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«Aberrazioni dottrinali e latente blasfemia»: un sacerdote cattolico risponde alle parole di Josef Seifert

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A seguito dell’incredibile articolo del filosofo cattolico Joseph Seifert, pubblicato dal sito Corrispondenza Romana, dove si parlava dell’assassinio dei feti per scopi scientifico-sanitari come «pallido riflesso» del Sacrificio di Cristo, Renovatio 21 ha ricevuto questa risposta di analisi teologica da un sacerdote che desidera rimanere anonimo e che quindi chiameremo Don Anonymus.

 

 

 

Il prof. Seifert scrive:

 

Una breve e semplice analisi teologica di queste affermazioni del prof. Seifert ne metterà in luce le aberrazioni dottrinali e la latente blasfemia, che qualsiasi fedele di buon senso sente in queste righe

«Dio ha usato l’adulterio e l’omicidio del re Davide per generare il lignaggio umano di Cristo; e ha usato l’orribile peccato dell’assassinio dell’Uomo-Dio per redimerci. Non c’è crimine più grande dell’uccisione di Gesù Cristo, e non c’è beneficio più grande per l’umanità di quello che la Sua Passione e morte hanno operato per noi. La carne e il sangue del nostro Signore crocifisso traggono certamente il massimo beneficio dal più atroce di tutti i crimini. E sebbene Cristo sia morto per i nostri peccati, e lo ha fatto volontariamente, si è servito di crimini atroci per farlo. Ricevendo i sacramenti, non stiamo né partecipando al deicidio né approvando il Suo assassinio a Gerusalemme. Nel momento in cui Dio permette che i nascituri assassinati siano uno strumento per un beneficio di grado molto inferiore per l’umanità (rispetto al proprio Sacrificio ndt), essi divengono un pallido riflesso del Suo stesso Sacrificio. E chi associa la vaccinazione al cannibalismo rischia di ripetere una delle prime accuse contro i cristiani: quella di antropofagia per aver mangiato la carne del divino Agnello nella Santa Eucaristia (S. Giustino, I Apologia, 26; Eusebio, Historia ecclesiastica V, 1, Tertulliano, Apologeticum 4, 9)».

 

Una breve e semplice analisi teologica di queste affermazioni del prof. Seifert ne metterà in luce le aberrazioni dottrinali e la latente blasfemia, che qualsiasi fedele di buon senso sente in queste righe.

All’ovvia affermazione sul fatto che ricevendo i sacramenti non partecipiamo ai peccati di Caifa e di Giuda, segue l’idea che Dio voglia l’aborto dei nascituri perché noi ne traiamo la salute fisica dell’umanità

 

È tipico del sofista dire cose apparentemente vere, che rassicurano il lettore, per poi affermare come conseguenti proposizioni della cui enormità non si può tuttavia dubitare

 

In questo caso, all’ovvia affermazione sul fatto che ricevendo i sacramenti non partecipiamo ai peccati di Caifa e di Giuda, segue l’idea che Dio voglia l’aborto dei nascituri perché noi ne traiamo la salute fisica dell’umanità.

 

Addirittura, con un ribaltamento della proposizione, si dice che non ammettere che Dio permetta il sacrificio dei nascituri per la salute dei vivi sia come pensare che partecipare all’Eucaristia sia cannibalismo. In quest’ultima inversione il salto logico si fa particolarmente aberrante.

 

Andiamo con ordine.

Il cristiano è chiamato ad unirsi come vittima al Cristo, non a pensare gioiosamente di aver approfittato del crimine di Giuda e Caifa, o a rallegrarsi delle proprie colpe che hanno portato il Cristo sulla croce

 

 

1.

Certamente coloro che misero a morte Gesù Cristo compirono un grande crimine, che certamente Dio permise per un più grande bene.

 

Tuttavia non è il crimine dei giudei o di Ponzio Pilato a redimere l’umanità, ma l’atto volontario con cui Gesù Cristo vuole permettere (pur potendo impedirlo) la sua uccisione: per questo parliamo del sacrificio della Croce, di un’offerta volontaria in cui Sacerdote e Vittima si identificano.

 

Certamente il nostro Seifert afferma che il sacrificio fu volontario, ma non si capisce se noi dobbiamo unirci a questo atto di amore del Cristo o rallegrarci che abbia trovato dei persecutori capaci di ucciderlo.

 

In effetti il cristiano è chiamato ad unirsi come vittima al Cristo, non a pensare gioiosamente di aver approfittato del crimine di Giuda e Caifa, o a rallegrarsi delle proprie colpe che hanno portato il Cristo sulla croce.

L’analogia tra gli atti dei carnefici del Cristo e i carnefici degli embrioni viene estesa ad analogia tra l’associarsi ai benefici derivanti dal sacrificio volontario e l’associarsi a quelli del crimine

 

L’espressione della liturgia «O felix culpa» è certamente valida come figura retorica paradossale, ma a nessuno (tranne forse a Lutero) è mai venuto in mente di ripetere la colpa per unirsi meglio al sacrificio che le colpe hanno causato. Perché qui si tratta di questo: se vale il parallelo con l’utilizzo del crimine dell’aborto per dei «benefici», vale con ciò che hanno fatto Caifa e Pilato, non con ciò che ha fatto il Cristo.

 

Qui sta il sofisma: l’analogia tra gli atti dei carnefici del Cristo e i carnefici degli embrioni viene estesa ad analogia tra l’associarsi ai benefici derivanti dal sacrificio volontario e l’associarsi a quelli del crimine: decisamente un paralogismo, per di più temerario, malsonante, offensivo alle orecchie pie. Scolasticamente diremmo: dobbiamo rallegrarci degli effetti della morte del Cristo: come causati da un atto d’amore volontario, concedo; come causati da un crimine, nego

 

 

2.

Detto questo, comincia ad apparire chiaramente il pericolo di mettere tale morte in parallelo con l’aborto compiuto a scopo di ottenere la salute fisica della moltitudine.

 

Manca nella morte degli embrioni ogni atto volontario di offerta cui associarsi con la gioia e la nostra adesione, diversamente dalla morte del Cristo

Certamente abbiamo un crimine, dice Seifert, ma che Dio ha permesso per la salute del genere umano, quindi possiamo godere dei frutti di ciò che Dio ha permesso, come godiamo dei frutti della Passione.

 

In primo luogo, occorre negare paritatem, in quanto manca nella morte degli embrioni ogni atto volontario di offerta cui associarsi con la gioia e la nostra adesione, diversamente dalla morte del Cristo.

 

Quanto al mero approfittare del crimine altrui, certamente non negheremo che esistano forme di cooperazione materiale e remota al male possibili: qui però si tratta di chiedere alle farmaceutiche di darci un prodotto che non può essere dato senza peccato, e senza il reiterarsi di questo peccato.

Siamo nel caso dello scandalo del richiedere ciò che l’altro non darà senza peccare

 

Siamo nel caso dello scandalo del richiedere ciò che l’altro non darà senza peccare (e che la produzione sia peccaminosa, lo dice la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede, autorità magisteriale indiscussa per il De Mattei – vedi sotto). Una cosa è godere dei frutti della redenzione, o ricevere effetti buoni da un atto malvagio compiuto remotamente e cui non ci associamo; un’altra è richiedere il perpetuarsi di un atto malvagio, di un sistema peccaminoso, per goderne dei frutti.

 

Sarebbe come dire che non solo riceviamo i frutti della Redenzione, ma che chiediamo a Caifa e Pilato e Giuda di continuare eternamente la loro opera.

Una cosa è godere dei frutti della redenzione, o ricevere effetti buoni da un atto malvagio compiuto remotamente e cui non ci associamo; un’altra è richiedere il perpetuarsi di un atto malvagio, di un sistema peccaminoso, per goderne dei frutti

 

 

3.

Qui si capisce immediatamente come la strumentale messa in causa dell’Eucaristia per attaccare chi rifiuta il vaccino sia stupida: nell’Eucaristia si rinnova il sacrificio del Cristo in quanto atto di volontaria offerta, non certo in quanto crimine.

 

Il sacerdote all’altare non è un carnefice del Cristo, ma agisce in Sua persona per rinnovare e ripresentare l’offerta del Corpo e del Sangue, non i tormenti subiti allora dal Cristo, che resta glorioso.

 

Il fedele si associa all’Ostia divina sapendo che il sacrificio è rinnovato in modo incruento, senza più carnefici.

 

Sarebbe come dire che non solo riceviamo i frutti della Redenzione, ma che chiediamo a Caifa e Pilato e Giuda di continuare eternamente la loro opera

Non si capisce quindi come mettere questo in parallelo con il partecipare ai frutti del crimine dell’aborto, che si chiede alle farmaceutiche di rinnovare e perpetuare con l’accettazione massiccia di tali prodotti.

 

 

4.

Sotteso a questi errori grossolani e dialettici, ne aleggia uno più sottile e profondo.

 

Ci si dice: ma se Dio vuole permettere il male per trarne del bene, e se il caso della Passione è tipicamente esemplificativo di questo modo di procedere divino, come potremo noi non accettare il bene che deriva dai crimini dell’aborto, pur condannando il medesimo?

 

Qui si capisce immediatamente come la strumentale messa in causa dell’Eucaristia per attaccare chi rifiuta il vaccino sia stupida: nell’Eucaristia si rinnova il sacrificio del Cristo in quanto atto di volontaria offerta, non certo in quanto crimine.

Sembrerebbe quindi che noi possiamo imitare Dio nel trarre il bene dal male, o quantomeno per godere dei frutti del male, senza tante distinzioni.

 

In fondo, dice il ragionamento di Seifert, se Dio può farlo e restare buono, perché non noi?

 

Purtroppo per Seifert, quod licet Jovi non licet bovi. E questo non perché l’ordine delle cose non rispecchi l’ordine divino e la legge eterna, ma semplicemente perché, come insegna san Tommaso proprio su questo punto, aliter est de causa universali, et de causa particulari. Non si può ragionare allo stesso modo per colui che è causa universale e per colui che è causa solo particolare, la creatura.

 

Se noi fossimo stati presenti alla Passione con un esercito, come diceva Clodoveo con i suoi Franchi (che tanto piacerebbe alla mitologia cavalleresca di certi gruppi), non avremmo avuto il dovere di impedire il crimine? Evidentemente sì (al di là del fatto che Dio non lo avrebbe – e di fatto non lo ha – permesso, ut implerentur Scripturae); ma perché allora Dio, che poteva mandare dodici legioni di angeli a liberare Gesù Cristo, non è colpevole?

 

Ecco perché se Dio può voler permettere, senza colpa, la morte degli embrioni per un bene a lui noto (che dubito essere brutalmente la nostra presunta salute, come vampiristicamemte afferma Seifert), questo non vale per noi, che non possiamo associarci a tali atti o godere tout court dei frutti di qualsiasi azione malvagia

Perché Dio non è colpevole per coloro che muoiono senza mezzi (che lui potrebbe certamente fornire loro) e noi invece lo saremmo, qualora potessimo impedirlo e non lo facessimo? Appunto perché non si ragiona per Dio, causa universale, come per noi, che siamo causa solo del nostro piccolo particolare.

 

Ecco perché se Dio può voler permettere, senza colpa, la morte degli embrioni per un bene a lui noto (che dubito essere brutalmente la nostra presunta salute, come vampiristicamemte afferma Seifert), questo non vale per noi, che non possiamo associarci a tali atti o godere tout court dei frutti di qualsiasi azione malvagia.

 

San Tommaso ci dice che il provisor particularis, cioè la creatura cui Dio affida qualcosa, ha il dovere di evitare per quanto possibile ogni difetto in ciò di cui ha cura; mentre il provisor universalis, cioè Dio, può voler permettere alcuni difetti particolari per non impedire il bene del tutto. Pensare di equiparare i due discorsi porterebbe a conseguenze tali da sconvolgere tutta la teologia morale, ma forse il «Tacito di Santa Balbina» ed i suoi accoliti non sono arrivati a queste pur semplici distinzioni.

 

Va bene cercare soluzioni a questioni complesse come questa, dove ci può stare un errore come quello commesso da loro sulla questione della cooperazione, ma sarebbe bene almeno evitare di rasentare la blasfemia o di sovvertire tutto l’ordine delle cose, come fanno queste affermazioni di Seifert.

 

Consigliamo la lettura quindi di semplici passaggi di san Tommaso, per capire come evitare queste enormità: in particolare la risposta alla seconda obiezione nell’articolo 2 della questione 22, I pars; il commento al IX capitolo della lettera ai Romani, n. 20 della lectio IV; e naturalmente l’art. 9 della questione 19, I pars

Quando Dio vuole permettere il male per trarne del bene, non coopera con il male, nemmeno remotamente o materialmente. Siamo in tutt’altro ordine di cose

 

 

5.

Ribadiamo il concetto: nessuno qui è così sciocco da negare che esista una cooperazione materiale remota al male lecita in certi casi, si nega che sia questo l’approccio giusto per la questione della bontà morale di questi prodotti «vaccinali». Ma soprattutto si nega che una dottrina sulla liceità della cooperazione materiale possa fondarsi sul modo in cui Dio governa il mondo e vuole permettere il male, perché non c’è analogia possibile in questo senso.

 

Quando Dio vuole permettere il male per trarne del bene, non coopera con il male, nemmeno remotamente o materialmente. Siamo in tutt’altro ordine di cose. Visto che Corrispondenza Romana vuole un dibattito teologicamente raffinato e accusa di rozzezza tutti i detrattori delle tesi del Professore, farebbe bene a non pubblicare macelleria teologica come questa di Seifert.

Il Seifert afferma a due riprese che lo Stato ha il diritto di imporre la vaccinazione: come si concilia questo con il rispetto del «magistero» della CDF che, perfino nel documento del 21 dicembre scorso, ha affermato al punto 5 che la vaccinazione non è mai un obbligo morale e che è possibile rifiutare, «per motivi di coscienza», i vaccini provenienti da linee cellulari abortive?

 

 

6.

Un’ultima osservazione. Il prof. De Mattei ci ha spiegato quanto lui ossequi i documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede, e recentemente Virginia Coda Nunziante ci ha detto che la Marcia per la Vita non si metterà mai «in aperto contrasto» (sic) con la Congregazione.

 

Ne prendiamo atto, ma evidentemente tale ossequio vale solo per le affermazioni pro-vax della Santa Sede.

 

Infatti il Seifert afferma a due riprese che lo Stato ha il diritto di imporre la vaccinazione: come si concilia questo con il rispetto del «magistero» della CDF che, perfino nel documento del 21 dicembre scorso, ha affermato al punto 5 che la vaccinazione non è mai un obbligo morale e che è possibile rifiutare, «per motivi di coscienza», i vaccini provenienti da linee cellulari abortive?

 

Qui poi si aprirebbe un discorso su come possa esistere una norma «di coscienza» valida solo per alcuni, ma non vogliamo mettere troppa carne al fuoco. Non sarebbe buona didattica, dato che il testo di Seifert dimostra che abbiamo a che fare con argomentazioni da principianti in morale e in teologia.

 

 

Don Anonymus

 

 

NOTE

1)  San Tommaso, Summa Theologiae, III q. 47 a. 1; q. 48 a. 3.

2)  Fingiamo qui di accettare l’idea che questi «vaccini» siano in qualche modo un bene per la salute generale, e non un pericolo anche per la medesima, onde rilevare meglio l’assurdità del ragionamento di Seifert.

 

 

 

 

 

 

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Vaccini fatti con aborti. Ricordiamolo ancora una volta

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I vaccini e l’aborto sono strettamente legati. Dobbiamo ricordarlo sempre.

 

Si tratta di una delle prime battaglie di Renovatio 21, che precede di diversi anni la pandemia: prima che vi fosse il COVID e il siero mRNA, c’era l’obbligo dei vaccini pediatrici, anche quelli macchiati dall’uso di linee cellulari da feti abortiti, cioè da esseri umani innocenti sacrificati.

 

Ne abbiamo parlato tanto, e in ogni modo: articoli, conferenze, convegni. Ci è costato: le prime segnalazioni da parte di enti stranieri contro Renovatio 21 partirono prima del coronavirus, molto prima che i ban sui social fossero la norma. Dicevano che quella dei vaccini fatti con gli aborti era una falsità, e, incredibile, pareva ci credessero davvero – nonostante il bugiardino scrivesse MRC-5 o WI-38 o HEK-293, etc.

 

All’ammucchiata negazionista aderì ufficialmente, casualmente a ridosso della legge che toglieva ai bimbi non vaccinati la possibilità di frequentare l’asilo (con catastrofi famigliari-professionali conseguenti), anche il Vaticano bergogliano, che sapendo che dire la menzogna è peccato, optò per una teologia del peccato-yogurt: la nota congiunta uscita da vari enti ecclesiastici nel luglio 2017 diceva che sì, è vero, quei vaccini sono fatti con gli aborti, ma si tratta di aborti «lontani nel tempo»… in pratica, il peccato connessovi è scaduto, come un latticino uscito dal frigo. L’omicidio dell’innocente va teologicamente in prescrizione: abbiamo visto anche questa.

 

Abbiamo in ogni modo tentato di combattere, da subito, questo abominio: perché ci sembrava qualcosa di mostruoso, o ancora di più, di rivelatore. Volevano che i bambini fossero macchiati, sottopelle (tatuati, sarebbe da dire, ma i tattoo non sconvolgono il sistema immunitario), con materia che proviene dall’assassino dei loro simili. E senza quel marchio, nessun accesso, nesso diritto, multe, derisione, accuse, stigma sociale. Il mondo avrebbe imparato presto che quello era solo il test drive per quanto sarebbe successo con il virus cinese e il conseguente ribaltamento della società (non più uno stato di diritto, ma uno Stato cui sei sottomesso, verso cui non hai potere, e da cui puoi sperare solo concessioni, «accessi»).

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Renovatio 21 aveva organizzato nel marzo 2019 a Roma un convegno internazionale, «Fede, Scienza e Coscienza», tutto incentrato sul problema delle linee cellulare dei feti abortiti.

 

Grazie al lavoro inesausto di Cristiano Lugli, riuscimmo a far arrivare a Roma lo scienziato che più di ogni altro ha studiato il tema della presenza di materiale cellulare di feto abortito nei vaccini e i suoi effetti deleteri sulla salute dei bambini, la dottoressa Theresa Deisher, una rinomata ricercatrice con tanti paper e brevetti realizzati nella sua carriera nella scienza biomedica. Il suo intervento al convegno di Roma è ancora visibile sul nostro canale YouTube – finché dura.

 

Siamo stati felici di rivedere la dottoressa Deisher ripetere questa incontrovertibile realtà – i vaccini sono fatti con gli aborti esistono e sono fra noi  – in un video di Highwire, la testata di Del Bigtree, giornalista sodale di Robert F. Kennedy jr. Abbiamo pensato di sottotitolarlo, e di dividerlo in parti, per renderlo più fruibile online.

 

L’intervista è strutturata con domande e risposte. Molte cose fondamentali della questione – cose per le quali il mainstream normaloide della massa vaccina si tappa le orecchie e inizia ad urlare per non sentire – sono spiegate benissimo, e molto sinteticamente.

 

 

Cosa esattamente c’è in un vaccino?

«Un vaccino è costituito da un virus. Il virus è una lunga catena di acido nucleico. E l’acido nucleico è ciò che costituisce il nostro DNA e RNA. È troppo lungo da fare in provetta. Così noi imitiamo il modo che ha la natura di propagare e far crescere un virus e infettiamo le cellule».

 

È vero che ci sono feti abortiti nei vaccini?

«Quello che c’è nel prodotto finale, quando utilizziamo cellule che sono state create da un feto abortito, sono frammenti di DNA fetale umano e detriti cellulari. E a livelli abbastanza alti».

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Come fanno gli scienziati a procurarsi il tessuto fetale?

«Esistono società di procurement che lavorano fianco a fianco con gli abortisti, tipicamente nello stesso edificio».

 

«Quello che succede è che il cuore entra effettivamente in condizione di contrattura. È una volta che ciò accade, non è possibile ricavarne dati validi. Non puoi ottenere cellule che funzioneranno. Quindi il tessuto diventa davvero inutile. Deve essere espulso e messo in conservante che ferma il cuore entro 2 minuti».

 

«Il bambino deve nascere vivo o altrimenti non potranno prendere il cuore velocemente e inserirlo correttamente nella soluzione bloccante, in modo che possano conservarlo per l’elaborazione».

 

 

I feti sono ancora vivi dopo l’estrazione?

«Beh, un feto nato intatto è sicuramente morto quando gli strappano via il cuore. Non gli viene somministrato alcun anestetico. Non farei mai una cosa del genere ad un topo o ad un ratto».

 

«Non sarei sorpresa se in un futuro non così lontano potremo ottenere dei numeri concreti che mostrano come gli aborti vengano ritardati sempre di più, in modo che gli scienziati e le società di procurement possono ottenere un tessuto migliore e più a termine».

 

I feti sono ancora usati per fare i vaccini? Molti dicono che hanno fermato questa pratica negli anni Settanta?

«Non è una vecchia tecnica, alcune delle linee cellulari che utilizzano per la produzione di vaccini sono state realizzate negli anni Settanta. Stanno iniziando a deteriorarsi. Quindi in realtà è necessario creare nuove linee cellulari per sostituirle».

 

«Ogni giorno, bambini abortiti vengono predati e sfruttati per la ricerca biomedica, e la pratica continua perché chiudiamo gli occhi sull’etica dei vaccini… per le persone che non condividono il nostro orientamento morale non c’è alcuna differenza tra un aborto effettuato nel 1970 e l’aborto fatto ieri».

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Usare cellule fetali umane nei vaccini è pericoloso?

«Sappiamo con certezza che i livelli di DNA di questi vaccini che entrano nel flusso sanguigno dei nostri bambini talvolta superano 100 volte i livelli di DNA fetale che, è stato dimostrato, attivano in modo massiccio la risposta immunitaria, causando il rilascio generale di citochine, e le citochine sono tossine. E stiamo dando ai bambini concentrazione da 10 a 100 volte più elevate. Sappiamo assolutamente che il recettore TLR9 si attiva».

 

«Le aziende farmaceutiche non hanno mai misurato il rilascio di citochine. E non hanno mai misurato un livello così acuto di risposta autoimmune».

 

 

Cosa possono fare i genitori per informarsi sui rischi del vaccinare i propri figli?

«Come minimo, leggete un po’ il foglietto illustrativo, e vedrai gli effetti collaterali riconosciuti. Ciò potrebbe accadere al tuo sanissimo, normalissimo bambino».

 

«Fai una valutazione del rischio: tuo figlio è a rischio di questa malattia? Se dovesse contrarla, quali sono le conseguenze di contrarre questa malattia? È così tremendo, oppure possiamo gestirlo bene dal punto di vista medico in modo che nostro figlio stia bene?

 

Come i genitori dovrebbero parlarne ai pediatri?

«Vorrei incoraggiare tutti i genitori a chiedere al proprio medico come l’immunità è causata da un vaccino. E se il tuo medico non ti parla dei recettori Toll-like, allora anche il tuo medico non sa nulla riguardo all’immunità, riguardo alla virologia, che è vaccinologia, oppure non ti sta dicendo la verità».

 

«Dovresti chiamare un dottore che sappia di cosa si sta parlando. O che ti dice la verità».

 

 

Sono parole giuste, e incontrovertibili.

 

Riguardo al tema di aborto e vaccini, e sempre bene, ogni tanto, ricordarci questo abominio, richiamare alla mente l’aberrazione biologica e morale a cui vogliono sottomettere noi e la nostra prole.

 

Noi dimentichiamo mai l’orrore in cui siamo immersi. E la battaglia che dobbiamo fare per uscirne.

 

Grazie, dottoressa Deisher.

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La famiglia di Henrietta Lack si accorda con un’azienda di biotecnologie per i profitti della linea cellulare

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge. Della linea cellulare HeLa Renovatio 21 ha trattato in diversi articoli. Con le cellule HeLa vengono prodotti, ancora oggi, vaccini – anche per il COVID, come nel caso del CureVac. Secondo alcuni, la pervasività di tali cellule è tale da aver rovinato gli sforzi dell’amministrazione Nixon nella sua «guerra contro il cancro»: le cellule HeLa avevano di fatto contaminato e divorato tutte le altre linee cellulari, persino quelle nascoste in laboratori segreti – arrivando perfino nelle strutture nascoste dell’Unione Sovietica, con relative paure di incidenti diplomatici da Guerra Fredda. Le caratteristiche della linea cellulare hanno portato alcuni ricercatori a chiedere alla scienza di classificare le cellule HeLa come nuova tipologia di essere vivente.     In una risoluzione storica che sottolinea le complesse questioni etiche che circondano la ricerca medica e il profitto, la famiglia di Henrietta Lacks, le cui cellule hanno alimentato progressi medici rivoluzionari per decenni, ha raggiunto un accordo con la società di biotecnologie Thermo Fisher Scientific.   La famiglia Lacks aveva accusato l’azienda di capitalizzare sulle sue cellule, note come HeLa, senza ottenere il loro consenso.   Henrietta Lacks, una madre afroamericana di cinque figli, ha inconsapevolmente contribuito a un’eredità medica senza precedenti quando, nel 1951, i medici del Johns Hopkins Hospital hanno prelevato un campione delle sue cellule tumorali cervicali a sua insaputa o senza il suo permesso.   Le cellule, un’anomalia unica, sono state le prime a riprodursi con successo al di fuori del corpo umano, spingendo la ricerca medica in un territorio inesplorato. Queste cellule hanno svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo di vaccini per la poliomielite e il coronavirus, nonché trattamenti per disturbi tra cui il cancro, il morbo di Parkinson e l’influenza.   Tuttavia, la famiglia Lacks rimase all’oscuro dell’impatto monumentale delle celle di Henrietta per più di due decenni. La causa, intentata nel 2021 presso un tribunale distrettuale degli Stati Uniti nel Maryland, accusava Thermo Fisher Scientific di trarre profitto dalla linea cellulare HeLa trascurando di risarcire la famiglia o di chiedere la loro approvazione. I termini dell’accordo sono stati mantenuti riservati.   In una dichiarazione congiunta, Thermo Fisher Scientific e il team legale della famiglia Lacks hanno annunciato l’accordo e hanno indicato che non offriranno ulteriori commenti in merito. Gli esperti legali prevedono che questo caso potrebbe costituire un precedente per future azioni legali volte ad affrontare le complessità della bioetica e dei diritti di proprietà intellettuale.   L’avvocato della famiglia, Chris Ayers, ha accennato alla possibilità di azioni legali simili in futuro, evidenziando le mosse per ritenere le società responsabili per aver tratto profitto da controversie storiche ed etiche.   Le cellule HeLa, che sono state utilizzate in oltre 110.000 pubblicazioni scientifiche, hanno fornito ai ricercatori gli strumenti per comprendere meglio le malattie e sviluppare trattamenti salvavita. Tuttavia, questo trionfo scientifico ha anche suscitato discussioni sulla necessità di trasparenza, consenso informato ed equo compenso nel campo della ricerca medica.     Michael Cook       Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.           Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia      
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Vescovo rimosso per non aver ceduto all’idolatria del vaccino

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Renovatio 21 riprende dal sito di Aldo Maria Valli Duc in Altum questo articolo del dottor Paolo Gulisano.

 

 

In una Chiesa in cui l’eresia sta dilagando tra i pastori, può capitare che un bravo vescovo, fedele alla dottrina della Chiesa e sostenitore del diritto alla vita, subisca la rimozione dalla sua carica da parte di Roma.

 

Cos’ha fatto di male? Ha forse messo in discussione il celibato dei sacerdoti? Ha benedetto coppie gay? Ha detto che non sappiamo cosa abbia in realtà detto Gesù perché ai suoi tempi non c’erano registrazioni?

 

No di certo. La sua colpa è stata quella di non aver appoggiato, negli scorsi due anni, la campagna vaccinale COVID.

 

Il sito pro life americano LifeSiteNews, che ha seguito attentamente la vicenda, anche perché il vescovo in questione è un grande difensore della vita umana, ne ha raccontato nei giorni scorsi la storia.

 

I fatti vedono come protagonista monsignor Daniel Fernández Torres, portoricano, allontanato dalla sua diocesi di Arecibo.

 

La decisione di Bergoglio di rimuoverlo improvvisamente dalla guida della sua diocesi sarebbe stata dovuta in gran parte alla difesa da parte del vescovo delle obiezioni di coscienza nei confronti dei vaccini.

 

Il delegato apostolico di Porto Rico (uno Stato di fatto associato agi Stati Uniti, una sorta di protettorato) ne ha chiesto le dimissioni dopo che il vescovo Fernández Torres si è rifiutato di firmare una lettera emessa dalla conferenza episcopale dell’isola che annunciava un severo obbligo di vaccinazione per sacerdoti e dipendenti delle diocesi.

 

La lettera imponeva anche che all’interno delle chiese ci fosse, durante le Messe, una divisione tra fedeli vaccinati e non vaccinati, una vera e propria segregazione di questi ultimi. Questa lettera era nelle intenzioni dell’episcopato portoricano una decisa e pronta risposta alla sollecitazione venuta dal Vaticano, secondo la quale vaccinarsi sarebbe un «dovere morale», il celebre «atto d’amore» di cui ha parlato Bergoglio.

 

Giorni prima il vescovo Fernández Torres aveva rilasciato una dichiarazione in cui difendeva il diritto di rifiutare la vaccinazione sulla base della coscienza e insisteva sul fatto che «è possibile per un fedele cattolico fare obiezione di coscienza alla presunta natura obbligatoria del vaccino COVID-19».

 

La sua lettera rifletteva le posizioni di numerosi altri presuli e la stessa nota dottrinale del Vaticano sui vaccini COVID, in cui si afferma che «la vaccinazione non è, di regola, un obbligo morale e che, quindi, deve essere volontaria».

 

Il suo sostegno ai diritti di coscienza trovava fondamento anche nel fatto che tutti i vaccini COVID approvati per l’uso negli Stati Uniti erano stati sviluppati o testati con linee cellulari derivate da bambini abortiti.

 

Quella che era una legittima richiesta di tutelare la libertà di coscienza è però sembrata una grave «insubordinazione» al papa, ed è diventata il pretesto per far fuori il vescovo non allineato.

 

Sembra da alcune fonti, riportate da LifeSiteNews, che il più attivo tra i confratelli nell’episcopato a chiedere la testa del vescovo di Arecibo sia stato l’arcivescovo González Nieves, noto per le sue posizioni ultra-progressiste in materia morale e apertamente pro LGBTQI.

 

L’arcivescovo chiamò in suo supporto il cardinale di Chicago Cupich, anch’egli noto per le sue posizioni alla tedesca, chiedendogli una sorta di «visita apostolica» per poi riferire autorevolmente a chi di dovere su quel vescovo «no vax».

 

Il risultato non si fece attendere: monsignor Torres fu immediatamente e immotivatamente rimosso, e al suo posto venne insediato da Bergoglio monsignor Alberto Arturo Figueroa Morales, fino a quel momento vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Juan, nonché braccio destro di González Nieves.

 

Il vescovo Torres ha rotto mesi di silenzio con una dichiarazione di qualche giorno fa. «Sento ancora la stessa perplessità che ho provato quando mi è stato chiesto improvvisamente di dimettermi e quando, in modo frettoloso, è stata eseguita la rimozione», ha scritto in una lettera indirizzata a «tutti coloro che mi hanno accompagnato spiritualmente».

 

«Dopo un anno, ribadisco esattamente le stesse parole della dichiarazione pubblica che ho fatto il 9 marzo 2022», ha aggiunto. Nella sua dichiarazione del marzo 2022 il vescovo di Arecibo ha denunciato l’allontanamento da parte di papa Francesco definendolo «un’azione totalmente ingiusta».

 

«Nessun processo è stato fatto contro di me – disse allora – né sono stato formalmente accusato di nulla, ma semplicemente un giorno il delegato apostolico mi ha comunicato verbalmente che Roma mi chiedeva le dimissioni».

 

«Sono stato informato che non avevo commesso alcun crimine ma che presumibilmente non ero stato obbediente al papa né ero stato in sufficiente comunione con i miei fratelli vescovi di Porto Rico», ha spiegato ancora il presule.

 

In effetti, in alcune sue dichiarazioni l’arcivescovo Roberto González Nieves di San Juan aveva affermato che il vescovo Fernández Torres era stato rimosso per presunta “insubordinazione al Papa” ma senza alcuna accusa formale.

 

In realtà non c’è traccia di disobbedienza all’autorità del Sommo Pontefice. Forse di monsignor Torres dava fastidio che il suo seminario fosse fiorente di vocazioni, e che la sua diocesi fosse ricca di iniziative di apostolato con grande beneficio per i fedeli. In seguito al suo licenziamento ci sono state petizioni, raccolte di migliaia di firme, ma Roma non ha riservato loro alcun segno di attenzione.

 

La lettera del vescovo sottolinea il suo dolore per essere stato deposto dalla propria sede, ma esorta i cattolici oltraggiati dagli scandali nella Chiesa a «pregare e avere fiducia».

 

«Quando sono entrato in seminario nel 1990, l’ho fatto pieno di speranza e convinto che Dio mi avesse chiamato a servire la Chiesa per il resto della mia vita».

 

Fernández Torres è stato per anni l’unico prelato cattolico dell’isola che si è battuto regolarmente per la vita, la famiglia e la libertà religiosa, un punto di riferimento morale per l’intero Paese. «Grazie ai lui è stata raggiunta un’unità di intenti per la protezione della vita umana, della famiglia naturale e dei diritti umani fondamentali dell’essere umano», ha detto la senatrice Joanne Rodríguez Veve.

 

Monsignor Hector Aguer, arcivescovo emerito di La Plata (Argentina), in un duro comunicato di denuncia sulla rimozione, definisce Torres «un uomo di Dio, fedele alla grande Tradizione ecclesiale». Evidentemente, essere tale non è bastato. O forse è diventata una colpa.

 

La presunta insubordinazione alle direttive del Jefe Máximo, per non aver prestato culto a una nuova forma di idolatria, gli è costata cara.

 

 

Paolo Gulisano

 

 

 

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