Ambiente
A giudizio in Vaticano gli ambientalisti incollati al Lacoonte

Il 24 maggio 2023 si è svolta la seconda udienza della causa promossa dallo Stato del Vaticano nei confronti di due attivisti ambientalisti che si erano incollati alla celebre statua del Laocoonte nell’agosto 2022. Gli imputati si sono difesi dall’accusa di aver voluto danneggiare la scultura, ma i rappresentanti dei «Musei dei papi» affermarono da parte loro di temere danni «permanenti».
Il 18 agosto 2022, gli attivisti italiani del movimento Ultima Generazione si sono incollati alla statua del Laocoonte, con l’obiettivo di dimostrare l’inerzia delle autorità sul cambiamento climatico. Questa statua è databile al I o II secolo d.C.: fu riscoperta nel XVI secolo.
Il 9 marzo si è svolta una brevissima prima udienza preliminare. Gli imputati sono accusati di danneggiamento a «monumento pubblico di inestimabile valore storico-artistico» mediante collante «tenace e corrosivo»: erano presenti Guido Viero ed Ester Goffi, che si erano incollati alla statua, ma Laura Zorzini, che aveva fatto la foto della scena, era assente all’udienza.
Guido Viero, 62 anni, ha spiegato di voler agire per la figlia e la nipote, e «per le generazioni future». Voleva protestare contro la mancanza di investimenti del governo italiano nell’energia sostenibile. Sulla base della scultura in questione, gli attivisti avevano attaccato un cartello in cui si chiedeva niente gas o carbone.
Un simbolo mediatico
Il giudice Giuseppe Pignatone ha sottolineato che i Musei Vaticani si trovano nel territorio della Città del Vaticano, e non in Italia. Guido Viero ha risposto argomentando sulla portata «più mediatica». Ha spiegato di aver scelto il Laocoonte per riferirsi al mito di colui «che cercava di avvertire i suoi concittadini delle disgrazie a venire». La scultura rappresenta infatti il sacerdote troiano che cercò di smascherare l’inganno del cavallo di Troia raccontato nell’Eneide.
Ha anche affermato di aver «assolutamente escluso» possibili danni. «Le nostre azioni non danneggeranno mai persone o cose», ha detto. Gli imputati si erano così «informati» sul materiale utilizzato: un collante «che si toglie facilmente con l’acetone».
L’altra imputata, Ester Goffi, laureata in arte contemporanea, ha affermato di non essere a conoscenza di eventuali danni che la statua avrebbe potuto subire. Un esperto gli aveva assicurato che questo prodotto non lasciava segni sulla pelle né danneggiava il marmo. Non aveva subito alcun danno durante le operazioni di distacco.
I testimoni dei Musei Vaticani
Sono stati ascoltati diversi testimoni, tra cui un addetto alla sicurezza, un gendarme, e il responsabile del restauro dei Musei, Guy Devreux, contattato per riparare il Laocoonte. Quest’ultimo ha dichiarato al tribunale che i lavori di restauro del marmo hanno richiesto meno tempo di quanto previsto dalla stima iniziale, che era di poco superiore ai 15.000 euro.
In totale, gli esperti hanno impiegato una settimana, soprattutto perché i Musei avevano chiesto «un lavoro rapido», ha spiegato. Allo stato attuale, Guy Devreux ha accennato a un danno che potrebbe essere «permanente», perché l’intervento effettuato è servito solo a «nascondere» il danno subito dal marmo.
La base, su cui si sono incollati gli attivisti, è «parte integrante» dell’opera d’arte, ha aggiunto il restauratore. La parte superiore del basamento «sostiene tutta la scultura», ha spiegato, precisando che tale basamento è stato datato tra il 1815 e il 1957.
La causa è stata presa in esame e la sentenza sarà pronunciata nell’udienza fissata per il 12 giugno.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagine screenshot da YouTube
Ambiente
Le microplastiche rendono i batteri come l’Escherichia coli più resistenti agli antibiotici

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Uno studio pubblicato martedì sulla rivista Applied and Environmental Microbiology ha scoperto che quando i batteri Escherichia coli vengono mescolati con le microplastiche, diventano cinque volte più resistenti a quattro comuni antibiotici.
Secondo un nuovo studio che alimenta le preoccupazioni globali sulla resistenza agli antibiotici, la miscelazione di minuscoli pezzi di plastica con alcuni batteri nocivi può rendere più difficile la lotta contro questi ultimi con diversi antibiotici comuni.
Lo studio, pubblicato martedì sulla rivista Applied and Environmental Microbiology, ha scoperto che quando i batteri Escherichia coli (E. coli) MG1655, un ceppo di laboratorio ampiamente utilizzato, venivano coltivati con microplastiche (particelle di plastica di dimensioni inferiori a 5 millimetri), i batteri diventavano cinque volte più resistenti a quattro comuni antibiotici rispetto a quando venivano coltivati senza particelle di plastica.
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I risultati potrebbero essere particolarmente rilevanti per comprendere i collegamenti tra gestione dei rifiuti e malattie, suggerisce lo studio. Gli impianti di trattamento delle acque reflue comunali contengono sia microplastiche che antibiotici, rendendoli «punti caldi» che alimentano la diffusione della resistenza agli antibiotici.
«Il fatto che ci siano microplastiche ovunque intorno a noi… è una parte sorprendente di questa osservazione», ha affermato in un comunicato stampa Muhammad Zaman, coautore dello studio e professore alla Boston University.
«C’è sicuramente la preoccupazione che questo possa presentare un rischio maggiore nelle comunità svantaggiate, e non fa che sottolineare la necessità di una maggiore vigilanza e di una comprensione più approfondita delle interazioni [tra microplastiche e batteri]».
Molti tipi di batteri stanno diventando resistenti agli antibiotici, in gran parte a causa del loro uso eccessivo. Ogni anno, solo negli Stati Uniti, si verificano più di 2,8 milioni di infezioni resistenti a questi farmaci, uccidendo 35.000 persone all’anno, secondo i Centers for Disease Control and Prevention.
La resistenza dell’Escherichia coli è un problema perché, anche se solitamente i batteri vivono in modo innocuo nell’intestino degli esseri umani e degli animali, alcuni ceppi possono causare gravi malattie.
Esistono diversi tipi di pericolosi batteri resistenti agli antibiotici, tra cui lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA), che spesso causa infezioni negli ospedali, e il Clostridium difficile (C. diff), che provoca diarrea.
Il nuovo studio segue un altro studio pubblicato a gennaio sulla rivista Environment International, in cui i ricercatori hanno etichettato il DNA dei batteri nel terreno con marcatori fluorescenti per tracciare la diffusione dei geni della resistenza antimicrobica, scoprendo che le microplastiche nell’ambiente aumentano la diffusione della resistenza fino a 200 volte.
Le implicazioni del nuovo studio potrebbero essere importanti come parte della prova di un «forte legame» tra microplastiche e resistenza antimicrobica, secondo Timothy Walsh, co-fondatore dell’Ineos Oxford Institute for Antimicrobial Research nel Regno Unito e autore dello studio di gennaio.
Walsh ha tuttavia affermato che il valore dei risultati del nuovo studio è stato limitato, poiché la ricerca è stata condotta in laboratorio piuttosto che in un ambiente reale e si è concentrata su un solo ceppo di Escherichia coli.
Secondo uno studio, gli scienziati non sono del tutto certi del motivo per cui le microplastiche possano dare ai batteri un vantaggio contro gli antibiotici, ma ritengono che le particelle funzionino bene come superficie per il biofilm, uno scudo appiccicoso che i batteri formano per proteggersi.
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Sulla base delle loro osservazioni, gli autori del nuovo studio hanno concluso che le cellule batteriche più abili a formare biofilm tendono a crescere sulle microplastiche, il che suggerisce che le particelle di plastica possono «portare a infezioni recalcitranti nell’ambiente e nell’ambiente sanitario».
Le microplastiche sono parte di una crisi globale dell’inquinamento da plastica: secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ogni anno finiscono nell’ambiente circa 20 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica.
Alla fine del 2024, i delegati di oltre 170 paesi si sono incontrati in Corea del Sud dopo due anni di negoziati per finalizzare un trattato globale volto ad affrontare la crisi mondiale dell’inquinamento causato dalla plastica.
Tuttavia, alla fine della sessione non è stato adottato alcun trattato e si prevede di riunirsi nuovamente nel 2025.
Pubblicato originariamente da The New Lede.
Shannon Kelleher è una giornalista del The New Lede.
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Ambiente
Il Vaticano pioniere sulla via della «transizione energetica»: la chiesa conciliare sarà biodegradabile?

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Ambiente
Trump ritira gli USA dall’accordo di Parigi sul clima e dall’OMS

Il presidente Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Dopo il suo insediamento come 47° presidente degli Stati Uniti, Trump ha firmato una serie di ordini esecutivi, tra cui il ritiro da due delle principali istituzioni globaliste.
«Mi ritiro immediatamente dall’ingiusta e unilaterale truffa dell’Accordo di Parigi sul clima», ha detto Trump prima di firmare l’ordine esecutivo. «Gli Stati Uniti non saboteranno le nostre industrie mentre la Cina inquina impunemente».
L’Accordo di Parigi sul clima (PCA), come tutti gli inventi dell’ambientalismo istituzionale, è noto per promuovere indirettamente il controllo della popolazione con mezzi come aborto e contraccezione al fine di limitare il numero di esseri umani sul pianeta così da per presumibilmente combattere il «cambiamento climatico».
Trump aveva già annunciato un ritiro dal PCA durante il suo primo mandato. Tuttavia, il processo ha richiesto anni ed è stato immediatamente invertito quando Joe Biden è entrato in carica nel 2021. Questa volta, il processo potrebbe essere molto più rapido, poiché gli Stati Uniti non sono vincolati dall’impegno iniziale di tre anni dell’accordo. Gli Stati Uniti devono notificare ufficialmente l’ONU e affinché il ritiro abbia effetto un anno dopo.
President Trump has just withdrawn the 🇺🇸 from the World Health Organization (WHO)
I’m sure big pharma and the globalists aren’t too happy about this.
— Patrick Bet-David (@patrickbetdavid) January 21, 2025
Trump firmando la l’atto ha spiegato che la Cina con um miliardo e mezzo di persone paga 40 milioni di dollari all’OMS, mentre gli USA ne pagavano 500, una proporzione che il nuovo presidente definisce ingiusta. Quando precedentemente aveva spinto gli USA fuori dall’organizzazione, questa aveva supplicato di tornare, anche per 39 milioni, ma lui aveva negato.
Il presidente Trump ha anche firmato un ordine per ritirare gli Stati Uniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), citando la cattiva gestione della crisi del COVID, affermando che l’OMS non ha risposto in modo adeguato all’«inappropriata influenza politica degli stati membri dell’OMS» e ha chiesto «pagamenti ingiustamente onerosi» agli Stati Uniti rispetto ad altri paesi come la Cina.
«L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci ha truffati, tutti truffano gli Stati Uniti. Non succederà più», ha annunciato Trump prima di firmare l’ordine il giorno dell’insediamento.
A causa della decisione, gli USA lasceranno l’OMS dopo un periodo di preavviso obbligatorio di un anno. I contributi finanziari degli USA, che comprendono circa il 18% del budget totale dell’OMS, cesseranno dopo questo periodo di attesa. Gli USA sono attualmente il maggiore contributore dell’OMS, con la fondazione Bill & Melinda Gates al secondo posto.
Secondo l’ordine esecutivo di Trump, la sua amministrazione cesserà qualsiasi negoziazione sul Trattato pandemico dell’OMS durante il processo di recesso.
Trump aveva avviato l’uscita degli Stati Uniti dall’OMS nelle ultime fasi del suo primo mandato, ma il processo è stato interrotto quando Biden è entrato in carica nel gennaio 2021.
L’OMS, guidata dall’etiope Tedros, ha risposto con un comunicato in cui chiede agli USA di ripensarsi, non senza piazzare quella che sembra una minaccia velata riguardo alla protezione degli americani.
«L’OMS svolge un ruolo cruciale nella protezione della salute e della sicurezza delle persone nel mondo, compresi gli americani, affrontando le cause profonde delle malattie, costruendo sistemi sanitari più forti e rilevando, prevenendo e rispondendo alle emergenze sanitarie, comprese le epidemie, spesso in luoghi pericolosi dove altri non possono andare» scrive la nota dell’OMS.
«Gli Stati Uniti sono stati un membro fondatore dell’OMS nel 1948 e hanno partecipato alla definizione e al governo del lavoro dell’OMS da allora, insieme ad altri 193 Stati membri, anche attraverso la loro partecipazione attiva all’Assemblea mondiale della sanità e al Consiglio esecutivo. Per oltre sette decenni, l’OMS e gli USA hanno salvato innumerevoli vite e protetto gli americani e tutte le persone dalle minacce per la salute».
«Insieme, abbiamo posto fine al vaiolo e insieme abbiamo portato la poliomielite sull’orlo dell’eradicazione. Le istituzioni americane hanno contribuito e beneficiato dell’appartenenza all’OMS».
«Ci auguriamo che gli Stati Uniti ci ripensino e non vediamo l’ora di avviare un dialogo costruttivo per mantenere la partnership tra gli USA e l’OMS, a vantaggio della salute e del benessere di milioni di persone in tutto il mondo» conclude l’ente sanitario transnazionale.
L’uscita di Washington dall’OMS è stata salutata da Elon Musk con un emoji del bacio.
— Elon Musk (@elonmusk) January 21, 2025
Anche in Italia si muove qualcosa. Il senatore Claudio Borghi esorta l’Italia a fare lo stesso.
USA fuori da OMS.
Dobbiamo farlo anche noi.
Subito.https://t.co/GeGHVSw3qw— Claudio Borghi A. (@borghi_claudio) January 21, 2025
Alla faccia dei menagrami di professione, stiamo vedendo atti concreti e subitanei di Trump contro la Necrocultura globale.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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