Economia
La Germania riapre le centrali a carbone
Un disegno di legge del governo per riaprire le vecchie centrali a carbone tedesche sarà votato alla camera alta del Bundesrat l’8 luglio, tre giorni prima della prevista chiusura del Nord Stream 1 per lavori di manutenzione.
I lavori dovrebbero continuare per 10 giorni, ma a quanto pare Berlino teme che Gazprom farà pagare il dovuto ad una nazione cobelligerante come la Germania,
La riapertura delle vecchie centrali a carbone dovrebbe consentire di continuare a immagazzinare gas per l’inverno durante l’estate, ha affermato il 30 giugno il ministro dell’Economia verde Robert Habeck in una conferenza della Süddeutsche Zeitung. «Per questo ci sarà la legge per avviare centrali elettriche a carbone nel momento in cui iniziano i lavori di manutenzione sul Nord Stream 1».
Come noto, la settimana scorsa il vicecancelliere Habeck – che ripete che vi saranno disordini sociali quest’autunno a causa dei tagli del gas russo – la settimana scorsa ha attivato lo Stato di emergenza energetica.
Come riportato da Renovatio 21, l’incubo del blackout a causa del taglio delle importazioni di gas (e di carbone) dalla Russia ha spinto la Germania verso la tentazione del nucleare, con la richiesta concreta del ministro delle Finanze di sospendere l’uscita dall’atomo prevista per la fine di quest’anno. Un Paese limitrofo, l’Olanda, starebbe già prendendo decisioni in questo senso. Gazoprom aveva sospeso l’invio di gas naturale nei Paesi Bassi un mese fa.
I consumi di energia sono oramai fuori controllo, con costi impossibili per cittadini e imprese tedeschi.
Il vecchio piano verde di Angela Merkel, la conversione del Paese alle rinnovabili, a questo punto possiamo dire che è sepolto per sempre. E non da risate: dal dolore di un Paese che va verso la decrescita infelice.
Economia
La deindustrializzazione tedesca accelera
La diminuzione dei posti di lavoro a reddito più elevato nell’industria tedesca accelererà nel 2024, anche oltre i 55.000 già annunciati dalle grandi aziende, perché i posti di lavoro nei fornitori delle grandi aziende, in particolare nel settore automobilistico nel settore mittelstand (ossia le piccole e medie imprese), che devono affrontare un calo in stile «morte lenta», un’immagine usata recentemente dal capo economista di ING Carsten Brzeski.
Da un sondaggio condotto dal consulente aziendale Horvath su 50 fornitori del settore è emerso che il 60% delle aziende tedesche intende ridurre la propria forza lavoro nei prossimi cinque anni.
E le grandi aziende pensano a produrre all’estero e a tagliare posti di lavoro qualificati ben retribuiti nelle loro sedi tedesche.
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Questi lavori scompariranno per sempre. Come cita la rivista Focus Holger Schäfer dell’Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia: «Se un impianto chimico in Germania chiude, non tornerà più».
Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Volkswagen ha annunciato tagli drammatici, mentre Ford ha detto che potrebbe lasciare la Germania.
Il tema della deindustrializzazione nazionale è oramai discusso apertamente sui giornali tedeschi, con tanto di domande retoriche delle grandi testate come il Financial Times che si chiede se per caso la crisi energetica (causata anche dal terrorismo di Stato contro i gasdotti) distruggerà l’industria europea, mentre la recessione tedesca è stata definita «inevitabile».
Uno studio dell’Istituto dell’Economia Tedesca (IW) aveva calcolato che la carestia di gas distruggerà in Germania 330 mila posti di lavoro.
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Immagine di Mond79 via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Economia
La corte UE ordina ad Apple di pagare all’Irlanda 13 miliardi di euro
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Economia
Il CEO di Volkswagen dice che l’azienda non può continuare come prima
Se si vuole che il gruppo Volkswagen sopravviva, sono necessari grandi cambiamenti. Lo ha dichiarato al quotidiano Bild il CEO dell’azienda, Oliver Blume.
La dichiarazione di Blume segue un annuncio fatto all’inizio di questo mese, secondo cui il più grande produttore di automobili dell’UE potrebbe chiudere almeno due fabbriche in Germania come parte di una campagna di riduzione dei costi. La potenziale chiusura sarebbe una prima volta nella storia quasi novantennale del produttore di automobili.
In un’intervista al tabloid di domenica, il Blume ha difeso i piani per tagli su larga scala. L’attuale situazione economica è «così grave che non possiamo semplicemente continuare come prima», ha ammesso il CEO.
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L’utile operativo della casa automobilistica è sceso del 20% nel primo trimestre del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel secondo trimestre di quest’anno, gli utili sono scesi di un ulteriore 2,4% rispetto all’anno scorso.
Procedere con i tagli di posti di lavoro farebbe risparmiare alla Volkswagen 4 miliardi di euro, ha affermato Blume. Il consiglio di amministrazione del gruppo Volkswagen stava lavorando a «ulteriori misure» per sopravvivere a un crollo delle vendite di auto, ha aggiunto. La Volkswagen impiega circa 120.000 lavoratori in Germania.
Secondo Blum, le principali sfide che l’industria automobilistica europea deve affrontare derivano dalla pandemia scoppiata quattro anni fa e dall’ingresso sul mercato dei concorrenti asiatici.
«La torta si sta rimpicciolendo e abbiamo più ospiti a tavola», ha affermato il dirigente di vertice del gruppo proprietario di marchi di auto, camion e motociclette come Audi, Bentley, Lamborghini, SEAT, Skoda, Porsche, Scania e Ducati.
L’UE è diventata il più grande mercato estero per i produttori cinesi di veicoli elettrici (EV). Il valore delle importazioni UE di auto elettriche cinesi è salito a 11,5 miliardi di dollari nel 2023, da soli 1,6 miliardi di dollari nel 2020, rappresentando il 37% di tutte le importazioni di EV nel blocco, secondo una ricerca recente.
I critici dei tagli pianificati alla Volkswagen hanno sottolineato che il gruppo ha pagato 4,5 miliardi di euro ai suoi azionisti per l’anno finanziario 2023 a giugno. La presidente del partito politico di sinistra Die Linke, Janine Wissler, ha dichiarato la scorsa settimana al quotidiano Rheinische Post che era «incredibilmente squallido» che la Volkswagen potesse pagare una tale somma in dividendi e ora affermare di non poter impedire chiusure di stabilimenti e perdite di posti di lavoro.
«Se la VW ha davvero bisogno di soldi così urgentemente, allora i principali azionisti… dovrebbero restituire questi 4,5 miliardi di euro», ha affermato.
L’economia tedesca si è contratta nel secondo trimestre di quest’anno, secondo le statistiche ufficiali. La produzione industriale del Paese è scesa più del previsto a luglio, guidata principalmente dalla debole attività nel settore automobilistico, ha riferito Reuters la scorsa settimana.
Il rallentamento ha alimentato i timori che la più grande economia europea potrebbe contrarsi di nuovo nel terzo trimestre e andare in un’altra recessione, dopo averne subita una alla fine dell’anno scorso.
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La pianificazione dei tagli in VW era emersa già una settimana fa, con il Blume che citava tra i fattori alla base della decisione un «ambiente economico difficile» e una «causa di scarsa competitività dell’economia tedesca».
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Herbert Diess, capo di Volkswagen, aveva chiesto all’UE di perseguire una soluzione negoziata della guerra in Ucraina per il bene dell’economia del continente.
Gli alti costi dell’energia hanno spinto i grandi nomi dell’automotive tedesco a delocalizzare. Volkswagen a inizio anno aveva annunciato che non costruirà più la sua Golf a combustione a Wolfsburg, ma in Polonia.
L’anno passato le principali case automobilistiche tedesche – Volkswagen, Audi, BMW e Mercedes 2 hanno prodotto circa mezzo milione di auto in meno tra gennaio e maggio, rispetto allo stesso periodo del 2019, con un calo di circa il 20%.
Il crollo della produzione di auto nel contesto attuale riguarda anche l’Italia.
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Immagine di Alexander-93 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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