimo: si sa solo che vive tra Nuova York e Stoccolma) anni fa per il suo libro cannibale aveva subito almeno 20 rifiuti da parte degli editori.
Ora ritiene che l’aria sia cambiata, grazie alla potenza delle serie TV. «Dio benedica Yellojackets» dice nell’intervista col NYT.
L’episodio pilota di Yellowjackets mostra un’adolescente intrappolata, dissanguata come un cervo e servita su un piatto in un rituale terrificante. «I fan assetati di sangue continuano a sezionare la scena su Reddit, dove una bacheca di messaggi subreddit dedicata alla serie conta più di 51.000 membri».
I creatori della serie, Ashley Lyle e Bart Nickerson, che vivono a Los Angeles, affermano di volere che la trama suggerisca che il consumo umano non era solo per la sopravvivenza dei personaggi. «Quale parte della nostra repulsione per queste cose è la paura dell’estasi di esse?» si chiede il Nickerson, lasciando immaginare, quindi, che forse mangiare esseri umani potrebbe essere un’esperienza estatica, bellissima.
L’articolo va in cerca delle radici di questo revival cannibalistico e trova, ma guarda, le parole di uno scienziato. Ecco a voi lo zoologo Bill Schutt, autore del testo Cannibalismo: una storia perfettamente naturale, un titolo che è tutto un programma. Nello studio lo Schutt «afferma che le trame di fantasia sul consumo di carne umana sono antiche quanto la letteratura stessa». Sono, quindi, inevitabili fenomeni storici, naturali.
Ecco a voi quindi gli esempi storici della «mumia», la pratica di usare ossa mummificate macinate per lenire vari disturbi che era popolare nell’Europa occidentale del XVII secolo. Eccovi i famigerati pionieri di Donner che rimasero intrappolati nella Sierra Nevada nel 1846. Eccovi cannibalismo rituale in Papua Nuova Guinea fino agli anni ’50 . Eccovi il cannibalismo indotto dalla carestia in Cina negli anni Sessanta.
Il libro del professor Schutt presenta anche la storia del cosiddetto poliziotto cannibale, un ex agente del dipartimento di polizia di New York che è stato arrestato nel 2013 per aver partecipato a forum fetish che fantasticavano sulla cannibalizzazione delle donne e successivamente assolto.
Il Times non mette in elenco la sequela degli omo-cannibali tedeschi, su cui Renovatio 21 ha speso un po’ di parole, tuttavia ricorda il recentissimo scandalo riguardo all’attore Armie Hammer, accusato di essersi scambiato messaggi «cannibalistici» con una partner. Il giornalone, ovviamente, non menziona il fatto che Armie (che avete visto in film come The Social Network) sia nipote di uno stranissimo miliardario americano, Armand, Hammer, ritenuto essere stato durante la Guerra Fredda un potente punto di collegamento tra l’élite USA e il potere profondo sovietico.
Ad ogni modo, viene aggiunto un po’ di pepe: «Dopo che le accuse sono diventate pubbliche, [Armie Hammer]è stato abbandonato dalla sua agenzia, è stato ricoverato in riabilitazione e ora (…) vende case in multiproprietà alle Isole Cayman» scrive il NYT. «Per coincidenza, Hammer ha lavorato con Chalamet e il signor Guadagnino in Chiamami col tuo nome». Aggiungiamo qui che alcuni videro nel film, che parlava del rapporto omosessuale di un professore con un adolescente, una cifra «problematica» se non addirittura, ha sbottato qualcuno, con allusioni alla «pedofilia». (In Italia, dov’è ambientata la storia, l’età del consenso è 14 anni; il personaggio di Chalamet nel film ne ha 17, si è difeso lo Hammer).
Insomma il cannibalismo non è impensabile: c’è. La sua esistenza va, come dire, accettata…
Il lettore di Renovatio 21 riconoscerà i molti segni della finestra di Overton, che è seguita alla lettera nel suo esempio più crudele, quello appunto che simula una possibile normalizzazione – e legalizzazione – del cannibalismo.
Fu il regista russo Nikita Mikhalkov che, una diecina di anni fa, in un suo videoblog che finiva su YouTube, Besogon.tv, cominciò a tirar fuori questa «tecnologia politica» delineata dallo studioso americano.
Mikhalkov faceva proprio l’esempio del cannibalismo, chiedendosi come fosse possibile prendere un fenomeno così ripugnante e renderlo non solo tollerato dalla società, ma legale.
Ripassiamo: il salto dalla fase «impensabile» alla fase «radicale» avviene in genere grazie a scienziati che ti dicono che il fenomeno, per quanto ripugnante, c’è sempre stato, fa parte della sfera delle cose umane. Guardate più sopra, scienziato che dice che è tutto naturale e storicamente visibile: celo.
Nelle fasi da «radicale» ad «accettabile» a «razionale», interviene un fatto estremo che rende improvvisamente «sensato», «ponderato» il fenomeno aberrante. L’esempio che faceva il Mikhalkov nella sua simulazione era disastro aereo delle Ande» (1972), quando 16 sopravvissuti, dispersi nelle altitudini della Cordigliera, decisero, per sopravvivere, di cibarsi dei morti. L’episodio fece grande scalpore all’epoca, e continuò anche poi quando uscì, un quarto di secolo dopo, un film con Ethan Hawke.
L’articolo del NYT fa esplicito riferimento al disastro andino parlando di Yellowjackets, per poi però dire che i suoi autori desideravano trasmettere l’idea che non è la mera sopravvivenza al disastro aereo subito dalle ragazze della serie a farle divenire antropofaghe. C’è dell’altro… Quindi, anche per questa parte di Overton, celo.
Secondo Overton, il salto successivo di fase, da «razionale» a «popolare», avviene sotto la pressione di qualche persona di influenza, in ispecie le star del cinema, le persone di fama, etc.
Anche qui, celo. Apprendiamo dall’articolo che l’attrice Anya Taylor-Joy – nota per aver interpretato la strega nell’Amleto ultraviolento The Northman così come la strega nel film The Witch – ha pubblicato un post su Instagram e TikTok lodi al libro cannibale della Summers.
In nuce, vediamo realizzate, sia pur senza la portata massiva necessaria, tutte le tappe overtoniane.
Manca la legalizzazione – tuttavia lì si sta arrivando anche per un’altra via, quella biotecnologica.
Da tempo si parla di bistecche di carne umana cresciute in laboratorio. Tecnicamente, quindi, non si tratterebbe di cannibalismo, sostengono – quantomeno perché non stai mangiando una persona, ma la sua carne coltivata in vitro. La versione antropofaga della carne vegetale, sì. Ecco quindi il kit Ouroboros, per fare le bistecche di se stessi, in circa tre mesi usando le cellule prelevate dall’interno della guancia. Al momento, è un progetto da museo di design, che nel 2020 è stato candidato a Londra al premio di «progetto dell’anno».
Sappiamo tuttavia, che il cannibalismo è sulla rampa per il ritorno nel mondo finito in crisi sacrificale ben al di fuori del musei eccentrici.
Abbiamo visto, in Ucraina, il video di un ragazzo che trova un pezzo di gamba di russo in un tank distrutto e ne fa un barbecue.
Sentiamo, sempre in zona ucraina, in continuazione parlare di Holodomor, dove la fame portò i genitori a mangiare i figli. Sappiamo che la fame sta tornando anche qua: al punto che pure i presentatori TV ora parlano del fatto che la crisi alimentare porterà al cannibalismo.
Abbiamo visto come la magia nera, con i suoi riti cannibaleschi, sia stata definita una «emergenza» nel Parlamento nigeriano. Et pour cause: non è improbabile che essa faccia nel Paese più morti del COVID.
Il cannibalismo torna, perché sta tornando il sacrificio umano. Che è il contrario del sacrificio divino di Gesù Cristo: non è più Dio che si sacrifica per l’uomo divenendo carne e cibo per esso; è l‘uomo che sacrifica il suo simile (suo figlio, un bambino, una vergine…) per gli dei pagani, magari nutrendosi delle sue carni nel processo – perché, la carne umana sacrificata è giocoforza sacra, quindi preziosa, da consumare…
Siamo dinanzi all’inversione della religione della Civiltà, quindi alla barbarie satanica realizzata. Il cannibalismo è uno degli effetti del crollo del mondo retto dalla dignità umana, e quindi uno degli strumenti con cui la Necrocultura devasterà il pianeta finito sotto il tallone dell’anticristo.
E se pensate che esso sia di là da venire, seguite questo sito da poco.
Cosa credete che sia l’utilizzo di feti abortiti nei vaccini, nei cosmetici, nella ricerca scientifica?
Cosa credete che sia l’utilizzo terapico di cellule staminali embrionali?
Cosa credete che sia il vero significato del nuovo trend della trasformazione dei cadaveri in concime, se non quello di reimmettere il corpo umano nel ciclo alimentare?
Il mondo moderno è già cannibale. Ciò ci aiuta a capire quanto urgente sia la sua rigenerazione nel XXI secolo.
Roberto Dal Bosco
Necrocultura
Un altro feto trovato nel cassonetto. Volete davvero credere alla favola del disagio sociale?
Due giorni fa è stato rinvenuto un feto di poche settimane in un cassonetto situato in un parco a Parona, un comune della Lomellina nei pressi di Vigevano, in provincia di Pavia.
L’individuazione è avvenuta grazie agli operatori ecologici impegnati nelle operazioni di pulizia dell’area. Durante la loro attività di svuotamento dei cestini lungo via Papa Giovanni XXIII, il feto è emerso dal cassonetto.
Si tratta esattamente della trama della canzone Cassonetto differenziato (1989) di Elio e le Storie Tese, quella che ipotizzava una raccolta differenziata per i feti, vista la quantità di casi che finivano sui giornali: «lo spazzino è più sereno/ e poi si impressiona meno». Trentacinque anni fa già questo tipo di eventi seguiva un pattern molto riconoscibile, al punto da divenire una canzone satirica.
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Conosciamo, ad ogni modo, anche il ruolino di marcia delle cronache di situazioni come questa: secondo quanto riportano all’unisono i giornali locali e nazionali, i carabinieri sono stati tempestivamente contattati e si sono recati sul luogo. Possiamo annunciarvi che, nonostante si parli di telecamere ed altro, con molta difficoltà verrà trovato chi ha lasciato lì il bambino. Ad oggi, non abbiamo presente di casi di «scagliatrici di feto nel cassonetto» (cit. sempre Elio) identificate ed arrestate (e a dire il vero, non siamo nemmeno sicuri che si tratti di donne).
Torniamo alle cronache fetali pavesi: il feto, delle dimensioni di dieci centimetri, è stato affidato agli esperti dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Pavia per essere sottoposto a esame, è stato riportato. La cosa potrebbe creare una certa dissonanza cognitiva: il lettore sa che in certi casi – come quelli degli enigmatici feti imbarattolati disseminati in tutto il Paese – inizialmente si sospetta proprio di ospedali ed università, da cui «il residuo» potrebbe essere uscito. Abbiamo appreso anche che il giallo dei bidoni gialli di Granarolo, dove furono trovati feti umani, si risolse esattamente con l’Università che ne chiese la restituzione, e la procura che ne dispose il dissequestro. (Altro non ci è dato sapere: quanti erano, perché erano lì, a cosa servivano, chi erano… tutte domande che ci rimangono addosso)
Le cronache, in coro, continuano informandoci che date le sue ridotte dimensioni, si suppone che la gravidanza della madre del bambino del cassonetto pavese sia stata breve,
Nessuno osa ovviamente specificare come sia possibile che il bambino, che si presume sia uscito intero dal grembo materno, possa essere finito lì: vi sarebbe da fare la dolorosa ammissione per la quale – è la possibilità meno allucinante – il bambino sia uscito con la RU486, la pillola dell’aborto domestico che permette di espellere il feto integro, in genere nel water, pronto per farlo viaggiare nelle tubature giù giù sino alle fogne, dove sarà divorato da pantegane, batraci e pesci coprofagi, magari pure qualche insetto goloso che apprezza la carne umana tenera e i concentrati di staminali.
La RU486 – che qualcuno giustamente ha chiamato «il pesticida umano» – permette di far uscire integri dal grembo materno questi bambini minuscoli, ma mica questo orrore può essere detto pubblicamente (la storia dei bambini divorati nelle sentine, che Renovatio 21 va ripetendo da anni, dove altro credete di poterla leggere?), perché la pasticca della morte va sdoganata sempre più: ricorderete il ministro Roberto Speranza (quello che adesso ha qualche problemino nel presentare i suoi libri in giro per l’Italia, dove lo aspettano alcune persone che ha fatto vaccinare genicamente) e la sua spinta, in pieno lockdown, per la distribuzione più libera della pillola dell’aborto fai-da-te, da rifilare alle donne senza ricovero. Di nostro possiamo dire che più di una decina di anni fa abbiamo visto politici sedicenti pro-life – ancora in circolo, presso pure le alte sfere – votare a favore della distribuzione ampliate del pastiglione omicida.
Ciò detto, non è per parlarvi della RU486 – ora distribuita su internet anche per impulso civico delle femministe americane, sconvolte dalla defederalizzazione dell’aborto subita due anni fa tramite la sentenza della Corte Suprema USA Dobbs v. Jackson – che scriviamo queste righe.
In realtà, non è nemmeno per parlare dell’aborto – o meglio, per cercare di raccontare, una volta di più, che oramai siamo convinti di come esso sia solo un pezzo del puzzle, e il puzzle è talmente mostruoso che non c’è film o libro che lo abbia anche solo concepito.
In breve, abbiamo maturato la convinzione che il ritrovamento di feti in luoghi improbabili e degradanti – o misteriosi, inspiegabili – non sia un fenomeno spontaneo, una storia spiegabile con le categorie che ci forniscono giornali e politici – di sinistra, di destra, abortisti, pro-lifi.
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La narrazione, che perdura dai casi di feto nel cassonetto che avanza dagli anni Ottanta, vuole farci pensare che l’abominevole atto è un segno di degrado. Si tratta di persone povere, disperate. Forse una donna che non può permettersi di avere un bambino, o che non vuole averlo perché vive in un appartamento dove il patriarcato le imporrebbe di divenire madre. Cose così.
Insomma: lo shock del feto trovato nella spazzatura serviva a consolidare l’aborto di Stato, ad estenderlo: se la donna avesse abortito avremmo evitato di scandalizzare il netturbino («Ma mettetevi nei panni di chi / il cassonetto pulisce / mi trova e non capisce / il perché di tanta inciviltà / poi scende in piazza e sciopera / e la colpa è anche un po’ tua / se non ti batti per un mondo migliore / in cui una madre sappia dove gettare il bebè»: sono i realistici versi di Elio).
Logica ferrea: fai a pezzi il bambino dentro il grembo materno con il metodo Karman (facendolo diventare un rifiuto ospedaliero, o in certi casi materiale da esperimento) invece che farlo trovare poche settimane dopo nell’immondizia. Non una grinza: come diceva una filastrocca delle scuole medie, «era meglio morire da piccoli / con i…»
Il problema è che oggi tutta questa teoria non tiene più. Il bambino non è nato, è stato fatto uscire dalla madre prima, integro, quando era lungo poco più di un dito – eppure, già perfettamente umano, già Imago Dei.
L’aborto è libero, liberissimo: consentito dalle autorità anche senza essere incinte (è successo), celebrato come grande conquista sociale dalla stampa, dalla politica (tutta!), glorificato da fiction e serie TV. Perché mai allora, continuiamo a trovare feti nel cassonetto?
Se qualche voce «laica» ora si alza per dire che è per colpa del clima intollerante causato dalla chiesa cattolica, può tacersi anche subito: perché sappiamo come Roma non solo non abbia intenzione in alcun modo di andare contro la legge di figlicida (abbiamo cardinali che lo hanno pure dichiarato, e casi sussurrati di confessori che consigliano la procedura a fedeli disperate) ma come abbia fatto di tutto per infliggere il mondo un prodotto che dall’aborto è derivato, il vaccino COVID (e prima ancora, altri vaccini, tutti – come sa il lettore che ci segue negli anni 0 ottenuti con cellule di aborto). Il Vaticano sapeva, ma ha fatto spallucce.
E quindi? Se non si tratta di disagio, dramma sociologico, di repressione del diritto umano all’ammazzare la propria discendenza, cosa sono questi feti nei cassonetti?
Quello che pensiamo noi, adesso, è che siano essenzialmente dei segni. Non sono stati abbandonati, sono stati piazzati. Sono delle puntine su una mappa oscura, sono capitelli di un territorio letto secondo una mistica del male. Sono antenne, amuleti, sono prove di un sacrificio avvenuto sopra una determinata zona del Paese.
Chi li mette? Qualcuno che concepisce l’aborto, o meglio l’uccisione della vita umana innocente, come una realtà da rendere simbolo ripetibile distribuito sul territorio.
Immaginate tutte quelle vecchie chiesette, anche minuscole, ora deserte, che vedete un po’ ovunque. Immaginate che lì vi è un altare, che serve per il sacrificio di Dio per l’uomo. Invertite tutto: ecco che bisogna puntellare la Terra del segno del sacrificio dell’essere umano per il dio – o meglio, per il demone.
Si può trattare, quindi, di una sorta di pratica satanica, o forse perfino«post-satanica», di cui non abbiamo mai sentito nulla, perché tenuta davvero segreta da chi la pratica?
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Abbiamo ipotizzato questa spiegazione per la storia dei feti in barattolo rinvenuti nel corso di più decenni in vari luoghi improbabili, spesso nel verde: campi, argini dei fiumi, aiuole urbane, cimiteri. Probabilmente, siamo stati i primi a cercare di unire i puntini di questi casi: chi può avere interesse, nell’arco di trenta o quaranta anni, ad abbandonare vasetti con bambini dentro a Nord e Sud, in città e in campagna? Come può trattarsi di un unico soggetto che lo fa?
Ora stiamo cercando di allargare la medesima idea ai bimbi nei cassonetti. Forse non si tratta di donne disperate, a cui gli obiettori di coscienza cattivi hanno negato l’accesso al feticidio. Non si tratta di degrado sociale, non si tratta di quelle storie brutte che ci fanno allargare le braccia e dire «ma dove andremo a finire», così da spingerci sempre più dentro il nostro bozzolo domestico.
Forse non è una storia che potete ancora immaginare. Perché potrebbe essere talmente spaventosa da dover essere tenuta segreta – sia da chi la pratica, che da chi forse lo ha capito, ma non può dirlo, vuoi perché teme il panico sociale che potrebbe scatenare, vuoi perché forse qualcuno in alto desidera che continui, perché parte di un meccanismo, di un accordo indicibile.
Mentre meditate dentro questo abisso, abbiate una certezza: quella di non credere più, nemmeno per un secondo, a quanto vi dicono sull’aborto i politici, i giornali, i pregatori seriali, i pro-life a caccia dei vostri soldini.
Rifiutate del tutto chi vuole farvi fissare il dito invece che la luna di sangue che è sopra tutti noi.
Roberto Dal Bosco
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Autismo
Finestra di Overton per l’inarrestabile incremento dell’autismo: dal vaccino al sacrificio umano dell’eutanasia infantile
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«Abbiamo visto che eliminano completamente i down, perché la loro è una vita indegna di essere vissuta» dicevo indicando il caso dell’Islanda down-free. «E una vita indegna di essere vissuta, va eliminata… voi pensate che sia impossibile? Il re cattolico del Belgio nel 2014 ha firmato una legge per cui si può fare l’eutanasia del bambino, basta che il bambino sia “consenziente”… l’eutanasia infantile è arrivata… qualcuno lo chiama aborto post-natale» dicevo. Poi parlavo del caso di Charlie Gard, il bambino lasciato morire della Sanità inglese, e del suo messaggio, e cioè il «pensare che si possono ammazzare i bambini anche già nati… i bambini danneggiati si possono ammazzare». «Quindi io mi chiedo, e sono conscio della forza di questa mia domanda: quanti anni ci vorranno prima che i bambini autistici finiranno in questo calderone?» Ricordo il gelo che scese nella sala. Da persona che lavora con i teatri, so percepire la temperatura di una sala. Lì era precipitato tutto sottozero all’istante, al punto che mi fermai prima ancora di finire la frase. L’eutanasia dei bambini autistici sarà una proposta che la realtà globale comincerà a discutere, e ad accettare, a brevissimo. Il cittadino del futuro è dipendente, prevedibile, domestico – e soprattutto spendibile. Scartabile a piacere, eliminabile magari pure con l’assenso dei famigliari. Il capolavoro della Necrocultura di Satana è più visibile che mai: come con l’aborto – dove è la madre ad uccidere il suo figlio indifeso – anche qui l’eliminazione massiva di questa parte della popolazione in crescita verrà fatta passare per il consenso della famiglia, distruggendone, di fatto, ogni suo tessuto morale. La famiglia da luogo della vita, diventa luogo della Morte. La famiglia, la cellula primaria della società nella quale visse lo stesso Dio incarnato, il cuore della legge naturale, viene pervertita in modo sanguinario. È il Regno Sociale di Satana: parte dalle siringhe dei sieri e, dopo dolore e malattia, torna alle siringhe, ma dello sterminio biomedico di Stato. Dalla siringa al sacrificio umano. Lo Stato moderno fa così Quanto ci piacerebbe che la «consapevolezza sull’autismo», e le sue giornatone ONU pagate dal contribuente, parlasse di queste cose. Un’ultima cosa detta ai censori e ai «normalisti» che leggono queste righe e ridacchiano, o si scandalizzano, magari presi dalla voglia di segnalarci alle «autorità competenti» per «disinformazione»: ecco a voi il nostro dito medio, e ve lo siete meritato tutto, perché le vostre azioni stanno portando avanti nei decenni questo programma di morte e devastazione che usa i bambini come strumenti, come armi per la rivoluzione biologica che sta rovinando il mondo. Siatene consapevoli: la Necrocultura travolgerà anche voi e le vostre patetiche esistenze di volonterosi carnefici di Moloch. Svegliatevi. Convertitevi. Roberto Dal Bosco SOSTIENI RENOVATIO 21Autismo ed eutanasia infantile. Intervento di Roberto Dal Bosco dal convegno di Renovatio 21 «Vaccini fra obbligo e libertà di scelta», Reggio Emilia, 9 settembre 2017 pic.twitter.com/5aYBo27Gb8
— Renovatio 21 (@21_renovatio) April 17, 2024
Controllo delle nascite
Continua il crollo delle nascite in Italia
Il crollo delle nascite in Italia si è confermato nel corso del 2023, in Italia. Lo riporta l’agenzia ANSA.
L’ulteriore declino del numero dei bambini messi al mondo, come indicato dai dati demografici relativi a tale anno pubblicati oggi dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT).
Secondo le statistiche preliminari, il numero dei neonati residenti nel Paese si attesta a 379 mila, accompagnato da un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (rispetto al 6,7 per mille registrato nel 2022).
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Tale diminuzione delle nascite rispetto all’anno precedente si attesta a 14 mila unità, equivalenti al 3,6%.
Risalendo al 2008, ultimo anno di aumento delle nascite in Italia, si osserva un calo complessivo di 197 mila unità (-34,2%).
La media di figli per donna diminuisce da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinandosi notevolmente al minimo storico di 1,19 figli riscontrato nel lontano 1995. L’Italia, come da imperativo della Necrocultura, si sta spopolando.
Gli articoli di stampa che analizzano tale numero non osa metterlo in relazione con l’altra quota ufficiale che la logica vorrebbe andasse subito citata: il numero degli aborti nel Paese. Il dato del 2021 è di un totale nel notificato di 63.653 «interruzioni volontarie di gravidanza», o IVG, termine della neolingua orwelliana per il feticidio di Stato.
In pratica, secondo il dato ufficiale, ogni sei bambini uno viene sacrificato a Moloch – e non sappiamo che fine possa fare il corpo dei piccoli assassinati, se smaltito con i residui ospedalieri, bruciato come rifiuto, smembrato e venduto per esperimenti e linee cellulari per le farmaceutiche (in America, lo sappiamo, succede: e i produttori di vaccini possono ringraziare) oppure finito misteriosamente in barattoli disseminati per le campagne, o ancora in enigmatici bidoni gialli abbandonati in depositi fuori città.
A chi si rallegra del continuo andamento in diminuzione dell’aborto (-4,2% rispetto al 2020) a partire dal 1983, vogliamo ricordare che il dato ufficiale rappresenta la punta dell’iceberg, e forse nemmeno quella.
I bambini di fatto oggi muoiono a causa di quella che chiama contraccezione, che crea il fenomeno della cosiddetta «microabortività»: alcuni anticoncezionali, come la cosiddetta spirale (o IUD), ostacolando l’annidamento dell’embrione, di fatto agiscono come sistemi di aborto permanente. Qualcuno ritiene quindi che i dispositivi intrauterini possono considerarsi in grado di procurare alla donna anche un aborto al mese: è l’infanticidio automatico, impiantato macchinalmente dentro il corpo stesso della donna. Capolavori della medicina moderna…
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Stesso discorso va fatto per il numero sommerso dei bambini uccisi dalla RU486, il pesticida umano utilizzato per l’aborto chimico: come usiamo ripetere, qui il feto viene espulso nel water e poi inviato con lo sciacquone nelle fogne dove sarà presumibilmente divorato da ratti, rane, pesci, insetti vari.
Esistendo un mercato nero diffuso della pillola dell’aborto – negli USA pure sostenuto da alcuni gruppi femministi specialmente dopo la defederalizzazione del «diritto di aborto» avvenuta con la sentenza della Corte Suprema Dobbs v. Jackson del 2022 – il numero di bambini trucidati con la pasticca assassina non è dato conoscerlo.
Vi va aggiunta, in ogni caso, anche la quantità di esseri umani terminati dalla pillola del giorno dopo, per la quale la stampa sincero-democratica si sgola da anni spiegando che non è aborto, quando invece lo è.
In questa sede, poi, non inizieremo nemmeno il discorso sulla quantità di embrioni prodotti e scartati con la riproduzione artificiale (sono centinaia di migliaia…), né il numero di esseri creati in provetta e poi congelati sotto azoto liquido in un limbo teologicamente, politicamente, legalmente biologicamente indefinito (sono vivi? Sono morti?).
Il numero dei bambini uccisi dallo Stato-Erode non è quindi di 65 mila individui, ma molto superiore. Non si tratta di una città di piccole dimensioni che sparisce ogni anno: forse è una metropoli, è una piccola regione che viene nuclearizzata nel grembo materno mentre la popolazione si contrae mostruosamente, e – molto causalmente – il Paese, anche sotto un sedicente governo nazionalista e sovranista, importa a spese del contribuente milionate di africani, le cui cifre sembrano decisamente essere quelle di una sostituzione vera e propria.
Caro lettore sincero-democratico, qualche campanello in testa ti si accende?
C’è qualcosa che vuoi fare, che non sia dare spago a danari a qualche stupido gruppo pro-life?
Roberto Dal Bosco
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