Animali
Circondati dai lupi. Cosa vogliamo fare?

Il problema è che a breve non si parlerà più degli orsi. Si parlerà dei lupi. E non per un morto e, se va bene, un solo attacco all’anno, o due-tre.
No, potremmo cominciare a sentir parlare dei lupi a cadenza regolare, e per episodi raccapriccianti: bambini sbranati, bestie che si inoltrano sin dentro i giardini delle villette, poi dentro le case. È inevitabile, in realtà in larga parte sta già accadendo.
Ad Asiago c’è un gruppo Whatsapp dei cittadini che cercano di avvisarsi in caso di avvistamento: branchi di lupi sono passati dallo sbranare mucche e asini e animali domestici a farsi trovare direttamente fuori dai portoni delle case.
A Lucca, lo scorso 11 aprile, una signora è stata attaccata da un lupo che le ha morso la mano. Quattro mesi fa, un automobilista ne ha filmato uno per strada, nel Chianti. A Siena quattro anni fa un branco aveva attaccato un’azienda agricola colpendo 70 pecore.
A Sondrio un bambino di 10 anni ha trovato una cerva dilaniata a poca distanza dalle case. Era capitato anche nel pavese due anni fa, quando una telecamera di sorveglianza riprese un lupo sbranare un capriolo dentro il giardino di una casa.
A Cesena, è stato visto un lupo ieri, in mezzo alle case. Stessa cosa, due mesi fa, nel centro di Busto Arsizio.
A Romano d’Ezzelino, in provincia di Vicenza, a inizio mese i cittadini hanno visto il lupo in pieno giorno, in pieno centro.
Il vicentino sembra particolarmente colpito. Il lupo è stato visto a Schio, tra piante e radure a poca distanza dal Santuario di Monte Berico, a Monteviale, piccolo comune collinare fatto di cascine e belle case. Chiunque ami fare delle passeggiate nella natura con i propri figli finisce per fare quel pensiero.
«Non hanno più timore di avvicinarsi agli insediamenti umani» ha detto una veterinaria al quotidiano milanese La Verità. «Anche perché non hanno nessun motivo per averne».
I numeri del fenomeno sono impressionanti. Vi sarebbero 3.300 lupi in tutta Italia, un esercito ululante e spaventoso che ha già una sua mitologia: sarebbe sorto dall’incontro, nel 2011, tra Giulietta, una lupa della Lessinia, e Slavc, un lupo che, ci dicono, sarebbe migrato spontaneamente dalla Slovenia – tutti insistono sul fatto che i lupi non sono stati reintrodotti artificialmente, si tratta, assicurano, di fake news.
Le cucciolate di Giulietta con suo Romeo sloveno e la loro discendenza si sarebbe diffusa a macchia d’olio: Friuli, Veneto, Lombardia, Trentino, anche Emilia-Romagna.
Solo nel Bellunese ci sarebbero 17 branchi per un totale di 120 lupi. Quando due anni fa ad Auronzo di Cadore un automobilista fece un video mentre un branco gli correvano davanti in strada, vi fu scandalo: le associazioni animaliste chiesero l’identificazione dell’uomo; il PD veneto, dopo aver parimenti chiesto con un’interrogazione in giunta regionale di individuare l’automobilista, secondo il servizio TV parlò di «folle inseguimento che deve essere punito (…) un episodio vergognoso e gravissimo», anche perché, avrebbero detto i democratici, le temperature rigide, la rottura del branco e la tanta fatica fatta, quegli animali sarebbero andati «sicuramente incontro alla morte».
Di certo sappiamo che a morire, più che i lupi inseguiti, ad Auronzo sono i cervi, trovati sbranati dai lupi – uno dei quali colto sul fatto – neanche due settimane fa, ma anche lo scorso settembre, il pony di una bambina 13enne, massacrato dai lupi. «Succede spesso, ma nessuno parla per non spaventare i turisti» ha dichiarato il titolare di una malga.
Se c’è del vero il mito fondativo lupino di Giulietta e Slavc, che da due che erano hanno lanciato la procreazione di 3.300 lupi in dieci anni, dobbiamo aspettarci una esplosione esponenziale che porterà la presenza sul territorio di decine di migliaia di belve – creature aggressive che, lo stanno dimostrando, non hanno alcuna paura dell’uomo.
A quel punto, gli incontri tra uomo e lupo saranno inevitabili – ed estremamente frequenti.
Gli attacchi dei lupi saranno sconvolgenti, perché, a differenza dell’orso, il lupo è un animale non esattamente timido. E ama con evidenza quello che gli anglofoni chiamano, overkill, o surplus killing: ammazza altre creature e poi le lasciano là, sbrana non più per fame, ma per altre pulsioni ferali (qualcuno dice, «per sport»). È possibile vedere il fenomeno negli attacchi agli allevamenti: i lupi uccidono più pecore di quante ne riescono a mangiare.
E chi saranno le vittime? Dicono che i bambini sono a rischio, perché i lupi li vedono come bestie della loro altezza, e non escludo che siano in grado anche di valutare il loro essere indifesi perché «cuccioli» (è il linguaggio della natura per moltissime specie: i cuccioli li riconosci immediatamente dalle forme arrotondate, gli occhi grandi, in alcune specie la loro visione depotenzia l’aggressività, altre invece ne stimolano gli istinti predatori). Pensiamo anche che gli anziani, con meno agilità e forza per difendersi (cosa che un lupo forse può odorare: qualcuno sostiene che i canidi possano sentire la presenza di testosterone negli umani), potrebbero divenire vittime della popolazione lupesca.
Vecchi e bambini come prime vittime: non diversamente da certe stragi psicopatiche che stiamo vedendo di recente. Non diversamente dal principio della crudeltà che vuole i deboli attaccati subito dal predatore.
Come è possibile, quindi, tollerare il ritorno del lupo? Com’è possibile che nessuno sia sconvolto dallo scenario che si sta aprendo dinanzi a noi?
Qualcuno, al di fuori dei canali ufficiali, sembra ci stia pensando. Vi è stata una reazione tremenda pochi mesi fa a Samolaco, in Val Chiavenna: su un cartello stradale qualcuno ha issato la testa di un lupo decapitato, con un messaggio forte: «I professori parlano, gli ignoranti sparano».
Stessa cosa nel 2014, in Maremma. Venne rivenuta una testa di lupo mozzata, attaccata ad un palo ai piedi del bosco. Qualcuno disse che erano cacciatori, o contadini della zona. In verità i misteriosi autori avevano lasciato una firma: «Cappuccetto Rosso».
La favola di Cappuccetto Rosso, che ha diversi piani di lettura, è nota per un fatto che nel tempo ha un po’ inquietato: nella sua prima versione scritta, quella di Charles Perrault (1697), non vi è alcun lieto fine. Il lupo divora la nonna, inganna la bambina, e si mangia anche quella. Il lupo vince: i vecchi e i bambini vengono divorati. Il lieto fine sarebbe stato apposto solo più tardi, nelle versioni dei fratelli Grimm (1812), che immaginano l’arrivo di un cacciatore che uccide il lupo e lo sventra, salvando così la nonna e Cappuccetto Rosso.
Cappuccetto Rosso ci riporta ad un tempo in cui il lupo era praticamente inevitabile: l’Europa era un grande, infinito bosco, nel quale, secondo la battuta, una scimmia poteva salire su un albero a Lisbona e scendere a terra a Roma. Secoli di lavoro – secoli di civiltà cristiana – hanno umanizzato il territorio, eliminando per l’uomo la possibilità di essere ucciso e divorato dalle fiere.
Ora lo Stato moderno ripopola le terre degli uomini dei suoi predatori, quelli con cui la convivenza – attestano le favole, le tradizioni, le Sacre Scritture – è impossibile.
Si tratta di una verità che si può estendere ben al di là del ritorno delle bestie feroci nei nostri spazi. Pensiamo a quello che ci sta intorno. Speculazione finanziaria, politica tirannica, farmaceutica totalitaria, ladri e rapinatori lasciati indisturbati, pedofili nascosti nelle pieghe delle più alte istituzioni. La Cultura della Morte informa il mondo moderno, è esattamente il sistema operativo che rende possibile la violenza dei predatori sugli innocenti.
Sono lupi coloro che stanno ai vertici dei poteri occidentali, che sacrificano senza batter ciglio gli interessi del popolo e la stessa vita umana.
Sono lupi perfino i pastori della religione, che invece che guidare e proteggere il gregge sembrano volerlo divorare e dimenticarne le carcasse.
Siamo circondati dai lupi, in ogni senso possibile. Siamo in compagnia dei lupi e tendiamo, per quieto vivere, a dimenticarcene.
Quindi: che cosa intendiamo fare?
Quale finale vogliamo per la favola di Cappuccetto Rosso che è diventata la vita nostra e quella dei nostri bambini?
Roberto Dal Bosco
Animali
Scienziati cinesi fanno crescere reni in maiali umanizzati

Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
Scienziati cinesi sono riusciti a creare con successo embrioni chimerici contenenti una combinazione di cellule umane e di maiale. Quando sono stati trasferiti in scrofe surrogate, i reni umanizzati in via di sviluppo avevano una struttura normale e una formazione di tubuli dopo 28 giorni.
Questa è la prima volta che gli scienziati sono riusciti a far crescere un organo solido umanizzato all’interno di un’altra specie. Un articolo che riportava il loro lavoro è apparso all’inizio di questo mese sulla rivista Cell Stem Cell.
I ricercatori del Guangzhou Institutes of Biomedicine and Health si sono concentrati sui reni perché sono uno dei primi organi a svilupparsi e sono anche l’organo più comunemente trapiantato nella medicina umana.
«Organi di ratto sono stati prodotti nei topi e organi di topo sono stati prodotti nei ratti, ma i precedenti tentativi di far crescere organi umani nei maiali non hanno avuto successo», afferma l’autore senior Liangxue.
L’integrazione delle cellule staminali umane negli embrioni di maiale è stata una sfida perché le cellule suine competono con quelle umane e le cellule suine e umane hanno esigenze fisiologiche diverse.
La tecnica del team dipende da tre componenti chiave:
- In primo luogo, hanno creato una nicchia all’interno dell’embrione di maiale in modo che le cellule umane non dovessero competere con le cellule di maiale, utilizzando CRISPR per ingegnerizzare geneticamente un embrione di maiale unicellulare in modo che mancassero due geni necessari per lo sviluppo dei reni.
- In secondo luogo, i ricercatori hanno progettato cellule staminali pluripotenti umane – cellule che hanno il potenziale per svilupparsi in qualsiasi tipo di cellula – per renderle più suscettibili all’integrazione e meno probabilità di autodistruggersi bloccando temporaneamente l’apoptosi. Quindi, hanno convertito queste cellule in cellule «ingenue» simili alle prime cellule embrionali umane coltivandole in un mezzo speciale.
- In terzo luogo, prima di impiantare gli embrioni in via di sviluppo in scrofe surrogate, i ricercatori hanno coltivato le chimere in condizioni ottimizzate per fornire nutrienti e segnali unici sia alle cellule umane che a quelle suine, poiché queste cellule di solito hanno esigenze disparate.
Complessivamente i ricercatori hanno trasferito 1.820 embrioni a 13 madri surrogate. Dopo 25 o 28 giorni, hanno interrotto la gestazione ed estratto gli embrioni per valutare se le chimere avessero prodotto con successo reni umanizzati.
I ricercatori hanno raccolto cinque embrioni chimerici per l’analisi (due a 25 giorni e tre a 28 giorni dopo l’impianto) e hanno scoperto che avevano reni strutturalmente normali per il loro stadio di sviluppo ed erano composti per il 50-60% da cellule umane. A 25-28 giorni, i reni erano nello stadio mesonefro (il secondo stadio dello sviluppo renale); avevano formato tubuli e gemme di cellule che sarebbero poi diventate ureteri che collegavano il rene alla vescica.
Il team ha anche studiato se le cellule umane contribuissero ad altri tessuti negli embrioni, il che potrebbe avere gravi implicazioni etiche, soprattutto se si trovassero abbondanti cellule umane nei tessuti neurali o germinali e i maiali fossero portati a termine. Hanno dimostrato che le cellule umane erano per lo più localizzate nei reni, mentre il resto dell’embrione era composto da cellule di maiale.
«Abbiamo scoperto che se si crea una nicchia nell’embrione di maiale, le cellule umane entrano naturalmente in questi spazi», afferma l’autore senior Zhen Dai del Guangzhou Institutes of Biomedicine and Health.
«Abbiamo visto solo pochissime cellule neurali umane nel cervello e nel midollo spinale e nessuna cellula umana nella cresta genitale, indicando che le cellule staminali umane pluripotenti non si differenziavano in cellule germinali».
Michael Cook
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Alimentazione
Come gli antibiotici hanno creato l’industria del pollo. E le infezioni resistenti ai farmaci

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Maryn McKenna è una giornalista investigativa e senior fellow presso lo Schuster Institute for Investigative Journalism della Brandeis University che ha scritto una serie di libri relativi alla salute.
Il suo libro, Big Chicken: The Incredible Story of How Antibiotics Created Modern Agriculture and Changed the Way the World Eats («Pollo SPA: L’incredibile storia di come gli antibiotici hanno creato l’agricoltura moderna e cambiato il modo in cui il mondo mangia»), espone molti aspetti dell’industria del pollo di cui la maggior parte delle persone è completamente ignara.
Il libro è nato da un interesse per la resistenza agli antibiotici, che ha iniziato a indagare circa 10 anni fa. Come notato da McKenna, la resistenza agli antibiotici è una minaccia per la salute ampiamente sottovalutata.
Si stima che circa 23.000 americani muoiano ogni anno per infezioni resistenti ai farmaci e, anche se i funzionari sanitari sono sempre più preoccupati che le malattie sessualmente trasmissibili (MST) resistenti ai farmaci stiano aumentando a tassi allarmanti, il problema rimane in gran parte ignorato.
A livello globale, si ritiene che il bilancio delle vittime attribuito alle infezioni resistenti ai farmaci sia di circa 700.000 all’anno, ed è in peggioramento.
L’agricoltura svolge un ruolo importante in questo; negli Stati Uniti, il numero di antibiotici utilizzati nel bestiame è quattro volte superiore a quello utilizzato nella medicina umana.
Da un lato, gli scienziati avvertono che dobbiamo preservare e proteggere gli antibiotici per evitare che finiscano per perdere la loro efficacia e, dall’altro, l’industria alimentare li sta somministrando agli animali, la maggior parte dei quali non sono malati. «Questa contraddizione è ciò che mi ha spinto a intraprendere il viaggio che ha portato a questo libro», dice McKenna.
Come tutto ebbe inizio
Storicamente, i polli erano piccoli uccelli magri che nessuno pensava di consumare regolarmente come pasto primario.
Oggi, gli americani consumano in media 91 chili di pollo all’anno. «Il consumo di carne di pollo sta crescendo più velocemente in tutto il mondo perché sono molto facili da allevare», osserva McKenna. Non richiedono molta terra, ad esempio, e possono mangiare scarti.
«Se torniamo ai tempi dei nostri nonni e bisnonni, quasi tutti allevavano polli… Ma la ragione per cui erano lì non era principalmente quella di essere una fonte di carne. Dovevano essere una fonte di uova, perché le uova erano molto economiche, proteine molto facili da produrre. Per la maggior parte, mangiavamo pollo dopo che erano finiti i giorni di deposizione delle uova di gallina».
«Se immagini una gallina che va in giro da un paio d’anni a inseguire pulcini nell’aia, sbattendo contro un albero per evitare il cane di famiglia, grattandosi per gli insetti … quell’uccello sarà magro e muscoloso. Non proprio delizioso.
«Probabilmente dal sapore molto ricco grazie a tutto quello sviluppo muscolare, ma non tenero e succoso come sono ora i nostri polli. L’unica [eccezione] sarebbe stata rappresentata da … i galli … che vengono nutriti per un paio di mesi e poi venduti. Venivano chiamati polli primaverili ed erano considerati particolarmente appetitosi».
«Poi, da una confluenza davvero interessante di incidenti, il pollo avanza come fonte di carne — in primo luogo, perché si scopre che i polli sono talmente facili da allevare che gli agricoltori del Delaware, del Maryland e della Virginia… si convertono da agricoltori di verdure ad allevatori di polli… Il mercato per questa carne di pollo è New York City, che … aveva la più grande concentrazione di popolazione ebraica al mondo».
«Gli ebrei che vogliono osservare il sabato e vogliono avere un pasto gustoso, esotico e lussuoso perché il sabato non possono mangiare carne di maiale, ovviamente … Potresti andare in un mercato e guardare il pollo che viene ucciso di fronte a te, e sapere che è religiosamente appropriato. Quindi, il pollo è diventato la carne di New York City».
Come gli antibiotici hanno creato la moderna industria del pollo
Ma questi fatti da soli non hanno creato l’industria del pollo che abbiamo oggi. Gli antibiotici hanno svolto un ruolo cruciale in questo sviluppo.
Un tempo la maggior parte degli animali allevati per il cibo negli Stati Uniti veniva alimentata quotidianamente con antibiotici, non perché fossero malati, ma piuttosto perché piccole dosi di antibiotici (troppo piccole per curare effettivamente un’infezione) facevano in modo che l’animale ingrassasse più velocemente.
Ora, McKenna afferma che questa pratica allo scopo di aumentare di peso è stata vietata da gennaio 2017, ma l’uso di antibiotici come misura «preventiva» (per potenziali malattie) è ancora legale — e quindi ancora in gran parte non regolamentato.
Poiché più carne per animale significa più profitto, la pratica è guidata principalmente dall’economia.
È stato anche dimostrato che dosi subterapeutiche di antibiotici proteggono gli animali da malattie frequentemente diffuse in stalle e allevamenti affollati. Il primo antibiotico, la penicillina, fu utilizzato con successo nei campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale nel 1943.
Nel 1944, il farmaco divenne disponibile per il grande pubblico e divenne un successo immediato. Ma alla fine della Seconda Guerra Mondiale accadde un’altra cosa interessante. Il sistema alimentare divenne fragile, in parte a causa delle distruzioni provocate dalla guerra. Ci fu anche una forte spinta a risparmiare denaro.
Un modo in cui i produttori risparmiavano era dare ai loro animali mangimi più economici. Purtroppo, mangimi più economici significavano meno nutrizione e più malattie, quindi gli agricoltori iniziarono a cercare modi per compensare.
«Uno specialista delle esigenze dietetiche del pollo — che sta lavorando per una di quelle aziende che produce uno dei primi antibiotici — va alla ricerca di integratori. Uno degli integratori che prova utilizza gli avanzi di produzione essiccati del farmaco della sua azienda, l’Aureomicina. È il primo della classe delle tetracicline».
«Con suo grande stupore, i pulcini che consumano gli avanzi di aureomicina essiccati crescono più del doppio più velocemente e mettono su il doppio del peso di qualsiasi altro pulcino nel suo esperimento».
«Da ciò nasce l’industria mondiale della somministrazione di antibiotici agli animali. Entro cinque anni, gli agricoltori americani hanno somministrato al loro bestiame 500.000 libbre di antibiotici all’anno. Ora, sono oltre 30 milioni di sterline [all’anno]».
Come il pollo è diventato una fonte primaria di carne
Anche l’allevamento ha svolto un ruolo cruciale. In un concorso nazionale chiamato «The Chicken of Tomorrow Contest» («La gara del pollo del domani»), che si è svolto negli anni ’40 e nei primi anni ’50, gli allevatori hanno rimodellato il pollo da cortile magro per farlo diventare l’uccello pesante che conosciamo oggi.
«Quindi, c’è una serie di avvenimenti storici e innovazioni tecnologiche che ci portano al punto in cui, in questo momento, rispetto ai polli che esistevano negli anni ’50, essi crescono fino a raddoppiare il peso alla macellazione in metà del tempo», afferma McKenna.
Una campagna pubblicitaria repubblicana con lo slogan «Un pollo per ogni pentola», alla fine ha trasformato la carne di pollo in un vero alimento base per la casa.
«All’epoca, il pollo era raro e speciale. Il pollo era un alimento che si consumava soprattutto la domenica. Non era affatto la carne che mangiamo ogni giorno come lo è oggi», dice McKenna. Lo slogan era essenzialmente una promessa di prosperità della campagna politica fatta per conto di Herbert Hoover.
Poi, nel 1977, il governo degli Stati Uniti ha pubblicato le sue prime linee guida dietetiche per gli americani, che includevano la raccomandazione di evitare i grassi saturi.
Anche se non specificava che si dovesse evitare la carne rossa, è stata interpretata in questo modo dalla maggior parte delle persone e, di conseguenza, il pollo — carne bianca — è cresciuto in modo esponenziale in popolarità.
Un’altra cosa si è verificata in quel momento che ha reso più facile il passaggio dalla carne di manzo al pollo.
«Uno scienziato molto intelligente e idiosincratico che lavorava nello Stato di New York ha capito come fare con il pollo ciò che agricoltori e padroni di casa hanno fatto con la carne di manzo e maiale per generazioni, e cioè trasformare il pollo in cose diverse.
«Non dovevi solo arrostire, friggere, cuocere o grigliare il pollo. Puoi mangiare mortadella di pollo, hot dog di pollo e, cosa più importante — che cambia davvero la storia del pollo — le crocchette di pollo».
«Pensiamo che siano una creazione di McDonald’s, ma prima di McDonald’s nel 1980, c’era Robert Baker della Cornell University che, nel 1963, pubblicò la prima ricetta per quello che chiamava un bastoncino di pollo, che era un pezzo di pollo incollato insieme a proteine in eccesso; impanato, congelato e poi fritto».
«Il pollo lavorato — pollo che non è solo pollo con l’osso — ha completamente cambiato il nostro rapporto con la sua carne… È così che siamo arrivati al punto in cui si trova nella nostra dieta».
L’evoluzione dell’allevamento di polli
Purtroppo, la produzione di pollo negli Stati Uniti è diventata un’industria che pone i profitti al di sopra di quasi tutto il resto, incluso il benessere degli animali e i diritti degli agricoltori.
L’allevamento di precisione ha trasformato il chiassoso pollo da cortile in un animale eccezionalmente docile che non si muove molto (e non può farlo). Questi nuovi tratti hanno permesso agli agricoltori di riunire gli animali in spazi ristretti.
Oggi, i polli commerciali vengono allevati in magazzini giganti della lunghezza di un campo da calcio, che può ospitare da 25.000 a 35.000 polli alla volta.
Lì, vivono alla luce del giorno artificiale, con una notte volutamente accorciata. La mancanza di spazio impedisce loro di muoversi e, in media, vivono solo 42 giorni.
McKenna dice:
«La cosa straordinari … è la struttura aziendale che è cresciuta per consentire a queste gigantesche fattorie di esistere. Gli allevatori di polli in realtà non ne possiedono. Di solito possiedono la loro terra, anche se probabilmente stanno pagando un mutuo. Pagano per costruire quegli edifici. Possiedono il loro debito. Possiedono il letame che esce da quelle strutture».
«La società per cui crescono, la società a cui sono appaltati (si chiamano agricoltori a contratto), acquista uccelli genitori da una società di genetica, cova i pulcini, porta i pulcini agli agricoltori, porta il mangime agli agricoltori, raccoglie gli uccelli sei settimane dopo, li porta in un impianto di macellazione di proprietà dell’azienda, li macella, li impacchetta, li distribuisce e negozia il contratto all’ingrosso».
«Quasi tutto ciò che è redditizio nel processo di allevamento del pollo appartiene alla società. Quasi tutto ciò che è difficile o economicamente pericoloso rimane all’agricoltore».
La politica ha impedito alla FDA di affrontare i danni degli antibiotici
Se un uccello ha ricevuto antibiotici al punto da essere ancora presenti nella carne, questo residuo di antibiotico è regolato dalla legge negli Stati Uniti. Il vero pericolo quando agli animali vengono somministrati antibiotici è che provocano una crescita innaturale alterando il loro microbioma intestinale.
Nel processo, alcuni di questi batteri diventano resistenti agli antibiotici. Una di queste due cose può quindi accadere. O i batteri vengono trasferiti nell’ambiente attraverso il letame dell’animale, oppure il contenuto intestinale può contaminare la carne durante la macellazione o la lavorazione.
Questa carne contaminata può quindi diffondere i batteri su utensili, taglieri e piani di lavoro, contaminando anche altri alimenti. «Quindi, il pericolo è la creazione di batteri resistenti agli antibiotici. Questo è lo sfondo più ampio del problema del modo in cui gli antibiotici hanno creato un sistema artificiale di allevamento degli animali», afferma McKenna.
Come accennato, si stima che 23.000 americani muoiano ogni anno per infezioni resistenti agli antibiotici. Altri 48 milioni di persone contraggono malattie di origine alimentare. Anche la carne di pollo contaminata è stata collegata a un’epidemia di infezioni del tratto urinario resistente ai farmaci.
«Le malattie di origine alimentare resistenti agli antibiotici sono un problema enorme», afferma. «In realtà è così che la questione della somministrazione di antibiotici agli animali da carne è stata esposta per la prima volta come un pericolo, prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti».
McKenna prosegue:
«È stato notato negli anni ’60 e ’70, quando improvvisamente si sono verificate epidemie di malattie di origine alimentare resistenti agli antibiotici, che non erano mai esistite prima nel mondo. L’Inghilterra è stata la prima a controllare con successo questa pratica».
«Una commissione governativa disse al governo inglese nel 1969: “Dovremmo davvero vietare l’uso di stimolanti della crescita”. Nel 1971, lo fecero. Sono stati i primi in assoluto a farlo. Ciò ha spostato l’attenzione sugli Stati Uniti perché erano la casa storica degli stimolanti della crescita».
«Nel 1977 … Il commissario della FDA [Food and Drug Administration]… Donald Kenned … è entrato in carica giurando che avrebbe tolto le licenze per gli stimolanti della crescita che la FDA aveva approvato negli anni ’50».
«Non ha mai avuto [la possibilità]. Un potente membro del Congresso che supervisionava il bilancio della FDA ha comunicato tramite un canale secondario alla Casa Bianca dicendo: “se questa udienza va avanti, terrò in ostaggio l’intero bilancio della FDA”. L’Amministrazione Carter era riformatrice, ma non stupida riguardo alla politica».
«Sapevano di avere molte altre battaglie che volevano combattere… Loro… dissero a [Kennedy] che la sua udienza non poteva andare avanti.
«Quel deputato, il deputato Jamie Whitten del Mississippi, in realtà ha posto un veto sugli stanziamenti di bilancio e diceva che — fino a quando il governo non avesse detto diversamente — la FDA non poteva investire nella ricerca [per indagare] se gli antibiotici usati negli animali fossero un rischio. Questo continuò fino agli anni ’90, quando il deputato Whitten andò in pensione».
«Le mani del governo erano legate, anche se da quel momento, decennio dopo decennio, tutti i principali organismi scientifici — l’Accademia Nazionale delle Scienze, l’Istituto di Medicina, l’AMA [American Medical Association], persino i ricercatori accademici finanziati dal NIH [National Institutes of Health] — hanno affermato che gli antibiotici usati liberamente negli animali da carne rappresentano un grave rischio per la salute umana».
Passi nella giusta direzione
Ci sono voluti più di 30 anni prima che si verificassero cambiamenti significativi. È stato solo l’anno scorso, proprio mentre l’amministrazione Obama stava uscendo di carica, che la Casa Bianca ha creato una serie di regole che hanno cambiato il modo in cui usiamo gli antibiotici negli animali allevati per il cibo. Un certo numero di grandi produttori di pollame sta anche adottando misure proattive per eliminare gradualmente gli antibiotici.
Sanderson Farms è un’eccezione a questa tendenza. Rifiutandosi di riconoscere l’impatto degli antibiotici, Sanderson Farms ha dichiarato che il pollo senza antibiotici non è altro che un espediente progettato per vendere il pollo a prezzi più alti.
Il motivo per cui lo definiscono un espediente è che il pollo trattato con antibiotici non avrà residui di antibiotici nella sua carne. Quindi non c’è differenza tra animali trattati e non trattati.
Tuttavia, questa logica manca completamente il punto, perché il problema non è l’eliminazione degli antibiotici nella carne, è l’eliminazione dei batteri resistenti agli antibiotici nella carne. Sono i batteri che rappresentano una minaccia per la salute umana.
Altri hanno fatto un lavoro molto più grande. Perdue Farms ha annunciato il suo piano per liberarsi dagli antibiotici nel 2014 e a quel punto l’azienda aveva già fatto passi da gigante. Allo stato attuale, Perdue Farms afferma di essere priva di antibiotici per oltre il 99% e ha costretto i concorrenti a seguirne l’esempio.
McKenna dice:
«Dopo Perdue sono arrivati Tyson, Cargill, McDonald’ s, Subway, Taco Bell e molti altri… Il motivo, penso, per cui Perdue sentiva di poter continuare senza antibiotici è perché erano sotto pressione da parte dei consumatori. Mi hanno detto che avrebbero ricevuto più di 3.000 commenti al mese dai consumatori tramite telefono, e-mail, Facebook e così via, chiedendo dell’uso di antibiotici nei loro polli».
«L’amministrazione Obama ha anche ritenuto che fosse possibile creare nuove regole… perché stava crescendo un movimento di consumatori. Hanno detto alle aziende alimentari: “Non vogliamo più spendere i nostri dollari per la carne allevata con l’uso abituale di antibiotici. Non riteniamo che questo sia sicuro”. Ciò è stato affermato anche dai grandi reparti di catering degli ospedali che hanno affermato: «Questo mette a rischio i nostri pazienti più fragili£. È stato anche detto da sistemi alimentari molto grandi nei distretti scolastici».
La domanda dei consumatori guida la creazione di un sistema alimentare più sicuro
In altre parole, la domanda dei consumatori ha dimostrato che esisteva un vero mercato per il pollo senza antibiotici. È interessante notare che, una volta che Perdue ha iniziato a studiare l’uso di antibiotici, hanno scoperto che i farmaci non funzionano più come una volta.
Fondamentalmente tutti stavano solo seguendo una formula che sapevano aveva funzionato in passato e nessuno si era preso la briga di valutare se qualcosa fosse cambiato. A quanto pare, le cose erano cambiate e la rimozione degli antibiotici in realtà non ha comportato alcuna perdita significativa.
Un’altra domanda era se gli antibiotici potessero prevenire le malattie negli animali che vivevano in condizioni di sovraffollamento. Perdue si rese conto che potevano stimolare il sistema immunitario degli uccelli in altri modi, ad esempio usando erbe e probiotici.
L’ultimo passo che hanno fatto è stato quello di migliorare le condizioni di vita dell’animale, installando finestre nei fienili. La luce solare naturale a sua volta fornisce la protezione naturale della vitamina D. Hanno anche cambiato l’interno per consentire agli uccelli di fare più esercizio fisico e l’opportunità di sbattere le ali.
«[Perdue] sta ancora allevando molti polli, ma non così vicini come una volta», dice McKenna.
«La cosa che è particolarmente magica per me è che tutto ciò che ho appena descritto — offrire ai polli una dieta diversa, lasciarli muovere, esporli alla luce del sole — non sono solo cose che stimolano il sistema immunitario, sono anche cose che creano sapore».
Partecipa anche tu al cambiamento
Il libro di McKenna, Big Chicken, fa un ottimo lavoro nel descrivere come la pressione dei consumatori possa creare cambiamenti enormemente benefici nel nostro sistema alimentare. Ci sono ancora altre modifiche che devono essere apportate.
Per cominciare, i polli sono ancora nutriti con una dieta costituita principalmente da cereali geneticamente modificati (GE) spruzzati con l’erbicida glifosato, che oltre ad essere una tossina ha anche attività antibiotica. Idealmente, i produttori di pollo tornerebbero almeno a utilizzare tutti i cereali non OGM per i loro mangimi.
Considerando il fatto che la maggior parte delle CAFO (operazioni di alimentazione animale concentrata) in altre nazioni sono in grado di allevare con profitto polli su cereali non OGM, dove gli OGM (organismi geneticamente modificati) non sono consentiti, non c’è dubbio che può essere fatto anche negli Stati Uniti. La chiave è continuare a chiederlo. Dobbiamo anche continuare a spingere per il cambiamento in altre aree.
Come notato da McKenna:
«Non possiamo riposare su ciò che abbiamo ottenuto finora. Dobbiamo andare avanti verso gli allevatori di suini, verso gli allevatori di bestiame, verso gli allevatori di pesce. L’allevamento ittico — e soprattutto nei paesi in via di sviluppo, l’allevamento di gamberetti — è un enorme consumatore di antibiotici, che è ancora più influente per l’ecosistema dell’oceano di quanto non lo sia per l’ecosistema della terra.
«Per quanto sembri inutile inviare un messaggio attraverso la pagina Facebook di un’azienda o parlare con il servizio clienti di un supermercato, tutti questi messaggi si sommano. Le persone possono creare più cambiamenti se solo persistono».
«Spero che le persone lo prendano a cuore e cerchino carne priva di antibiotici quando fanno la spesa … Cerca un’etichetta che dica: “Allevato senza antibiotici” e/o “mai con antibiotici”… Non fare affidamento sul biologico, perché lo standard biologico statunitense per il pollo inizia il secondo giorno di vita del pollo».
«Un pollo allevato da un produttore biologico che pensa di fare tutto bene avrebbe potuto ricevere antibiotici, iniettati nel guscio o nel primo giorno di vita per proteggerli nel transito verso il produttore biologico».
«Per me, è tanto importante vedere “mai con antibiotici” o “allevato senza antibiotici” [sull’etichetta] quanto vedere “biologico”, anche se questo copre tanti altri benefici per l’animale. Penso davvero che se le persone continuano a insistere, vedremo più cambiamenti».
Joseph Mercola
Pubblicato originariamente da Mercola.
Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle degli autori e non riflettono necessariamente le opinioni di Children’s Health Defense.
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Animali
Gli scienziati spiegano il fenomeno dei cinghiali radioattivi. Roma può combattere l’invasione suina con suore armate

I test sulle armi nucleari condotti negli anni Sessanta hanno contribuito in modo significativo agli alti livelli di radioattività in Europa, che sono ancora rilevati nella popolazione di cinghiali della regione, ha scoperto un nuovo studio. Il fenomeno era stato attribuito principalmente al disastro di Chernobyl del 1986.
La settimana scorsa alcuni ricercatori del Politecnico di Vienna e dell’Università Leibniz di Hannover hanno pubblicato uno studio sulla rivista Environmental Science and Technology, in cui hanno testato la carne di 48 maiali selvatici della Baviera.
Tutti i campioni, ottenuti tra il 2019 e il 2021, contenevano tracce di radiocesio – un isotopo radioattivo prodotto dalla fissione nucleare – e alcuni superavano il limite normativo di un fattore fino a 25, afferma lo studio.
Usando una «impronta digitale forense nucleare emergente» gli scienziati hanno scoperto che l’elevata radioattività trovata nella carne risale non solo al disastro della centrale nucleare sovietica, ma a esplosioni di bombe nucleari molto più antiche della Guerra Fredda condotte nell’atmosfera, che continuano a colpire il suolo in la Regione.
«Tutti i campioni mostrano segni di mescolanza di Chernobyl e ricadute di armi nucleari», hanno detto i ricercatori, sottolineando che il «vecchio» Cesio-137 proveniente dalle ricadute di armi ha contribuito ovunque dal 10% al 68% dei livelli trovati nei campioni che superavano il limite normativo.
In alcuni casi, il solo cesio-137 proveniente dalle armi nucleari «può portare al superamento del limite normativo», hanno aggiunto gli scienziati.
Il rapporto rileva che la Baviera è diventata nota per la sua pesante contaminazione dovuta all’incidente di Chernobyl e che negli anni successivi al disastro, la fauna selvatica nella regione mostrava elevate concentrazioni di cesio.
Tuttavia, nei decenni successivi all’incidente, le tracce dell’isotopo sono diminuite significativamente in tutti gli animali, ad eccezione dei maiali selvatici. Questo cosiddetto «paradosso del cinghiale» è stato attribuito al consumo di un tipo di tartufo di cui gli irsuti suini silvani vanno ghiotti.
Gli scienziati ritengono che il cesio radioattivo derivante dalle detonazioni nucleari degli anni Sessanta sia affondato nella terra e abbia contaminato i tartufi, motivo per cui i livelli di radiazioni negli animali sono persistiti.
I ricercatori concludono che i cinghiali bavaresi continueranno probabilmente a mostrare elevate tracce di radioattività, poiché anche il cesio dell’incidente di Chernobyl continuerà a filtrare ulteriormente nel terreno, contaminando i tartufi.
Gli scienziati austro-tedeschi hanno anche sottolineato che, di fronte alla crescente minaccia di attacchi nucleari o di rilasci accidentali di radiazioni nel conflitto Russia-Ucraina, è imperativo prevenire lo scontro nucleare ed essere in grado di identificare le fonti di qualsiasi rilascio e valutare le potenziali conseguenze ambientali.
«Una volta rilasciato, il radiocesio rimarrà nell’ambiente per generazioni e avrà un impatto immediato sulla sicurezza alimentare e, come mostrato nel nostro studio, per decenni», si legge nel rapporto, il quale però tace sulla possibilità che anche noi abbiamo mangiato magari speck radioattivo.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa emerse che a Fukushima erano comparsi ibridi radioattivi cinghiale-maiale.
Non è chiaro se siano radiologicamente significativi anche i cinghiali che da anni oramai assediano la capitale italiana Roma, bullizzando e terrorizzando la popolazione della Città Eterna nei parchi, per strada, fuori dai supermercati.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2021 Suor Jophy Jose, superiora del convento delle suore della Madre del Carmelo nel distretto di Kozhikode in Kerala, India, si era rivolta all’Alta Corte indiana per chiedere il permesso di abbattere i cinghiali che devastavano i raccolti della zona.
I magistrati locali hanno concesso alla religiosa i documenti necessari per la lotta al distruttore ungulato, indicando quindi la strada anche a Roma: mettere le suore a sparare ai cinghiali. La città eterna ne ha in abbondanza, di cinghiali ma anche e soprattutto di suore, volendo anche del Kerala.
Si tratta solo di organizzare la cosa.
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