Ambiente
Attivisti climatici attaccano un quadro di Monet – e non per il fatto che è di un artista sopravvalutato, purtroppo
La scorsa settimana attivisti per il clima hanno preso di mira un’opera d’arte del venerato impressionista francese Claude Monet al Museo Nazionale di Stoccolma, gettandole addosso con vernice rossa e incollandosi al vetro protettivo attorno al dipinto.
Le due donne appartengono al gruppo Aterstall Vatmarker («Ripristinare le zone umide»), che ha pubblicato un video dell’acrobazia sui social media e ha identificato la coppia in Emma e Maj, un’infermiera e una studentessa di infermieristica.
Nella clip, si possono sentire le due donne gridare, as usual, che «la situazione climatica è grave» e «la nostra salute è minacciata» mentre prendevano di mira il «Giardino dell’artista a Giverny» del Monet.
«La situazione è urgente», ha detto la Emma, aggiungendo che «la pandemia non è stata niente in confronto al collasso climatico. Riguarda la vita o la morte».
Greta's stormtroopers.
Swedish climate extremists smeared red paint on a painting by French impressionist Claude Monet at the Swedish National Museum in Stockholm. pic.twitter.com/bCygQBhxUE— David Vance (@DVATW) June 14, 2023
Helen Wahlgren, portavoce di «Ripristinare le zone umide» (eh, si chiama proprio così) ha dichiarato all’agenzia AFP che l’obiettivo della manifestazione era fare pressione sul governo svedese per ridurre le emissioni di gas serra.
«Dovremmo ridurre le nostre emissioni del 31%. Ma le nostre emissioni continuano ad aumentare», ha affermato, aggiungendo con il consueto, trito tono apocalittico di questi gruppi (che paiono davvero fatti con lo stampino, e forse sono creati proprio in questo modo) che «gli splendidi giardini come quelli del dipinto di Monet saranno presto un lontano ricordo».
L’ufficio stampa del museo svedese ha confermato l’incidente e ha affermato che il dipinto, il quale è racchiuso in una teca vetro, è in fase di ispezione per eventuali danni.
La polizia svedese ha emesso un comunicato stampa affermando che le due donne sono state arrestate sul posto e accusate di «vandalismo aggravato». Le autorità hanno affermato che non è chiaro se siano state coinvolte più persone e che gli investigatori stanno analizzando le telecamere di sorveglianza del museo.
Il dipinto di Monet è l’ultima opera d’arte presa di mira dagli attivisti per il clima. Negli ultimi anni sono state attaccate opere di artisti come Leonardo da Vinci, Andy Warhol e Vincent Van Gogh.
L’anno scorso, attivisti del gruppo britannico Just Stop Oil hanno gettato zuppa di pomodoro sui «Girasoli» di Van Gogh, mentre altri due si sono incollati su i «Peschi in fiore», sempre del Van Goggo, alla Courtauld Gallery di Londra, danneggiando in modo permanente l’opera. La coppia è stata condannata a pene detentive per danni penali.
Come riportato da Renovatio 21, in Vaticano si è avuto il caso degli ecopersonaggi che si sono incollati al Lacoonte, atto per il quale è già partito il processo presso lo Stato Pontificio.
Il Monet era stato già colpito l’anno scorso dai tizi di Ultima Generazione, che avevano versato del purè di patate addosso al quadro Les Meules conservato presso un museo nella città tedesca di Potsdam.
Preme tuttavia segnalare come il Monet sia, con tutto il cosiddetto Impressionismo, ampiamente sopravvalutato – fenomeno comune nella storia dell’arte moderna, che in alcuni frangenti – è emerso – è stata pilotata dal programma «Long Leash» della CIA. Il cosiddetto espressionismo astratto, che dell’impressionismo è un discendente isterico, è stato finanziato e gonfiato dai servizi americani come arma contro la diffusione della cultura sovietica durante la guerra fredda.
La fortuna di Monet e degli impressionisti è risalente. Lo scrivente venti anni fa acquistò da una bancarella di un rigattiere sotto il Castello di Diocleziano a Spalato un catalogo della Biennale di Venezia risalente ai primissimi anni del Novecento, e lì il Monet c’era: allora era considerato come avanguardia, e non come materiale per i muri di alberghetti di quart’ordine.
Una decina di anni fa, d’un tratto, emerse nel mondo un movimento di opinione che finalmente reagiva contro l’impressionismo e il suo status di grande arte, e in particolare contro l’altro grande capofila degli impressionisti, Pierre-Auguste Renoir (1841-1919).
Da un account Instagram nel 2015 nacque un movimento chiamato «Renoir sucks at painting» («Renoir fa schifo a dipingere») che organizzò diverse manifestazioni fuori dai musei per significare tutto il disprezzo che l’opera di Renoir merita.
Fuori dal Museum of Fine Arts di Boston venne inscenata una protesta con cartelli eloquenti «Dio odia Renoir», «ReNOir», «Non siamo iconoclasti, è solo che Renoir fa schifo a dipingere».
"We're not iconoclasts, Renoir just SUCKS at painting!" https://t.co/uJyzUDsnC5 pic.twitter.com/KsGIc9Unt9
— anildash.com (@anildash) October 5, 2015
Il gruppo, guidato dall’organizzatore Max Geller, chiedeva al museo di rimuovere i dipinti di Renoir dalle sue pareti. Quando il giornale britannico Guardian gli ha chiesto perché non gli piace così tanto Renoir, Geller ha ribattuto: «Perché così tante persone pensano che sia bravo? Avete guardato i suoi dipinti?»
«Nella vita reale, gli alberi sono belli. Se dai retta Renoir, penseresti che gli alberi sono solo una raccolta di scarabocchi verdi», ha detto Geller, non facendo una grinza che non sia una.
Condividendo qualche immagine dai dipinti, lasciamo al lettore di decidere da solo.
'Renoir sucks at painting' movement demands removal of works http://t.co/B6ITsoAlfe @waitwait #bluffTheListener pic.twitter.com/KgdoOpsp6G
— Jon (@TexJ0N) October 7, 2015
Renoir sucks at painting so much. The Musée d'Orsay should just lob all their Renoirs in the bin.@RenoirSucks ???? pic.twitter.com/LcYPs7ZUrB
— Sam (@SamMGreg) April 11, 2023
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renoir sucks at painting ???? pic.twitter.com/OjZMVNAfpo
— Carlotina (@carlotaacvg) January 1, 2022
“Renoir sucks at painting” https://t.co/S4SbhNypaL pic.twitter.com/n38xnR343s
— It Nijs (@Itnijs) November 6, 2015
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"Renoir Sucks At Painting" movement inspires pickets at galleries across America http://t.co/woDEfZBFUo pic.twitter.com/0GNkPsBCVb
— Crack Magazine (@CrackMagazine) October 12, 2015
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Just a reminder that the best Instagram account is called @ renoir_sucks_at_painting and it's pretty self explanatory pic.twitter.com/LDEL8q710O
— Emily is writing a book (@EtheHerring) January 31, 2021
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Ambiente
Naufragio di nave militare neozelandese, fuoriuscita di petrolio «altamente probabile»: accuse in rete alla comandante lesbica
Il governo di Samoa, nazione insulare del Pacifico, ha lanciato l’allarme per una possibile fuoriuscita di petrolio in seguito all’affondamento di una nave della marina militare neozelandese al largo della costa.
L’HMNZS Manawanui, lungo 85 metri, si è arenato su una barriera corallina al largo dell’isola samoana di Upolu prima di prendere fuoco e affondare domenica, scatenando il timore di un disastro ambientale.
In una conferenza stampa tenutasi domenica sera, il primo ministro samoano in carica Tuala Tevaga Iosefo Ponifasio ha dichiarato che una fuoriuscita di carburante era «altamente probabile». La nave «non era recuperabile» in quanto «è affondata nell’oceano», ha aggiunto.
Le autorità neozelandesi hanno avviato un’urgente operazione di bonifica, con il ministro della Difesa Judith Collins che ha affermato che «l’aspetto ambientale» era «la massima priorità».
Another consequence of DEI hiring initiatives?
NZ Navy’s HMNZS Manawanui has run aground off the coast of Samoa during a reef survey. All 75 crew and passengers safely evacuated, but the vessel caught fire and has sunk. Rescue operations were conducted by Samoan emergency… pic.twitter.com/TqyOJACZWv
— The Based Dude (@thebaseddude) October 5, 2024
An oil spill originating from the sunken naval vessel HMNZS Manawanui has already made an impact on the surrounding environment. Within its natural habitat, a sea turtle is observed struggling amongst spilled fuel and debris from the sunken ship.
Story: https://t.co/hEsbZD3U5h pic.twitter.com/xd2qnQfWrr
— Samoa Observer (@samoaobserver) October 7, 2024
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La nave «ha un sacco di petrolio a bordo. Ha un sacco di cose. Ha olio lubrificante, olio idraulico, gasolio… ha un sacco di roba dentro», ha detto Collins alla rete radiofonica Newstalk ZB.
Gli abitanti dei villaggi costieri vicini al luogo del naufragio hanno riferito di aver sentito un forte odore di petrolio poco prima che la nave affondasse.
«In termini di ambiente, la stragrande maggioranza della biodiversità e della biomassa di Samoa si trova molto vicino alla costa. Quindi, non puoi permetterti che fuoriuscite di petrolio colpiscano l’ecosistema costiero», ha detto il dottor Iati Iati della Victoria University di Wellington al notiziario locale Waikato Times.
Iati Iati ha anche avvertito che ci sarebbe stata rabbia sul campo nei confronti della Nuova Zelanda e ha suggerito che Samoa dovrebbe commissionare una propria indagine per chiamare a rispondere il suo vicino.
Le Forze di difesa della Nuova Zelanda hanno dichiarato di aver avviato un’inchiesta sulla perdita della nave, la cui conclusione durerà fino a due mesi.
Il peggior disastro ambientale marittimo della Nuova Zelanda è stato l’affondamento della nave portacontainer Rena nel 2011. La nave trasportava oltre 1.700 tonnellate di carburante pesante e la successiva fuoriuscita di carburante ha richiesto anni per essere ripulita.
Il Manawanui, originariamente costruito in Norvegia e riadattato per la Royal Navy neozelandese con un consistente investimento di 103 milioni di dollari, stava conducendo una missione di indagine sui fondali marini quando ha urtato una barriera corallina, secondo l’agenzia di stampa marittima gCaptain.
A bordo non c’erano solo marinai, ma anche scienziati civili e personale straniero.
Durante un’evacuazione notturna ad alto rischio, l’equipaggio è stato costretto ad abbandonare la nave in condizioni pericolose, con zattere di salvataggio lanciate in mare agitato e alcuni occupanti che si sono affrettati a raggiungere la riva attraverso acque agitate. Tre membri dell’equipaggio hanno avuto bisogno di cure mediche, uno per una spalla slogata e un altro per una lesione alla schiena.
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Con tutti i 75 passeggeri e l’equipaggio evacuati, la perdita della nave porta un nuovo esame alla leadership sotto il suo comandante dichiaratamente lesbico, il comandante Yvonne Gray.
Vari utenti in rete si sono scagliati contro il comandante, considerata prima lesbica neozelandese a comandare una nave da guerra, e prima ad affondarne una.
Vari commentatori sostengono che si tratti di un «DEI hire», ossia un’assunzione basata su «diversità, equità, inclusione» e non sul merito.
#Manawanui #YvonneGray.
She is lauded by the New Zealand MoD for the quick thinking and swift decision to abandon the ship and save the crew, prevented deaths from occurring.
Too bad she couldn’t use quick thinking and swift decisions to save the ship from running aground. pic.twitter.com/EquLrLgQjn— Medan (@sumnjam) October 6, 2024
HMNZS Manawanui: New Zealand loses first naval ship since WW2 threatening oil spill off Samoan coast | CNN pic.twitter.com/ceS8zPsNzr
— Jeff (@Jeff07223277) October 7, 2024
Il comandante Gray, ex insegnante dello Yorkshire, Inghilterra, aveva assunto il comando della nave solo l’anno scorso. La sua nomina aveva segnato un’altra pietra miliare nell’agenda della diversità della Marina di Wellington, ma i critici sostengono che tali priorità potrebbero aver messo in ombra la fondamentale prontezza operativa.
«Nel 2012, il comandante Gray e sua moglie Sharon si sono trasferiti in Nuova Zelanda dopo essersi innamorati del Paese durante una vacanza in camper» scriveva il comunicato stampa della Marina nel 2022 celebrando la sua promozione.
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Ambiente
Ecoteppisti attaccano ancora Van Gogh
Just Stop Oil terrorists have thrown soup over 2 of Van Gogh paintings AGAIN, just hours after the previous dipshits have been jailed for the same thing.
These arrogant narcissists can join their criminal mates in prison. Absolute wankers. pic.twitter.com/YkdiCclfqJ — Lucifer (@krishnakamal077) September 28, 2024
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Ambiente
Il Partito Verde tedesco crolla: dimissioni dei giovani leader
In seguito all’annuncio di ieri dei leader del partito verde tedesco Omid Nouripour e Ricarda Lang che si sarebbero dimessi alla convention del partito di novembre, anche i leader della Grüne Jugend («Gioventù verde») Svenja Appuhn e Katharina Stolla e l’intero comitato esecutivo di dieci membri si sono dimessi dai loro incarichi e hanno persino lasciato il partito.
La loro decisione entrerà in vigore alla convention della Gioventù verde del 18 ottobre a Lipsia. Non tutti i 16.000 giovani del partito starebbero abbandonando il partito.
«Abbiamo preso la decisione di lasciare il partito nelle ultime settimane, vale a dire prima che l’esecutivo del partito annunciasse le sue dimissioni», si legge nella lettera del 25 settembre sera che Appuhn e Stolla hanno inviato all’esecutivo del partito. «Tuttavia, non abbiamo ritenuto responsabile annunciare la nostra decisione durante le campagne elettorali statali, poiché eravamo preoccupati che avrebbe messo in ombra le già difficili campagne elettorali».
«Ultime settimane» apparentemente si riferisce a conflitti estesi e accesi tra i leader del partito e l’organizzazione giovanile, che pensa che la protezione del clima sarà intensificata tramite fondi extra derivanti dalla tassazione dei ricchi.
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I giovani respingono anche qualsiasi condizione per la Germania nell’accogliere i rifugiati. È interessante notare che, sebbene i giovani si oppongano ai 100 miliardi di euro di finanziamenti extra per la militarizzazione, che preferiscono spendere per il clima, finora non hanno dichiarato opposizione al finanziamento della guerra in Ucraina.
Ieri Svenya Appuhn ha scritto su X:
«Le cose non possono restare come sono. I timori di declino si stanno diffondendo, il mondo è in fiamme e gli esponenti della destra stanno traendo profitto dalla frustrazione. Come membri del consiglio federale ed ex studenti, oggi lasciamo i Verdi. Ci stiamo preparando a costruire una forte forza di sinistra in Germania. Insieme agli ex e storici membri dei Giovani Verdi, vogliamo fondare una nuova organizzazione giovanile di sinistra».
So wie es ist, kann es nicht bleiben. Abstiegsängste greifen um sich, die Welt brennt & Rechte profitieren vom Frust. Als Bundesvorstand & Ehemalige treten wir heute bei den Grünen aus. Wir machen uns auf, eine starke linke Kraft in Deutschland aufzubauen.
— Svenja Appuhn (@SvenjaAppuhn) September 26, 2024
Non è improbabile che ora i giovani verdi si uniranno agli attivisti del movimento Friday4Future, Extinction Rebellion et similia – gruppi non popolarissimi tra gli automobilisti tedeschi.
Come riportato da Renovatio 21, a seguito dello sforzo di fermare l’avanzata dell’AFD, il partito dei Verdi è stato cannibalizzato dai socialisti del SPD alle recenti elezioni in Brandeburgo, dopo nessun esponente ecologista è stato eletto, rimanendo quindi fuori dal Parlamento del land. Verdi, socialisti e democristiani hanno tentato in ogni modo di bandire l’AFD, che ora è il secondo partito in Germania e il primo nella parte orientale del Paese.
L’astro nascente della politica tedesca, l’ex deputata della Linke Sahra Wagenknecht, forte di grandi risultati elettorali con il suo nuovo partito BSW, attacca frontalmente i verdi come partito di incompetenti – accusati di essere di danno all’industria nazionale – e guerrafondai.
Polemiche contro le politiche verdi sono emerse l’anno passato quando si è scoperto il rischio che la stessa capitale Berlino possa essere lasciata senza acqua a causa della fine dell’estrazione della lignite nella regione orientale di Lausitz.
Tra i giovani verdi, si distingue il giovane deputato nazionale Johannes Wagner, che aveva dichiarato che i tedeschi hanno «l’obbligo morale» di sacrificare i loro standard di benessere.
Tre anni fa i Verdi avevano pensato di togliere la parola «Germania» dal nome ufficiale del partito.
Come riportato da Renovatio 21, secondo sondaggi un’ampia maggioranza di tedeschi vorrebbe mantenere l’energia atomica. I Verdi, di contro, sono stati accusati di aver mentito per accelerarne la dismissione.
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Immagine di amaryllion via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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