Spirito
Sacrifici umani, il parlamento nigeriano chiede lo stato di emergenza

A inizio febbraio la camera dei rappresentanti, il Parlamento nigeriano, ha chiesto la dichiarazione di emergenza nazionale sulle uccisioni rituali in Nigeria, esortando l’Agenzia di orientamento nazionale, i genitori, i capi di istituto, i leader religiosi e i media a intraprendere una campagna per cambiare la tendenza. Lo riporta il sito nigeriano Business Day.
Il Parlamento ha quindi invitato l’ente per il controllo degli audiovisivi (National Film and Video Censors Board) ad vigilare e ha incaricato la Commissione per l’informazione, l’orientamento nazionale, l’etica e i valori della Camera di riferire ai deputati entro quattro settimane.
La Camera ha inoltre chiesto all’ispettore generale della polizia Usman Alkali-Baba di adottare misure urgenti per aumentare la sorveglianza e la raccolta di informazioni al fine di arrestare e perseguire tutti gli autori di omicidi rituali in Nigeria e incaricare la commissione per gli affari di polizia della Camera di riferire alla Camera entro quattro settimane.
Nella maggior parte dei casi i colpevoli violentano, mutilano e uccidono vittime ignare per ottenere parti del corpo sensibili per usi rituali
Le delibere facevano seguito all’adozione di una mozione d’urgenza pubblica in merito. «Need to Curb the Rising Trend of Ritual Killings in Nigeria» («Necessità di frenare la crescente tendenza delle uccisioni rituali in Nigeria») mossa in riunione plenaria dal vice leader della minoranza, Toby Okechukwu.
Nella mozione, Okechukwu si è lamentato dell’impennata di omicidi rituali segnalati con crescenti casi di rapimenti e persone scomparse in diverse parti del Paese. Nella maggior parte dei casi i colpevoli violentano, mutilano e uccidono vittime ignare per ottenere parti del corpo sensibili per usi rituali.
Vi sono «diversi rapporti in cui agenti delle forze dell’ordine hanno arrestato sospetti di omicidi rituali con immagini cruente di teschi umani e corpi smembrati»
La Croce Rossa nel 2017 ha riferito di aver ricevuto 10.480 segnalazioni di persone scomparse in Nigeria.
Il deputato ha notato che il 22 gennaio 2022, tre sospetti adolescenti e una ragazza di 20 anni, Sofiat, avrebbero ucciso una ragazza, facendo trovare poi la sua testa mozzata e bruciata in una pentola in un locale ad Abeokuta, nello stato di Ogun.
Okechukwu ha anche detto che il comando della polizia di stato di Ogun lunedì ha riferito che uno dei sospetti ha confessato di aver appreso l’atto dell’omicidio rituale da un video che ha visto su Facebook.
Ha detto quindi di essere a «conoscenza di diversi rapporti in cui agenti delle forze dell’ordine hanno arrestato sospetti di omicidi rituali con immagini cruente di teschi umani e corpi smembrati».
Inoltre, gli è chiara la matrice religiosa del sacrificio umano, perché «falsi religiosi, imam, erboristi e medici indigeni sono spesso complici di pratiche atroci»,
Il codice penale della Nigeria da decenni include articoli che puniscono la magia nera: il Paese ha legiferato per punire il «possesso di teschi umani»
Il rappresentante nigeriano ha dichiarato che «i commercianti di tali atti malvagi spesso usano i social media come uno strumento pronto per pubblicizzare i loro comportamenti malvagi».
Vi sarebbe un problema mediatico da risolvere: «l’omicidio rituale è diventato un tema predominante nella maggior parte dei film fatti in casa che, se non controllato, la nostra generazione più giovane potrebbe iniziare a considerarlo una norma accettabile» ha dichiarato Okechukwu, ricordando il «ruolo dell’industria cinematografica nigeriana nel plasmare i modelli comportamentali nella nostra società».
Come riportato da Renovatio 21, i ritual killing sono una cifra ineliminabile dei cult, ossia le mafie nigeriane, che sono ora molto presenti anche in Italia.
Si è ipotizzato l’affiliazione a mafie dedite a squartamenti e financo cannibalismi rituali degli accusati di alcuni indicibili fatti di cronaca italiana.
Per il cittadino italiano la domanda da porsi è: quanta di questa cultura del sacrificio umano è stata importata in Italia con l’Immigrazione?
Il codice penale della Nigeria da decenni include articoli che puniscono la magia nera: il Paese ha legiferato per punire il «possesso di teschi umani» (Criminal Code 1990, sezione 329) e la «minaccia di stregoneria» (sezione 210).
Secondo un documento dell’Immigration and Refugee Board of Canada, gli omicidi rituali sono «una pratica comune» in Nigeria, e in costante aumento nell’ultimo ventennio.
Un giornale locale, il Vanguard, registra come gli omicidi rituali coinvolgano anche e soprattutto la parte alta della società, con picchi di indagini quando le elezioni sono dietro l’angolo.
Secondo varie testimonianze, è possibile acquistare resti umani al mercato, al fine di utilizzarli per fini esoterici.
Quanti omicidi rituali sono avvenuti in Italia?
«Le ricerche – scrive ancora il quotidiano nigeriano Vanguard – dimostrano che le parti femminili sono più richieste di quelle maschili. Ciò avviene a causa di quello che è descritta come la “potenza” di alcuni organi come i seni e i genitali all’interno di money ritual da parti di herbalist [erborista, sciamano, NdR] o gruppi occulti». Tanto per tenere a mente la storia della vagina sparita di Pamela.
«Abbiamo visto che una testa umana fresca può andare da 60.000 naira (circa 135 euro) in su, mentre un teschio è venduto per 20.000. Le gambe fresche sono vendute per 30.000 ciascuna, mentre una gamba decomposta viene venduta per 20.000. Un dito fresco viene venduto per 5.000, se decomposto o per 3.000. Gli intestini freschi sono venduti per 20.000 mentre quelli secchi sono venduti per 5000. Pezzi di ossa fresche sono venduti per 2.000 e oltre».
Vi è un traffico parallelo di resti umani che si è sviluppato parallelamente agli omicidi rituali, ed è quello dei cimiteri. I guardiani fanno affari riesumando i cadaveri poche ore dopo la sepoltura e sezionandone le parti che interessano a chi prepara le pozioni.
Quante delle persone scomparse – specialmente, pensiamo ai bambini – sono finite smembrate da assassini cultisti e poi cucinate e consumate come pietanze spiritiche?
Nel 2015 un politico del sudovest del paese fu sorpreso dal suo autista con il corpo di un bambino nato da pochi giorni: secondo la voce – il politico non è nominato dalla stampa – stava bevendone il sangue.
Per il cittadino italiano la domanda da porsi è: quanta di questa cultura del sacrificio umano è stata importata in Italia con l’Immigrazione?
Quanti omicidi rituali sono avvenuti in Italia?
Quante delle persone scomparse – specialmente, pensiamo ai bambini – sono finite smembrate da assassini cultisti e poi cucinate e consumate come pietanze spiritiche?
Immagine di Jialiang Gao peace-on-earth.org via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0); immagine modificata
Spirito
A 32 anni dalla morte di Monsignor Lefebvre

Il 25 marzo del 1991, festa dell’Annunciazione, rendeva l’anima a Dio l’Arcivescovo francese Mons. Marcel François Lefebvre, vicario apostolico, per anni missionario in Gabon, Africa, superiore generale della Congregazione dello Spirito Santo e, infine, dal 1970, fondatore della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX).
A lui e a pochi altri – primi fra tutti Mons. Guérard des Lauriers, al quale si deve gran parte della stesura del Breve esame critico del Novus Ordo Missæ presentato dai cardinali Bacci e Ottaviani con l’intervento della scrittrice Cristina Campo, e il vescovo brasiliano Mons. Antônio de Castro Mayer, che affiancò fino all’ultimo Mons. Lefebvre – si deve certamente la conservazione della Santa Messa di sempre, cosiddetta di San Pio V.
Sempre a Lefebvre si deve indubbiamente tutto ciò che è rimasto oggi della tradizione bimillenaria della Chiesa: il sacerdozio, la liturgia, la dottrina.
Il suo coraggio, unito ad una profonda vita di preghiera e di carità sono stati l’argine contro la peggiore deriva spirituale che la Chiesa abbia mai conosciuto.
Sì, perché tutto ciò che vedete oggi, tutto ciò che ci sconvolge, che sconvolge le nostre vite, che minaccia la salute corporale e spirituale dei nostri figli, non esisterebbe se la Chiesa avesse continuato a fare ciò che che ha fatto per 1960 anni: combattere il mondo, combattere le potenze della dimensione terrena con la quale oggi si è invece totalmente fusa.
Ricorderò sempre una giusta considerazione che il fondatore di Renovatio 21, Roberto Dal Bosco, fece ormai quasi dieci anni orsono durante un convegno:
«Vladimir Putin ha detto che il crollo dell’URSS è stata la più grande catastrofe geopolitica della storia. Ebbene, per una volta Putin si sbaglia: la più grande catastrofe geopolitica e spirituale della storia è stata il Concilio Ecumenico Vaticano II»
Quanta verità.
Oggi, nel dies natalis del grande arcivescovo francese grazie al quale questa catastrofe ci ha permesso di rimanere quantomeno a galla, vorrei ricordarlo con uno stralcio di discorso che tenne nel 1987, davanti ad alcuni seminaristi e ad altri membri della Fraternità da lui fondata, a proposito dei suoi colloqui con l’allora Card. Joseph Ratzinger, Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, e sulla base di un possibile accordo che conciliasse la posizione della Fraternità San Pio X con quella della Roma modernista e conciliare:
«L’ho ripetuto al Cardinal Ratzinger: che se anche ci fosse concesso un Vescovo, anche se ci fosse concessa una certa autonomia per i nostri Vescovi; anche se ci fosse concessa la Liturgia del 1962 nella sua pienezza, anche se ci fosse permesso di continuare il Seminario della Fraternità allo stesso modo di adesso, Noi non possiamo collaborare! È impossibile, impossibile, perché noi lavoriamo in una direzione diametralmente opposta. Loro lavorano per la scristianizzazione della società, dell’essere umano e della Chiesa, e noi lavoriamo alla Cristianizzazione. Questo è logico: Roma ha perso la Fede, cari amici, Roma è nell’apostasia. Non sono parole a vanvera, è la verità, Roma è nell’apostasia. Non ci si può più fidare di loro, hanno abbandonato la Chiesa, hanno abbandonato la Chiesa, abbandonano la Chiesa; questo è sicuro, sicuro, sicuro».
Non serve aggiungere altro se non che, della vita e dell’enorme opera di Mons. Marcel Lefebvre se ne parlerà e se ne potrà sapere ancora di più sabato 15 aprile a Reggio Emilia, dalle ore 14:30 presso il Cinema Al Corso, con la proiezione del docufilm Mons. Lefebvre – Un Vescovo nella tempesta.
Saranno presenti anche due sacerdoti, uno dei quali ha personalmente conosciuto il vescovo francese e ne darà testimonianza nel dibattito che seguirà al termine della proiezione del film.
Cristiano Lugli
Immagine di Jim, the Photographer e Stv26 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0); immagine modificata
Linee cellulari
Vescovo rimosso per non aver ceduto all’idolatria del vaccino

Renovatio 21 riprende dal sito di Aldo Maria Valli Duc in Altum questo articolo del dottor Paolo Gulisano.
In una Chiesa in cui l’eresia sta dilagando tra i pastori, può capitare che un bravo vescovo, fedele alla dottrina della Chiesa e sostenitore del diritto alla vita, subisca la rimozione dalla sua carica da parte di Roma.
Cos’ha fatto di male? Ha forse messo in discussione il celibato dei sacerdoti? Ha benedetto coppie gay? Ha detto che non sappiamo cosa abbia in realtà detto Gesù perché ai suoi tempi non c’erano registrazioni?
No di certo. La sua colpa è stata quella di non aver appoggiato, negli scorsi due anni, la campagna vaccinale COVID.
Il sito pro life americano LifeSiteNews, che ha seguito attentamente la vicenda, anche perché il vescovo in questione è un grande difensore della vita umana, ne ha raccontato nei giorni scorsi la storia.
I fatti vedono come protagonista monsignor Daniel Fernández Torres, portoricano, allontanato dalla sua diocesi di Arecibo.
La decisione di Bergoglio di rimuoverlo improvvisamente dalla guida della sua diocesi sarebbe stata dovuta in gran parte alla difesa da parte del vescovo delle obiezioni di coscienza nei confronti dei vaccini.
Il delegato apostolico di Porto Rico (uno Stato di fatto associato agi Stati Uniti, una sorta di protettorato) ne ha chiesto le dimissioni dopo che il vescovo Fernández Torres si è rifiutato di firmare una lettera emessa dalla conferenza episcopale dell’isola che annunciava un severo obbligo di vaccinazione per sacerdoti e dipendenti delle diocesi.
La lettera imponeva anche che all’interno delle chiese ci fosse, durante le Messe, una divisione tra fedeli vaccinati e non vaccinati, una vera e propria segregazione di questi ultimi. Questa lettera era nelle intenzioni dell’episcopato portoricano una decisa e pronta risposta alla sollecitazione venuta dal Vaticano, secondo la quale vaccinarsi sarebbe un «dovere morale», il celebre «atto d’amore» di cui ha parlato Bergoglio.
Giorni prima il vescovo Fernández Torres aveva rilasciato una dichiarazione in cui difendeva il diritto di rifiutare la vaccinazione sulla base della coscienza e insisteva sul fatto che «è possibile per un fedele cattolico fare obiezione di coscienza alla presunta natura obbligatoria del vaccino COVID-19».
La sua lettera rifletteva le posizioni di numerosi altri presuli e la stessa nota dottrinale del Vaticano sui vaccini COVID, in cui si afferma che «la vaccinazione non è, di regola, un obbligo morale e che, quindi, deve essere volontaria».
Il suo sostegno ai diritti di coscienza trovava fondamento anche nel fatto che tutti i vaccini COVID approvati per l’uso negli Stati Uniti erano stati sviluppati o testati con linee cellulari derivate da bambini abortiti.
Quella che era una legittima richiesta di tutelare la libertà di coscienza è però sembrata una grave «insubordinazione» al papa, ed è diventata il pretesto per far fuori il vescovo non allineato.
Sembra da alcune fonti, riportate da LifeSiteNews, che il più attivo tra i confratelli nell’episcopato a chiedere la testa del vescovo di Arecibo sia stato l’arcivescovo González Nieves, noto per le sue posizioni ultra-progressiste in materia morale e apertamente pro LGBTQI.
L’arcivescovo chiamò in suo supporto il cardinale di Chicago Cupich, anch’egli noto per le sue posizioni alla tedesca, chiedendogli una sorta di «visita apostolica» per poi riferire autorevolmente a chi di dovere su quel vescovo «no vax».
Il risultato non si fece attendere: monsignor Torres fu immediatamente e immotivatamente rimosso, e al suo posto venne insediato da Bergoglio monsignor Alberto Arturo Figueroa Morales, fino a quel momento vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Juan, nonché braccio destro di González Nieves.
Il vescovo Torres ha rotto mesi di silenzio con una dichiarazione di qualche giorno fa. «Sento ancora la stessa perplessità che ho provato quando mi è stato chiesto improvvisamente di dimettermi e quando, in modo frettoloso, è stata eseguita la rimozione», ha scritto in una lettera indirizzata a «tutti coloro che mi hanno accompagnato spiritualmente».
«Dopo un anno, ribadisco esattamente le stesse parole della dichiarazione pubblica che ho fatto il 9 marzo 2022», ha aggiunto. Nella sua dichiarazione del marzo 2022 il vescovo di Arecibo ha denunciato l’allontanamento da parte di papa Francesco definendolo «un’azione totalmente ingiusta».
«Nessun processo è stato fatto contro di me – disse allora – né sono stato formalmente accusato di nulla, ma semplicemente un giorno il delegato apostolico mi ha comunicato verbalmente che Roma mi chiedeva le dimissioni».
«Sono stato informato che non avevo commesso alcun crimine ma che presumibilmente non ero stato obbediente al papa né ero stato in sufficiente comunione con i miei fratelli vescovi di Porto Rico», ha spiegato ancora il presule.
In effetti, in alcune sue dichiarazioni l’arcivescovo Roberto González Nieves di San Juan aveva affermato che il vescovo Fernández Torres era stato rimosso per presunta “insubordinazione al Papa” ma senza alcuna accusa formale.
In realtà non c’è traccia di disobbedienza all’autorità del Sommo Pontefice. Forse di monsignor Torres dava fastidio che il suo seminario fosse fiorente di vocazioni, e che la sua diocesi fosse ricca di iniziative di apostolato con grande beneficio per i fedeli. In seguito al suo licenziamento ci sono state petizioni, raccolte di migliaia di firme, ma Roma non ha riservato loro alcun segno di attenzione.
La lettera del vescovo sottolinea il suo dolore per essere stato deposto dalla propria sede, ma esorta i cattolici oltraggiati dagli scandali nella Chiesa a «pregare e avere fiducia».
«Quando sono entrato in seminario nel 1990, l’ho fatto pieno di speranza e convinto che Dio mi avesse chiamato a servire la Chiesa per il resto della mia vita».
Fernández Torres è stato per anni l’unico prelato cattolico dell’isola che si è battuto regolarmente per la vita, la famiglia e la libertà religiosa, un punto di riferimento morale per l’intero Paese. «Grazie ai lui è stata raggiunta un’unità di intenti per la protezione della vita umana, della famiglia naturale e dei diritti umani fondamentali dell’essere umano», ha detto la senatrice Joanne Rodríguez Veve.
Monsignor Hector Aguer, arcivescovo emerito di La Plata (Argentina), in un duro comunicato di denuncia sulla rimozione, definisce Torres «un uomo di Dio, fedele alla grande Tradizione ecclesiale». Evidentemente, essere tale non è bastato. O forse è diventata una colpa.
La presunta insubordinazione alle direttive del Jefe Máximo, per non aver prestato culto a una nuova forma di idolatria, gli è costata cara.
Paolo Gulisano
Misteri
Papa Luciani morto nel giorno in cui gli fu consegnata la lista dei cardinali massoni: rivelazione della sorella di Pecorelli

Papa Luciani, salito al Soglio nel 1978 con il nome di Giovanni Paolo, sarebbe morto la sera stessa del giorno in cui il giornalista Mino Pecorelli gli avrebbe consegnato la lista dei cardinali appartenenti alla massoneria.
La rivelazione è fatta dalla sorella di Pecorelli, Rosita, durante una lunga trasmissione TV di Andrea Purgatori su La7 dedicata alla figura del controverso giornalista assassinato nel 1979.
Pecorelli era un personaggio piuttosto unico nel panorama italiano: dapprima assistente del senatore democristiano meneghino Egidio Carenini, poi risultato iscritto alla loggia massonica P2, aveva aperto una sua agenzia di stampa e quindi una rivista, OP («Osservatorio Politico»), piena di scoop clamorosi e di strani, ma funzionali, messaggi cifrati. Nella rivista si parlava di trame di servizi segreti, massoneria, mafia, e, soprattutto, del potere Giulio Andreotti.
Pecorelli aveva fonti importanti e a tutti i livelli, e gli era riconosciuta una capacità analitica quasi soprannaturale, per esempio quella di captare gli equilibri tra le fazioni nella DC dai grigi comunicati del partito. Durante il sequestro Moro dichiarò falso uno dei comunicati delle Brigate Rosse, e pubblicò materiale riservato come alcune lettere del presidente DC rapito alla famiglia.
Nel programma viene raccontata l’appartenenza di Pecorelli alla P2 (gli furono poi trovati in casa guanti e cappuccio massonici), il cui vertice, Licio Gelli, era pure attaccato nelle rivelazioni che abitualmente pubblicava OP. Dall’ambiente della P2, come dai servizi segreti e dalla politica profonda, Pecorelli traeva le notizie per la sua rivista.
Nel 1978, poco dopo che OP era divenuta una rivista acquistabile in edicola, aveva pubblicato una lista di 121 prelati facenti parti di una fantomatica «Gran Loggia Vaticana»: un elenco di porporati affiliati alla massoneria, ciascuno con nome, numero di matricola e data di iniziazione. È quella che poi ha finito per chiamarsi «Lista Pecorelli», e che contiene nomi di importanza storica, come quello del cardinale Annibale Bugnini, autore del Novo Ordo Missae, ossia della «Messa nuova» che nel 1969 ha soppiantato la Messa tradizionale durata nei secoli.
Il conduttore Andrea Purgatori ricorda che nella lista ci sarebbero quattro nomi di prelati legati al caso di Manuela Orlandi. Il segretario di Stato cardinale Agostino Casaroli, il cardinale Ugo Poletti «quello che poi darà la dispensa per consentire alla famiglia del boss Renatino De Pedis della Banda della Magliana di essere sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare», il priore di Sant’Apollinare, e Paul Marcinkus, famigerato gestore dello IOR, la Banca vaticana.
Nella trasmissione de La7 la sorella Rosita Pecorelli rivela che «Mino il giorno prima aveva mandato a papa Luciani l’elenco dei prelati infedeli. La notte papa Luciani è morto».
«Lui so che doveva prendere una posizione seria nei confronti di questi prelati… quindi qualche sospetto è venuto fuori» continua Rosita Pecorelli.
Papa Albino Luciani, eletto il 26 agosto 1978 come Giovanni Paolo I, fu trovato morto nei suoi uffici la sera del 28 settembre. Il suo pontificato fu il decimo più breve della Storia del Papato: appena 33 giorni – un numero, peraltro, che potrebbe avere una sua valenza simbolica. Quantità di ipotesi si sono fatte, nei decenni, riguardo l’improvviso decesso del papa veneto; in molte si sospetta che il pontefice sia stato avvelenato.
Pecorelli fu ucciso il 20 marzo 1979 nella sua Citroen con quattro colpi di pistola sparati con il silenziatore. Uno dei proiettili era mirato alla bocca, possibile segno del trattamento che si riserva a chi parla troppo.
I proiettili risultarono di due marche: vi erano due Fiocchi e due Gevelot, questi ultimi molto rari, ma rinvenuti tre anni dopo nell’arsenale della Banda della Magliana trovato nei sotterranei del ministero della Sanità. L’inchiesta subì ogni sorta di depistaggio, manomissione delle prove – e finì nel nulla. La Corte d’assise d’appello nel 2002 condannò Giulio Andreotti, assieme al mafioso Gaetano Badalamenti, a 24 anni di carcere per l’omicidio del giornalista; un anno dopo la sentenza fu annullata senza rinvio dalla Cassazione, rendendo definitiva la sentenza di assoluzione che il politico democristiano aveva avuto in primo grado.
Quello che rimane è un’altra pagina dei grandi misteri italiani, cui, abbiamo imparato, nei decenni si possono sempre aggiungere piccoli particolari, talvolta sconvolgenti, senza riuscire mai a scalfire la corazza e vedere cosa ci sia sotto questi immani intrecci di sangue.
Facciamo un’ultima osservazione: colpisce la pudicizia con cui i giornali, comprese grandi firme, stanno riportando lo scoop della possibile sincronia tra la consegna della lista dei cardinali massoni e la morte di Giovanni Paolo I: tutti sembrano ripetere l’espressione usata dalla sorella di Pecorelli, «cardinali infedeli».
Non crediamo sia un’espressione esatta. Pensiamo al caso di un papa, venuto dopo Luciani, nel futuro, che sia di fatto massone. Ebbene, le porpore della ipotetica «Gran Loggia Vaticana», in quel caso non sarebbero definibili come «cardinali fedeli»?
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