Pensiero
Sabato 24 luglio: una data che ricorderemo per sempre
Sabato 24 luglio 2021: una giorno che, non solo per chi è sceso in una delle 80 piazze italiane, sicuramente rimarrà per sempre impresso nella memoria.
In quelle piazze, dopo tanto tempo, uomini e donne (e tanti bambini) provati da un anno e mezzo di full immersion in un mondo surreale somigliante nella sua follia ad un remake di Truman Show, si sono potuti guardare in faccia, senza il paraocchi ideologico del colore di un partito, senza la museruola da «bravi» sudditi, senza alcun distanziamento sociale (ossimoro odioso creato dalla neolingua orwelliana dei nostri tempi) ma, anzi, con l’ardore di voler ritrovare la condivisione e la partecipazione sociale.
Se c’è un momento della Storia contemporanea in cui non ci è più permesso di restare comodi sul divano a condurre le nostre battaglie di libertà e di giustizia attraverso un telecomando o una tastiera, ebbene questo è il momento.
Perché in quelle piazze eravamo un po’ tutti, chi più chi meno, orfani di qualcuno: in questa guerra psico-socio-antropologica contro l’essere umano, tutti abbiamo avuto dei lutti; ma qui non facciamo riferimento solo alle morti fisiche, causate, ne siamo sicuri, più dalla malafede di protocolli volutamente assassini che dalla pericolosità di un virus influenzale, bensì a rapporti e relazioni umane interrotti bruscamente e a volte in maniera persino violenta e inaspettata.
Questa sottile ma tagliente lama chiamata Verità ha diviso senza pietà famiglie, amicizie, rapporti di lavoro e persino comunità di fedeli sedicenti «cattolici».
Questo bisogno di sentirsi nuovamente in compagnia di persone che avessero preservato in sé i tratti dell’essere umano, nei suoi pregi e nei suoi difetti, libere dalla innaturale paura di un presunto contagio, ha fatto sì che centinaia di migliaia di italiani si ritrovassero, senza uno straccio di organizzazione, da Como a Lecce, lungo tutto lo stivale, in un bollente pomeriggio di fine luglio, in compagnia di forze dell’ordine, di solito in tenuta antisommossa, in questa occasione invece, in alcuni casi, solidali con i manifestanti stessi.
Se c’è un tempo della Storia in cui non ci è più permesso il lusso di far combattere agli altri le nostre battaglie, sul posto di lavoro, in famiglia, nel proprio quartiere, nella propria comunità religiosa, ebbene questo è il momento.
I giullari di corte si sono indaffarati subito a catalogare i partecipanti come «no pass», utilizzando in maniera ossessiva sempre il medesimo sistema che, appiccicando un’etichetta ad un gruppo di persone portatrici di messaggi pericolosi per il sistema, cerca di svuotarne il contenuto e il significato ridicolizzandone lo spessore argomentativo.
«No-vax», «no-mask», «no-pass», ma anche «omofobi», «razzisti», «fascisti», «ultracattolici», e chi più ne ha più ne metta.
Se c’è un momento della Storia contemporanea in cui non ci è più permesso di restare comodi sul divano a condurre le nostre battaglie di libertà e di giustizia attraverso un telecomando o una tastiera, ebbene questo è il momento.
Se c’è un tempo della Storia in cui non ci è più permesso il lusso di far combattere agli altri le nostre battaglie, sul posto di lavoro, in famiglia, nel proprio quartiere, nella propria comunità religiosa, ebbene questo è il momento.
Se c’è un momento della Storia decisivo e cruciale, da cui scaturirà il mondo che lasceremo ai nostri figli, ebbene questo è il momento
Se c’è un momento della Storia decisivo e cruciale, da cui scaturirà il mondo che lasceremo ai nostri figli, ebbene questo è il momento.
A tutti, oggi, viene chiesto di rinunciare a qualcosa perché il Bene trionfi, perché la Verità si imponga, perché le ingiustizie finiscano: a noi cattolici in particolare, sia chiaro, viene chiesta prima di tutto la coerenza della testimonianza di Fede, con i fatti, con le scelte, con le decisioni quotidiane.
È finito il tempo dell’ambiguità, dell’imborghesimento morale che in modo vigliacco si nasconde spesso dietro concetti vuoti e asettici come quello di liceità, soltanto per coprire con una foglia di fico la totale mancanza di coraggio, di zelo e di amore verso Dio che contraddistingue ahimè troppo spesso il nostro agire.
Parliamo da decenni di Cristeros, di Vandeani, di insurrezioni, di resistenze eroiche, ed ora, che la possibilità del martirio ci si presenta dinnanzi, la dovremmo fuggire?
Anche per questo, soprattutto noi cattolici, oggi, abbiamo il dovere di scendere nell’arena; solo noi possiamo mostrare al mondo come affrontare tigri e leoni col sorriso di chi sa di non essere solo nella battaglia; solo sporcandoci le mani e non arroccandoci nei nostri priorati o nelle nostre rassicuranti catacombe riusciremo a conquistare anime a Cristo.
Parliamo da decenni di Cristeros, di Vandeani, di insurrezioni, di resistenze eroiche, ed ora, che la possibilità del martirio ci si presenta dinnanzi, la dovremmo fuggire?
Per quale motivo? Per l’idolo del prestigio sociale? Per il quieto vivere famigliare? Per il rispetto umano delle proprie amicizie? Per non perdere il lavoro? Per vigliaccheria?
C’era un cartello che mi ha colpito: tu obbedisci perché finisca, ma è proprio perché obbedisci che non finirà mai…
Dio non ci presenta mai prove che con la Sua Grazia non riusciremo a superare! Non abbiate paura! Questa è l’unica loro arma, la paura!
C’era un cartello, tra i tanti presenti nella piazza di Reggio Emilia, che mi ha colpito: tu obbedisci perché finisca, ma è proprio perché obbedisci che non finirà mai…
Oggi più che mai è l’ora delle scelte; ciò che abbiamo davanti coinvolge forze soprannaturali che ci sovrastano, di fronte alle quali non ci è permesso tergiversare.
I segni dei tempi sono evidenti, la battaglia si combatte sotto i nostri occhi, che sia un onore e non fonte di inquietudine pensare che Dio, sin dall’eternità, abbia chiesto proprio a noi di viverli in pienezza sino alla fine, con perseveranza e fedeltà!
Davanti alla sfida del mondo moderna, ora non ci è data la possibilità di sottrarci: dal rifiuto categorico, senza compromessi, di vaccini assassini prodotti da aborti procurati, alla creazione di nuove scuole parentali, dal rifiuto in toto dei paradigmi della farsa pandemica, all’opera di boicottaggio di provvedimenti liberticidi e discriminatori come il green pass, i lockdown e le zone colorate, dalla lotta vera e radicale contro l’ideologia omosessualista alla difesa della Vita dal concepimento fino alla morte naturale.
I segni dei tempi sono evidenti, la battaglia si combatte sotto i nostri occhi, che sia un onore e non fonte di inquietudine pensare che Dio, sin dall’eternità, abbia chiesto proprio a noi di viverli in pienezza sino alla fine, con perseveranza e fedeltà!
Alessandro Corsini
Pensiero
Manifesto per un’Europa che metta le persone – e non la finanza – al centro della politica
Renovatio 21 pubblica il comunicato del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).
Parere (n. 25): Per un nuovo Manifesto di Ventotene, per un’Europa che metta le persone – e non la finanza – al centro della politica
Nel 1941, un gruppo di antifascisti confinati sull’isola di Ventotene redasse un documento, intitolato «Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un Manifesto», che auspicava l’instaurazione di una «Federazione Europea» in grado di superare, assorbendola, la sovranità degli Stati continentali. (1)
L’idea alla base del «Manifesto di Ventotene» era, in sé, semplice: trasferire alla prevista Federazione Europea il nocciolo duro della sovranità statale, ossia le competenze in materia di politica estera e di difesa, lasciando agli Stati federati «l’autonomia che consenta … lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli».
Il passo più decisivo nella direzione indicata dal Manifesto fu la firma a Parigi, il 27 maggio 1952, del Trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa (CED) e che prevedeva, a termine e secondo modalità del tutto originali, la creazione di un’ulteriore comunità europea, la Comunità Politica Europea (CPE): l’azione congiunta della CED e della CPE, unitamente a quella svolta dalla allora neocostituita Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA, 1951), avrebbe assicurato i pilastri politici ed economico-strategici su cui fondare l’edificio federativo prospettato dal Manifesto di Ventotene. (2)
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Tuttavia, il mutato assetto delle relazioni internazionali conseguente alla guerra di Corea (1950-1953), alla morte di Stalin (1953), alla sconfitta francese di Dien Bien Phu (1954), all’adesione della Repubblica Federale Tedesca alle organizzazioni di difesa europea (UEO) e atlantica (NATO) e alla creazione del Patto di Varsavia (1954/55), spinse gli Stati firmatari, e in particolare la Francia, a rinviare sine die la ratifica del Trattato di Parigi, con la conseguenza che né la CED, né la CPE videro mai la luce.
Il fallimento della CED e della CPE segna di fatto il tramonto dell’ideale federalista europeo, perché, da allora, nessun altro trattato o accordo o dichiarazione d’intenti ha voluto o potuto resuscitare il progetto di Federazione Europea formulato dal Manifesto di Ventotene.
Quanto resta, oggi, di quell’ideale federalista è una organizzazione internazionale denominata Unione Europea – nata nel 1992 sulle ceneri della preesistente Comunità Economica Europea (CEE, 1957) – che, al di là delle dichiarazioni di facciata e della sua costante preoccupazione di presentarsi come tempio di pace e democrazia, è ben lontana dal promuovere il progetto di integrazione politica federale proposto dal Manifesto di Ventotene, limitandosi a perseguire la cooperazione monetaria strettamente funzionale al capitalismo ultra-finanziario e digitale promosso dalle élites globali: ossia, ciò che il Manifesto indicava espressamente tra le cause principali della «crisi della civiltà moderna». (3)
In questo senso, è sufficiente ricordare i passaggi del Manifesto che stigmatizzavano: «La formazione di giganteschi complessi industriali e bancari …(che premono)… sul governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi»; «l’esistenza dei ceti monopolistici e … dei plutocrati che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici per dirigere tutta la macchina dello Stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali»; «la volontà dei ceti militari (di predominare)… su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi»; infine, il fatto che «gli ordinamenti democratico liberali …(sono)… lo strumento di cui questi gruppi si (servono) per meglio sfruttare l’intera collettività».
Alla luce di queste affermazioni, formulate più di 80 anni fa e forse per questo dimenticate, il CIEB auspica che i cittadini europei leggano (o rileggano) con attenzione il Manifesto di Ventotene per valutare attentamente la distanza che separa questo documento, e gli ideali a esso sottesi, dalle proposte elaborate o commissionate da taluni apparati allo scopo di rilanciare l’immagine di un’Europa incrinata da un diffuso euroscetticismo perché sempre più mercato-centrica e, quindi, lontana dai cittadini.
Alla luce delle affermazioni contenute nel Manifesto sarebbe opportuno leggere anche il «Rapporto sulla competitività europea», presentato in questi giorni da un ex premier italiano tra il plauso delle lobby industriali, delle istituzioni nazionali ed europee, della politica e dei media, che fa leva essenzialmente sulla riforma del mercato dei capitali e su maggiori investimenti nei settori – guarda caso – degli armamenti e delle infrastrutture digitali.
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Ma, al di là della scelta dei settori considerati prioritari, ciò che più colpisce del Rapporto, sotto il profilo etico, è la sua impostazione complessivamente volta ad anteporre gli interessi economico-finanziari rispetto a qualsiasi altro bene o valore, a cominciare dalla vita e dalla salute dell’uomo: basti rilevare che, per l’autore del Rapporto, il rilancio dell’Europa passa anche attraverso l’ulteriore semplificazione delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali per uso umano, quelle stesse procedure che hanno permesso di introdurre sul mercato un farmaco sperimentale – il cosiddetto vaccino anti-COVID – la cui rischiosità è da tempo ammessa pubblicamente dalle medesime aziende farmaceutiche che lo hanno prodotto e commercializzato, dagli enti di ricerca e dalle autorità regolatorie.
Forse non c’è migliore esempio di questo per evidenziare il divario tra gli ideali e gli obiettivi dell’attuale Unione Europea e quelli enunciati dal Manifesto di Ventotene, il cui incipit era dedicato proprio al «principio di libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita».
Evidentemente i tempi sono maturi per l’adozione di un nuovo Manifesto di Ventotene che formuli un modello di Europa i cui protagonisti siano realmente i cittadini e che metta definitivamente da parte quell’artificiosa costruzione che si fregia astrattamente del titolo di «unione europea» e che altro non è che lo schermo dietro cui si muovono le élites finanziarie globali.
CIEB
18 settembre 2024
NOTE
1) Per il testo originale del Manifesto, cfr. il sito dell’Istituto di studi federalisti «Altiero Spinelli»: https://www.istitutospinelli.it/download/il-manifesto-di-ventotene-italiano/
2) È utile ricordare che, a differenza della CED, che nasceva da un comune trattato internazionale, la CPE sarebbe stata creata da una vera e propria Assemblea costituente composta dai delegati degli unici organi internazionali che, all’epoca, rappresentavano – sia pure indirettamente – i popoli europei, ossia l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale nata nel 1949 e del tutto distinta dalle comunità europee di cui si parla nel testo) e l’Assemblea parlamentare della già citata CECA. Può pertanto affermarsi che il progetto CPE resta, nel quadro della storia delle organizzazioni internazionali, un esperimento assolutamente unico e, soprattutto, irripetuto: tutte le comunità europee che videro la luce negli anni successivi (CECA, CEE, EURATOM), come anche l’odierna Unione Europea (UE), sono nate in base alle vicende costitutive delle comuni organizzazioni internazionali, ossia mediante trattati internazionali negoziati, firmati e ratificati da organi statali secondo le rispettive procedure di diritto interno.
3) Cfr., anche per le citazioni seguenti, il capitolo 1 del Manifesto, citato alla nota 1.
Il testo originale del presente Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/cieb
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Pensiero
Sacerdote tradizionalista «interdetto» dalla diocesi di Reggio: dove sta la Fede cattolica?
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Geopolitica
Zakharova e le sanzioni ai media russi: gli USA stanno diventando una «dittatura neoliberista»
Le ripetute sanzioni volte a limitare la libertà dei media russi negli Stati Uniti sono un segnale dell’erosione dei valori democratici a Washington, ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova.
La portavoce ha rilasciato queste dichiarazioni all’agenzia di stampa RIA Novosti a margine dell’Eastern Economic Forum tenutosi mercoledì a Vladivostok, poche ore dopo l’introduzione di un nuovo ciclo di sanzioni da parte degli Stati Uniti.
Washington ha imposto severe restrizioni ai media russi in passato, ha osservato Zakharova. L’imposizione di queste nuove sanzioni «testimonia l’irreversibile degrado dello stato democratico negli Stati Uniti e la sua trasformazione in una dittatura neoliberista totalitaria», ha affermato, aggiungendo che i notiziari sono diventati una «merce di scambio nelle dispute di parte e il pubblico è deliberatamente tratto in inganno da insinuazioni su mitiche interferenze nei “processi democratici”».
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Gli attacchi ai media russi sono «il risultato di operazioni attentamente ponderate» pianificate dai servizi segreti e coordinate con i principali organi di informazione, ha affermato la Zakharova.
L’obiettivo, ha affermato, è «sterilizzare lo spazio informativo nazionale e, in futuro, globale da qualsiasi forma di opinione dissenziente». Questa nuova «caccia alle streghe» è volta a mantenere «la popolazione in uno stato di stress permanente», oltre a costruire l’immagine di «un nemico esterno», in questo caso la Russia, ha sottolineato la portavoce.
Mercoledì, i dipartimenti di Giustizia, Stato e Tesoro hanno annunciato uno sforzo congiunto per colpire con sanzioni e accuse penali i media russi, tra cui il noto notiziario governativo Russia Today, e gli individui che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden afferma essere «tentativi sponsorizzati dal governo russo di manipolare l’opinione pubblica statunitense» in vista delle elezioni presidenziali di novembre.
Queste azioni degli Stati Uniti «contravvengono direttamente ai loro obblighi di garantire il libero accesso alle informazioni e il pluralismo dei media» e non rimarranno senza risposta, ha affermato la Zakharova.
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Immagine di Diana Robinson via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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