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Sbranati dagli orsi fuori dalle nostre case. Perché?

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Michael Crichton fu un genio unico. Romanziere bestsellerista, parlò nei suoi libri, con decenni di anticipo, di pandemie di origine spaziale (Andromeda, 1969), di controllo della mente (Il terminale uomo, 1972), di ecoterrorismo e balle ambientaliste (Stato di paura, 2002). Nel suo film Coma profondo raccontò di futuri traffici di organi. Molti lettori hanno magari intravisto un’altra sua creazione di estremo successo, il serial E.R., che lanciò la carriera di George Clooney.

 

Tuttavia, la sua opera più popolare – e geniale – è il romanzo Jurassic Park (1990) in cui si immaginava la creazione, in un’Isola del Costa Rica, di un parco di divertimenti dove venivano fatti vivere dei dinosauri ri-clonati a nuova vita. Spielberg si aggiudicò immediatamente la realizzazione del film, dove portò alla ribalta i primi veri effetti speciali digitali completamente fotorealistici: vedevamo, per la prima volta, il tirannosauro come se fosse stato ripreso «in carne ed ossa». La pellicola la avete vista tutti.

 

Crichton anticipava materialmente quanti ora stanno lavorando, sul serio, alla de-estinzione del mammuth, di cui abbiamo trattato più volte in queste pagine (e dietro cui c’è, tra gli altri, uno scienziato fanatico dell’ingegneria genetica più estrema unito ad un fondo finanziario legato alla CIA).

 

Ricordate come si sviluppava Jurassic Park: il progetto fallisce, perché i dinosauri riescono a scappare e cominciano a mangiarsi gli esseri umani.

 

Il significato della storia di Crichton era semplice: non puoi pensare di contenere la natura – specie se parliamo della natura di bestioni carnivori ultra-aggressivi, che certo non ci stanno a fare le attrazioni da zoo all’aperto.

 

Pare incredibile, ma negli stessi anni in cui apparivano Jurassic Park e tutti i suoi sequel, in Italia – e non solo – si procedeva alla medesima operazione condannata nel film: si sono presi enormi predatori, di aggressività conclamata, narrata lungo i millenni perfino nelle fiabe di Esopo e nei testi sacri, e li si sono reintrodotti nel territorio.

 

O meglio: in Jurassic Park, almeno, i dinosauri stavano dentro ad alcuni recinti, talvolta a delle gabbie, e comunque in un’isola, lontana da tutti, perché non si sa mai. In Trentino, invece, si sono piazzati gli orsi accanto alle case dei cittadini.

 

Il 9 giugno 2015 un orso ha aggredito un uomo a Cadine, non un comune di alta montagna, ma una frazione di Trento, nelle campagne appena fuori dalla città.

 

Gli orsi trentini sono talmente a contatto con gli spazi degli umani che nel 2020 – l’anno in cui, causa lockdown, molte bestie selvatiche si sono avvicinate ai nuclei urbani, con lupi arrivati tra le case Schio, una cittadina nel cuore industriale del vicentino – sono stati introdotti cassonetti con l’apertura anti orso: perché i plantigradi vi entravano e facevano scorpacciata di spazzatura.

 

C’è M59, un orso che ora chiamano «papillon», che adesso sarebbe agli arresti: scomparsa definitivamente la naturale indole timida e diffidente degli umani, entrava nelle baite a cercare latte e formaggi, di cui andava ghiotto. Ora, apprendiamo, sarebbe confinato in un recinto per Orsi, una sorta di campo di concentramento ursino, abbiamo visto spiegare dagli animalisti in TV. Non solo: «i carabinieri forestali, a seguito di un’indagine, hanno scoperto che gli orsi all’interno di quel recinto erano sottoposti a un uso massiccio di psicofarmaci perché in quelle condizioni erano in preda a fortissimo stress, che poi scaricavano con violenza contro la saracinesca del recinto».

 

Orsi segregati e pure resi schiavi degli psicofarmaci, mentre fuori si celebrano processi: l’ultimo, lo sapete, avrebbe sospeso al volo la decisione di abbattere l’orsa JJ4, la belva che ha sbranato un ragazzo che era uscito per una corsetta.

 

Non che sia la prima volta. Che si registrano questi attacchi. Ricorderete l’orsa Daniza, a Pinzolo, quasi dieci anni fa: vi fu tanto clamore mediatico, tutto favorevole al plantigrado violento. Forse non rammentate le altre aggressioni susseguitesi in nove anni: Zambana Vecchia, Cadine, ancora Cadine, Monte Peller, Andalo, Val di Rabbi. Persone ferite alla schiena, al collo, alle gambe, alla testa, al braccio al volto. Morsi e graffiati senza pietà da questi bestioni. Per non parlare delle continue stragi di ovini, per la disperazione dei pastori – e il silenzio degli animalisti, che difendono gli agnelli solo a Pasqua.

 

Emerse un video: un bambino incontra un orso, che forse lo vuole caricare, forse no. Il bambino riesce a reagire con calma olimpica, mentre il padre filma. Vorremmo dire a tutti che quel video poteva finire in ben altro modo.

 

 

JJ4 e soci non sono orsi locali. Sono stati reintrodotti da fuori. Una ventina di anni fa ne portarono due dalla Slovenia. Ora in Trentino in tutto ce ne sarebbero 120.

 

La domanda è: perché? Chi può aver pensato, approvato, finanziato un progetto che piazza accanto agli uomini delle fiere che li possono sbranare? Come è possibile che nessuno abbia protestato?

 

Non è facile rispondere a questa domanda: di fatto, abbiamo visto che giornali e siti che pubblicano articoli che dovrebbero spiegare, in verità non lo fanno proprio: puro clickbait, con dentro supercazzole snervanti.

 

A voler scavare, si trova la Convenzione sulla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, firmata da un numero di Paesi nel 1979 a Berna, e ratificata – ovviamente – anche dall’Italia. Come si possa definire «conservazione» l’immissione artificiale di specie scomparse da certi luoghi non ci è chiaro. Così come si possa farlo mettendo in pericolo le vite umane.

 

Poi c’è il progetto della provincia autonoma di Trento chiamato Life Ursus, di cui si sta parlando in questi giorni sulla stampa mainstream. La pagina dedicata sul sito della provincia ha un titolo non esattamente sibillino: «grandi carnivori in Trentino», un’espressione che a noi mette paura, ma che invece pare un vanto della terra a Statuto Speciale.

 

C’è scritto che il progetto, partito nel 1999, si è realizzato «usufruendo di un finanziamento dell’Unione Europea»: «tra il 1999 e il 2002 vengono rilasciati 10 orsi, nati in libertà in Slovenia meridionale. La maggior parte di essi si adatta bene al nuovo territorio. Nel 2002 e nel 2003 si registrano il primo e il secondo parto, i quali saranno nel tempo seguiti da molti altri eventi riproduttivi. 7 degli individui fondatori si riprodurranno una o più volte nel corso della loro vita».

 

«L’obiettivo del progetto Life Ursus è di consentire nell’arco di qualche decina di anni la costituzione di una popolazione vitale di almeno 40-60 orsi adulti, la cui presenza interesserà molto probabilmente anche le province limitrofe. Non sono previsti ulteriori rilasci». Come abbiamo scritto, adesso sui giornali si parla di 120 orsi presenti. E che non hanno intenzione di sterilizzarsi o di smettere di andare a caccia di cibo fin dentro le comunità degli uomini.

 

Tuttavia, torniamo a ripetere: nessuno ci sta dicendo perché. Quale è il fine di progetti come questo?

 

Qualcuno può rispondere: la biodiversità, concetto astruso, anzi più astruso ancora di quello di «ecosistema», idea per cui esisterebbe un magico equilibrio naturale, come se le specie, in realtà, non arrivassero ad estinguersi anche senza l’intervento dell’uomo. Il concetto di ecosistema, diciamo anzi, esiste solo per incolpare l’uomo e tentare di rimuoverlo dal pianeta.

 

Il fatto è che nessuno pare abbia davvero il coraggio di dire che immettere orsi feroci contribuisca alla biodiversità trentina.

 

E allora? C’è da credere che il progetto per il ritorno delle fiere assassine sia una di quelle cose che vanno avanti da sole, senza che qualcuno si chieda perché.

 

Una qualche origine, però, ci deve essere.

 

Filosoficamente, sappiamo di cosa si può trattare: della distruzione del concetto di eccezionalismo umano, tanto caro agli animalisti «antispecisti», cioè che non credono che vi siano barriere o gerarchie tra le specie. Per dimostrare che l’uomo – e il Dio di cui è immagine – non sono il centro dell’universo, cosa c’è di meglio che la violenza animale? Sì, si tratta di un chiaro capitolo della Necrocultura: degradare l’umanità, terminarla e umiliarla nel sangue.

 

L’uomo nemico della natura, l’uomo cancro del pianeta, viene colpito dalla vendetta delle bestie. L’uomo non regna sulla Terra, anzi. La narrativa è chiaramente questa, da sempre.

 

Le popolazioni mesoamericane precolombiane avevano il culto del giaguaro e dell’aquila (più, chissà perché, uno stuolo di dei-serpente): perché il giaguaro era il massimo predatore sulla terra, come l’aquila lo era in cielo. L’aspetto ferale di queste belve si rifletteva, in totale limpidezza, nella pratica massiva del sacrificio umano in uso presso questi popoli. Mutatis mutandis, quando nei circhi romani i leoni erano mandati a sbranare i cristiani si riproduceva il medesimo circuito, lo spettacolo infame dello spreco della vita umana, sbranata perfino nella sua innocenza.

 

Tenendo questo a mente, possiamo considerare le vittime umane di orsi e lupi come facenti parte di una rete invisibile di sacrifici umani tornati ad essere perpetrati sul nostro territorio. Come un atto magico, un rituale pagano assassino che avanza senza nemmeno bisogno di sostenitori umani – basta il reminder all’umanità, sei debole, sei carne da macello.

 

C’è però un livello ulteriore, pragmatico, di cui bisogna parlare al lettore. L’idea di togliere lo spazio all’uomo e consegnarlo alle bestie feroci è, talvolta, esplicita, e ha pure dei grandi finanziatori.

 

«Ted Turner, il miliardario mogul mediatico, possiede, migliaia di acri di terra in Montana e sta apparentemente rilasciando lupi e orsi sulla sua terra per ripopolarla. I contadini e gli allevatori della zona sono preoccupati» scriveva Rosa Koire, una immobiliarista dell’area di San Francisco, nel suo libro Behind the Green Mask, che svelava i retroscena del programma ONU chiamato Agenda 21.

 

Il Turner Endangered Species Fund, detto anche Turner Biodiversity, ha un programma che si chiama «save everything», «salva tutto», dove oltre a pesci e ai bisonti, mette in risalto gli sforzi per il lupo. Non mancano, nei resoconti delle riserve di Turner, anche racconti dei mountain lions, cioè i puma. Grandi carnivori – di quelli che già spesso, in varie zone degli USA, attaccano gli esseri umani, magari pure quando stanno semplicemente andando in bicicletta su strade nemmeno troppo isolate.

 

Ted Turner, per chi non lo sapesse, è il potentissimo magnate che creò la CNN, già sposo di Jane Fonda, con cui formò quella che probabilmente era la coppia di più grandi sostenitori americani dell’aborto. Nel 1989 produsse un video Abortion: for survival che mandò ripetutamente in onda come antidoto al film L’urlo silenzioso (1985), il documentario pro-life che mostrava l’orrore dell’aborto grazie a – sconvolgenti – immagini ecografiche.

 

Un sito di atei organizzati statunitensi scrive che il magnate aveva promesso 1 miliardo di dollari alle Nazioni Unite nel 1997, e avrebbe «descritto il cristianesimo come “una religione per perdenti”», per poi attaccare Papa Giovanni Paolo II, «accogliendolo nel “20° secolo” nel 1999, e definendo i Dieci Comandamenti “un po’ antiquati”».

 

«Secondo il New York Post, nel 2001 Turner avrebbe menzionato il suo shock nel vedere diversi impiegati della redazione della CNN Washington con croci cineree sui loro volti il ​​mercoledì delle ceneri: «non dovreste lavorare per la Fox?» avrebbe chiesto, secondo il sito Freedom From Religion.

 

Il Turner nel 2010 ha rivelato la sua ammirazione per la politica riproduttiva della Cina Popolare (che era: figlio unico e aborti forzati) esortando il mondo a conformarvisi.

 

Secondo alcuni – ma sono solo illazioni, forse dovute al fatto che l’uomo ha grossi business nella vicina Atlanta – ci sarebbe Ted Turner dietro alle Georgia Guidestones, il bizzarro monumento eretto in Georgia fatto di un gruppo di pietre monolitiche con inciso un oscuro testo di carattere malthusiano ripetuto in diverse lingue.

 

«Mantieni l’Umanità sotto 500.000.000 in perenne equilibrio con la natura».

 

«Guida saggiamente la riproduzione, migliorando salute e diversità».

 

«Non essere un cancro sulla terra, lascia spazio alla natura».

 

Equilibrio con la natura, diversità, spazio lasciato alla natura e non al «cancro sulla terra».

 

Il lettore può aver capito, a questo punto, a cosa servono gli orsi assassini.

 

Sempre ricordando, purtuttavia, che il monumento antiumano, in una calda serata del luglio 2022, è stato bombardato da ignoti. E poi completamente distrutte.

 

Come dire: non è che, per quanto sia programmato, siamo tutti disposti a farci sbranare. Anzi.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Immagine di Carpet-Crawler via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported (CC BY-NC-ND 3.0)

 

 

 

Alimentazione

Immigrati haitiani «magnagati» terrorizzano gli USA. Trump invocato per salvare mici, cani ed anatre

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Da Springfield, nello Stato americano dell’Ohio, emergono racconti agghiaccianti della presenza di immigrati haitiani, fatti stazionare dalle autorità per qualche ragione nella cittadina. Ad un incontro del consiglio comunale i cittadini hanno espresso le loro frustrazioni e le loro paure.

 

Una signora anziana, con un tono disperato, ha detto di temere per lei e il suo anziano marito, visto che gruppi consistenti di haitiani si sono piazzati sul suo giardino, e le urlano in altre lingue, tirandole addosso anche delle cose.

 

«Capisco che dovete proteggerli» dice con candore l’anziana signora all’autorità comunale, «ma chi protegge noi?». La donna rivela anche di aver visto il marito, per la prima volta in decenni, dirle che forse era giunto il momento di traslocare da qualche altra parte.

 

Il dolore sul volto di questa donna, la cui esistenza è sconvolta dall’anarco-tirannia migratoria inflitta agli USA dall’amministrazione Biden-Harris, è sconvolgente.

 

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Tuttavia, altri interventi hanno portato alla luce un fenomeno per il quale la rete ora sta impazzendo: i migranti haitiani sarebbero usi mangiare gli animali che trovano in strada.

 

Un signore nero racconta di aver visto un immigrato haitiano catturare un’oca al parco, staccarle la testa ed andare via con il cadavere dell’animale.

 

 

In particolare, pagine sui social dei cittadini di Springfield hanno fatto circolare la voce che gli immigrati haitiani avrebbero iniziato a mangiare cani e gatti dei cittadini di Springfield.

 

Una pagina social relativa alla cittadina scrive: «attenzione a tutti, riguardo ai nostri amati animali domestici! Un mio vicino mi ha informato che le sue figlie hanno perso il gatto (…) un giorno, tornata a casa, ha guardato in una casa vicina dove vivono gli haitiani, e ha visto il suo gatto penzolare da un ramo, come fai con un cervo quando lo devi macellare, e stavano tagliandolo per mangiare. Mi hanno detto che lo stanno facendo con i cani, lo hanno fatto a Snyder Park con le oche e le anatre, questo me lo hanno detto i Ranger e la polizia. Per favore tenete d’occhio questi animali».

 

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Le voci sugli haitiani mangiatori di animali domestici sono state dichiarate «false» dalle testate mainstream (ricordiamo che lo stesso avvenne in Italia, quando testate di vescovi e oligarchi vari dichiararono che lo scoop di Libero su cani e gatti mangiati a Lampedusa era una fake news). Ciononostante, sono state riprese nei discorsi del candidato vicepresidente JD Vance.

 

 

«Mesi fa, ho sollevato la questione degli immigrati clandestini haitiani che prosciugano i servizi sociali e in generale causano il caos in tutta Springfield, Ohio» ha dichiarato il Vance. «I rapporti ora mostrano che i loro animali domestici sono stati rapiti e mangiati da persone che non dovrebbero essere in questo paese. Dov’è il nostro responsabile del confine?»

 

La rete è letteralmente impazzita, e la miriade di tweet e meme memorabili sull’argomento è senza fine.

 

 

 

 

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Ora, una considerazione di storia locale.

 

Per secoli gli abitanti di una determinata città dell’Alta Italia, Vicenza, sono stati derisi come magnagati.

 

L’origine della nomea è difficile da individuare con precisione, e gli storici dibattono: c’è chi dice si sia trattato di un memorabile insulto di natura sessuale fatto dai padovani assediati; c’è chi invece racconta di uno scherzo fatto dai veneziani che offrirono ai vicentini che si erano recati in laguna per comprare quantità di gatti (il grande, antico vaccino contro la peste, visto il loro rapporto con i pestiferi roditori) una cena a base di gatto dicendo che si trattava di coniglio (dicono che il gusto non sia dissimile – dicono); c’è chi come personaggi vicini a Renovatio 21 ha ipotizzato, seguendo cronache antiche e resoconti di ambasciatori che parlavano di una città di assassini, che la popolazione fosse di fatto composta da serial killer, il cui tratto psicologico saliente sin dall’infanzia è la crudeltà verso gli animali, con i felini che fanno spesso una brutta fine.

 

Tuttavia, vediamo come la realtà dell’ora presente superi di gran lunga la leggenda più astrusa: i magnagati esistono e sono immigrati.

 

E non si tratta solo di haitiani in USA.

 

In Italia vi fu il caso nel 2020, ripreso dal telefonino di un passante, di quello che sembrava un africano intento a cucinare fuori dalla stazione ferroviaria di Campiglia Marittima (provincia di Livorno) un quadrupede che potrebbe essere stato un gatto: la signora autoctona pure gli urla che «qua i gatti si tengono in casa, non si mangiano». Non fu l’unico episodio del genere.

 

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L’urto socio-politico del programma di invasione migratoria calergista non è stato del tutto calcolato. Tuttavia dell’urto alimentare nessuno ha ancora mai parlato.

 

Dovremmo iniziare a farlo, per il bene anche di fido e fufi.

 

Che i piccoli amici, pelosi membri della famiglia, possano sparire per essere divorati da stranieri è segno ulteriore del disegno di decadenza belluina e terrifica che stanno imponendo sulle nostre case, sulle nostre esistenze.

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Animali

Il beluga-spia potrebbe essere stato ammazzato a colpi di arma da fuoco

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Hvaldimir, la balena beluga che i media occidentali avevano ritenuto essere una spia russa sarebbe stata uccisa a colpi di arma da fuoco, hanno affermato due gruppi per i diritti degli animali, dopo che il cadavere dell’animale acquatico è stato ritrovato in Norvegia lo scorso fine settimana.   OneWhale e NOAH hanno annunciato giovedì di aver sporto denuncia alla polizia norvegese, esortandola ad avviare un’indagine penale sulla morte dello Hvaldimiro, nomea che è crasi di «hval» («balena» in lingua norvegese) e «Vladimir».   Gli attivisti animalisti hanno fatto circolare diverse immagini della balena deceduta, sul cui corpo martoriato sarebbero visibili molteplici ferite da arma da fuoco.  

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«Quando ho visto il suo corpo e le ferite multiple, ho capito subito che era stato ucciso da colpi di arma da fuoco. Ho persino visto un proiettile conficcato nel suo corpo. Non c’è dubbio che questo gentile e gentile animale sia stato assassinato senza senso», ha detto Regina Haug, fondatrice di OneWhale, un gruppo dedicato alla protezione di Hvaldimir.   La balena è stata trovata morta nella baia di Risavika, nella Norvegia meridionale, nel weekend ed è attualmente sottoposta a esame da parte di esperti del Norwegian Veterinary Institute. I risultati ufficiali dell’autopsia dovrebbero arrivare «entro tre settimane».   «Le ferite sulla balena sono allarmanti e di una natura che non può escludere un atto criminale: è scioccante. Dato il sospetto di un atto criminale, è fondamentale che la polizia venga coinvolta rapidamente. Hvaldimir era significativo per molti e tutti i fatti riguardanti la sua morte devono essere portati alla luce», ha affermato Siri Martinsen, direttore di NOAH, il più grande gruppo per i diritti degli animali in Norvegia.  

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La polizia ha confermato di aver ricevuto la denuncia dai gruppi e ora «deciderà se ci sono ragionevoli motivi per avviare un’indagine». L’istituto veterinario ha detto all’AFP che avviserà separatamente le autorità se l’autopsia mostrerà «qualcosa di sospetto».   L’affermazione, tuttavia, è stata contestata da Marine Mind, un gruppo per i diritti degli animali che da tempo è in disaccordo con OneWhale su come proteggere Hvaldimir. «Abbiamo visto delle marcature ma è troppo presto per dire quale sia stata la causa della morte», ha detto il capo del gruppo, Sebastian Strand, all’agenzia di stampa AFP, suggerendo che almeno alcune delle ferite siano state causate da uccelli marini.   La celeberrima balena bianca, ora deceduta, è apparsa per la prima volta al largo della costa nella regione del Finnmark, nell’estremo nord della Norvegia, nel 2019. Al momento della sua scoperta, l’animale indossava presumibilmente un’imbracatura per action cam con l’etichetta «Equipaggiamento San Pietroburgo», scatenando le selvagge speculazioni dei media sul fatto che si trattasse in realtà di una «balena spia russa» in missione. Alcuni, tuttavia, hanno suggerito che la beluga fosse in realtà una «balena terapeutica» addestrata.    

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  Il mammifero marino era noto per essere amichevole con gli umani, spesso avvicinandosi alle barche e interagendo con i marinai.     Renovatio 21, aveva ipotizzato una vendetta geopolitica nel mondo cetaceo, magari perpetrata dall’infame teppa delle Orche di Gibilterra, certamente pronte ad offrirsi al maggior offerente, e quindi magari alla sanguinaria volontà antirussa della NATO.   Potrebbe esservi tuttavia una pista criminale diversa, sempre interna alla Russia: potrebbe trattarsi di una ritorsione per il narcotrafficante beccato sul Mar Nero mentre si portava a casa un delfino morto, una vicenda dai contorni ancora poco chiari, che potrebbe nascondere legami indicibili tra il mondo criminale e quello cetaceo, che in molti frangenti, visto il comportamento violento e malvagio di delfinidi e balenotteri vari, sembrano pericolosamente sovrapporsi.   Su questi ultimi due paragrafi, aspettiamo con ansia le reazioni dei fact-checker che stanno da anni alle calcagna di Renovatio 21.

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Animali

Trovato morto il beluga accusato di essere una spia russa

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Intrigo internazionale nel mondo dei cetacei: anche la comunità delle balenottere subisce le violente tensioni geopolitiche in Europa.

 

Hvaldimir, celeberrima balena di razza beluga, ritenuta dalla stampa occidentale una «spia russa», è stata trovata morta nella baia di Risavika, nella Norvegia meridionale, nel fine settimana. Lo riporta l’emittente pubblica norvegese NRK.

 

La bianca balena, dall’aspetto mite e dal comportamento dolce, era divenuta famosa per la prima volta nell’aprile 2019, quando è stata scoperta al largo della costa settentrionale della Norvegia, presumibilmente con un’imbracatura per telecamere con la scritta «Equipaggiamento San Pietroburgo». Tale notizia, non si sa quanto confermata, diede origine a battute sul fatto che il mammifero acquatico fosse in missione di spionaggio per conto del Cremlino, ottenendo così il nome «Hvaldimir», una combinazione della parola norvegese per balena (hval) e del nome del presidente russo Vladimiro Putin.

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«Purtroppo, abbiamo trovato Hvaldimir che galleggiava in mare; è morto», ha detto Sebastian Strand, un biologo marino che ha monitorato il candido balenottero per diversi anni, aggiungendo che la causa della morte rimane sconosciuta.

 

«È assolutamente orribile. Apparentemente era in buone condizioni fino a ieri. Dobbiamo solo capire cosa potrebbe essere successo qui».

 

Lo Hvaldimir sarebbe stato visto vivo e vegeto a mezzogiorno di sabato, mentre si immergeva sott’acqua per diversi minuti. Due ore e mezza dopo, il porto della regione di Stavanger è stato informato che la balena stava galleggiando esanime nell’acqua. Era già spirato quando le barche gli si sono avvicinate.

 

Che si tratti di un delitto? Di un regolamento di conti nella scena dello spionaggio cetaceo? È stato attaccato da un narvalo NATO? Aggredito da un gruppo di orche teppiste radicalizzate dalla CIA e inviate in missione di morte per la bisogna, come una versione delfinide del Battaglione Azov?

 

Noi scherziamo, ma fino ad un certo punto. Le immagini finite in rete, comunque, danno grande tristezza.

 

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Lo Strand non ha notato danni esterni importanti, solo «danni causati da uccelli e simili».

 

Il cadavere di Hvaldimir è stato recuperato dal mare e trainato a riva, dove verrà esaminato per stabilire la causa della morte.

 

L’organizzazione One Whale, che monitorava Hvaldimir da anni e forniva regolari controlli veterinari, ha affermato di «averlo temuto per anni».

 

L’organizzazione ha fatto una campagna per il trasferimento dello Hvaldimir più a nord. Sebbene la richiesta sia stata infine approvata dalla Direzione della pesca, altri ricercatori hanno obiettato, sostenendo che avrebbe messo a rischio il benessere della balena.

 

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«Avevamo avuto un buon dialogo con la Direzione della pesca in merito al trasferimento di Hvaldimir. Abbiamo ingaggiato un esperto nel trasporto di balene e l’aereo era già prenotato. Eravamo così vicini», ha affermato Regina Crosby Haug, fondatrice dell’organizzazione One Whale.

 

«Era una giovane balena sana, senza segni di malattia. Spero davvero che non sia colpa dell’uomo», ha aggiunto, esprimendo la sua devastazione per la notizia della morte di Hvaldimir.

 

Hvaldimir era noto per essere amichevole con gli umani: spesso si avvicinava alle barche dei pescatori e rispondeva ai segnali delle mani.

 

 

In un video del 2019 un canoista mostra che il beluga gli avrebbe rubato la GoPro per poi, con grande correttezza, restituirgliela.

 

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In un altro la celebre balena canuta riportava a dei signori un iPhone caduto negli abissi. Non siamo sicuri che si tratta davvero di Hvaldimir, ma in rete questi video è finito così.

 

 

Si ritiene che sia arrivato in Norvegia dopo aver attraversato le acque russe. Alcuni hanno sostenuto che fosse stato addestrato dalla marina russa per scopi militari, mentre altri hanno suggerito che fosse una «balena terapeutica».

 

È una grave perdita per l’umanità: mentre Hvaldimiro viaggia verso eventuali paradisi pinnati, ci guardiamo intorno e vediamo solo le orche scellerate di Gibilterra, megattere perverse e malvagie e qualche delfino stronzo qua e là. Della bontà dello Hvaldimiro, in giro per il mondo la società cetacea non ce ne è altra.

 

Se ne vanno sempre i migliori: il funereo detto, scopriamo, vale anche per i mammiferi marini.

 

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