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Epstein incontrava l’attuale capo della CIA. E pure l’ex premier israeliano, i Rothschild e Noam Chomsky

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Il caso Epstein continua a regalare rivelazioni scioccanti. Le ultime sembrano uscite dalla Gazzetta del complottista, solo che stavolta lo scrive una grande testata del mainstream internazionale. CIA, Rothschild, uomini di Kissinger, l’ex premier israeliano Ehud Barak,  l’immancabile Fondazione Gates persino il linguista Noam Chomsky: tutti nomi contenuti in un exposé del Wall Street Journal.

 

La gigantesca notizia con cui partire è quella per cui l’attuale direttore della CIA, William Burns, ha incontrato diverse volte Epstein.

 

Nel 2014 Burns ha avuto almeno tre meeting con Jeffrey Epstein. All’epoca il Burns era il vice segretario di stato di Obama – e va notato che tali incontri sono avvenuti dopo che Epstein era stato condannato per sfruttamento sessuale di minori.

 

Burns ed Epstein si sono incontrati per la prima volta a Washington prima che Burns visitasse Epstein e la sua residenza a Manhattan, secondo una serie di documenti trapelati che includono gli orari di Epstein che non erano contenuti nella famosa «agendina nera» dei suoi contatti (peraltro zeppa di nomi italiani, cosa che la stampa nazionale ha bellamente ignorato) o dei registri di volo del cosiddetto Lolita Express, l’aereo usato da Epstein e dai suoi ospiti per gli spostamenti, spesso nella famosa tenuta di Saint James, nelle Isole Vergini americane, dove accoglieva gli «amici» con quantità di ragazzine giovanissime.

 

Burns, che è diventato direttore della CIA sotto Biden nel 2021, ha incontrato Epstein mentre si preparava a lasciare la sua posizione nel governo, secondo la portavoce della CIA Tammy Kupperman Thorp.

 

«Il direttore non sapeva nulla di lui, a parte il fatto che è stato presentato come esperto nel settore dei servizi finanziari e ha offerto consigli generali sulla transizione al settore privato», ha detto la portavoce del principale servizio segreto statunitense, aggiungendo che i due «non avevano alcuna relazione».

 

Bisogna ammettere che è curioso: l’uomo che diverrà capo del massimo servizio d’Intelligence del Paese e finanche del mondo – uno che andrà a gestire il più profondo sistema di informazione esistente – non sapeva nulla dei precedenti di questo tizio che andava a incontrare, nemmeno le chiacchiere che giravano sul suo conto. Le quali chiacchiere, come riportato da Renovatio 21, c’erano.

 

Burns è un diplomatico che aveva ricoperto il delicato ruolo di ambasciatore USA a Mosca. Nel 2014, al momento degli incontri, era vice segretario di Stato americano.

 

«Quell’agosto era previsto un pranzo presso l’ufficio dello studio legale Steptoe & Johnson a Washington» scrive il Wall Street Journal. «Epstein ha programmato due appuntamenti serali quel settembre con il signor Burns nella sua casa di città, mostrano i documenti. Dopo uno degli incontri programmati, Epstein ha pianificato che il suo autista portasse il signor Burns all’aeroporto».

 

«Il signor Burns ricorda di essere stato presentato a Washington da un amico comune e di aver incontrato brevemente Epstein una volta a New York, ha detto la signora Thorp. “Il direttore non ricorda alcun ulteriore contatto, inclusa la ricezione di un passaggio per l’aeroporto”».

 

Un mese dopo l’incontro con Epstein, nell’ottobre 2014, Burns si è dimesso da questo ruolo al Dipartimento di Stato per servire come presidente del Carnegie Endowment for International Peace, un think tank per la politica estera di cui il Cremlino ha chiuso la filiale moscovita nell’aprile 2022. Burns avrebbe gestito il think tank fino a quando non è stato nominato da Biden per servire come direttore della CIA all’inizio del 2021.

 

Secondo quanto riportato dal giornale di Nuova York, Epstein ha avuto anche dozzine di incontri con Kathryn Ruemmler, l’allora avvocato della Casa Bianca di Obama, che nel 2020 è diventata il principale avvocato della grande banca d’affari Goldman Sachs. Epstein avrebbe anche pianificato che lei lo raggiungesse nel 2015 in un viaggio a Parigi (dove operava il suo «socio» Jean-Luc Brunel, scout di modelle, trovato anche lui impiccato in carcere l’anno passato) e nel 2017 per visitare la sua isola privata nei Caraibi.

 

Secondo un portavoce di Goldman Sachs, la Ruemmler aveva una «relazione professionale» con Epstein legata al suo ruolo presso lo studio legale Latham & Watkins LLP e non viaggiava con lui. «Mi pento di aver mai conosciuto Jeffrey Epstein», ha dichiarato l’ex avvocato della presidenza Obama.

 

Secondo i documenti citati dal WSJ, Epstein «ha chiesto di avere a portata di mano involtini di sushi di avocado durante l’incontro con la Ruemmler. Ha visitato gli appartamenti che stava pensando di acquistare. Nell’ottobre 2014, Epstein era a conoscenza dei suoi piani di viaggio e ha detto ad un assistente di controllare il suo volo. “Vedi se c’è un posto in prima classe”, ha scritto, “se è così fai un upgrade”».

 

Va rammentato, anche qui, che tali incontri avvenivano in seguito alla condanna di Epstein nel 2006 per aver abusato sessualmente di ragazze in Florida di appena 14 anni.

 

A poche settimane dalla partenza di Ruemmler dalla Casa Bianca di Obama nel 2014, Epstein ha programmato un pranzo nella sua casa di città, seguito da una serie di incontri per presentarla ai suoi conoscenti.

 

I due si sono incontrati per la prima volta quando Epstein l’ha chiamata per chiederle se fosse interessata a rappresentare la Bill & Melinda Gates Foundation, una relazione che non è mai andata a buon fine.

 

«Epstein e il suo staff hanno discusso se la signora Ruemmler, che ora ha 52 anni, sarebbe stata a disagio con la presenza di giovani donne che lavoravano come assistenti e personale presso la residenza cittadina, mostrano i documenti» scrive il WSJ. «Le donne hanno inviato un’e-mail a Epstein in due occasioni per chiedere se dovevano evitare la casa mentre la signora Ruemmler era lì. Epstein ha detto a una delle donne che non la voleva intorno, e a un’altra che non era un problema, mostrano i documenti».

 

«La signora Ruemmler non ha visto nulla che potesse portarla a essere preoccupata nella residenza cittadina e non ha espresso alcuna preoccupazione, ha detto il portavoce di Goldman» continua il giornale americano.

 

Epstein ha anche collegato Ruemmler con Ariane de Rothschild, attuale CEO della banca privata svizzera Edmond de Rothschild Group. Lo studio legale di Ruemmler è stato assunto dalla banca per aiutarli con le questioni normative statunitensi, secondo la banca e il portavoce di Goldman.

 

La De Rothschild, che è entrata per matrimonio nella famosa famiglia di banchieri, ha incontrato Epstein più di una dozzina di volte.

 

«Nel settembre 2013, Epstein ha chiesto aiuto alla signora de Rothschild in una e-mail per trovare una nuova assistente, “donna… multilingue, organizzata”. “Chiederò in giro”, ha risposto la signora de Rothschild via e-mail. Ha acquistato quasi 1 milione di dollari di oggetti all’asta per conto di Epstein nel 2014 e nel 2015, mostrano i documenti» scrive il WSJ.

 

«La signora de Rothschild è stata nominata presidente della banca nel gennaio 2015. Quell’ottobre, lei ed Epstein hanno negoziato un contratto da 25 milioni di dollari per la Southern Trust Co. di Epstein per fornire “l’analisi del rischio e l’applicazione e l’uso di determinati algoritmi” per la banca, secondo una proposta esaminata dal Journal».

 

Nel 2019, dopo l’arresto di Epstein, la banca avrebbe affermato che la signora de Rothschild non ha mai incontrato Epstein e non aveva legami d’affari con lui. La banca avrebbe ammesso al Journal di aver mentito nella sua precedente dichiarazione e che la signora de Rothschild ed Epstein si sono incontrati come parte dei suoi normali doveri bancari.

 

Un altro ospite di Epstein nominato nelle ultime rivelazioni è l’ex premier israeliano Ehud Barak, un ex commando delle operazioni speciali dello Stato Ebraico nei suoi conflitti (era in squadra durante l’operazione Entebbe con Yonathan Netanyahu, fratello dell’attuale premier morto durante il raid ugandese) poi divenuto leader dei laburisti di Tel Aviv – il principale partito che si oppone al Likud di Netanyahu.

 

Della frequentazione epsteiniana di Barak si sapeva da molto tempo, con i giornali a pubblicare negli anni foto di lui con la sciarpa a coprirgli il volto fuori dal palazzo di Epstein. I due avrebbero investito in una startup di software video e geolocalizzazione nel 2015. L’ex premier dello Stato ebraico ha ammesso di non sapere quante volte ha incontrato il presunto finanziere, e di aver visitato due delle sue case di Manhattan più, una volta, la famosa isola.

 

Barak aveva detto alla testata Daily Beast di aver incontrato Epstein per la prima volta nel 2002 circa, quando è stato presentato dall’ex presidente israeliano Shimon Peres. Avrebbe detto che sia Bill che Hillary Clinton sarebbero stati presenti ad una festa di Epstein così come «molte persone famose e importanti».

 

La cifra israeliana dell’inghippo assume significato perché in molti rumoreggiano sulla possibilità che l’intero traffico di Epstein fosse in realtà un’operazione di honeypot da parte del Mossad, ossia una trappola per uomini potenti che uscivano dalle giornate con Epstein pesantemente compromessi. La tesi sarebbe suffragata, secondo i suoi sostenitori, dal fatto che la «socia» inseparabile di Epstein Ghislaine Maxwell fosse figlia di un’altra supposta spia israeliana, il magnate inglese (ma di origine ebraico-boema) Robert Maxwell, al cui funerale in Israele erano bizzarramente presenti mezza dozzina di capi del Mossad.

 

A scrivere dell’affiliazione di Maxwell padre con il Mossad fu il reporter premio Pulitzer Seymour Hersh un suo libro sull’atomica di Tel Aviv, The Samson Option: secondo le sue ricerche fu Maxwell ad avvisare gli israeliani delle intenzioni del fisico nucleare Vanunu, poi rapito a Roma nel 1986 e sparito per molti anni. Un recentissimo libro in due volumi scritto dalla ricercatrice americana Whitney Webb,  One Nation Under Blackmail: The Sordid Union Between Intelligence and Organized Crime That Gave Rise to Jeffrey Epstein, accenna alla voce di un possibile incontro personale tra Epstein e Robert Maxwell, circostanza mai uscita prima.

 

Un altro nome emerso in queste ore è quello di Joshua Cooper Ramo, allora co-amministratore delegato della società di consulenza aziendale di Henry Kissinger, l’onnipotente ex segretario di Stato USA che, oltre che amico degli Agnelli (e quindi pure tifoso della Juve), si è appreso essere con probabilità il vero mentore di Klaus Schwab.

 

«Il signor Ramo è stato anche invitato a una colazione nella residenza cittadina nel settembre 2013 con l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak, un altro ospite abituale, come mostrano i documenti».

 

Nelle carte del WSJ compaiono quindi un certo numero di professori e accademici, tra cui spicca il nome del più riverito linguista nonché attivista goscista mondiale, Noam Chomsky, che avrebbe incontrato Epstein in incontri in cui era presente sempre il Barak.

 

«Barak ha anche incontrato Epstein nel 2015 con il signor Chomsky, ora 94enne, professore di linguistica e attivista politico che è stato critico nei confronti del capitalismo e della politica estera degli Stati Uniti (…) Chomsky ha detto che Epstein ha organizzato l’incontro con il signor Barak per discutere “le politiche di Israele riguardo alle questioni palestinesi e all’arena internazionale» scrive la testata.

 

«Il signor Barak ha affermato di aver incontrato spesso Epstein durante i viaggi a New York ed è stato presentato a persone come il signor Ramo e il signor Chomsky per discutere di geopolitica o altri argomenti. “Spesso ha portato altre persone interessanti, dall’arte o dalla cultura, dalla legge o dalla scienza, dalla finanza, dalla diplomazia o dalla filantropia”, ha detto Barak».

 

Alla domanda postagli ora dai giornalisti sulla sua relazione con Epstein, Noam Chomsky ha dichiarato: «la prima risposta è che non sono affari tuoi. O di nessuno. La seconda è che lo conoscevo e ci siamo incontrati occasionalmente».

 

Come riportato da Renovatio 21, non è noto a tutti che il Chomsky – che è di origine ebraica come Barak ed Epstein – iniziò a lavorare negli anni cinquanta in progetti di carattere militare: fu consulente su questo progetto sponsorizzato dall’aeronautica militare al laboratorio per l’elettronica MITRE. Noi lo ricordiamo tuttavia per l’intervista del 2021 in cui disse che «i non vaccinati vanno imprigionati».

 

Dopo che Epstein ha donato 850 mila dollari al MIT tra il 2002 e il 2017 e 9,1 milioni ad Harvard tra il 1998 e il 2008, Chomsky ha dichiarato in un’intervista del 2020 che persone «peggiori di Epstein» avevano donato al MIT. All’epoca non aveva rivelato la loro amicizia, e ora afferma che al momento dei loro incontri, «quello che si sapeva di Jeffrey Epstein era che era stato condannato per un crimine e aveva scontato la pena. Secondo le leggi e le norme statunitensi, ciò produce una tabula rasa».

 

Come noto, Alexander Acosta, il procuratore della Florida che nel 2006 – poi segretario del Lavoro nell’amministrazione Trump – diede ad Epstein una pena assai lieve, ha confessato che qualcuno gli disse, all’epoca, di lasciar perdere Epstein, perché «è roba dell’Intelligence».

 

Eric Weinstein, matematico che lavora nei fondi di Peter Thiel e autore di podcast che ha raccontato il suo sconcerto durante il suo unico incontro di lavoro con Epstein – nel quale, dice si rese conto che il miliardario non sapeva nulla di finanza – tira le somme di questa nuova infornata di rivelazioni.

 

«Ho affermato che Epstein OVVIAMENTE non era un grande finanziere da molto prima del suo arresto in Florida nel 2006» scrive Weinstein in un tweet. «Questi leader lo stanno incontrando anni dopo la sua condanna e incarcerazione»

«La domanda centrale rimane: Jeffrey Epstein era un costrutto della comunità dell’Intelligence, che in quanto predatore sponsorizzato dallo Stato non può essere indagato dai media che collaborano con il governo per “ragioni di sicurezza nazionale”».

 

«Ciò dovrebbe suonare più folle di quanto non faccia oggi».

 

Epstein «è morto», ripetè in modo inquietante Bill Gates durante un’intervista TV in cui gli si chiedeva della loro strana amicizia, anche quella andata avanti negli anni successivi alla condanna di Epstein. Sui motivi di questa amicizia, Renovatio 21 ha provato a fare qualche ipotesi.

 

C’è un detto anglofono: «dead man tell no tale», l’uomo morto non può raccontare storie. Non sembra, tuttavia, il caso di Epstein, «suicidato» in carcere oramai quattro anni fa in un momento fatale in cui, per pura coincidenza, le guardie non stavano attente e le telecamere erano disfunzionanti.

 

Più si va avanti, più la storia del morto salta fuori: perché tale storia è semplicemente enorme, tocca punti nodali del potere finanziario e politico globale, al punto da diventare impossibile da insabbiare.

 

Del resto, la lista definitiva non è ancora uscita. E Ghislaine, quella che si sospetta abbia ereditato dal padre la sua connessione con i servizi israeliani, è ancora viva, anche se in carcere.

 

È a questo punto che ci torna in mente quella sua strana apparizione a Los Angeles, quando era ancora latitante. Fu trovata nel dehors di un fast food, dove si fece fotografare mentre leggeva un libro.

 

 

Il titolo del libro The Book of Honor: The Secret Lives and Deaths of CIA Operatives. Tradotto: «Il libro d’onore: le vite segrete e le morti degli agenti della CIA».

 

Perché nel grande costrutto di Intelligence globale che è l’operazione Epstein forse non c’erano dentro solo gli israeliani.

 

 

 

 

 

Controllo delle nascite

Oligarcato e Necrocultura: il capo di BlackRock elogia la depopolazione e la sostituzione degli umani con le macchine

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Sorprendenti ammissioni del CEO di BlackRock Larry Fink durante un evento del World Economic Forum organizzato la scorsa settimana in Arabia Saudita.

 

L’incontro speciale del WEF – chiamato s Special Meeting on Global Collaboration, Growth and Energy for Development – comprendeva 50 sessioni attorno a tre temi principali: crescita inclusiva; collaborazione globale; ed energia per lo sviluppo. «Nel corso di due giorni, 1.000 leader globali ed esperti provenienti da governi, imprese e società civile si sono riuniti per discutere su come affrontare le più grandi questioni che affliggono il mondo» scrive il sito del gruppo estremista di Klaus Schwab.

 

Fink, alto papavero dell’oligarcato mondiale, è un habitué di Davos, dove negli anni si è fatto notare per considerazioni notevoli come l’accelerazione dell’abolizione del contante favorita dalla guerra in Ucraina.

 

Il presidente di BlackRock – fondo di investimenti che ha asset in gestione per 10 trilioni di dollari, secondo alcuni al centro della crisi energetica globale – ha parlato in una sessione chiamata «Investing in a Global Fracture» («Investire in un contesto di frattura globale») trattando di stimoli fiscali e dell’innovazione per creare un «ciclo di investimento molto ampio».

 

Il sito del WEF, tuttavia, non riporta come il Fink sia finito a parlare, in termini che sembrano elogiativi, della contrazione della popolazione in rapporto all’ascesa dei robot, un fenomeno da lui associato ad una futura fase di benefizio economico.

 

«Posso sostenere l’idea dei Paesi con la popolazione in contrazione» attacca il Fink, per poi cercare di inquadrare meglio la questione per partire con il suo pensiero all’apparenza controintuitivo.

 

«È qualcosa di cui non si è ma parlato, sapete, siamo abituati a pensare che una popolazione in contrazione è la causa di una crescita negativa, ma nelle mie conversazioni con i leader… questi grandi Paesi sviluppati che hanno leggi xenofobiche per l’immigrazione che non permettono a nessuno di entrare con popolazioni che si restringono… questi Paesi sviluppano rapidamente la robotica e la tecnologia dell’Intelligenza Artificiale».

 

«Se la promessa di tutto questo – e non sto dicendo che succederà – trasforma la produttività, cosa che la maggior parte di noi pensa farà, saremo in grado di elevare lo standard di vita dei Paesi e degli individui, anche con popolazioni in contrazione».

 

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«Il paradigma della crescita negativa della popolazione sta per cambiare» afferma il Fink. «E i problemi sociali che si avranno sostituendo gli umani con le macchine sarà molto più facile in quei Paesi che hanno la popolazione in declino».

 

L’uomo a capo del più grande ammasso di finanza della storia vi sta dicendo che accetterete la Cultura della Morte: perché siete senza bambini e sempre più dipendenti dai robot.

 

I paperoni ve lo dicono in faccia: si perderà ogni tabù rispetto alla Necrocultura, l’infertilità sarà considerata un fattore di benessere sociale.

 

Siamo davanti alla prospettiva, davvero, all’incubo totalitario della sterilità (e, per corollario, dell’omosessualità) come obbligo inflitto alla società dallo Stato, come nel romanzo di Anthony Burgess Il seme inquieto (1962). Il cambio di paradigma è annunciato: nulliparo e robotico è bello, è giusto, è obbligatorio.

 

Se pensavate che il green pass fosse l’attacco finale alla vostra sovranità biologica (e famigliare, spirituale) vi sbagliavate di grosso.

 

La Necrocultura è oramai slatentizzata, pure nelle parole dei suoi corifei miliardari.

 

Preparatevi a difendere la vostra prole, a proteggere la vostra stessa capacità di generare la vita umana. Perché, giocoforza, contro di esse vi scateneranno lo Stato moderno e – non è più un film di fantascienza – orde di robot a quattro zampe, a due zampe, a quattro eliche che vi toglieranno il lavoro, vi sorveglieranno, vi daranno la caccia, vi staneranno, vi uccideranno.

 

Preparatevi, contro la Necrocultura degli oligarchi e le sue macchine, a difendere l’umanità – a cominciare dalla vostra.

 

Roberto Dal Bosco

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Uomo d’affari ebreo ucciso a colpi di arma da fuoco ad Alessandria d’Egitto

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Martedì, un uomo d’affari ebreo canadese è stato assassinato nella città di Alessandria d’Egitto, quando un uomo armato sconosciuto si è avvicinato alla sua auto e gli ha sparato a bruciapelo.   Un’oscura organizzazione terroristica avrebbe rivendicato la responsabilità come «ritorsione» per l’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza. Il gruppo che si autodefinisce «Gruppo d’avanguardia per la liberazione del martire Mohamed Salah» (dal nome dell’ufficiale di polizia egiziano che uccise tre soldati dell’IDF in una sparatoria al confine a metà del 2023) sostiene che la vittima, identificata come Ziv Kipper, era un «agente del Mossad».   «Aspettate il prossimo», ha scritto l’organizzazione sconosciuta in un messaggio Internet. «Shalom dai bambini di Gaza». Secondo quanto riferito, il gruppo avrebbe anche pubblicato un video e un’immagine dell’omicidio, scrive il sito Zerohedge.   Tuttavia il Ministero degli Interni egiziano si è affrettato a minimizzare l’incidente, e invece di «terrorismo» fonti di sicurezza egiziane hanno scelto inizialmente di definire l’omicidio una rapina.   Secondo l’agenzia Reuters «il gruppo ha pubblicato una foto che pretende di mostrare Kipper mentre viene colpito nella sua macchina». Tuttavia «fonti della sicurezza egiziana hanno affermato di non avere informazioni sull’esistenza del gruppo o se fosse coinvolto nell’incidente».

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«La presunta organizzazione ha affermato di aver preso di mira l’uomo d’affari durante le operazioni israeliane nella città di confine palestinese-egiziana e roccaforte di Hamas a Rafah» scrive Reuters. «The Vanguard ha affermato che l’uomo d’affari, amministratore delegato di un’azienda egiziana di esportazione di frutta e verdura congelata, aveva utilizzato le sue attività commerciali come copertura per operazioni di intelligence israeliane».   «Il gruppo ha affermato che il presunto atto di terrorismo era una continuazione della storica lotta egiziana contro Israele e ha denunciato l’attuale leadership egiziana come burattini».   Il governo egiziano è tipicamente molto sensibile quando si tratta di accuse di terrorismo contro occidentali e stranieri, dato che anche gli storici incidenti terroristici hanno talvolta decimato la sua cruciale industria del turismo. L’Egitto ha motivo di voler minimizzare o nascondere le circostanze dell’attacco.   L’uomo aveva la cittadinanza israeliana insieme a quella canadese, tuttavia, «né Israele né l’Egitto hanno ancora ufficialmente nominato l’uomo ucciso» ha riportato la BBC. Ad ogni modo, « il ministero degli Esteri israeliano ha confermato che la vittima era un uomo d’affari con doppia cittadinanza canadese-israeliana. Ha aggiunto che l’ambasciata israeliana al Cairo era in contatto con le autorità egiziane. Il ministero degli Interni egiziano, nel frattempo, ha affermato in una nota che l’uomo “risiede permanentemente” nel Paese».   L’assassinio avviene in un momento delicato in cui i colloqui di tregua tra Hamas e Israele erano in corso al Cairo, tramite mediatori, ma i colloqui alla fine hanno mostrato pochi progressi o risultati, mentre l’esercito dello Stato Ebraico  è pronto a progredire con la sua offensiva di terra su Rafah.

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L’Intelligence USA dice che Putin non ha ordinato la morte di Navalnij

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Il presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovich Putin non sarebbe dietro il decesso del personaggio politico russo Aleksej Navalnij, sostengono fonti dell’Intelligence statunitense sentite dal Wall Street Journal.

 

Il 27 aprile il WSJ ha pubblicato un articolo intitolato «Putin non ha ordinato direttamente la morte di Alexej Navalny a febbraio, secondo le agenzie di spionaggio statunitensi».

 

Il quotidiano economico neoeboraceno è lo stesso che aveva recentemente scritto, in base alle «valutazioni dell’Intelligence», che i negoziati Russia-Ucraina del marzo 2022 con la mediazione turca potrebbero indicare una base per avviare ora tali negoziati per porre fine al conflitto.

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La pubblicazione di questi articoli, in controcorrente rispetto a quanto ci si si aspetterebbe, avviene mentre il Congresso USA sta stanziando 60-70 miliardi di dollari in nuovi aiuti all’Ucraina, un’ulteriore elargizione finanziario-militare che probabilmente, oramai lo credono in molti anche a Wasghintone, non cambierà in alcun modo la situazione militare.

 

Lo scoop del 27 aprile rivela che «Putin probabilmente non ha ordinato che Navalny fosse ucciso nel notoriamente brutale campo di prigionia, hanno detto persone che hanno familiarità con la questione».

 

Il pezzo contiene altresì quantità di precisazioni e denunce della scoperta da parte degli «alleati» russi del Navalnij; e non si pretende di mettere in discussione la «responsabilità ultima di Putin per la morte di Navalny» – teniamo a mente che molte delle nuove sanzioni statunitensi ora in vigore si basavano sull’immediata dichiarazione del presidente Joe Biden in tal senso.

 

Tuttavia la valutazione dell’Intelligence riportata include che la morte di Navalnij ha bloccato la possibilità di uno scambio di prigionieri che la Russia, con l’incoraggiamento del presidente Putin, stava perseguendo con gli Stati Uniti.

 

Va considerato che il Wall Street Journal è parte integrante della questione, in quanto il suo inviato speciale Evan Gershkovich, 34 anni, è stato arrestato dal Servizio di sicurezza federale russo con l’accusa di spionaggio nel marzo 2023: si tratta della prima volta, dai tempi della Guerra Fredda, che un giornalista di una testata americano viene imprigionato con l’accusa di essere una spia.

 

Il Gershkovich, figlio di immigrati sovietici ebrei stabilitisi a Nuova York a fine anni Settanta, è stato preso a Ecaterimburgo mentre raccoglieva informazioni sulla filiera industriale militare russa, e si occupava del gruppo Wagner.

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Il giornalista Tucker Carlson ha dedicato tutta l’ultima parte della sua intervista a Vladimir Putin chiedendo la liberazione del giovane collega. Va ricordato che alcuni sono arrivati a dire che l’intervista del Carlson al presidente russo, al momento solo annunziata, avrebbe scatenato l’assassinio di Navalnij da parte di nemici della Russia.

 

È stato speculato che l’arresto del Gershokovich con l’accusa di spionaggio sia il preludio ad una richiesta di scambio con prigionieri russi di alto livello nelle carceri degli Occidentali.

 

Come riportato da Renovatio 21, Navalnij, lungi da quanto pensano i sinceri-democratici he avversano Putin in Occidente leggendo le gazzette dell’establishment, aveva posizioni di nazionalismo etnico che sfociavano nella xenofobia.

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